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COMUNICAZIONE 2.3. LA MEDIA EDUCATION NEL SERVIZIO SOCIALE. PROSPETTIVE TEORICHE E CASI DI STUDIO

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AUTORI

• Gianna Cappello, Università di Palermo

SOMMARIO E OBIETTIVI

Con sempre maggiore evidenza, nel corso degli ultimi decenni si è affermato un concetto di socializzazione comunicativa secondo il quale la socializzazione delle giovani generazioni si viene a comporre all’interno di un ambiente di vita caratterizzato da una pervasiva presenza dei media digitali e della Rete che va ad incidere fortemente sulla formazione delle loro identità, dei loro universi valoriali e di conoscenze, sulle loro relazioni sociali. Per comprendere appieno questo ruolo “educativo” dei media occorre però che questi non vengano (più) intesi come un mero sottosistema funzionale a un più vasto ordine sociale, secondo una vecchia terminologia sociologica, né come meri strumenti di istruzione (instructional technologies) ma vengano piuttosto inquadrati in una prospettiva più complessa che sappia coglierne l’azione sia come sistema industriale, sia come apparato tecnologico, sia come forza simbolico-culturale. Ciò richiede il riconoscimento della natura reciprocamente costitutiva dei concetti di “comunicazione mediata” e di “educazione”: la comunicazione mediata è strutturalmente educativa dal momento che modifica idee, visioni del mondo e dimensioni della sfera pubblica come pure comportamenti e vissuti della sfera privata; allo stesso modo l’educazione è strutturalmente comunicativa poiché fondata su una relazione dialogica.

L’intreccio tra educazione e comunicazione mediata si esplicita sia al livello macro dei contesti organizzativi dell’educazione formale e non formale, sia al livello micro del rapporto tra insegnanti/educatori e giovani. La tesi che si intende sostenere è che per cogliere la complessità di questo intreccio occorre adottare un punto di vista e di azione orientato alla Media Education ovvero a quel crocevia epistemologico e metodologico che, integrando le scienze sociali, della comunicazione e dell’educazione, offre un apparato concettuale e operativo entro il quale elaborare interventi con l’obiettivo di contribuire alla formazione di una cittadinanza attiva, di individui cioè in grado di convivere in maniera più riflessiva e responsabile nella cosiddetta società dell’informazione e della comunicazione. In particolare, le strategie mediaeducative che gli educatori/operatori che operano nei contesti educativi non formali possono adottare si muove secondo due assi di sviluppo: una più strettamente strumentale e un’altra più critica, culturale e creativa. Per esempio, in un’ottica di promozione e (re)integrazione dei soggetti vittime di violenze, di dipendenze varie, di disturbi di natura psico-fisica, di riabilitazione nei contesti carcerari (minorile e per adulti), il media educator potrebbe agire nei termini di una focalizzazione e presa di coscienza del problema (la violenza, la droga, i disturbi alimentari, le forme depressive, ecc.) e quindi di attivazione di un percorso riabilitativo che, a partire da un’analisi critica delle rappresentazioni mediali del problema stesso, prosegue nella direzione di una rielaborazione creativa dei loro vissuti attraverso produzioni mediali condivise. Il caso di studio presentato riguarda l’attività mediaeducativa svolta da un centro di aggregazione giovanile collocato in un’area a rischio della città di Palermo.

URL: https://youtu.be/YopRprEsV5E

I Congreso Internacional de trabajo social digital

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