Читать книгу Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C. - Beatrice Gavazza - Страница 15
I.2. Il trasferimento in Macedonia (testt. 7–11)
ОглавлениеTest. 7 (5 S.–K.)
Praxiphanes fr. 18 Wehrli ap. Marcellin. Vit. Thuc. 29
συνεχρόνισε δὲ (Θουκυδίδης), ὥς φησι Πραξιφάνης ἐν τῷ περὶ ἱστορίας, Πλάτωνι τῷ κωμικῷ, Ἀγάθωνι τραγικῷ, Νικηράτῳ ἐποποιῷ καὶ Χοιρίλῳ καὶ Μελανιππίδῃ.
Come dice Prassifane nel suo libro Sulla storiografia, [Tucidide] fu contemporaneo di Platone comico, di Agatone tragico, di Nicerato epico e di Cherilo e Melanippide.
Interpretazione
La Vita Thucydidis attribuita al retore Marcellino (V sec. d.C.) riporta, citando Prassifane (IV–III sec. a.C., autore di un’opera περὶ ἱστορίας), che lo storiografo Tucidide fu contemporaneo di alcuni poeti, tra cui Agatone tragico. Prassifane fu un peripatetico, allievo di Teofrasto; la περὶ ἱστορίας è menzionata dalla sola Vita Thucydidis.1
La vita di Tucidide si colloca tra il 460 circa e il 400 a.C.2 Per quanto riguarda gli altri autori qui ricordati, il commediografo Platone, attivo ad Atene contemporaneamente ad Aristofane ed Eupoli, visse tra la metà del V sec. e il 390 a.C. circa.3 Di Nicerato, un autore di versi epici (ἐποποιός) originario di Eraclea Pontica, non si hanno molte notizie, se non quella relativa a una sua vittoria in un agone poetico tenutosi a Samo nel 404 a.C. (Plut. Lys. 18, 4s.); la sua data di nascita è da collocarsi plausibilmente intorno alla metà del V sec. a.C.4 Cherilo fu poeta epico proveniente da Samo e residente per un certo periodo, forse fino alla morte, alla corte macedone di Archelao; la sua vita si colloca tra gli anni 468–465 e 404–399 a.C.5 L’ultimo autore menzionato è Melanippide, compositore di ditirambi annoverato nel gruppo di poeti che segnarono lo sviluppo di questo genere letterario tra la seconda metà del V e l’inizio del IV sec. a.C., soprattutto attraverso innovazioni in campo metrico–musicale. Per il periodo di attività poetica di Melanippide si ipotizza la seconda metà del V sec.6
Per l’interpretazione del passo, una prima linea di pensiero – già di Preller, ampliata e argomentata da Wilamowitz e Hirzel e accettata da Wehrli – consiste nell’ipotizzare che nella περὶ ἱστορίας di Prassifane gli autori menzionati si riunissero presso la corte di Archelao, re di Macedonia dal 413 al 399 a.C.7 L’opera del peripatetico prenderebbe spunto dalla situazione della corte macedone alla fine del V sec. a.C., quando Archelao, secondo un disegno di politica culturale volto a ellenizzare la Macedonia – zona considerata periferica dai Greci dell’epoca – radunò intorno a sé intellettuali e artisti provenienti da città greche.8 La tradizione di un soggiorno macedone esiste per Tucidide, per Cherilo, per Melanippide e per Agatone. Tra i poeti attivi alla corte di Archelao troviamo anche Euripide (non menzionato da Prassifane).9 La notizia non è invece attestata per Nicerato e per Platone.10 Tale interpretazione si fonda sulla menzione di Archelao subito dopo l’elenco degli autori, alle ll. 2s. del fr 18 Wehrli di Prassifane (ap. Marcell. Vit. Thuc. 30).11 Il verbo συγχρονίζω indicherebbe la simultanea presenza dei personaggi citati alla corte di Archelao.12 Non accetta tale interpretazione del passo Aly, il quale per Nicerato e Platone nega qualunque nesso con la corte di Archelao e considera azzardata l’ipotesi di ricostruire l’opera di Prassifane come la messa in scena di un incontro in Macedonia di tutti questi autori; Prassifane avrebbe usato συγχρονίζω per indicare che, in base ai suoi calcoli, gli autori citati sarebbero vissuti nel medesimo periodo.13 Il riferimento ad Archelao sarebbe stato riportato da Marcellino in una forma abbreviata e sarebbe da leggersi in riferimento solo ad alcuni dei nomi presenti, tra cui Agatone. Siamo in ogni caso di fronte a una fonte che lega il nome del poeta tragico a una generazione di autori vissuti nella seconda metà del V sec. a.C., alcuni attivi anche nei primi anni del IV sec., e al contesto della corte macedone di Archelao.
Test. 8a (7a S.–K.)
Aristoph. Ra. 83–85 (a. 405)
Ἡρακλῆς Διόνυσoς Ἡρ. Δι. | Ἀγάθων δὲ ποῦ ‘στιν; ἀπολιπών μ’ ἀποίχεται, ἀγαθὸς ποιητὴς καὶ ποθεινὸς τοῖς φίλοις (σοφοῖς schol. VE ad 84). ποῖ γῆς ὁ τλήμων; 85 εἰς μακάρων εὐωχίαν. |
Eracle Dioniso Er. Di. | E Agatone dov’è? Abbandonatomi se n’è andato un buon poeta, rimpianto dagli amici. In quale angolo della terra, il disgraziato? 85 Al banchetto dei beati. |
Interpretazione
Nel 405 a.C. Aristofane presenta in occasione delle Lenee le Rane, commedia che mette in scena la catabasi di Dioniso, desideroso di riportare ad Atene Euripide, in assenza di altri poeti tragici di buon livello. Per realizzare il piano, la divinità chiede aiuto a Eracle; ha luogo una discussione sul contemporaneo panorama teatrale ateniese, con la menzione di rinomati poeti tragici, tra cui Agatone.
Al v. 83, l’espressione ἀπολιπών μ’ ἀποίχεται è definita da Del Corno come connotata da «un tono da epitafio», in quanto Agatone «si era trasferito altrove, era come morto per il teatro ateniese».14 Il verbo ἀποίχομαι, ‘andarsene’, a seconda del contesto può esprimere l’allontanamento di una persona tanto da un luogo quanto dalla vita stessa.15 L’ambiguità del termine permette un gioco di parole tra l’allontanamento geografico e la morte. Secondo Lévêque tuttavia il ricorso alle forme composte dei verbi ἀπολείπω e ἀπολαμβάνω, nonché la domanda ποῦ’ στιν, con il ricorso a un avverbio di luogo, spingono a interpretare i tre versi come espressione di allontanamento geografico. Gli scolî e il dialogo di apertura del Simposio di Platone (vd. test. 9) confermano l’interpretazione di un semplice allontanamento fisico di Agatone da Atene.
Al v. 84, il testo tramandato dai codici e accettato da Wilson è ποθεινὸς τοῖς φίλοις, mentre negli scolî appare la variante σοφοῖς. Dover mette a testo τοῖς φίλοις, considerando σοφοῖς una glossa oppure una variante.16 Del Corno, seguendo Dobree, sceglie di mettere a testo σοφοῖς, lezione segnalata negli scolî dei manoscritti V ed E, ritenendo che il φίλοις dei codici sia il risultato di un’interpolazione forse causata dall’inserzione nel testo di una segnalazione, in origine a margine, di un passo parallelo euripideo, il v. 320 delle Fenicie.17 In ambito funerario – argomenta Dover – l’espressione ποθεινὸς τοῖς φίλοις (o equivalenti) è diffusa: ποθεινὸς ἐὼν σοῖ–/[σι φίλο]ις (IG II/III² 6004, vv. 7s.); φίλοις ἐρατός (SEG LV 723, v. 10); φίλοις πᾶ–/σι ποθεινὸς (IK Knidos I 304, vv. 8s.). D’altro canto, la lezione σοφοῖς ha carattere meno generico e ben si adatterebbe alle note frequentazioni da parte di Agatone dei sofisti, suoi maestri, e della cerchia socratica (vd. anche testt. 2s. 17). La formulazione non resta senza attestazione: φίλον καὶ π[ᾶσι]/[σ]<ο>φοῖσι (IGLSyr 4 1350, vv. 4s.). Considerata tuttavia l’unanimità della tradizione manoscritta e l’assenza di validi motivi per pensare a φίλοις come a una corruttela, si accetta la lezione tràdita.
Il v. 85 continua a giocare sull’ambiguità tra partenza e dipartita. Alla domanda posta da Eracle, verso quale parte della terra se ne sia andato Agatone, definito τλήμων alla stregua di un morto o di un eroe tragico, 18 Dioniso risponde ἐς μακάρων εὐωχίαν. La morte di una persona è definita frequentemente in iscrizioni funerarie come un viaggio verso le isole (o l’isola) dei beati, εἰς μακάρων νήσους/νῆσον.19 È qui richiamata da un lato la tradizione greca secondo la quale, dopo la morte, le anime dei giusti saranno accolte nelle isole dei beati;20 dall’altro lato, l’accostamento di εὐωχίαν e μακάρων si avvicina invece ad alcune espressioni formulate in contesti satirico–parodici. Due esempi sono: ἐν μακάρων δείπνοις nella lunga citazione, presso Ateneo, dell’autore di parodie epiche Matrone (fr. 1 v. 67 Olson–Sens = SH 534 v. 67), e εἰς τῶν μακάρων συμπόσιον nella Storia vera di Luciano (VH 2, 11). In questo modo, l’ambiguità morte/allontanamento dei tre versi aristofanei non si scioglie, ma acquisisce anche una sfumatura comica, considerando che il pubblico di Aristofane era consapevole della sorte di Agatone in quel momento: gli scolî alle Rane spiegano che il poeta si era trasferito presso la corte macedone di re Archelao (vd. testt. 7. 8b), e già Ritschl ipotizzava nell’assonanza tra μακάρων e Μακεδόνων/Μακεδών un richiamo a questo spostamento.21 Le Rane testimoniano dunque che all’inizio del 405 a.C. Agatone aveva già lasciato Atene.
Test. 8b (7b S.–K.)
Scholl. vett. RVMEΘBarb (Ald) Aristoph. Ra. 85a–b Chantry; scholl. recc. Reg Aristoph. Ra. 83a*; 85c* Chantry (cf. 8c*)
Schol. vet. 85a ποῖ γῆς ὁ τλήμων; R – ἐς μακάρων EBarb εὐωχίαν MEBarb: ὡς περὶ τετελευτηκότος λέγει, ὡς ἂν εἶπε “τὰς μακάρων νήσους”. RVMEΘBarb(Ald)
Schol. vet. 85b ὅτι Ἀρχελάῳ τῷ βασιλεῖ μέχρι τῆς τελευτῆς, μετὰ ἄλλων πολλῶν συνῆν ἐν Μακεδονίᾳ, καὶ “μακάρων εὐωχίαν” ἔφη τὴν ἐν τοῖς βασιλείοις διατριβήν. RVMEΘBarb(Ald)
Schol. rec. 83a* Ἀγάθων] ὁ Ἀγάθων οὗτος ποιητὴς ἦν κωμῳδίας δεξιὸς καὶ τὸν τρόπον ἀγαθός (cf. test 6). κατηγορήθη δὲ ὅτι ἀπέδρασε πρὸς τὸν βασιλέα τῶν Μακεδόνων Ἀρχέλαον Reg
Schol. rec. 85c* ἐς μακάρων εὐωχίαν] τοῦτο διχῶς νοεῖται, ἢ ὅτι ἐτελεύτησε καὶ ἀπῆλθε πρὸς τὰς Μακάρων νήσους, αἵτινές εἰσι περὶ τὰ νοτιώτερα μέρη τοῦ Ἑσπερίου Ὠκεανοῦ, ἔνθα ἔλεγον οἱ Ἕλληνες ἀπάγεσθαι τοὺς χρηστοὺς τῶν ἀνθρώπων, ἢ ὅτι ἀποδρὰς σύνεστιν Ἀρχελάῳ τῷ τῶν Μακεδόνων βασιλεῖ, συνευωχούμενος αὐτῷ μετὰ πολλῶν ἄλλων, καὶ διὰ τοῦτο “εὐωχίαν Μακάρων” καλεῖ τὴν ἐν τοῖς βασιλείοις ἀναστροφήν. Reg
Schol. vet. 85a In quale angolo della terra, il disgraziato? — Al banchetto dei beati: parla come di uno che è morto, come avrebbe potuto dire “le isole dei beati”.
Schol. vet. 85b Poiché visse insieme a molti altri presso re Archelao, in Macedonia, fino alla morte, e chiamava “banchetto dei beati” il modo con cui si viveva presso il palazzo del re.
Schol. rec. 83a Questo Agatone era un abile compositore di commedie ed eccellente nello stile. Fu accusato di essere fuggito presso il re dei Macedoni Archelao.
Schol. rec. 85c Questo si può intendere in due modi, o che morì e se ne andò nelle isole dei beati, le quali si trovano nelle zone più meridionali dell’Oceano Occidentale, dove i Greci dicevano che erano portate le persone buone, oppure che, fuggito, vive presso Archelao re di Macedonia, banchettando con lui, insieme a molti altri, e per questo chiama “banchetto dei Beati” lo stile di vita presso il palazzo regale.
Interpretazione
Gli scholl. vett. RVMEΘBarb(Ald) Aristoph. Ra. 85a–b Chantry legano l’espressione μακάρων εὐωχίαν alla tradizione che colloca la residenza dei defunti nelle isole dei beati (vd. test. 8a) e constatano che Dioniso parla di Agatone come di un morto (85a: ὡς περὶ τετελευτηκότος). Lo scoliasta segnala così il tono funerario del richiamo di Dioniso ad Agatone, ma immediatamente dopo chiarisce il vero motivo dell’assenza del poeta: il tragediografo non si trova ad Atene non perché sia morto, bensì a causa del suo trasferimento presso la corte di Archelao, re di Macedonia (vd. anche testt. 5. 15s. 17). Lo scoliasta afferma inoltre (85b) che Agatone soggiornò presso Archelao sino alla propria morte (μέχρι τῆς τελευτῆς), avvenuta presumibilmente prima del 399 a.C., anno del decesso di Archelao:22 una volta partito, il tragediografo non fece più ritorno ad Atene. Lo schol. RVMEΘBarb (Ald) ad 85b continua ricordando come, in Macedonia, il poeta vivesse insieme a ‘molti altri’, da identificare con poeti, artisti e intellettuali che Archelao aveva invitato presso di sé, tra i quali si annoverano Euripide, Timoteo e Cherilo.23 Sembra che il gruppo di persone riunite dal re costituisse una comunità artistico–intellettuale ospitata nel palazzo regale in virtù della politica culturale promossa da Archelao.24 Lo scoliasta chiarisce l’espressione μακάρων εὐωχίαν come metafora dello stile di vita che si teneva alla corte macedone e che diede origine a diversi aneddoti, come il dono della coppa d’oro a Euripide (Plut. apophth.reg. 177a), o il bacio dato da Euripide ad Agatone (vd. test. 15a).
Gli scholl. recc. Reg ad 83a. 85c25 riferiscono dell’allontanamento di Agatone da Atene in termini simili agli scholia vetera, ma con una precisazione in più. Lo schol. 83a informa che Agatone κατηγορήθη ὅτι ἀπέδρασε, fu accusato di essere fuggito presso Archelao. ἀποδιδράσκω, da cui l’aoristo ἀπέδρασε,26 ha il significato di ‘fuggire’ solitamente con una sfumatura di segretezza.27 La iunctura di ἀποδιδράσκω e il verbo semplice οἴχομαι si trova, sempre in Aristofane, al v. 196 delle Ecclesiazuse, ἀποδρὰς ᾤχετο, riferito all’oratore in fuga per aver appoggiato davanti all’assemblea la conclusione di un’alleanza, oggetto in seguito del pentimento degli Ateniesi.28 Tornando allo scolio, la subordinata con predicato ἀπέδρασε è dipendente dall’aoristo passivo κατηγορήθη, che può essere interpretato secondo Lévêque in due modi. Lo scoliasta potrebbe affermare che Dioniso signore del teatro accusi il suo servitore Agatone di essersene andato di nascosto, «comme un esclave fugitif».29 L’altra possibilità consiste invece nel leggere lo scolio non in relazione alla finzione scenica, ma come informazione di carattere storico: in tal caso, l’allontanamento di Agatone non sarebbe interamente frutto della volontà del poeta, ma sarebbe la conseguenza di un’accusa di carattere politico, ufficiale o ufficiosa, dovuta alla frequentazione di uomini appartenenti alla fazione oligarchica.30
Lo schol. rec. Reg ad 85c propone due spiegazioni alternative per l’affermazione ἐς μακάρων εὐωχίαν. La prima, fedele alla tradizione funeraria, argomenta che un possibile significato del passo sia ‘morì e se ne andò alle isole dei beati’ (ἐτελευτήσε καὶ ἀπῆλθε πρὸς τὰς μακάρων νήσους). La seconda invece si allinea agli altri scolî al passo e ripropone la notizia della fuga presso Archelao. Sebbene lo schol. rec. Reg ad 85c lasci trasparire l’incertezza dello scoliasta per l’interpretazione da attribuire al passo aristofaneo, gli altri scolî vi leggono un riferimento all’assenza di Agatone da Atene in seguito al trasferimento del poeta in Macedonia presso la corte di Archelao. A ciò si unisce il carattere comico che assume il passo, come dimostrano i paralleli di μακάρων εὐωχίαν (sopra citati) in ambito comico–parodico. Gli scolî confermano dunque l’interpretazione di Rane 83–85 come notizia del trasferimento di Agatone in Macedonia presso la corte di Archelao, testimoniando inoltre la tradizione della permanenza del poeta in questo luogo fino alla propria morte. Si può fissare – come già Lévêque – un terminus ante quem per il decesso di Agatone, avvenuto prima della scomparsa del suo protettore macedone, ossia il 399 a.C. Rimane incerta la possibilità di interpretare la ‘fuga’ da Atene come la conseguenza di un’accusa di carattere politico.
Test. 8c*
Suda α 124 Adler
Ἀγάθων· ὄνομα κύριον. τραγικòς δὲ ἦν· διεβέβλητο δὲ ἐπὶ μαλακίᾳ. Ἀριστοφάνης· Ἀγάθων δὲ ποῦ ‘στιν; ἀπολιπών μ’ οἴχεται. ποῖ γῆς ὁ τλήμων; ἐς μακάρων εὐωχίαν (Ra. 83–85). οὗτος ὁ Ἀγάθων ἀγαθὸς ἦν τὸν τρόπον, ποθεινὸς τοῖς φίλοις καὶ τὴν τράπεζαν λαμπρός. φασὶ δὲ ὅτι καὶ Πλάτωνος Συμπόσιον ἐν ἑστιάσει αὐτοῦ γέγραπται, πολλῶν ἅμα φιλοσόφων παραχθέντων. κωμῳδιοποιὸς Σωκράτους διδασκαλείου. ἐκωμῳδεῖτο δὲ εἰς θηλύτητα.
Agatone: nome proprio. Era un poeta tragico; era accusato di mollezza. Aristofane: «E Agatone, dov’è? Μi ha abbandonato e se n’è andato. In quale angolo della terra, il disgraziato? Al banchetto dei beati» [Ra. 83–85]. Questo Agatone aveva un’indole nobile, era caro agli amici e dava splendidi banchetti. Dicono poi che il Simposio di Platone sia stato scritto in occasione di un suo banchetto, dove sono presentati, insieme, molti uomini amanti del sapere. Autore comico della scuola socratica. Nella commedia era deriso per l’effeminatezza.
Interpretazione
La fonte della voce della Suda relativa ad Agatone dipende dalle commedie aristofanee31 e dal Simposio platonico. Agatone è anche qui subito definito come poeta tragico. Non è univoca l’interpretazione di διεβέβλητο δὲ ἐπὶ μαλακίᾳ, con cui si apre la sezione di notizie di derivazione aristofanea. Lévêque, seguendo l’opinione già di Kayser,32 riconosce nell’affermazione un’espressione sinonimica di ἐκωμῳδεῖτο δὲ εἰς θηλύτητα33 – alla fine della voce della Suda – e la riferisce all’aspetto esteriore del poeta tragico, ma segnala anche il parere di Gruppe, secondo cui la μαλακία di Agatone deve essere riferita al suo stile poetico.34 È probabile che i due aspetti, da un lato artistico–compositivo e dall’altro fisico–comportamentale, si mescolino ambiguamente: Agatone in Aristofane è evidentemente effeminato nell’aspetto fisico e nei modi (test. 14), così come ‘molli’ sono sia la sua musica per aulòs (l’Ἀγαθώνιος αὔλησις della test. 24a–b) sia il suo canto nelle Tesmoforiazuse (vv. 100. 130–133, vd. test. 23).35
Dopo διεβέβλητο δὲ ἐπὶ μαλακίᾳ, sono riportati in forma di citazione i vv. 83. 85 delle Rane. Segue la sezione οὗτος … φίλοις che riprende il v. 84, ἀγαθὸς ποιητὴς καὶ ποθεινὸς τοῖς φίλοις. Il verso di Aristofane si riferisce senza ambiguità alla bravura poetica di Agatone apprezzata e rimpianta (ποθεινός) dagli amici (φίλοις), ovvero dagli intenditori (v.l. σοφοῖς). Per quanto riguarda l’espressione ἀγαθὸς ἦν τὸν τρόπον, la successiva tradizione scoliastico–lessicografica ha introdotto l’uso del termine τρόπος in un primo tempo nel senso di ‘stile poetico’,36 secondo il testo di Aristofane, in un secondo tempo, per fraintendimento, nel senso di ‘indole umana’, e quest’ultimo senso ha il termine nel testo accolto dalla Suda. La successiva notizia (καὶ τὴν τράπεζαν λαμπρός) risulta sia dalla lettura di Aristofane che da quella di Platone, citato subito dopo. Al v. 85 delle Rane si legge infatti un riferimento al ‘banchetto dei beati’, μακάρων εὐωχίαν; l’informazione potrebbe aver portato il compilatore a un’associazione con l’intera situazione del Simposio platonico, ambientato a casa del tragediografo (in particolare Symp. 172a–c. 173a. 174e. 175).
Crea difficoltà l’informazione κωμῳδιοποιὸς Σωκράτους διδασκαλείου ([era] commediografo della scuola di Socrate?), presente anche negli scolî alle Rane, per i quali vd. test. 6. L’identificazione di Agatone come κωμῳδιοποιός è problematica: la tradizione aristofanea e platonica lo vuole autore di tragedie, mentre la qualifica di commediografo si trova solamente in fonti esegetiche e lessicografiche.37 I casi di attribuzione di una produzione sia tragica che comica a poeti drammatici ateniesi di V–IV sec. a.C. riguardano anche Ione di Chio, Autocrate e Timocle, ma nessuno di questi ha convinto la critica.38 Come osservato già da Pelling, può aver giocato un ruolo nell’attribuzione ad Agatone di una doppia attività drammaturgica il finale del Simposio platonico (223c–d).39 Il passo è stato tradizionalmente interpretato come l’affermazione, da parte di Socrate, della necessità che uno stesso individuo sia in grado di comporre tragedie e commedie. Ribalta questa posizione Cerri, che individua nelle parole di Socrate un ragionamento per assurdo, assimilabile a quello del dialogo platonico Ione al passo 534b 7–c 7; se i poeti possedessero una vera τέχνη, allora applicandone le regole dovrebbero essere in grado di comporre i loro canti in qualunque genere poetico, cosa di cui non sono capaci. Allo stesso modo nel Simposio Socrate afferma che un poeta tragico, se possedesse una vera τέχνη, dovrebbe essere in grado di comporre anche commedie.40 Già gli esegeti antichi devono avere mal interpretato il passo platonico, deducendone una doppia attività poetica da parte di Agatone. Da qui il κωμῳδιοποιὸς Σωκράτους διδασκαλείου della Suda, che è un’espressione evidentemente suggerita dal contesto del finale del Simposio.
Test. 9 (8 S.–K.)
Plat. Symp. 172c
(Apollodorus:) οὐκ οἶσθ’ ὅτι πολλῶν ἐτῶν Ἀγάθων ἐνθάδε οὐκ ἐπιδεδήμηκεν, ἀφ’ οὗ δ’ ἐγὼ Σωκράτει συνδιατρίβω καὶ ἐπιμελὲς πεποίημαι ἑκάστης ἡμέρας εἰδέναι ὅτι ἂν λέγῃ ἢ πράττῃ, οὐδέπω τρία ἔτη ἐστίν;
[Apollodoro:] Non sai che da molti anni Agatone non abita qui in città, da quando invece passo il mio tempo con Socrate e mi preoccupo ogni giorno di sapere che cosa dica o faccia non sono passati ancora tre anni?
Interpretazione
Nello scambio di battute che apre il Simposio, Apollodoro domanda a Glaucone se non sia a conoscenza del fatto che Agatone non risieda più ad Atene, specificando che il poeta non abita lì da molti anni, mentre Apollodoro stesso ha iniziato a frequentare Socrate soltanto da meno di tre anni.
L’espressione Ἀγάθων ἐνθάδε οὐκ ἐπιδεδήμηκεν, ricordando l’assenza di Agatone da Atene in un momento in cui il poeta doveva essere ancora vivo, conferma la notizia della test. 8 e offre un argomento definitivo per leggere il passo aristofaneo come un riferimento alla partenza del poeta, e non alla sua dipartita. Il perfetto οὐκ ἐπιδεδήμηκεν (ἐπιδημέω: ‘vivere’, ‘abitare’, ‘risiedere in città’) indica la condizione attuale41 e che dura da molti anni (πολλῶν ἐτῶν) di Agatone, il quale, al momento della conversazione, risulta ancora in vita. Apollodoro afferma infatti di frequentare Socrate da quasi tre anni, e che già dall’inizio del rapporto di confidenza tra Socrate e Apollodoro, Agatone non abitava più ad Atene da molti anni. La condanna a morte di Socrate è del 399 a.C.,42 e dal dialogo tra Apollodoro e Glaucone non emerge nulla che possa far presagire un imminente processo. Pertanto, l’incontro dei due deve essere ambientato prima dell’anno 399. Anche ipotizzando una datazione quanto più bassa possibile, ossia intorno all’anno 400 a.C., la prima data utile per collocare cronologicamente l’inizio della frequentazione tra Socrate e Apollodoro è il 403; a questa data, Agatone ha già lasciato Atene da tempo, tanto che Apollodoro non ha fatto in tempo a conoscerlo nell’ambito della cerchia socratica.
Test. 10 (9 S.–K.)
[Eur.] Ep. 5, 2 p. 278 Herch (= TrGF I 11 test. 3)
ἴσθι μέντοι μηδὲν μᾶλλον ἡμῖν ὧν νῦν Ἀγάθων ἢ Μέσατος λέγει μέλον ἢ τῶν Ἀριστοφάνους φληναφημάτων οἶσθά ποτε μέλον.
Sappi però che nulla di quello che ora dicono Agatone o Mesato ci preoccupa più di quanto, lo sai, ci preoccupassero un tempo le sciocchezze di Aristofane.
Interpretazione
La quinta lettera del breve corpus epistolare tramandato sotto il nome di Euripide e opera di un anonimo autore attivo nell’ambito della Seconda Sofistica (fine II–inizi III sec. d.C.)43 attribuisce ad Agatone un periodo di permanenza ad Atene più lungo di quello di Euripide. Mentre quest’ultimo si troverebbe in Macedonia presso la corte di Archelao, Agatone sarebbe ancora nella città ateniese, impegnato, insieme a Mesato, altro poeta tragico (TrGF I 11),44 in un’attività denigratoria nei confronti dell’assente Euripide. Il trasferimento di Euripide da Atene in Macedonia è datato al 408 a.C.45
Le lettere sono presumibilmente frutto di un esercizio letterario di un autore di II–III sec. d.C., il quale attinge a materiale biografico già disponibile, senza aggiungere alcuna nuova notizia storicamente rilevante, anzi, forse modificando di propria iniziativa la tradizione biografica. La presenza del nome di Agatone si può dunque spiegare come un riferimento colto, non necessariamente corrispondente a verità storica, a un famoso tragediografo, che una persona di buona cultura ai tempi della Seconda Sofistica poteva facilmente riconoscere e collegare all’ambiente ateniese da cui proveniva Euripide.46 Tuttavia, nel caso in cui l’autore abbia attinto a materiale affidabile, bisognerebbe ricavarne la partenza di Agatone da Atene in un momento successivo al 408 a.C.
Test. 11 (10 S.–K.)
Plat. Resp. VIII 568b 5–8
Τοιγάρτοι … ἅτε σοφοὶ ὄντες οἱ τῆς τραγῳδίας ποιηταὶ συγγιγνώσκουσιν ἡμῖν τε καὶ ἐκείνοις ὅσοι ἡμῶν ἐγγὺς πολιτεύονται, ὅτι αὐτοὺς εἰς τὴν πολιτείαν οὐ παραδεξόμεθα ἅτε τυραννίδος ὑμνητάς.
Perciò … poiché sono sapienti, i poeti tragici ci perdonano, noi e quelli che hanno una forma di governo simile alla nostra, perché non li accetteremo nella nostra costituzione, visto che tessono le lodi della tirannide.
Interpretazione
Il libro VIII della Repubblica di Platone costituisce, insieme al libro IX, una riflessione sulla corrispondenza tra sapienza ed etica da una parte e le forme di governo a cui gli uomini danno vita dall’altra. Giunti al discorso sulla condizione del tiranno e dello stato sottoposto al governo di un simile individuo, gli interlocutori ricordano alcune parole di lode nei confronti della tirannide attribuite a Euripide (Resp. VIII 568a–b).47 Il personaggio di Socrate afferma a questo punto la necessità di escludere i poeti tragici dallo stato da lui prospettato come il più giusto, in quanto sarebbero responsabili di opere elogiative – composte dietro compenso (568c 7: μισθοὺς λαμβάνουσι) – nei confronti di quelle costituzioni che si reggerebbero sulla κακία/ἀδικία dei singoli (malvagità/ingiustizia): la democrazia e la tirannide.48
Il passo è inserito da Snell–Kannicht tra le testimonianze di Agatone sulla base dell’esegesi proposta da Wilamowitz.49 Secondo quest’ultimo, le parole pronunciate da Socrate in merito alla predilezione dei poeti tragici per la tirannide sarebbero da riferire non solo al citato Euripide, ma anche ad Agatone, benché nel testo non compaia il suo nome. L’intuizione di Wilamowitz di affiancare Agatone a Euripide nell’esclusione dallo stato ideale dei poeti tragici con tendenze filo–tiranniche è condivisibile: quando al passo VIII 568a si estende il discorso a οἱ ἄλλοι ποιηταί oltre a Euripide, sembra che Platone stia alludendo ad altre personalità precise.50 In secondo luogo, la critica del passo 568b–c colpisce quei poeti che esercitano la loro arte a favore della tirannide o della democrazia dietro compenso (μισθοὺς λαμβάνουσι καὶ τιμῶνται); questo dato può essere messo in relazione con l’allontanamento di Agatone da Atene e la sua permanenza in Macedonia (testt. 7. 8), presso la corte di re Archelao, nonché con il rapporto di amicizia con il re stesso (testt. 15. 16), il quale era considerato da Platone un prototipo di tiranno (Gorg. 479a. 525d). Se accettiamo di riconoscere un’allusione ad Agatone nella critica platonica contro i poeti tragici, la testimonianza diventa una conferma del rapporto professionale dell’autore con il re macedone. Come per Euripide è attestata la composizione di un dramma dal titolo Archelao,51 così non sarebbe da escludere la realizzazione, da parte di Agatone, di opere encomiastiche nei confronti del sovrano.