Читать книгу Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C. - Beatrice Gavazza - Страница 16

I.3. Ricchezza, bellezza e amori (testt. 12–16)

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Test. 12 (13 S.–K.)

Agathon opulentus erat

a) Plat. Symp. 175b

ἀλλ’ ἡμᾶς, ὦ παῖδες, τοὺς ἄλλους ἑστιᾶτε. πάντως παρατίθετε ὅτι ἂν βούλησθε, ἐπειδάν τις ὑμῖν μὴ ἐφεστήκῃ – ὃ ἐγὼ οὐδεπώποτε ἐποίησα – νῦν οὖν, νομίζοντες καὶ ἐμὲ ὑφ’ ὑμῶν κεκλῆσθαι ἐπὶ δεῖπνον καὶ τούσδε τοὺς ἄλλους, θεραπεύετε, ἵν’ ὑμᾶς ἐπαινῶμεν.

Ragazzi, servite da mangiare a noi altri. Voi servite in ogni caso come volete, quando non ci sia nessuno a darvi ordini – cosa che io non ho mai fatto – e ora, facendo come se io e questi altri fossimo invitati da voi a banchetto, prestate il vostro servizio, affinché noi possiamo lodarvi.

b) Plat. Symp. 194c

Οὐ μεντἂν καλῶς ποιοίην, φάναι, ὦ Ἀγάθων, περὶ σοῦ τι ἐγὼ ἄγροικον δοξάζων· ἀλλ’ εὖ οἶδα ὅτι εἴ τισιν ἐντύχοις οὓς ἡγοῖο σοφούς, μᾶλλον ἂν αὐτῶν φροντίζοις ἢ τῶν πολλῶν.

Davvero non farei bene – disse [Socrate] – Agatone, a crederti rozzo anche solo in qualcosa; ma so bene che se tu incontrassi uomini che ritieni sapienti, ti preoccuperesti più di loro che della massa.

c) Testt. 6. 8c*

Cf. Varr. Sat. Menipp. ‘Agatho’ fr. 6 Bücheler

neque auro aut genere aut multiplici scientia

sufflatus quaerit Socratis vestigia

né tronfio per la sua ricchezza o la sua casata o la sua vasta conoscenza,

ricerca le orme di Socrate

Interpretazione

L’ambientazione del Simposio platonico testimonia la condizione agiata di Agatone: la disponibilità finanziaria è presupposto necessario per il mantenimento di una casa dotata di giovani schiavi domestici (175b) e per la possibilità di offrire a proprie spese sontuosi banchetti (vd. testt. 6. 8c*) a un alto numero di ospiti.1 La raffinata educazione e la mentalità aristocratica di Agatone sono confermate dalle parole che Socrate rivolge ad Agatone in Symp. 194c (vd. anche test. 17): oὐ μεντἂν καλῶς ποιοίην […] περὶ σοῦ τι ἐγὼ ἄγροικον δοξάζων […] σοφούς, μᾶλλον ἂν αὐτῶν φροντίζοις ἢ τῶν πολλῶν. Indice di ricchezza è anche la frequentazione delle lezioni dei sofisti, attestata dalla test. 3 e confermata dalla sua acquisizione di uno stile retorico ‘gorgiano’ (vd. test. 21). I professionisti della retorica offrivano infatti le proprie lezioni dietro alto compenso (cfr. p. es. Plat. Ap. 19d 8–20c 2), e Agatone, per poter frequentare simili maestri da adolescente, doveva provenire da una famiglia dotata di mezzi economici adeguati.

Il fr. 6 delle Saturae Menippeae di Varrone, poliedrico autore latino di II–I sec. a.C., testimonia inoltre la ricezione dell’immagine di un Agatone ricco. Si tratta del primo di una serie di frammenti appartenenti a una satira di ambientazione simposiale il cui titolo, Agatho, e i contenuti che emergono dai pochi versi (amore, matrimonio), hanno fatto ipotizzare che l’ispirazione del componimento fosse proprio l’Agatone del Simposio platonico.2 Nel commento più recente di Krenkel s’interpretano i due versi come un’affermazione generale (forse auto–ironica) rivolta da Varrone a sé stesso. L’evocazione del nome nel titolo e il contenuto del frammento testimoniano in ogni caso l’affermazione di una tradizione che legava Agatone alla tematica erotica e a un ambiente di aristocratici ricchi e colti.

Test. 13 (14 S.–K.)

καλός, πάναβρος et sim. vocatur

a) Testt. 3. 15

b) Plat. Symp. 174a

ταῦτα δὴ ἐκαλλωπισάμην, ἵνα καλὸς (Socrates) παρὰ καλὸν (Agathonem) ἴω.

Così dunque mi sono fatto bello, affinché [io, Socrate] bello vada da un bello [Agatone].

c) Plat. Symp. 212e

ἐγὼ γάρ τοι, (Alcibiades) φάναι, χθὲς μὲν οὐχ οἷός τ’ ἐγενόμην ἀφικέσθαι, νῦν δὲ ἥκω ἐπὶ τῇ κεφαλῇ ἔχων τὰς ταινίας, ἵνα ἀπὸ τῆς ἐμῆς κεφαλῆς τὴν τοῦ σοφωτάτου καὶ καλλίστου κεφαλὴν ἐὰν εἴπω οὑτωσὶ ἀναδήσω.

Infatti io, diceva [Alcibiade], ieri non riuscii a venire, ma ora sono qui con le bende sul capo, per incoronare dalla mia testa la testa del più sapiente e bello, se posso così parlare.

d) Plat. Symp. 213c

ὡς (Socrates) οὐ παρὰ Ἀριστοφάνει οὐδὲ εἴ τις ἄλλος γελοῖος ἔστι τε καὶ βούλεται, ἀλλὰ διεμηχανήσω ὅπως παρὰ τῷ καλλίστῳ τῶν ἔνδον κατακείσῃ.

Come [Socrate] ti è riuscito di giacere non vicino ad Aristofane né a chiunque altro sia e voglia essere ridicolo, ma accanto al più bello di quelli che stanno qua dentro.

e) Aristoph. Th. 191sq.

σὺ δ’ εὐπρόσωπος, λευκός, ἐξυρημένος,

γυναικόφωνος, ἁπαλός, εὐπρεπὴς ἰδεῖν.

Tu hai una bella faccia, sei bianco, rasato,

con una voce da donna, delicato, è un piacere vederti.

Cf. ad frr. 3a. 11. 13. 15; Plut. qu.conv. III 1, 1, 645d (~ Agathon test. 24 = ad fr. 3a); [?] inscriptio vascolaris Graef–Langlotz II.2 n. 1493 Αγαθ[ων] καλος

f) Luc. rh.pr. 11 ll. 1–10 (cf. Poll. III 71 ll. 4. 7 Bethe)

Πρὸς δὲ τὴν ἑτέραν ἐλθὼν εὑρήσεις πολλοὺς καὶ ἄλλους, ἐν τούτοις δὲ καὶ πάνσοφόν τινα καὶ πάγκαλον ἄνδρα, διασεσαλευμένον τὸ βάδισμα, ἐπικεκλασμένον τὸν αὐχένα, γυναικεῖον τὸ βλέμμα, μελιχρὸν τὸ φώνημα, μύρων ἀποπνέοντα, τῷ δακτύλῳ ἄκρῳ τὴν κεφαλὴν κνώμενον, ὀλίγας μὲν ἔτι, οὔλας δὲ καὶ ὑακινθίνας τὰς τρίχας εὐθετίζοντα, πάναβρόν τινα Σαρδανάπαλλον ἢ Κινύραν ἢ αὐτὸν Ἀγάθωνα, τὸν τῆς τραγῳδίας ἐπέραστον ἐκεῖνον ποιητήν.

Ma andando per l’altra strada troverai molti altri, e tra questi un qualche uomo di grande arguzia e bellezza, dal passo rilassato, dal collo curvo, dallo sguardo effeminato, dalla voce di miele, dal dolce profumo, che si solletica la testa con la punta del dito, si mette a posto i capelli, se anche ormai pochi, comunque ricci come giacinti, un qualche delicato Sardanapalo, o Cinira, o Agatone in persona, quell’amabile poeta tragico.

g) Max. Tyr. 18, 4 l. 10 Trapp

ἀλλὰ καὶ διδασκάλους ἐπιγέγραπται (Socrates) τῆς τέχνης, Ἀσπασίαν τὴν Μιλησίαν καὶ Διοτίμαν τὴν Μαντινικήν, καὶ μαθητὰς λαμβάνει τῆς τέχνης, Ἀλκιβιάδην τὸν γαυρότατον καὶ Κριτόβουλον τὸν ὡραιότατον καὶ Ἀγαθῶνα τὸν ἁβρότατον

Ma anche [Socrate] elenca come maestri dell’arte [erotica] Aspasia di Mileto e Diotima di Mantinea, e come discepoli dell’arte prende lo splendido Alcibiade e Critobulo pieno di grazie e l’amabilissimo Agatone

Interpretazione

Il nome di Agatone è legato nella tradizione antica all’attributo καλός e sinonimi. Nelle fonti, la bellezza del poeta ne costituisce la caratteristica fondamentale: esplicita al v. 192 delle Tesmoforiazuse aristofanee, è implicita già nello scambio di battute ai vv. 29–33 (vd. test. 4), dove l’effetto comico nasce dai tentativi del Parente di identificare Agatone con un uomo nerboruto, scuro e dalla barba ispida, non corrispondente certo all’immagine di bellezza delicata e femminea delineata più tardi dal v. 192. Per quanto riguarda gli scritti di Platone, nel Protagora (vd. test. 3) Socrate nota Agatone per via del suo bell’aspetto. Nel Simposio la bellezza di Agatone determina precisi comportamenti da parte degli altri convitati: Socrate si è preparato al banchetto lavandosi, per presentarsi bene all’incontro con una persona bella (174a 9); sempre Socrate mette a rischio la buona riuscita del progetto di lodare Eros per il gusto di confrontarsi dialetticamente con un uomo di bell’aspetto (194d 4). Alcibiade arriva a banchetto finito per incoronare la testa di Agatone, il più sapiente e il più bello (212e 8), commenta quindi la presenza di Socrate accanto ad Agatone ribadendo la bellezza del poeta (213c 4s.) e si mette a discutere con Socrate per chi debba restare sdraiato vicino ad Agatone (222e 6–232a 9), dichiarando infine di non poter competere con Socrate nel godere della presenza di uomini belli (232a 7).

Di difficile valutazione è un’iscrizione vascolare ΑΓΑΘ[ΩΝ] ΚΑΛΟΣ, segnalata come incertum da Snell–Kannicht. Il vaso su cui il graffito compare, rinvenuto presso l’Acropoli di Atene, è frammentario, e la parte superiore è perduta.3 Si tratta di un contenitore che, dal piede, si allarga nella pancia per poi restringersi verso la gola, come una oinochoe o un altro tipo di brocca. Secondo Robinson–Fluck si può ipotizzare una data di produzione intorno alla metà del V sec. a.C.4 Le iscrizioni del tipo καλός, in uso in ambito ateniese dalla metà del VI sec. al 420 circa a.C.,5 sono un’espressione riconducibile in larga misura al fenomeno della pederastia:6 l’aggettivo si accompagna talvolta con il sostantivo ὁ παῖς, talvolta con un onomastico, che in alcuni casi può essere identificato con il nome di un noto giovane dell’aristocrazia ateniese.7 L’identificazione dell’ ΑΓΑΘ[…] del vaso con il nome tragediografo è sostenuta da Robinson–Fluck, i quali individuano nelle altre testimonianze relative ad Agatone i presupposti per ipotizzare che il poeta fosse celebrato da iscrizioni vascolari di tipo καλός.8 Lévêque preferisce lasciare la questione irrisolta, e, accettando una collocazione cronologica del vaso alla prima della metà del V sec., è più propenso a escludere un riferimento ad Agatone, nato intorno alla metà del secolo ed entrato solo negli anni ‘30 in un’età in cui sarebbe potuto diventare oggetto di iscrizioni simili.9 Per quanto l’ipotesi di Robinson–Fluck s’inserisca senza difficoltà entro un quadro di promozione del poeta tragico durante l’epoca a lui contemporanea e trovi riscontro in quel filone letterario (da cui dipende la tradizione erudita più tarda) che ricorda Ἀγάθων quasi sempre insieme all’attributo καλός, la difficoltà posta dai resti del vaso e l’assenza di altre attestazioni del nome di Agatone tra le iscrizioni del tipo καλός obbliga a lasciare questa fonte tra gli incerta.

L’associazione del poeta tragico con l’aggettivo καλός, consolidata nelle fonti più antiche e autorevoli, è riproposta da autori più tardi: da Plutarco, nella opere pseudo–plutarchee (vd. test. 15b; contesto di citazione del fr. 3a) e da Ateneo (vd. contesto di citazione dei frr. 11. 13. 15). Il concetto ritorna anche in altre varianti: in riferimento ad Agatone, Luciano nel II sec. d.C. ricorre a πάναβρος, “delicato”, “effeminato”, ed ἐπέραστος “amabile” (rh.pr. 11 ll. 8–10). Consideriamo gli aggettivi che esprimono qui la qualità della bellezza: πάγκαλον ἄνδρα […] πάναβρόν τινα […] αὐτὸν Ἀγάθωνα, τὸν τῆς τραγῳδίας ἐπέραστον ἐκεῖνον ποιητήν. Il primo di questi aggettivi è una forma di καλός rafforzata dall’avverbio πᾶν.10 Il secondo termine, πάναβρος, è raro: si trova per la prima volta proprio in Luciano,11 in seguito solo nelle Chiliadi di Tzetzes (XII sec.) in riferimento ai banchetti siculi, ἐκ τραπεζῶν Σικελικῶν οὐσῶν παναβροτάτων (chil. X 356, 808), e in un proverbio spiegato da Michele Apostolio (XV sec. d.C.), Πάναβρος Σαρδανάπαλος· ἐπὶ τῶν τρυφώντων καὶ τῶν πολυόλβων (Apostol. XIII 89 Leutsch–Schneidewin). Il termine è composto dall’aggettivo ἁβρός rafforzato dall’avverbio πᾶν. ἁβρός ricorre per la prima volta in Esiodo (fr. 339 M.–W.) come attributo del sostantivo παρθένος e si trova frequentemente nella lirica e nella tragedia in riferimento a giovani donne.12 Nella prosa anteriore al I sec. a.C. l’aggettivo compare raramente e l’uso prosastico mostra uno slittamento di significato rispetto all’uso poetico: dall’idea di delicatezza femminile presente in poesia si passa a quella di lusso agiato, secondo la frequente associazione di delicatezza femminile e comodità, lusso (cfr. p. es. Plut. quomodo adul. 20a) Alcuni esempi: una forma ἁβρόν e un superlativo ἁβρότατοι si riferiscono alla popolazione tracia degli Agatirsi in Erodoto (rispettivamente I 71. IV 104) con il significato di ‘delicato’, ‘lussuoso’; Senofonte attribuisce la connotazione di ἁβρός a κτῆμα, dunque alla sfera dei beni materiali (Xen. Symp. 4, 44: τὸ ἁβρότατόν γε κτῆμα); Platone nel Simposio utilizza l’aggettivo, in forma sostantivata, come nome del predicato nella formulazione ἔστι τὸ ἐραστὸν τὸ […] ἁβρόν (Symp. 204c). Sempre nel Simposio platonico ricorre il sostantivo ἁβρότης (197d al gen. ἁβρότητος) unito a τρυφή e χλιδή, che designano un lusso caratterizzato da comodità, delicatezza.13 In Luciano l’aggettivo è utilizzato sia per indicare l’attributo della delicatezza fisica (salt. 73 l. 5 in forma sostantivata; d.mort. 19, 2 l. 2; d.deor. 22, 1 ll. 4. 8 in riferimento a Dioniso, ἁβρότερος τῶν γυναικῶν), sia riferito a chi conduce una vita tra agi e lussi, come emerge dall’uso di ἁβρός in relazione ai Feaci (salt. 13 l. 9), ai Persiani e ai Caldei (d.mort. 12, 2 l. 11). Come accennato sopra, la forma rafforzata da πᾶν in Tzetzes si trova applicata alla sontuosità dei banchetti sicelioti, e nel proverbio tramandato da Michele Apostolio l’aggettivo è associato al nome del re assiro Sardanapalo, famoso per il suo amore per il lusso e per la sua ricchezza.14 Anche Luciano (rh.pr. 11 l. 8) ricorda Sardanapalo poco prima di Agatone nell’elenco di uomini πάναβροι. L’applicazione dell’attributo al tragediografo da parte di Luciano, che scrive in prosa, potrebbe avere l’intero spettro dei significati appena elencati: Agatone è bello di una bellezza femminea, è amabile e incline allo sfoggio del lusso, in particolare per quanto riguarda i banchetti. Il grado superlativo della forma semplice ἁβρός è usato da Massimo di Tiro (II sec. d.C.) in un elenco dei μαθηταί, discepoli, della τέχνη di ἔρως, dove, accanto ad altri nomi ricorrenti nei dialoghi platonici, compare anche quello del tragediografo (18, 4 l. 10 Trapp).

L’ultimo termine con cui Luciano definisce Agatone, ἐπεραστός, è una forma rafforzata dal prefisso intensivo επι– dell’aggettivo semplice ἐραστός, ‘amato’, ‘amabile’.15 In scolî e opere lessicali compare frequentemente in qualità di sinonimo dell’aggettivo καλός/καλή, per esempio negli scolî a Omero e nell’Onomastikon di Polluce.16 In un’occorrenza, Luciano utilizza il termine in coppia con εὔμορφος (merc.cond. 42, 16), mentre nel lessico Suda (ε 2199. ι 353 Adler) tra i termini alternativi per ἐπεραστός si trovano ποθεινός e ἱμερτός, ‘desiderato’.

Test. 14 (15 S.–K.)

a. Pausania et Agathon

 v. testt. 3. 5. 16.

 Plat. Symp. 177d–e. 193b177d 6–e 1 οὐδείς σοι, ὦ Ἐρυξίμαχε, φάναι τὸν Σωκράτη, ἐναντία ψηφιεῖται. οὔτε γὰρ ἄν που ἐγὼ ἀποφήσαιμι, ὃς οὐδέν φημι ἄλλο ἐπίστασθαι ἢ τὰ ἐρωτικά, οὔτε που Ἀγάθων καὶ Παυσανίας193 b 3–7 φίλοι γὰρ γενόμενοι καὶ διαλλαγέντες τῷ θεῷ ἐξευρήσομέν τε καὶ ἐντευξόμεθα τοῖς παιδικοῖς τοῖς ἡμετέροις αὐτῶν, ὃ τῶν νῦν ὀλίγοι ποιοῦσι. καὶ μή μοι ὑπολάβῃ Ἐρυξίμαχος, κωμῳδῶν τὸν λόγον, ὡς Παυσανίαν καὶ Ἀγάθωνα λέγω177d 6–e 1 Nessuno, Erissimaco – disse Socrate – ti voterà contro. Infatti io certo non potrei negare di dire di non sapere null’altro se non ciò che riguarda eros, né Agatone e Pausania193 b 3–7 divenuti infatti cari al dio e con lui riconciliati, tra loro riconosceremo e ci uniremo ai nostri amati, cosa che oggi fanno in pochi. E non mi replichi Erissimaco, mettendo in ridicolo il mio discorso, che parlo di Pausania e Agatone

 ∽ Xen. Symp. 8, 32καίτοι Παυσανίας γε ὁ Ἀγάθωνος τοῦ ποιητοῦ ἐραστὴς ἀπολογούμενος ὑπὲρ τῶν ἀκρασίᾳ ἐγκαλινδουμένων εἴρηκεν ὡς καὶ στράτευμα ἀλκιμώτατον ἂν γένοιτο ἐκ παιδικῶν τε καὶ ἐραστῶν.Con tutto ciò Pausania, amante del poeta Agatone, pronunciando un’apologia a favore di chi si crogiola in insane unioni, ha detto che un esercito formato da amati e amanti potrebbe essere fortissimo.

 Max. Tyr. 20, 8 l. 5 Trappοὔτε Κριτόβουλος Εὐθυδήμῳ προσκνήσασθαι ἐρᾷ οὔτε Ἀυτολύκῳ Καλλίας οὔτε Ἀγάθωνι Παυσανίαςné Critobulo amerebbe strusciarsi con Eutidemo, né Callia con Autolico, né Pausania con Agatone

b. Euripides et Agathon

 v. testt. 5. 15

c. Plato et Agathon

 [Plat.] epigr. 1 DiehlΤὴν ψυχὴν Ἀγάθωνα φιλῶν ἐπὶ χείλεσιν ἔσχον·ἦλθε γὰρ ἡ τλήμων ὡς διαβησόμενηL’anima sulle labbra avevo, baciando Agatone:lì era infatti venuta, meschina, per andarsene via

d. Agathon pathicus, femineus

 v. test. 23

 Aristoph. Th. 35καὶ μὴν βεβίνηκας σύeppure te lo sei fottuto

 Aristoph. Th. 50μῶν βινεῖσθαι;a farsi fottere?

 Aristoph. Th. 57καὶ λαικάζει.e lo prende in bocca.

 Aristoph. Th. 60–62κατὰ τοῦ θριγκοῦσυγγογγύλας καὶ συστρέψαςτουτὶ τὸ πέος χοανεῦσαι.sotto al recintodopo averlo rivoltato e rigiratoa gettare questo coso qui.

 Aristoph. Th. 97sq.ἐγὼ γὰρ οὐχ ὁρῶἄνδρ’ οὐδέν’ ἐνθάδ’ ὄντα, Κυρήνην δ’ ὁρῶ.perché io non vedonessun uomo qui presente, ma Cirene vedo.

 Aristoph. Th. 136–140ποδαπὸς ὁ γύννις; τίς πάτρα; τίς ἡ στολή;τίς ἡ τάραξις τοῦ βίου; τί βάρβιτοςλαλεῖ κροκωτῷ; τί δὲ λύρα κεκρυφάλῳ;τί λήκυθος καὶ στρόφιον; ὡς οὐ ξύμφορον.τίς δαὶ κατρόπτου καὶ ξίφους κοινωνία;Da dove il femminello? di quale patria? che razza di abito è?e quest’accozzaglia di costumi? che cosa può blaterare un barbitosa un vestitino zafferano? e una lira a una retina per capelli?e un lecizio e un reggipetto? che insieme proprio non ci stanno.E che c’entra lo specchio con la spada?

 Aristoph. Th. 141–143σύ τ’ αὐτός ὦ παῖ πότερον ὡς ἀνὴρ τρέφει;καὶ ποῦ πέος; ποῦ χλαῖνα; ποῦ Λακωνικαί;ἀλλ’ ὡς γυνὴ δῆτ’; εἶτα ποῦ τὰ τιτθία;e tu, proprio tu, ragazzo, che razza di uomo sei cresciuto?e dov’è il cazzo? e il mantellaccio? e gli scarponi?ma quindi sei cresciuto da donna? e dove sono allora le tette?

 Aristoph. Th. 159–163 (v. test. 27)

 Aristoph. Th. 200sq.Καὶ μὴν σύ γ’, ὦ κατάπυγον, εὐρύπρωκτος εἶοὐ τοῖς λόγοισιν, ἀλλὰ τοῖς παθήμασιν.Ecco tu, culattone, sei un culapertonon nelle parole, ma nei patimenti.

 Aristoph. Th. 253–263Εὐ.Κη.Εὐ.Κη.Ευ.Ἀγ.Εὐ.Κη.Εὐ.Ἀγ.Εὐ.Ἀγ.ὅ τι; τὸν κροκωτὸν πρῶτον ἐνδύου λαβών.νὴ τὴν Ἀφροδίτην ἡδύ γ’ ὄζει ποσθίου.σύζωσον ἁνύσας.αἶρέ νῦν στρόφιον.ἰδού.ἴθι νῦν, κατάστειλόν με τὰ περὶ τὼ σκέλει.κεκρύάλου δεῖ καὶ μίτρας.ἡδὶ μὲν οὖνκεφαλὴ περίθετος, ἣν ἐγὼ νύκτωρ φορῶ.νὴ τὸν Δί’ ἀλλὰ κἀπιτηδεία πάνυ.ἆρ’ ἁρμόσει μοι;νὴ Δί’ ἀλλ’ ἄριστ’ ἔχει.φέρ’ ἔγκυκλον.τουτὶ λάβ’ ἀπὸ τῆς κλινίδος.ὑποδημάτων δεῖ.τἀμὰ ταυτὶ λάμβανε.Eu.Par.Eu.Par.Eu.Ag.Eu.Par.Eu.Ag.Eu.Ag.Quale? Quello zafferano indossa, prima.Per Afrodite, puzza di dolce, di pisellino.Dai veloce, legami la cintura.Prendi ora il reggipetto.Ecco.Avanti, ora sistemami sulle cosce.C’è bisogno di una retina e di una fascia per i capelli.Ecco quila parrucca, che porto sempre la notte.Per Zeus, ma fa proprio al caso nostro!Mi sta bene?Per Zeus, ma benissimo!Ora, un mantellino.Prendi dal lettino quello lì.C’è bisogno delle scarpe.Prendi qui le mie

 vocatur γύννις Aristoph. Th. 136; vocatur θηλυδρίας Liban. or. 64, 83 (IV p. 474, l. 1 Foerster)

 Plut. qu.conv. II 1, 12, 634dτῶν κωμικῶν ἔνιοι τὴν πικρίαν ἀφαιρεῖν δοκοῦσι τῷ σκώπτειν ἑαυτούς, ὡς Ἀριστοφάνης (Aristoph. Pax 767. 771) εἰς τὴν φαλακρότητα καὶ τὴν Ἀγάθωνος (lac., 5 litt.) λιψιν (ψίλωσιν vel ἀποψίλωσιν Borthwick).Alcuni dei comici pensano di togliere la mordacità facendo ironia su sé stessi, come Aristofane [Pax 767.771] per la sua calvizie e la [lac. di 5 lett.] lipsin di Agatone.

Interpretazione

La testimonianza raccoglie le fonti delle relazioni erotiche e dell’effeminatezza di Agatone. Se la situazione dipinta dalla test. 3, dove Agatone – ancora nella fascia d’età del μειράκιον – è definito il παιδικά di Pausania, rientra in un tipo di rapporti omoerotici codificati nel comportamento degli ateniesi di fine V sec. a.C., diverso è il caso dell’assunzione da parte di un cittadino di un ruolo sessuale passivo entro una coppia di uomini adulti. Gli autori antichi evidenziano una deviazione del comportamento erotico e sessuale del poeta rispetto alle aspettative della cultura a lui contemporanea nei confronti di un cittadino adulto di sesso maschile.17 Il legame omoerotico tra due pari, entrambi cittadini adulti, non è infatti contemplato tra i comportamenti virtuosi codificati dalla polis ateniese, e la condanna investe in particolare il partner passivo.18 La satira aristofanea contro politici, poeti e in generale cittadini definiti con irriverenza καταπύγονες nasce da questa condanna sociale dell’omosessualità passiva.

a) Pausania e Agatone: Confrontando la probabile età di Agatone nel periodo in cui Platone ambienta il Protagora (poco prima del 430 a.C., vd. test. 3) e il Simposio (416 a.C., vd. testt. 1–3) si conclude che nel 416 il poeta sia ormai un uomo sui trent’anni; il trasferimento in Macedonia avviene ancora più tardi (vd. test. 15). Ciononostante, i termini che descrivono la relazione del tragico con Pausania all’epoca del Simposio e del soggiorno macedone restano nell’ambito lessicale dei rapporti pederastici: Agatone παιδικά […] Παυσανίου (vd. test. 5); Ἀγάθωνος ἤρα […] Παυσανίας […] ὅ τε ἐραστὴς καὶ ὁ ἐρώμενος e simili (vd. test. 16); Παυσανίας […] Ἀγάθωνος […] ἐραστής (Xen. Symp. 8, 32, con riferimento al discorso attribuito da Platone a Pausania in Symp. 180c 1–185c 3); προσκνήσασθαι ἐρᾷ […] Ἀγάθωνι Παυσανίας (Max. Tyr. 20, 8 l. 5 Trapp). Platone (Symp. 177d–e. 193 b–c) non utilizza i termini ἐραστής e ἐρώμενος/παιδικά in riferimento rispettivamente a Pausania e Agatone, ma rende comunque chiara la relazione erotica tra i due.

b) Euripide e Agatone: Sul rapporto tra Agatone ed Euripide, entrambi residenti negli ultimi anni del V sec. presso la corte di Archelao, diverse fonti (vd. test. 15 = Ael. VH XIII 4; [Plut.] apophth. reg. 177a; am. 24, 770c) tramandano un aneddoto relativo alla bellezza di Agatone anche da uomo maturo, tanto bello da suscitare ancora i desideri che un ἐραστής (in questo caso Euripide) può provare nei confronti di un ἐρώμενος.

c) Platone e Agatone. L’epigramma attribuito a Platone e contenente l’allusione a un rapporto omoerotico tra quest’ultimo e Agatone non può essere considerato una testimonianza storicamente attendibile, senza contare che la stessa attribuzione dell’epigramma al filosofo non è sicura.19 Il componimento affida al poeta tragico il ruolo di ἐρώμενος, e ciò non si concilia con la maggior età di Agatone rispetto a Platone.20 Meglio pensare a un gioco letterario costruito proprio sulla figura di un personaggio divenuto simbolo della tradizione letteraria di carattere omoerotico. Il motivo del bacio è inoltre ricorrente nell’aneddotica cresciuta intorno alla vita di Agatone (vd. test. 15) e avvalora l’interpretazione del nome di Agatone in questo epigramma quale stereotipo dell’amato in una relazione omoerotica.

d) Agatone effeminato: L’omosessualità passiva di Agatone costituisce uno degli aspetti su cui Aristofane costruisce la parodia del tragediografo nelle Tesmoforiazuse. Nella Commedia Antica, queste forme di attacco personale relative alla sfera sessuale sfruttano di norma il lessico che si riferisce al ruolo passivo entro un rapporto, ma non vogliono sempre colpire una reale preferenza sessuale, bensì più spesso mirano ad accusare il bersaglio d’inettitudine, inferiorità, passività e simili. Il ricorso a determinati termini sulla scena non implicava che le pratiche sessuali di cui erano accusati i κωμῳδούμενοι fossero poi da essi effettivamente realizzate.21 Nel caso di Agatone, tuttavia, le consuete formule di attacco personale a carattere sessuale dovevano essere pensate entro un quadro comico più complesso rispetto a una generica accusa d’inettitudine o passività. Le testimonianze attestano con chiarezza la reale omosessualità di Agatone anche da adulto.22

Ai vv. 35. 50. 206 compare il verbo βινέω in forma attiva (v. 35, il soggetto è il Parente) e passiva (vv. 50. 206, il soggetto è Agatone), in uso per indicare in termini volgari il rapporto sessuale quando il soggetto ricopre ruolo attivo o passivo.23 Al v. 57 λαικάζει è termine offensivo e volgare per indicare la pratica della fellatio,24 eseguita dal partner passivo. Ai vv. 60–62, κατὰ τοῦ θριγκοῦ […] χοανεῦσαι, il vecchio Parente riprende le parole pronunciate dal servitore di Agatone, ma le stravolge in doppi sensi; di nuovo, l’attacco al poeta si gioca sulle allusioni al suo ruolo sessuale passivo.25 Poco dopo, Agatone entra in scena sbarbato e abbigliato con indumenti di uso tradizionalmente femminile, tanto che il Parente esclama ai vv. 97s. di non vedere l’uomo di cui è stato annunciato l’arrivo, bensì ‘Cirene’. Questo nome, oltre che nel passo qui in esame, compare anche nelle Rane al v. 1328, ed è identificato da diversi scolî (schol. R Aristoph. Th. 98 Regtuit; schol. vet. RVMEΘBarb(Ald) Aristoph. Ra. 1328a Chantry; schol. rec. FVenTrVatLvMt[CantChisRegVinAld] Aristoph. Ra. 1328 Chantry) con il nome di una famosa etera che, secondo lo schol. R Aristoph. Th. 98 Regtuit, sarebbe stata accostata ad Agatone anche da altri comici (fr. adesp. 854 K.–A.).26 Austin–Olson spiegano l’associazione del poeta tragico con la famosa etera – le cui multiformi prestazioni erano proverbiali (Ra. 1327s.: ἀνὰ τὸ δωδεκαμήχανον Κυρήνης) – in chiave sessuale, come un’esagerazione comica allusiva alla sessualità del poeta tragico. Prato, seguendo Restani, propende invece per un’interpretazione musicale del passo: Cirene, con le sue dodici posizioni (ossia innumerevoli, per iperbole) evocate nelle Rane, sarebbe metafora delle modulazioni musicali adottate dal tragico.27 Entrambi gli aspetti, sessuale e musicale, potrebbero essere contemplati nelle battute del Parente, così come l’intera scena di Agatone si gioca sulla derisione di caratteristiche sessuali da una parte e poetico–musicali dall’altra. Sulla scia del paragone con Cirene, al v. 134 il Parente domanda ἥτις εἶ, ricorrendo al pronome femminile per riferirsi ad Agatone. Al v. 136 troviamo una citazione eschilea (ποδαπὸς ὁ γύννις; fr. 61, 1 Radt) pronunciata a proposito di Dioniso negli Edoni, dramma della perduta tetralogia di Eschilo intitolata Lykourgeia.28 Dai frammenti superstiti di questa tragedia (Aeschyl. frr. 57–67 Radt) si riconoscono delle affinità tra il Dioniso eschileo e l’Agatone aristofaneo a livello di abbigliamento e di dotazione in fatto di strumenti musicali.29 Il termine con cui sono apostrofati Dioniso e Agatone è γύννις, sostantivo derivato da γυνή, attestato per la prima volta nei frammenti eschilei. Il suo uso si registra per indicare uomini dotati di caratteristiche attribuite nella tradizione greca antica alle donne – la debolezza, la delicatezza, l’amore per il lusso – e dediti in generale a stili di vita (per esempio nell’abbigliamento o nei gusti musicali) considerati dalla cultura greca come femminili. Dioniso è infatti divinità connotata da un carattere sessualmente ambiguo in parte della tradizione mitologica.30 Sempre in un frammento attribuito a Eschilo e assegnato da Radt a un dramma satiresco (fr. 78a, 68 Radt) il sostantivo è caratterizzato dall’attributo ἄναλκις, dal significato etimologico ‘incapace di difendersi’, e dunque ‘senza forza’, ‘debole’.31 Ancora, nell’idillio 22 di Teocrito γύννις è usato in antitesi a πύκτης, pugile, e nei lessici antichi ricorrono spiegazioni del termine con aggettivi come δεῖλος, ἄνανδρος, γυναικώδης, ἀνδρόγυνος e μαλακός (Hesych. γ 115 Latte; Suda γ 504 Adler; EM s.v. γύνις p. 243 l. 9), per limitarsi ad alcuni esempi. Il Parente, che in un primo momento aveva notato soprattutto i tratti femminei di Agatone, e aveva assimilato questi all’etera Cirene, ora si accorge della confusione tra maschile e femminile che investe l’abbigliamento e l’equipaggiamento del poeta (v. 137: τὶς ἡ τάραξις τοῦ βίου;), il suo modo di cantare (per il timbro di voce e/o la tonalità della melodia, vv. 130–133; vd. anche testt. 23s.) e forse anche di danzare (ma non abbiamo argomenti sufficienti per confermarlo). Adeguandosi al registro tragico del canto del poeta e attingendo all’opera eschilea, il vecchio si rivolge ad Agatone inquadrandolo come un ragazzo dai tratti femminili, ὁ γύννις, una sorta di ‘femminello’.

Ai vv. 200ss. il Parente torna ad attaccare Agatone. εὐρύπρωκτος rimanda etimologicamente (εὐρύς, πρωκτός) a qualcuno che è solito svolgere un ruolo passivo in un rapporto omosessuale. Su καταπύγων la critica non è unanime, ma il contesto della scena di Agatone nelle Tesmoforiazuse conferma l’uso del termine per indicare il partner passivo.32 Anche se nella pratica letteraria questi aggettivi sono spesso usati ai fini di un generico attacco verbale, senza corrispondere per forza a una reale accusa di omosessualità,33 l’uso che il Parente ne fa non può non avere anche dei risvolti sessuali (testt. 3. 5. 16; Plat. Symp. 177d. 193 b–c). Il v. 201, οὐ τοῖς λόγοισιν ἀλλὰ τοῖς παθήμασι, insiste sulla passività di Agatone attraverso la sostituzione dell’atteso ἔργοις (azioni che si compiono) con παθήμασι (azioni che si subiscono), con sfruttamento del termine tragico πάθημα per un doppio gioco comico, ossia da un lato la ripresa parodica del τοῖς παθήμασι di Agatone al v. 199 e dall’altro, nuovamente, l’accusa mossa al poeta di attitudine sessuale passiva. Ritorna inoltre il verbo in forma passiva βινεῖσθαι (v. 206), diretto di nuovo dal Parente contro Agatone.

La scena aristofanea è caratterizzata anche dalla descrizione di indumenti e oggetti appartenenti al tragediografo (vv. 136–140) ed elencati dal Parente. Agatone entra in scena con un’accozzaglia di accessori, alcuni propri della sfera femminile, altri caratteristici di quella maschile: indossa una στολή femminile (v. 136),34 un κροκωτός (vestitino color zafferano, v. 138),35 un κεκρύφαλος (retina per capelli, v. 138), uno στρόφιον (fascia per il seno, v. 139),36 un κάτοπτρον (specchio, v. 140), ma possiede anche elementi propri delle professioni maschili di poeti (βάρβιτος, λύρα, vv. 137–138), atleti (λήκυθος, v. 139) e soldati (ξίφος, v. 140).37 E il Parente incalza ai vv. 141–143 ribadendo la propria confusione circa l’identità sessuale del suo interlocutore.

La descrizione dell’equipaggiamento femminile di Agatone continua nel passaggio in cui Euripide, non essendo riuscito a convincere il collega poeta a perorare la sua causa, chiede a questi almeno il prestito di accessori e vestiti, al fine di camuffare da donna il Parente e inviarlo in missione durante la celebrazione delle Tesmoforie. Ritorna la menzione della veste color zafferano (v. 253), di una fascia per il seno (v. 255) e della retina per capelli (v. 257). La presenza di un copricapo (μίτρα, v. 255)38 era già implicita al v. 163 (ἐμιτροφόρουν, il cui soggetto sono i poeti citati da Agatone come esempio di bellezza, nel corpo e nel canto), mentre si aggiunge la menzione di una parrucca (κεφαλὴ περίθετος, v. 259),39 di un mantellino tipicamente femminile (ἔγκυκλος, v. 262) e delle scarpe (ὑποδήματα, v. 263).40 A proposito dell’auto–accostamento di Agatone ai poeti ionici Ibico, Alceo e Anacreonte (vv. 159–163, vd. testt. 21. 23. 27), la descrizione del poeta tragico in Aristofane ha paralleli con rappresentazioni vascolari di citarodi indicati dalle iscrizioni sui vasi con il nome di Anacreonte.41 Tali rappresentazioni risalgono per la maggior parte alla prima metà del V sec. a.C.; la datazione più bassa non scende oltre il 425 a.C.42 Aristofane, nel portare sulla scena Agatone, potrebbe essersi ispirato alla tradizionale rappresentazione dei poeti ionici, associati nell’immaginario dell’epoca a uno stile musicale e di vita delicato e lussuoso.43 La parodia gioca evidentemente su più livelli, sotto l’aspetto sia sessuale che poetico–musicale.

L’immagine di effeminato delicato e rasato che Aristofane crea per Agatone persiste nella tradizione letteraria e retorica. Un passo tormentato di Plutarco (qu.conv. II 1, 12, 634d) può essere emendato in modo piuttosto soddisfacente grazie al contesto fornito dalle Tesmoforiazuse: il senso del testo richiede l’integrazione delle cinque lettere mancanti e un’eventuale correzione delle lettere pervenute in modo da rispristinare un termine che si riferisca alla depilazione di Agatone, un aspetto su cui Aristofane insiste perché, nell’originario piano del suo Euripide, il rasato Agatone sarebbe stato perfetto per camuffarsi da donna. Ai vv. 190s. Euripide contrappone il proprio πώγων, la barba, all’aspetto del collega, λευκὸς ἐξυρημένος, candido rasato,44 e Agatone stesso conferma la presenza di un rasoio tra i suoi oggetti personali (vv. 218–220). Tornando a Plutarco, questi sta discutendo del fatto che l’ironia diventa accettabile nel momento in cui il motteggiatore presenti lui stesso la caratteristica da lui messa in ridicolo: gli scherzi sull’assenza di peli di Agatone sarebbero accettabili in quanto Aristofane stesso ammetteva di essere calvo. È convincente l’argomentazione di Borthwick per la correzione di [lac., 5 litt.]λιψιν in ἀποψίλωσιν ο ψίλωσιν (‘rasatura’).45

Nel IV sec. d.C. ancora il retore Libanio (or. 64, 83 [IV 474, 1 Foerster]) annovera il tragediografo nell’elenco dei θηλυδρίαι, termine attestato per la prima volta in Erodoto per indicare un uomo effeminato (VII 153s.: θηλυδρίης καὶ μαλακώτερος ἀνήρ). Tra gli uomini citati da Libanio, si trovano nomi associati nelle commedie di Aristofane a pratiche di omosessualità passiva, per esempio Clistene, ripetutamente tacciato di effeminatezza,46 Filosseno e Aminia, definiti οὐκ ἄρρενα nelle Nuvole, vv. 686s., e simili.

Per riassumere e concludere: le numerosi fonti che confluiscono in questa testimonianza mostrano l’affermarsi dell’immagine di Agatone come omosessuale passivo. Il testo che cronologicamente e idealmente precede tutti gli altri è la commedia Tesmoforiazuse, dove Aristofane crea un personaggio a partire da precisi stereotipi che interessano l’aspetto fisico (l’assenza di barba, la bellezza) e l’abbigliamento (il vestitino giallo, gli accessori femminili; si riconosce il legame ideale con la tradizione citarodica ionica attestata dalla pittura vascolare), e al tempo stesso sancisce il passaggio del suo personaggio Agatone a possibile prototipo per l’amore omosessuale maschile. La scelta di Platone di conferire ad Agatone un ruolo preminente nel Simposio – opera incentrata sul tema erotico – dà continuità e rafforza l’associazione tra Agatone e il ruolo di amato entro la coppia omosessuale. I nomi di amanti associati al poeta tragico dalla tradizione sono in primo luogo quello di Pausania (Platone nel Protagora e nel Simposio, Eliano, scolî), suo partner per eccellenza, quindi Euripide (Eliano) e, solo entro la convenzione letteraria, Platone (epigrammi platonici). L’immagine effeminata di Agatone persiste a distanza di secoli, come attestano le opere di Plutarco, Eliano, Libanio. In particolare, il nome di Agatone si accompagna al motivo del bacio ricevuto, sia nell’epigramma 1 Diehl attribuito a Platone che nell’aneddotica tramandata da Eliano (test. 15).

La permanenza della figura di Agatone nella tradizione ha dunque un duplice carattere. Il poeta diventa da un lato un emblema moralmente condannabile di effeminatezza e atteggiamenti sconvenienti per un uomo; questa immagine trova le sue radici nella commedia aristofanea e riemerge nel giudizio di autori come Diogene di Babilonia (fr. 76 von Arnim = test. 23), Luciano (rh.pr. 11 = test. 13f) e Libanio. Dall’altro lato tuttavia abbiamo un filone che ripropone Agatone come campione positivo di eros e di bellezza; questa visione nasce dall’opera di Platone e si esprime nell’epigramma attribuito al filosofo e nell’aneddotica confluita nella Varia historia di Eliano.

Test. 15 (22 S.–K.)

a) Ael. VH XIII 4

Ἀρχέλαος ὁ βασιλεὺς ἑστίασιν παρεσκεύασε πολυτελῆ τοῖς ἑταίροις. προϊόντος δὲ τοῦ πότου ζωρότερον πιὼν Εὐριπίδης ὑπήχθη πως κατ’ ὀλίγον ἐς μέθην· εἶτα συγκλιθέντα αὐτῷ Ἀγάθωνα τὸν τῆς τραγῳδίας ποιητὴν περιλαβὼν κατεφίλει, τετταράκοντα ἐτῶν που γεγονότα. τοῦ δὲ Ἀρχελάου πυθομένου εἰ καὶ νῦν ἔτι ἐρώμενος αὐτῷ δοκεῖ εἶναι, ἀπεκρίνατο ‘ναὶ μὰ Δία· οὐ γὰρ μόνον τὸ ἔαρ τῶν καλῶν κάλλιστον, ἀλλὰ καὶ τὸ μετόπωρον’.

Il re Archelao fece preparare per i compagni un banchetto fastoso. E con il procedere del simposio, Euripide, che stava bevendo vino quasi puro, si ridusse poco a poco a uno stato di ubriachezza; e quindi baciava, dopo averlo abbracciato, Agatone, il poeta tragico, che era steso sullo stesso lettino con lui, nonostante [Agatone] avesse a qual tempo circa quarant’anni. E quando Archelao domandò se gli sembrasse che [Agatone] fosse ancora un erōmenos anche in quel momento, [Euripide] rispose: «Certo, per Zeus; infatti dei belli non soltanto la primavera è bellissima, ma anche l’autunno inoltrato».

b) [Plut.] apophth. reg. 177a–b (cf. fr. adesp. 216 Kock; non accip. Kassel–Austin )

Τοῦ δ’ Εὐριπίδου τὸν καλὸν Ἀγάθωνα περιλαμβάνοντος ἐν τῷ συμποσίῳ καὶ καταφιλοῦντος ἤδη γενειῶντα, πρὸς τοὺς φίλους εἶπε (Archelaus)· ‘μὴ θαυμάσητε· τῶν γὰρ καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν’.

Poiché Euripide abbracciava e baciava durante il simposio il bell’Agatone, benché questi avesse ormai la barba, agli amici disse [Archelao]: «Non meravigliatevi; dei belli, infatti, anche il tardo autunno è bello».

∽ Apostol. XVII 42 Leutsch (= Arsenios p. 453 Walz)

Τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλὸν ἐστίν: Εὐριπίδης τὸν καλὸν Ἀγάθωνα περιλαμβάνων ἐν τῷ συμποσίῳ καὶ καταφιλῶν ἤδη γενειῶντα πρὸς τοὺς φίλους εἶπε, Μὴ θαυμάζητε, τὸ παροιμιῶδες τοῦτ’ εἰπών.

Dei belli anche il tardo autunno è bello. Euripide, abbracciando durante un simposio e baciando il bell’Agatone, che aveva ormai la barba, agli amici disse: Non meravigliatevi – pronunciando questo detto proverbiale.

∽ Plut. amat. 24, 770c

τὰ δ’ ὑπ’ Εὐριπίδου ῥηθέντ’ ἐστὶ κομψά· ἔφη γὰρ Ἀγάθωνα τὸν καλὸν ἤδη γενειῶντα περιβάλλων καὶ κατασπαζόμενος, ὅτι τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον <καλόν>.

Argute parole sono poi quelle pronunciate da Euripide: diceva infatti, abbracciando e baciando il bell’Agatone che ormai aveva la barba, che dei belli anche il tardo autunno <è bello>.

Cf. Plut. vit. Alc. 1, 4–6, 192a

περὶ μὲν οὖν τοῦ κάλλους τοῦ σώματος οὐδὲν ἴσως δεῖ λέγειν, πλὴν ὅτι καὶ παῖδα καὶ μειράκιον καὶ ἄνδρα πάσῃ συνανθῆσαν τῇ ἡλικίᾳ καὶ ὥρᾳ τοῦ σώματος ἐράσμιον καὶ ἡδὺν παρέσχεν. οὐ γάρ, ὡς Εὐριπίδης ἔλεγε, πάντων τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, ἀλλὰ τοῦτ’ Ἀλκιβιάδῃ μετ’ ὀλίγων ἄλλων δι’ εὐφυΐαν καὶ ἀρετὴν τοῦ σώματος ὑπῆρξε.

Per quanto riguarda la bellezza del corpo probabilmente non è necessario dire nulla, se non che, fiorendo di pari passo con ogni sua età e con il tempo, lo rese amabile e piacevole da ragazzo e da adolescente e da uomo. Infatti, come diceva Euripide, non è bello anche il tardo autunno di tutti i belli, ma questo fu possibile per Alcibiade insieme a pochi altri grazie alle doti naturali e alla virtù del corpo.

Interpretazione

La testimonianza si compone delle varianti di un medesimo aneddoto che vede protagonisti Euripide e Agatone.

a) La versione più dettagliata è riportata nella Ποικίλη ἱστορία (Varia historia, una raccolta di aneddoti corredati di osservazioni moraleggianti) dell’atticista Claudio Eliano (fine II–inizi III sec. d.C.). L’ambientazione è la corte macedone di Archelao in occasione di uno dei famosi banchetti offerti dal re ai suoi ἑταῖροι, gli ospiti che risiedevano presso la sua corte (vd. testt. 5. 7–11. 25). Protagonista dell’aneddoto è Euripide, la cui permanenza in Macedonia presso la corte di Archelao è attestata per gli anni 408–406 a.C.47 Durante un banchetto offerto da Archelao, il famoso tragediografo – che in questo periodo doveva avere circa settant’anni48 – si trova sdraiato sullo stesso lettino dove giace anche il collega più giovane Agatone, giunto ormai ai quarant’anni (τετταράκοντα ἐτῶν). Nel contesto festoso, Euripide beve fino al punto di ubriacarsi (Εὐριπίδης ὑπήχθη πως κατ’ ὀλίγον ἐς μέθην), una condizione particolarmente favorevole all’espressione della verità, in assenza delle consuete inibizioni (cfr. p. es. in Plat. Symp. 213e 9–a 1). Euripide abbraccia e bacia Agatone (περιλαβὼν κατεφίλει), adottando un comportamento inusuale tra uomini adulti e provocando così la domanda di Archelao, che fa implicitamente notare come l’atteggiamento dell’anziano poeta sia lo stesso che gli amanti hanno nei confronti dei loro ἐρώμενοι, di norma adolescenti (vd. ad testt. 3. 14). La risposta, di carattere sentenzioso (ναὶ μὰ Δία· οὐ γὰρ μόνον τὸ ἔαρ τῶν καλῶν κάλλιστον, ἀλλὰ καὶ τὸ μετόπωρον), conclude l’aneddoto con un messaggio universale.

Si tratta di una testimonianza preziosa per la cronologia della vita di Agatone. La permanenza di Euripide presso la corte macedone occupa gli anni 408–406 a.C., e in particolare si restringe tra le Grandi Dionisie del 408 – anno della messa in scena dell’Oreste (DID C 19 S.–K.) – e quelle del 406 a.C., quando Sofocle si presentò in lutto al proagone della competizione drammatica piangendo il decesso di Euripide (DID C 20 S.–K.; Soph. test. 54 Radt; Eurip. test. IA ll. 39–41 Kannicht) avvenuto presso la corte di Archelao (vd. ad test. 10). Agatone doveva aver lasciato Atene almeno nel 405 a.C. (testt. 8s.), anno di rappresentazione delle Rane; l’aneddoto euripideo anticipa il terminus ante quem della partenza di Agatone per la Macedonia all’inizio del 406 a.C., ossia prima della morte di Euripide. Se potessimo fissare con certezza la data del Gerytades, commedia interpretata come terminus post quem per il trasferimento in Macedonia (vd. ad test. 5), al 407 a.C., potremmo restringere il periodo entro cui Agatone lasciò Atene al periodo compreso tra gli agoni drammatici del 407 (ma non sappiamo se lenaici o dionisiaci) e le Grandi Dionisie del 406 a.C. Questa ricostruzione, impossibile da accertare a causa della difficoltà di datare con sicurezza il Gerytades, si troverebbe in accordo con la test. 10 (= [Eur.] epist. 5, 2 p. 278 Herch), che colloca l’allontanamento di Agatone da Atene in un momento successivo rispetto al trasferimento di Euripide presso la corte macedone; bisogna tuttavia considerare che le lettere euripidee non sono autentiche.

Per quanto riguarda l’età di Agatone, apprendiamo da Eliano che il poeta aveva circa quarant’anni (τετταράκοντα ἐτῶν που γεγονότα) negli anni 408–406 a.C. Considerando che nel 411 a.C., anno della messa in scena delle Tesmoforiazuse, Aristofane giocava sull’età di un Agatone ancora giovane (v. 134, vd. anche ad test. 2; vv. 173s.) possiamo ipotizzare che il poeta tragico fosse ancora nei suoi trent’anni nel 411 a.C., e che al momento dell’aneddoto macedone avesse appena raggiunto i quaranta. La testimonianza si accorda anche con i dati che ricaviamo dai testi platonici (Protagora, vd. test. 3, Simposio, vd. test. 2) e dai Deipnosofisti di Ateneo (vd. test. 1), e conferma la nascita di Agatone negli anni immediatamente successivi al 450 a.C.

b) Simile episodio è raccolto nei Βασιλέων ἀποφθέγματα καὶ στρατηγῶν (Sentenze di re e generali), opera di discussa paternità tramandata nel corpus plutarcheo. Al passo 177a–b, nella sezione dedicata alle sentenze memorabili del re Archelao, si racconta di come Euripide abbracci e baci durante un simposio il maturo Agatone.49 Qui è il re Archelao a invitare gli altri compagni a non meravigliarsi, ricordando che gli uomini belli restano tali anche nell’autunno della vita (τὸ μετόπωρον), una volta passata la stagione della giovinezza. L’aneddoto – in forma più concisa e con variatio nell’attribuzione della sentenza finale – fornisce le stesse informazioni cronologiche e geografiche del passo di Eliano. In forma simile, ma senza menzionare l’ambientazione macedone e attribuendo la sentenza a Euripide, l’aneddoto è entrato anche in raccolte paremiografiche (Apostolio, XV sec. d.C.; Arsenio, XV–XVI sec. d.C.).

Più concisa è la versione riportata da Plutarco nell’Ἐρωτικός (Amatorio), che rientra nella tradizione dei dialoghi a tema erotico e che s’ispira in particolare alle opere platoniche riconducibili a questo genere, Fedro e Simposio.50 Qui manca l’ambientazione macedone e l’episodio si riduce alla citazione delle parole di Euripide in riferimento alla bellezza di un Agatone ormai maturo. Così formulato, l’aneddoto non consente di trarre le considerazioni di carattere temporale e geografico che possiamo invece ricavare da Eliano e dagli ἀποφθέγματα di attribuzione plutarchea. La sentenza πάντων τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, attribuita a Euripide senza contestualizzazione e senza fare menzione di Agatone, ritorna ancora nella Vita di Alcibiade di Plutarco.

Per riassumere: vi sono diverse fonti che riportano la medesima affermazione proverbiale τῶν γὰρ καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, in alcuni casi associandola a un aneddoto ambientato alla corte macedone. Le versioni più esaustive che abbiamo (Plutarco nelle Quaestiones convivales, poi Eliano) concordano nel collocare l’aneddoto presso la corte di Archelao di Macedonia e nel coinvolgere sia Euripide che Agatone, permettendo così una datazione agli anni 408–406 a.C. e assegnando ad Agatone in questa occasione quarant’anni. Per quanto riguarda la relazione tra Plutarco ed Eliano, la critica tende a escludere la dipendenza diretta del secondo dal primo; si ritiene più probabile il ricorso a materiali comuni provenienti dalla letteratura simposiale greca, il cui successo in età imperiale è esemplarmente attestato dai Deipnosofisti di Ateneo.51 La sentenza non ha inizialmente un’attribuzione univoca ma è messa in bocca ora a Euripide (Ael. VH XIII 4; Plut. amat. 24, 770c; Plut. vit. Alc. 1, 5, 192a) ora ad Archelao ([Plut.] apophth. reg. 177a–b), e si afferma nel tempo come motto euripideo (Apostol. XVII 42 [= Arsenios p. 453 Walz]).

Test. 16 (25 S.–K.)

Ael. VH II 21

Ἀγάθωνος ἤρα τοῦ ποιητοῦ Παυσανίας ὁ ἐκ Κεραμέων. καὶ τοῦτο μὲν διατεθρύληται· ὃ δὲ μὴ ἐς πάντας πεφοίτηκεν, ἀλλ’ ἐγὼ ἐρῶ. ἐς Ἀρχελάου ποτὲ ἀφίκοντο ὅ τε ἐραστὴς καὶ ὁ ἐρώμενος οὗτοι. ἦν δὲ ἄρα ὁ Ἀρχέλαος ἐρωτικὸς οὐχ ἧττον ἢ φιλόμουσος. ἐπεὶ τοίνυν ἑώρα διαφερομένους πρὸς ἀλλήλους τόν τε Παυσανίαν καὶ τὸν Ἀγάθωνα πολλάκις, οἰόμενος τὸν ἐραστὴν ὑπὸ τῶν παιδικῶν παρορᾶσθαι, ἤρετο ἄρα τὸν Ἀγάθωνα ὁ Ἀρχέλαος τί βουλόμενος οὕτω πυκνὰ ἀπεχθάνεται τῷ πάντων μάλιστα φιλοῦντι αὐτόν; ὃ δὲ ‘ἐγώ σοι’ ἔφη ‘φράσω, βασιλεῦ. οὔτε γάρ εἰμι πρὸς αὐτὸν δύσερις, οὔτε ἀγροικίᾳ πράττω τοῦτο· εἰ δέ τι καὶ ἐγὼ ἠθῶν ἐπαΐω τῇ τε ἄλλῃ καὶ ἐκ ποιητικῆς, ἥδιστον εὑρίσκω εἶναι τοῖς ἐρῶσι πρὸς τὰ παιδικὰ ἐκ διαφορᾶς καταλλάττεσθαι, καὶ πεπίστευκα οὐδὲν αὐτοῖς οὕτως ἀπαντᾶν τερπνόν. τούτου γοῦν τοῦ ἡδέος πολλάκις αὐτῷ μεταδίδωμι, ἐρίζων πρὸς αὐτὸν πλεονάκις· εὐφραίνεται γὰρ καταλυομένου μου τὴν πρὸς αὐτὸν ἔριν συνεχῶς, ὁμαλῶς δὲ καὶ συνήθως προσιόντος οὐκ εἴσεται τὴν διαφορότητα’. ἐπῄνεσε ταῦτα ὁ Ἀρχέλαος, ὡς λόγος. ἤρα δέ φασι τοῦ αὐτοῦ Ἀγάθωνος τούτου καὶ Εὐριπίδης ὁ ποιητής (test. 15), καὶ τὸν Χρύσιππον τὸ δρᾶμα αὐτῷ χαριζόμενος λέγεται διαφροντίσαι. καὶ εἰ μὲν σαφὲς τοῦτο, ἀποφήνασθαι οὐκ οἶδα, λεγόμενον δ’ οὖν αὐτὸ οἶδα ἐν τοῖς μάλιστα.

Del poeta Agatone era amante Pausania di Ceramei. E questa cosa è nota; ciò che invece non è a conoscenza di tutti, lo dirò io. Un giorno l’amato e l’amante, questi qui, arrivarono da Archelao. E Archelao amava l’eros non meno delle muse. Perciò, quando vide che Pausania e Agatone litigavano spesso l’uno con l’altro, Archelao, ritenendo che l’amante fosse trascurato dal suo amato, domandava ad Agatone con quale proposito provocasse così spesso l’odio in colui che più di tutti lo amava. E quello disse: «Te lo dirò, re. Io infatti non voglio essere litigioso con lui, né faccio questo per villania; ma se grazie alla poetica io ho una qualche conoscenza del carattere umano anche in altri ambiti, trovo che la cosa più dolce per chi ama sia riconciliarsi con l’amato dopo un disaccordo, e sono persuaso che a loro non capiti nulla di più piacevole. Quindi spesso lo rendo partecipe di questa dolcezza, litigando frequentemente con lui; gioisce infatti non appena io metto fine alla lite con lui, invece trovandosi costantemente in accordo non vedrà la differenza.» Approvò queste parole Archelao, secondo quanto si racconta. E dicono che anche il poeta Euripide amasse questo Agatone, e si dice che, per compiacerlo, ideò il dramma Crisippo. E se questo è sicuro, non sono in grado di provarlo, ma so che lo si dice tra i più.

Interpretazione

Nella Varia historia di Eliano è riportato un altro aneddoto che vede protagonista Agatone presso la corte macedone, dove questi si era trasferito insieme al proprio amante Pausania di Ceramei (vd. testt. 3. 5. 14). Il tema del passo è il rapporto tra ἐρώμενος ed ἐραστής.

In conformità alla tradizione biografica relativa al re macedone, Archelao è definito ἐρωτικός, amante dell’eros, non meno che φιλόμουσος, amante delle arti.52 L’interesse di Archelao per le questioni amorose lo porta a notare le continue liti della coppia di ospiti. Dalla valutazione fatta dal re sulla dinamica della coppia (οἰόμενος τὸν ἐραστὴν ὑπὸ τῶν παιδικῶν παρορᾶσθαι) e dalla domanda che il re rivolge ad Agatone (τί βουλόμενος οὕτω πυκνὰ ἀπεχθάνεται τῷ πάντων μάλιστα φιλοῦντι αὐτόν;) si delineano due τόποι della letteratura erotica: in primo luogo, la sofferenza dell’amante causata dalla negligenza del suo amato, giovane e bello e solitamente conteso, e il τόπος del litigio tra innamorati. Il primo, il τόπος dell’amato crudele o freddo, in grado di esercitare un potere (anche inconsapevole) sull’amante, è attestato anche in epoca arcaica. Si trovano esempi nel Corpus Theognideum (vv. 1263s. 1295–1297), in Saffo (fr. 31 V. in riferimento a una figura femminile) e Anacreonte (fr. 15 Gentili = 360 PMG). Il motivo dei litigi tra innamorati costituisce il secondo τόπος amoroso toccato dall’aneddoto; analogo discorso è attestato da Senofonte nell’opera Ierone, dove è il poeta Simonide ad affermare di fronte al tiranno Ierone l’insuperabile dolcezza della riappacificazione di due innamorati dopo una lite (Xen. Hier. 1, 35s.). La stessa idea in forma di sentenza è attestata anche in ambito latino nell’Andria di Terenzio (v. 555).

La testimonianza ricorda infine l’amore per Agatone di Euripide, il quale avrebbe composto per il più giovane collega la tragedia Crisippo.53 La tradizione che vede Euripide nel ruolo di ἐραστής e Agatone in quello di ἐρώμενος per lo meno ai tempi del loro soggiorno in Macedonia è attestata anche dalla test. 15. Per quanto riguarda il Crisippo, il tema si presta a una celebrazione di Agatone nei panni di ἐρώμενος: nel mito, Crisippo è il figlio di Pelope amato da Laio, re tebano, il quale è per questo considerato il πρῶτος εὑρετής dell’amore pederastico (Plat. Lg. VIII 836c; Ael. VH XIII 5; Plut. Pel. 19, 1). La data della rappresentazione è sconosciuta; Kannicht individua negli anapesti del coro di un frammento della tragedia (fr. 839 Kannicht) un indizio per preferire una datazione alta rispetto a una bassa, ma ammette in ogni caso «de aetate fabulae non liquet» (TrGF V.2 p. 879). La notizia secondo la quale Euripide avrebbe dedicato ad Agatone quest’opera non comporta tuttavia che la tragedia risalga necessariamente agli anni trascorsi da entrambi in Macedonia, dato che i due poeti ateniesi si dovevano conoscere già da prima. Tuttavia, l’aneddotica che attribuisce ai due tragici una relazione durante il soggiorno macedone induce a collocare in questo periodo la produzione di un eventuale omaggio erotico di Euripide nei confronti di Agatone.

In questa trattazione dei rapporti tra ἐρώμενος ed ἐραστής presentata da Eliano Agatone e Pausania sono dunque il paradigma dell’amore omoerotico: caratterizzata dai τόποι della crudeltà dell’ἐρώμενος e dei litigi d’amore intesi come forze rinnovatrici, la loro relazione si inserisce nella tradizione letteraria erotica e diventa esemplare. La menzione dell’amore di Euripide per Agatone è la conferma dell’assunzione di Agatone a figura paradigmatica di ἐρώμενος: la tragedia scritta in suo onore ha come protagonista il primo ἐρώμενος Crisippo, rapito dal πρῶτος εὑρετής della pederastia, Laio.

Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.

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