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DELLE ODI BARBARE. LIBRO I
ROMA

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Roma, ne l’aer tuo lancio l’anima altera volante:

accogli, o Roma, e avvolgi l’anima mia di luce.


Non curïoso a te de le cose piccole io vengo:

chi le farfalle cerca sotto l’arco di Tito?


Che importa a me se l’irto spettral vinattier di Stradella

mesce in Montecitorio celie allobroghe e ambagi?


e se il lungi operoso tessitor di Biella s’impiglia,

ragno attirante in vano, dentro le reti sue?


Cingimi, o Roma, d’azzurro, di sole m’illumina, o Roma:

raggia divino il sole pe’ larghi azzurri tuoi.


Ei benedice al fosco Vaticano, al bel Quirinale,

al vecchio Capitolio santo fra le ruine;


e tu da i sette colli protendi, o Roma, le braccia

a l’amor che diffuso splende per l’aure chete.


Oh talamo grande, solitudini de la Campagna!

e tu Soratte grigio, testimone in eterno!


Monti d’Alba, cantate sorridenti l’epitalamio;

Tuscolo verde, canta; canta, irrigua Tivoli;


mentr’io da ‘l Gianicolo ammiro l’imagin de l’urbe,

nave immensa lanciata vèr’ l’impero del mondo.


O nave che attingi con la poppa l’alto infinito,

varca a’ misterïosi liti l’anima mia.


Ne’ crepuscoli a sera di gemmeo candore fulgenti

tranquillamente lunghi su la Flaminia via,


l’ora suprema calando con tacita ala mi sfiori

la fronte, e ignoto io passi ne la serena pace;


passi a i concilii de l’ombre, rivegga li spiriti magni

de i padri conversanti lungh’esso il fiume sacro.


Odi barbare

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