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Capitolo 8

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Inizio estate 1040 (431 dall’egira), vallate ad est di Tragina

I vessilli sventolavano indomiti al vento; un vento incerto quel giorno, forse neppure Dio sapeva da che parte stare… così come, al giudizio dei posteri increduli, Dio era confuso su chi dovesse sostenere in quella battaglia. Da un lato, al grido di “Allahu Akbar41”, i saraceni di Sicilia e d’Africa - arrivati in supporto dei primi - pronti a ricacciare via l’invasore. Dall’altro lato, inneggiando “Cristo vince”, gli uomini al soldo di Costantinopoli, per i quali gli invasori erano quegli altri.

Invitati dal loro comandante, al riparo tra il Jebel42 e le Caronie, gli uomini di Abd-Allah si prostravano verso La Mecca e involontariamente verso l’esercito nemico. Raccolti in preghiera lo erano pure gli altri, tuttavia, non in un unica orazione armoniosa, ma chi in latino e chi in greco.

L’accampamento era stato montato a circa venti miglia a levante del monte su cui è arroccata la cittadina di Tragina43, e qui, tra le tende, Conrad aveva osservato il padre allontanarsi con l’intero esercito appena qualche ora prima.

Eccetto per la presenza di un modesto villaggio di mercanti e contadini, si trattava di una zona lontana dai centri abitati, ricca di boschi da un lato, sui versanti dei monti più alti, e di colline erbose adatte al pascolo dall’altro. Un fiume scorreva proprio nel punto più basso della valle, e di questo un rivolo perdurava nonostante l’estate, assicurando l’approvvigionamento idrico ai soldati.

Ora Conrad fissava il punto in fondo alla strada in cui aveva visto suo padre per l’ultima volta. La mattina l’aveva aiutato ad indossare, sulla lunga tunica bianca, la pesante cotta di maglia, la quale aveva sul petto una croce rossa. Faceva già caldo nelle prime ore successive all’alba, per cui aveva tenuto l’elmo al riparo dal sole, affinché risultasse più fresco quando suo padre l’avrebbe messo. Come ultimo gesto, prima di salire in groppa al suo cavallo, Rabel aveva stropicciato i capelli del figlio e in cambio Conrad gli aveva passato lo stendardo e l’elmo. Poi uno sguardo e via a confondersi nella marea umana di soldati in avanzamento verso la radura appena fuori dal campo; qui Giorgio Maniace aveva arringato le sue truppe. Conrad era salito perciò sullo sgabello appena lasciato libero da un frate benedicente e aveva cercato di individuare Rabel tra gli uomini radunati lì in fondo. Poi aveva visto Roul, testa e spalle svettare oltre gli altri, ed aveva immaginato che suo padre fosse lì vicino.

Sapevano tutti che quella sarebbe stata la battaglia più importante dell’intera campagna siciliana, tuttavia Rabel aveva cercato di nascondere la sua tensione per tutte le ore in cui quel giorno era stato insieme al figlio.

«Sono in molti quegli altri?» aveva chiesto Conrad.

«Le vedette parlano perlopiù di fanteria. Noi abbiamo un cavallo!»

«Potrei assistere alla scena questa volta...»

«Conrad, figliolo, te l'avrò ripetuto cento volte: tu resti qui con le donne, la servitù e i monaci…» chiosò Rabel, che pure continuò:

«Ma se le cose dovessero mettersi male, alle prime avvisaglie, scappa sulle colline e nasconditi.»

«C'è questa possibilità? Tancred e Roul dicono che le cose andranno come sono andate finora… Vinceremo e porteremo a casa lauti compensi.»

«E hanno ragione… non c'è nulla di cui preoccuparsi. Il nostro è un mestiere difficile, è vero, ma sappiamo il fatto nostro. E poi, guai a portare sconforto tra i soldati!»

Così Rabel aveva rincuorato il figlio.

Era già mezzogiorno e per l’accampamento si respirava tutta l’apprensione per quell’attesa snervante. Ogni tanto qualcuno tornava dal campo per venire a dare notizia circa l’andamento della battaglia. Qualcuna tra le ragazze della servitù piangeva, per certo affezionata a qualche soldato con cui era nata una tresca. Poi un prete da campo avvicinò Conrad, il quale se ne stava ancora seduto sullo sgabello sotto il sole, e gli disse:

«Figliolo, tuo padre non tornerà anzitempo se te ne resti qui a fissare il fondo della strada.»

Cornrad lo guardò dal basso verso l’alto.

«To’ un pezzo di pane!» completò sempre quello.

Quindi il ragazzo l’afferrò e l’addentò.

«Se hai bisogno di qualcosa per tenere occupata la mente oltre che lo stomaco, vieni con me.»

Lo portò su una collina spoglia di vegetazione e dalle tonalità dorate poiché arsa dal sole. La cima era scoperta di terra, cosicché una grande roccia di grigia ardesia affiorava frastagliata. La fronda di un ulivo, l’unico presente, radicato a lato della formazione rocciosa, era occupata da un piccolo gregge di capre e da un vecchio pastore che in viso dimostrava di avere più rughe che anni. Il prete girò dietro e s’infilò per un apertura della roccia. Conrad restò sbalordito nel vedere che l’interno della spelonca era abbastanza spazioso da permettere la presenza di almeno venti uomini ed era completamente dipinto con colori vivaci, essendo riportate tutto attorno alle pareti immagini di storie bibliche e di vite di santi; lo stile era tipicamente quello delle pitture sacre d’Oriente. Un piccolo inginocchiatoio in fondo ed una croce al muro indicavano il luogo in cui ci si prostrava.

«Padre, voi siete forestiero, partito al seguito dell’esercito; come conoscete questo posto?»

«I frati di rito greco vi si riuniscono per pregare da secoli. Sono stati loro a dirmelo. Ma adesso prega il Signore e la Madonna, affinché tuo padre ritorni sano e salvo.» concluse il religioso prima di lasciarlo solo.

Fu così che Conrad si ritrovò da solo, inginocchiato, ad occhi chiusi, stringendo il crocifisso al petto, a pregare perché Dio riportasse indietro suo padre.

Quando tornò all’accampamento era già sera. Corse non appena si avvide che alcuni uomini a cavallo erano tornati dalla battaglia. Dunque accelerò quando si accorse che uno di quelli era il grosso Roul; il sangue sulla sua ascia danese e sulla sua cotta di maglia era ancora fresco.

«Ragazzo, dov’eri?» chiese il guerriero non appena Conrad fu su di loro.

«Un prete mi ha condotto sulle rupi…» spiegò l’altro, tuttavia non volle rivelare cosa ci fosse andato a fare per paura che la sua intimità venisse derisa.

Quindi si stranì in viso… se suo padre fosse tornato incolume per certo sarebbe stato in prima fila tra quegli uomini. Tutto d’un tratto il viso di Roul gli apparve triste, come se la sua furia fosse stata mortificata da un evento nefasto. Solo adesso razionalizzò cosa si nascondesse dietro quella coltre umana di soldati del nord di cui Roul era l’apri fila.

«Dov’è mio padre?» chiese, pur immaginando già la risposta.

«Abbiamo vinto, figliolo.» si fece avanti Tancred, un altro tra i più vicini a Rabel, forse nel tentativo di controbilanciare il dispiacere del ragazzino; questi brandiva ancora la sua lunga picca e vestiva di un mantello rosso.

«Sì, quelli che sono rimasti li abbiamo messi in fuga.» s’intromise un altro.

«È stata una grande vittoria!» esclamò qualcuno nel gruppo.

«Pure il vento ci è stato favorevole oggi… ma il vento più micidiale l’abbiamo portato ancora una volta noi della compagnia normanna.» aggiunse Tancred.

Tuttavia Conrad, proprio mentre l’ultimo parlava, si aprì un varco tra gli uomini.

Rabel se ne stava disteso al suolo. La sua gola era segnata da una grossa macchia di sangue, presumibilmente lì dov’era stato inferto il colpo mortale; un colpo che doveva essere stato eseguito con incredibile potenza visto che aveva trapassato la cotta di maglia. La bionda chioma era scoperta, poiché evidentemente qualcuno l’aveva liberato dell’elmo e dal cappuccio.

Conrad rimase a fissarlo immobile, senza avere il coraggio di avvicinarsi. La sua mente non aveva mai concepito che tutto questo potesse succedere veramente.

A questo punto Roul gli poggiò una mano sulla spalla e gli disse:

«L’esercito si è dato all’inseguimento… altri di noi giacciono caduti sul campo e aspettano che andiamo a raccoglierli… ma noi… noi, mio caro Conrad, non potevamo darci al saccheggio o metterci a pensare agli altri morti quando il figlio di uno di noi attende suo padre con ansia.»

«Non me lo avreste portato con questa urgenza se il suo respiro fosse stato già assente sul campo di battaglia.» fece Conrad, mentre le prime due lacrime rigavano i suoi zigomi.

Roul allora si chinò e cercò di rincuorarlo.

«No, Conrad, no… tuo padre è caduto davvero in battaglia!»

Mentiva per non colpevolizzarlo, ma Conrad non era così stupido da crederci. Rabel aveva esalato il respiro finale lì all’accampamento nella speranza di vedere per l’ultima volta il viso del suo ragazzo; la pezza intrisa di sangue posta sul collo indicava che avevano provato a prolungare la sua agonia in attesa che Conrad tornasse.

«Tocca a te chiudere i suoi occhi.» lo spinse alle spalle Roul.

A tu per tu con quegli occhi azzurri, Conrad non seppe trattenere la sua disperazione. Intanto le donne, i frati, la riserva che difendeva l’accampamento e la servitù avevano formato un cerchio intorno alla scena. Conrad colse come una sorta di delusione negli occhi di suo padre, ma ovviamente era solo la voce della sua testa a suggerirglielo, il suo senso di colpa per non esserci stato.

«Padre!» urlò prima di gettarcisi al petto.

«Non c'è niente da guardare!» urlò più forte ancora Roul, rivolgendosi alla folla.

«Maledetti greci!» sentenziò quindi a bassa voce.

Con questa frase Roul evidenziava tutto il suo disprezzo per la gente del luogo, ovviamente i cristiani, ritenuta “greca” per via della religione di rito orientale. Tuttavia quell’esclamazione di intolleranza includeva pure Giorgio Maniace e le truppe regolari al suo seguito, visti i cattivi rapporti del generale con gli uomini dei contingenti ausiliari.

La gente si diradò impaurita dalla reazione di Roul. Conrad invece scappò, intento a trovare il prete che l’aveva dissuaso dalla sua fedele attesa.

Roul seguì il ragazzo, mentre questi cercava come un dannato il religioso tra le tende.

«Figliolo, fermati! Chi diamine cerchi?»

«Quel prete che mi ha convinto a salire sulle rupi.»

«Chi è?»

«Parlava la nostra lingua.»

Poi pensò di cercarlo direttamente nella chiesa rupestre, quindi corse per inerpicarsi sulla collina. Giunto in cima udì il belato delle capre ma non vide il pastore... poi entro dentro. Essendo che la luce del crepuscolo stava per scomparire, i colori vivi che l’avevano colpito a mezzogiorno erano svaniti e all’interno della grotta era percepibile a stento una sorta di penombra. Roul tuttavia lo seguiva con una torcia e quando mise piede nella grotta tutto riprese luce. Conrad in quel momento se ne stava a gettare pugni di terra contro il dipinto del Cristo e contro quello della Madonna, non avendo altro con cui offendere quelle mura di pietra. Piangeva a dirotto e adesso la rabbia contro il gesto benintenzionato del prete aveva lasciato il posto all’ira verso Dio e verso quelle preghiere inascoltate.

Roul era un uomo bruto, per certo profano nei modi, ma quando vide il sacrilegio di Conrad, vuoi per reale timore, vuoi per superstizione, lo bloccò da dietro sollevandolo con un solo braccio.

«No, Conrad, loro non c'entrano niente.»

«Non mi hanno ascoltato!» gridò il ragazzino con tutto il suo fiato, ma l’ambiente chiuso gli ruppe sordamente la voce.

«Ti aspettavi i miracoli?»

«Me lo ha detto quel prete!»

A ciò lo mollò giù e lo costrinse a guardarlo negli occhi.

«Stammi a sentire, figliolo… tuo padre mi ha fatto giurare che mi sarei preso cura di te, e il mio onore mi vieta di mancare alla promessa fatta ad un amico morente. “Fino a che non ti avrò condotto a Rougeville dai tuoi parenti”… così mi ha fatto giurare.»

«Non li conosco i miei parenti.» rispose Conrad, singhiozzando e piangendo, adesso ad occhi chiusi poiché la luce della torcia li bruciava arrossandoli.

«Poco mi importa, non mancherò a questo giuramento in cui è implicato il mio onore e il sangue di tuo padre soltanto perché tu hai qualcosa da ridire.»

«Che altro vi ha detto?»

«Che dovevi farti forza, figliolo. Quindi adesso scendi all’accampamento e abbi il coraggio di guardarlo in faccia. Gli uomini della nostra stirpe sono soliti essere indomiti guerrieri sprezzanti della morte. E se sei arrabbiato è una cosa buona... avrai più fervore in battaglia. Ma non prendertela con i santi… prenditela con i vivi!»

«Per questo cercavo quel prete.»

«Lascia perdere anche il prete… È coloro che hanno ucciso tuo padre che devi odiare, è verso quelle bestie che devi trovare la tua vendetta.»

«Chi?»

«Siamo in questa terra da due anni e mi domandi “chi”? Non hai visto gli occhi di quella gente d’Africa? Non hai visto come il loro sguardo mediti nefandezze nei tuoi confronti? Perfino la gente di Akḥal, che ci è alleata, ci guarda con odio. Quelli hanno ammazzato, hanno violentato le donne della gente che c'era prima di loro, e l'hanno costretta ad inchinarsi al loro Dio. Hanno insozzato il sangue di questa gente rendendolo spregevole quando hanno ingravidato queste fanciulle. Loro, quei barbari maomettani, loro hanno ucciso tuo padre!»

«Voi avete detto di combattere soltanto per il compenso, e che i motivi di questa guerra non vi interessano.»

«Figliolo, se non odii il tuo nemico non puoi sopravvivere in battaglia.»

«Significa che mio padre non abbia odiato abbastanza?»

«Tuo padre aveva l’animo di un re… sarebbe stato giusto che lui comandasse e non che scendesse in battaglia. Però tu, giovane Conrad, quell’odio che proverai pensando al suo sacrificio ti servirà. Diventerai un ottimo guerriero, ne sono certo. Tuttavia, per questa sera non pensare alla vendetta, pensa soltanto ad onorare tuo padre. Verrai all’accampamento per chiudergli gli occhi?»

Conrad si asciugò con una mano il viso e rispose:

«Verrò.»

Perciò Roul, guardandosi attorno, commentò:

«Seppelliremo tuo padre qua dentro, sotto gli occhi vigili del Signore e di tutti questi santi. Non vedo posti migliori qui attorno.»

«I frati di rito greco ci vengono a pregare.»

«Significa che saranno felici di vegliare per questo martire della cristianità.»

Scesero fino all’accampamento, e quindi, una volta chiusi gli occhi al povero Rabel e preparata la salma, risalirono in solenne corteo fino a dentro la chiesa rupestre. Adagiarono il corpo sotto la croce dell’inginocchiatoio e vegliarono, i religiosi, le donne e i nobili soldati, stringendosi attorno al ragazzino per tutta la notte.

L’indomani all’alba il prete che Conrad aveva odiato, il quale scoprì chiamarsi Jacob, officiò il funerale, quindi seppellirono Rabel in una fossa scavata all’interno della grotta e in mezzo ad un recinto fatto con lastre di ardesia. Coprirono il cadavere con lo scudo che gli era appartenuto, quello lungo terminante con una punta in basso tipico della gente normanna, e gettarono della terra come sigillo finale.

Conrad restò a vegliare quel luogo per un giorno intero anche dopo il funerale. Dormì rannicchiato presso l’inginocchiatoio, non mangiò nulla e pianse parecchie volte. Fuori da quella grotta l’attendeva la vita, la vita senza suo padre, e lui era sicuro che non ce l’avrebbe fatta mai e poi mai da solo. D’altronde Rabel era lì, sepolto sotto i suoi piedi, e lui l’avrebbe atteso fedelmente; questa volta senza farsi distrarre da nessuno. Moriva dentro tutte le volte che pensava che le ultime parole che suo padre avrebbe voluto rivolgergli gli erano morte in bocca. Poi fissava i santi sulla parete rocciosa e, al contrario di quanto Roul gli aveva detto, non riusciva a non odiare anche loro.

Il Cielo Di Nadira

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