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V.

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Le congiure, inspirate alle reminiscenze classiche d'Aristogitone e di Bruto nel periodo della Erudizione, perdono pregio, per copia, per ampiezza, raffrontate a quelle che, nel secolo di cui trattiamo, furono mandate ad effetto, e delle altre non poche, che furono senza effetto tramate.

In Italia, con serotina larghezza d'intenti riformatori e repubblicani, congiurava a Lucca, per una sognata federazione di repubbliche antipapali, Francesco Burlamacchi, consegnato da Cosimo alla scure spagnuola. Nel 1559 (per non risalire al 1537 e all'insano tentativo degli Strozzi, concluso colla scaramuccia di Montemurlo, e colla misteriosa morte di Filippo Strozzi) contro Cosimo I congiurava a Firenze, senza altro danno che della sua testa, un Pandolfo Pucci. Una congiura animata da risentimenti politici e da fanatismo religioso contro Pio IV scuoprivasi, e punivasi severissimamente, in Roma, l'anno 1564. Nel 1575 un altro Pucci (Orazio) con Ridolfi, Alamanni, Machiavelli, Capponi, tramava di spegner Francesco I e tutta la stirpe medicea; scoperto, pagava egli col capo suo; gli altri fuggivano; e le grosse confische de' loro patrimonî fecero dire, che Francesco aveva a bello studio esagerato il numero de complici; il che si disse puranco nel 1609, quando, conscii i Gonzaga e gli Estensi, si ordì in Parma altra nobilesca congiura contro Rinuccio II Farnese, che dette assai animosamente di piglio nel sangue e negli averi degli accusati, colpevoli o no.

Fuor d'Italia, la infelicissima Maria Stuarda, che il Bothwell aveva, coll'assassinio d'Enrico Darnley, cacciata in un abisso di vergogne e di guai, diveniva, fuggiasca in Inghilterra e prigioniera a Fotheringay, eccitamento o pretesto a congiure senza fine contro Elisabetta, che le sventava e ne faceva suo pro. Un duca di Norfolk che, giudice di Maria, vinto dalla bellezza di lei, strette intelligenze con la Spagna, aveva sognato sposarla, finiva nel 1572 col Northumberland suo complice sul patibolo, provocando rappresaglie crudeli contro i Cattolici. Una congiura dei Guisa, tramante uno sbarco sulle coste inglesi, fu, pare, denunziata ad Elisabetta da Filippo medesimo, cui la soverchia potenza di quei suoi clienti glie li avrebbe sottratti, e forse voltati contro. Ad incrudir nuovamente contro i Cattolici porgeva argomento la congiura del Somerville, preparatosi empiamente co' Sacramenti alla uccisione di Elisabetta. Il fantasioso Don Giovanni d'Austria, conscio questa volta Filippo II (che sperava o perderci il troppo intraprendente fratello, o porlo in difficoltà che glie lo assoggettassero del tutto), sognava anch'egli uno sbarco in Inghilterra, le nozze della Stuarda, il trono de' regni Cambrici, il ristabilimento del culto cattolico in Inghilterra. La congiura del Babington colmò finalmente la misura, e mentre a Fotheringay la testa bellissima della Stuarda cadeva sotto la mannaia (1587), ed il popolo di Londra s'abbandonava alla esultanza e incendiava fuochi d'artifizio, Elisabetta, fingendosi sorpresa, simulava una indignazione e un rammarico, che non ingannavan nessuno. Lo Schiller le fa riassumere abilmente in un meraviglioso monologo i pretesti, co' quali ella poteva coonestare le sue regali paure, e le sue femminili vendette; e quel tratto d'altissima poesia è profonda e nitida visione della realtà psicologica e storica. Del resto era fato antico di questi Stuardi il finire tragicamente: Giacomo I, il poeta, assassinato da' nobili; Giacomo II, morto all'assedio di Roxburgh per lo scoppio d'un cannone; Giacomo III, caduto a Bannockburn, combattendo contro il proprio figlio ribelle Giacomo IV; che doveva anch'egli poi morire contro il cognato Enrico VIII a Flodden; sinchè nel 1648 la fredda, plebea, beffarda crudeltà del Cromwell porgeva all'attonita ma inerte Europa lo spettacolo, non più veduto dal tempo d'Agide spartano, d'un Re tratto giudizialmente al patibolo da' sudditi proprî.

In Francia (per non ricordare ora il Clement, uccisore di Enrico III, nè la fallita Congiura d'Amboise), nel 1602, il Maresciallo Biron, già così benemerito d'Enrico IV, intrigava cogli stranieri contro il suo Re glorioso, macchinava la spartizione della Francia in Governi, con un Re elettivo, e dipendente da una specie di Dieta; e, ciò nonostante, il parricida avrebbe trovato grazia appo Enrico, solo che si fosse indotto, come n'era sollecitato, a chiederla. Ben più frequenti è naturale che si tramassero le congiure contro al Richelieu. Nel 1626, il Talleyrand di Chalais veniva decapitato; strangolato o avvelenato a Vincennes J. B. d'Ornano, nipote della celebre Vanina, creatura del duca d'Orleans. Nella congiura del 1632 il Motmorency, vilmente abbandonato dallo stesso Duca suo inspiratore, sarebbe stato graziato da Luigi XIII, se altri, in mal punto, non avesse additato al Re, in una Bibbia rimasta aperta sopra un leggío, lo scempio di Achad, Re degli Amaleciti. Nel 1642 il solito Gastone d'Orleans, furente per Maria Gonzaga negatagli in moglie, abbandonava alle vendette del Cardinale e al carnefice il Cinq-Mars, il De Thou, e determinava in Spagna la caduta dell'Olivarez, partecipe della brutta macchinazione.

Maggiori conseguenze, sebbene non sortisse il suo pieno effetto, ebbe sullo spirito pubblico inglese, e sulla condizione de' Cattolici nei Regni Cambrici, la Congiura delle polveri (1604); tuttochè Giacomo I, de' Cattolici odiator grande, dichiarasse egli medesimo in Parlamento non potersi a una intiera Confessione religiosa apporre la insensata efferatezza di pochi.

Anco in Olanda, lo Stautembourg, per vendicare il padre suo Barneveldt, cospirava contro Maurizio di Orange; che, sfuggito al colpo, non potendo Guglielmo, il reo, già postosi in salvo, mandava al supplizio l'innocente fratello di lui.

Tutti questi furono tentativi andati a vuoto, e ricaduti sulla testa de' colpevoli autori; ma a vuoto non andò il colpo che in Delft, presenti la moglie e la sorella, spengeva, per mano di Balthazar Gèrard, con tre palle di pistola, Guglielmo d'Orange (1584); il quale, scampato già, quantunque ferito sconciamente, all'attentato dello spagnuolo Javregny; sottrattosi, col duca d'Anjou, a quello del Salcède (che veniva squartato poi in piazza di Grève a Parigi), spirava, pregando Dio “che avesse misericordia dell'anima sua, e del suo povero popolo„. A vuoto non andarono i replicati colpi del Ravaillac, pei quali potè la Francia temere le si apparecchiassero giorni peggiori di quelli conseguiti immediatamente alla catastrofe di Enrico II.

E a queste tragiche morti di sovrani, quante altre si alternano d'uomini cospicui; talune macchinate da' Re, e da' pubblici Poteri fatti assassini, come quella del Duca Enrico e del Cardinale di Guisa, di cui Enrico III non s'era vergognato di proporre la esecuzione al valoroso Crillon (le brave Crillon), che gli aveva profferto, invece, di sfidare il Guisa a duello; l'assassinio del Concini, sagace precursore del Richelieu nel combattere l'alleanza della Feudalità e del Calvinismo cospiranti contro la potestà Regia, al quale l'oscitante Luigi XIII fu spinto dall'avido orgoglioso Luynes; quello del Sampiero da Bastelica, lo strangolatore dell'amatissima bellissima Vannina d'Ornano, voluto dal Governo genovese, sperante invano così la pacificazione della Corsica; e celebre sopra le altre, tipica, nel fiero genere suo, la morte del Wallenstein, ordinata da Ferdinando II, che affrettavasi, peraltro, a far celebrare per la requie del turbolento suo generale ben tremila Messe.

Altri eccidî sono compiuti da privati, sotto l'impero quasi sempre del fanatismo religioso, caratteristico di quella età: come quello del Condè prigioniero, perpetrato a freddo, dopo la battaglia di Saint-Denis, dal capitano Montesquiou (1569); del Duca Francesco di Guisa, al quale il Poltrot du Merè si dispose, durante l'assedio di Orléans, con sì lunga e raffinata simulazione (1563); del Buckingham, in cui il puritano Felton s'imaginava di spengere poco meno che l'Anticristo.

Nè mancava al pugnale omicida il plauso delle Muse, e la severa approvazione de' Maestri in Israello. La storia del Genere umano ha da registrare, tra le altre miserie, i versi latini, con cui da dotti Protestanti fu cantato il Poltrot du Merè; le lodi officiali della Sorbona per Bathazar Gérard; l'elogio che Famiano Strada, non volgar narratore delle guerre fiamminghe, tesse, nel suo bel latino, del Javregny; le apologie che il Boucher scrisse, prima, del Clement, poi dello Chatel, provatosi fin dal 1594 ad assassinare Enrico IV.

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