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Capitolo 7

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Inverno 1060 (452 dall’egira), Rabaḍ di Qasr Yanna

Quando Idris finì di prostrasi per la ṣalāt del tramonto poté rendersi conto che Apollonia, contravvenendo al divieto, abbracciava suo fratello. Senza che la ragazza si avvedesse di nulla la tirò per il velo, scoprendole i capelli, e poi, appigliandosi proprio ai capelli sciolti, la trascinò all’indietro per terra, intanto che lei si dimenava con le gambe. Idris ne aveva abbastanza di quella presenza che rendeva fastidioso un compito già sgradevole di suo, e quindi, intenzionato a darle una lezione una volta per tutte risolutiva, decise che l’avrebbe ammansita usando la corda nel modo in cui il giorno prima aveva fatto con Corrado. La prese a colpire dove capitava, mirando soprattutto al volto. Apollonia intanto cercava di coprirsi con le braccia mentre urlava.

Più in là Corrado tremava, socchiudeva gli occhi e tornava a serrarli stretti in preda ai dolori febbrili. Vide ad un tratto l’immagine di un uomo… un uomo adulto, denudato da testa a piedi e legato al palo di un pennone. Quell’uomo tuttavia non gridava ai colpi inferti dal suo torturatore, ma fieramente sopportava stringendo i pugni.

«Roul, che fanno a quell’uomo?» domandò Corrado a nessuno.

La scena che si stava consumando davanti al suo sguardo aveva ridestato un trauma d’infanzia. Nondimeno, se Corrado fosse stato pienamente cosciente, avrebbe per certo tentato di sradicare il palo a cui era legato nel tentativo di farla pagare a colui che in quel momento si accaniva su sua sorella.

Casualmente ci pensò Umar a farlo smettere, proprio nel momento in cui questi si accingeva a salire sul terrazzo.

Apollonia, dunque, avendo avuto il permesso di starsene buona buona in un angolo, si rannicchiò con le spalle al muretto e versò lacrime tra le sue ginocchia.

Quando Umar stabilì l’orario della liberazione del prigioniero, Apollonia pianse più forte, avvertendo il sollievo per qualcosa che sembrava non avere più fine.

In seguito Idris prese per le redini i destrieri dei tre ospiti e li condusse nelle stalle attigue alla casa.

«Non farmi pentire di essermi fermato quando poco fa Umar me lo ha chiesto.» avvertì la guardia, fissando Apollonia.

La ragazza non poteva rischiare di contravvenire un’altra volta alla proibizione, e questo non per la paura di essere picchiata un’altra volta, ma temendo che fosse costretta a tornarsene a casa.

«Fratello, fratello! Io sono qui, non me ne vado.»

Poi si avvicinò un altro po’, trascinandosi sul suolo con gambe e mani; se ne stava comunque ad almeno quattro passi di distanza.

«Corrado, mio respiro e mia vita, devi resistere solo un altro po’. Fratello, rispondimi, fammi capire che vi è ancora il battito dell’anima nel tuo petto.»

Quindi si avvicinò mezzo passo in avanti e disse:

«Io so bene che la tua gelosia per me è quella di un fratello per una sorella… ma lo stesso non può dirsi della mia devozione per te...»

Nonostante la mente dell’altro fosse annebbiata e la sua comprensione delle cose quasi inesistente, Apollonia faticava a dire ciò che teneva serbato in cuore da anni, quel sentimento che l’aveva più volte fatta vergognare dinanzi all’icona della Vergine.

«Non giudicarmi come sorella fedele, poiché per Michele forse non sarei rimasta qui con tanto sacrificio… Non giudicare affatto queste azioni, Corrado, perché ciò che scopriresti potrebbe allontanarti da me… e per me questo sarebbe peggio che vederti morire.»

Quando Idris tornò sul cortile lei smise di confessare ciò che le avrebbe causato l’ostracismo del villaggio, un’emarginazione maggiore di quella che già viveva per il suo essere cristiana.

Essendo il buio completo, il muezzin echeggiò l’adhān della notte. Idris allora si sedette sul muretto, abbastanza distante da non sentire la ragazza, ma abbastanza vicino per intervenire se lei si fosse avvicinata come in precedenza.

«Un paio d’ore e ti porto a casa.» disse sorridendo Apollonia.

Tuttavia ritornò seria quando si accorse di non sentire più le dita dei piedi e quando immaginò un effetto ancora peggiore che quel freddo poteva causare su suo fratello. Cominciò a tremare per la temperatura e cercò di riscaldarsi le mani soffiando dentro i pugni.

«Ragazza, va’ a casa! Non vedi che tremi?» l’incoraggiò Idris, vedendola in quello stato.

«Non me ne vado… manca poco ormai.» rispose invece a Corrado.

I suoi occhi nocciola guardavano all’insù, al viso di suo fratello, mentre le lacrime si raggelavano appena sotto le palpebre, non avendo la giusta inclinazione per scorrere giù.

«Quanto ti gioverebbe adesso che tu avessi un po’ di fede in Dio…» chiese tra sé e sé Apollonia in relazione a Corrado, conoscendo la sua apatia nei confronti degli argomenti religiosi.

«Lo so, fratello mio, che ti rifiuti di credere che esista un Dio capace di permettere tutto il male che ti è capitato. Lo so che Cristo e tutti i santi ti delusero già una volta, quando le tue preghiere non vennero accolte mentre speravi nel ritorno di tuo padre.»

«Rabel de Rougeville.» borbottò Corrado.

Apollonia si zittì improvvisamente; suo fratello era ancora cosciente. Che avesse sentito la sua dichiarazione d’amore di poco prima…

«Corrado, fratello, ebbene tu sei vivo!»

«Rabel de Rougeville!» ripeté lui con tono più elevato e tutto d'un fiato, quasi piangendo e quasi gridando.

«Ricorda il santo che protegge tuo padre, appellati a lui!» lo invitò Apollonia, nel tentativo di tenerlo sveglio e impegnato.

«Sant’Andrea…»

«‘Agìou Andréas39.» ripeté Apollonia in greco, ovvero nella lingua della liturgia cristiana in Sicilia.

In famiglia Apollonia si esprimeva in una sorta di volgare latino, e lo stesso faceva sia con i cristiani di Qasr Yanna che con molti indigeni convertiti all’islamismo. Quando tuttavia si trattava di pregare, rispolverava il vecchio greco... a dire il vero neppure tanto compreso. Diversamente, al Rabaḍ, essendo un luogo ristretto e abitato prevalentemente da circoncisi, Apollonia e famiglia si esprimevano in arabo; quello di Sicilia ormai peculiare rispetto alla lingua del Profeta. Talune volte usavano pure qualche parola berbera che avevano appreso sentendo parlare le donne di tale stirpe al pozzo e gli uomini nei campi.

Apollonia chiuse gli occhi e a mani giunte cominciò a recitare le sue preghiere, invocando Maria madre di Dio, la Vergine, in favore di Corrado. Ovviamente pregava a bassa voce, essendo proibito per un non seguace dell’Islam far sentire le proprie orazioni alle orecchie di un credente… ed Idris se ne stava anche fin troppo vicino.

«Mariám Theotókos, ‘e Parthénos40...» cominciò.

Corrado avvertiva la voce di Apollonia così come avvertiva in quel momento la voce dei suoi ricordi, ridestati da quell’immagine della Madonna e dei santi a cui sua sorella si appellava.

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