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LA FIORITA
LA CAPINERA
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Su l’alba Rigo udì cantar gli uccelli.
Parlavan, ora che nessun li udiva,
tra loro, de’ lor piccoli castelli:
castelli in aria; in vetta a un melo, in riva
a un botro, appeso a un trave, dentro un muro
nel buco d’un castagno o d’un’oliva.
Il cinguettìo, così tra lume e scuro,
cessò d’un tratto. Era comparso il sole.
Sparì ciascuno nel bel giorno puro.
E Rigo in cuore preparò parole
da dire a lei, ridire, da vicino..
Oh! era tempo! E tutto può chi vuole.
Via via le rimutava in suo cammino,
per via le fece belle a poco a poco…
Rosa stendeva sopra un biancospino
l’accia filata nell’inverno al fuoco.
II
E’ parlò d’altro, e disse in fine: «O Rosa…»
Rosa aspettava. «Tutte l’altre vanno
a nozze; e voi non vi farete sposa?»
«Mia madre non è quella d’or un anno.
Come faceva! come lavorava!
Ma ora fa le scale con l’affanno.
Viola è sempre piccola, ed è brava
ma per le bestie. Ora, chi fa mangiare?
chi cuce un po’? chi tesse un po’? chi lava?
Da fare, in una casa, non appare,
ma c’è n’è tanto. E i bimbi? se sapeste!
Dore è piccino, a me mi sembra un mare.
Ora chi li rammenda e li riveste?
Ché tutti i giorni manca lor qualcosa.
Tutti i giorni! Non dico poi le feste…»
A lui così tu rispondesti, o Rosa.
III
E quando venne l’ora del ritorno,
Rosa era allegra, e Rigo, no, non era.
Andava cupo sul morir del giorno.
E chiedeva alcunché la capinera
alto cantando con la voce chiara;
oh! non a lui! Ché nella rosea sera
le rispondeva un’altra voce cara.