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F17

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Quindi Max non è morto. Non c’è il suo cadavere nella cella frigorifera dell’istituto di medicina legale. Sono riusciti a colpirlo solo in modo leggero questi dei Cobra, le unità d’élite della polizia austriaca. Ma dove hanno imparato a sparare? Al vivaio?

Non è così, spiega a Max il poliziotto che lo accompagna al reparto di radiologia. Negli ultimi giorni e nelle ultime settimane gli hanno fatto centinaia di radiografie, tutte al bacino, al ginocchio e alla mano. Oggi tocca di nuovo alla mano. Un’operazione del genere richiede esperienza, continua il poliziotto. Colpi di avvertimento: sì. Colpi di striscio: sì. Colpi per rendere inoffensivo il criminale, cioè al ginocchio, alla mano eccetera: assolutamente sì. Ma se qualcuno muore durante una sparatoria avrai solo grane. All’inizio sono gentili, ti mandano dalla psicologa e lei dice che ti aiuteranno a superare il trauma di aver ucciso una persona. Le solite panzane da psicologi e basta. Ma quando vieni reintegrato in servizio ti fanno riempire talmente tanti moduli che non finiscono più. F10, 11, 13, 14 e 17, e con tutti gli allegati! F17 a, b, c, d, e, stai lì delle ore! Ore intere! Puoi mettere in conto una giornata intera. Poi se sei davvero sfortunato arriva l’inchiesta interna. Devi dire dove ti trovavi esattamente e dove stava il criminale, chi ha sparato per primo e se ci fosse un’alternativa. E devi passare per queste domande, le stesse domande che ti sei fatto già da solo centinaia di volte. Per questo durante l’addestramento alla scuola di polizia non ti insegnano come uccidere un criminale, ma come non ucciderlo. Questa è la parte essenziale dell’addestramento. Cosa fare quando si arriva a uno scontro diretto, il comportamento in un conflitto a fuoco. Si fanno molte esercitazioni, cento, mille, diecimila volte. Per proteggere se stessi, per sapere cosa dire. Per sapere di aver fatto tutto nel modo giusto.

“Allora un modulo mi ha salvato la vita”, commenta Max.

“Si può proprio dire di sì”, risponde il poliziotto con un’aria tremendamente seria.

La radiografia non dice granché di nuovo. Max riesce a usare a malapena la mano. E il ginocchio, dottore, come sta? Malissimo!

Lo riportano in cella. È tremendo qui in Austria, in questo paese arretrato. L’esecuzione della pena è così moderna, qui, che non usano sistemi di tortura.

Una cosa davvero buffa è che anche se Max non rischia più di morire la sua testa continua a essere affollata di ricordi. Ma forse non è poi così buffo, perché non è morto ma non è neppure vivo. È peggio che essere morti. È chiuso in carcere, sepolto vivo a Stein.

Gli passa davanti ancora una volta tutta la sua vita. Le lezioni di karate con Matthias. Max indossa la cintura blu. Matthias distribuisce i bastoni, impartisce ordini. Si lotta e Max alza il braccio, colpisce Ferdinand allo stinco. Non voleva, davvero. La madre di Ferdinand si arrabbia tremendamente, lo accusa di essere un teppista, chiede che Max sia espulso dalla palestra. E tutto questo poco prima delle vacanze. Il ricordo non riesce ad affiorare, allora torna alla terza superiore. Gli studenti di questa classe sono dei poveri secchioni, fanno sempre tutti i compiti a casa. Tengono il registro contabile, puoi metterli subito in qualsiasi azienda e loro lo terranno. Dopo la bocciatura in terza il ricordo non migliora. E allora via dalla scuola, non serve a niente.

I preparativi per il matrimonio. No, la bambina c’era già. L’ultimo giorno di novembre Kathi era tornata dalla clinica con la piccola. Una bambolina, dai grandi e splendidi occhi blu. Non resteranno così, gli aveva detto sua madre. All’inizio era un po’ fredda, ma poi Julia aveva iniziato a piacerle. Piaceva a tutti, era una bambina tanto allegra e rideva sempre. Max per Natale le aveva comprato un sonaglio, ma era ancora troppo piccola per giocarci. Kathi le aveva regalato un carillon di plastica beige, con uno gnomo seduto su una falce di luna. Tirando il cordino si sentiva: “Buona sera, buona notte”.

Da quando era arrivata la bambina Kathi non aveva più smesso di parlare di matrimonio. Litigavano ogni giorno, Kathi urlava e diceva che gli avrebbe portato via la bambina. Max le aveva chiesto che cosa le saltasse in mente. Se non riga dritta sarà lui a prendersi la bambina. Ha degli amici che sanno come si fa in questi casi. Kathi si era messa a ridere. Allora me ne vado con la bambina, aveva detto. In America, o in Finlandia o in Australia, comunque molto lontano. E allora Max come farà a trovarla, eh?

Poi Max aveva capitolato, per trovare un po’ di calma. Ed erano iniziate le liti con sua madre. Perché sposare quella sgualdrina? Che oltretutto gli ha appioppato una figlia solo per poterlo trascinare all’altare. Cosa sa fare, quella sempliciotta? Niente. Avrebbe potuto avere così tante donne, Max. Sylvia, per esempio. Lei sì che era una in gamba, ora è già caposala in oncologia. E persino Claudia, che è andata al ginnasio, era innamorata di lui.

Kathi era in piedi in anticamera e si guardava allo specchio, stava indossando un cappello bianco incredibilmente appuntito. Max gliel’aveva strappato dalla testa, così non vieni al nostro matrimonio. Tra i capelli Kathi si era messa una corona con delle piccole margherite. Era graziosa, non serviva neppure il velo. “Hai proprio un musetto carino”, aveva detto Max.

Come sarebbe stato un matrimonio che non aveva voluto? Se non ci fosse stata Notburga forse non avrebbe sposato Kathi. Notburga prima aveva intrecciato le dita, poi le aveva separate e strofinandosi i palmi aveva detto, senza guardare in faccia Max: “Se c’è una figlia ci si deve sposare”. Non aveva neppure preso la tavoletta, lo sapeva anche lei che tra Kathi e Max non sarebbe finita bene.

La vita che gli passa davanti non si cura delle date. Molto prima del matrimonio Max aveva aperto la palestra a Bressanone, che era stata finanziata da Alois Lechner. Aveva conosciuto Alois a una festa. A quell’epoca, nei primi anni Ottanta, la gente sapeva ancora fare festa. Non se ne stavano in piedi rigidi con il bicchiere da cocktail in mano, allora c’era un gran movimento. Le ragazze ballavano seminude, lo spumante scorreva a fiumi. Alois era appoggiato al bancone del bar e beveva una birra. Si erano trovati subito simpatici e avevano fatto società in un attimo.

E Kathi era contenta? Macché, l’aveva rimproverato. Max doveva gestirla meglio, la palestra, non ce l’aveva per sollevarci i pesi da solo. E lei non poteva occuparsi di tutto. E poi la gente alla fine doveva pagare. La maggior parte aveva pagato, erano pochi quelli che non avevano i soldi. Richie era completamente al verde, non ci poteva fare niente. Una sfortuna, era stato licenziato tre volte. A quel punto fai fatica a trovare un lavoro rapidamente, ogni possibile nuovo capo ti chiede cosa sia successo. E sei già alla porta. Per questo Richie era uno dei suoi clienti più fedeli, veniva almeno quattro volte la settimana. E che gli anabolizzanti fanno male, a quell’epoca Max non lo sapeva. Molte cose sono vietate non perché siano dannose ma semplicemente perché sono divertenti. Quella roba lì andava via come il pane appena sfornato. Tutti quei tizi occhialuti con i muscoli di un pollo che non erano capaci di sollevare neppure dieci chili la trangugiavano come se fossero caramelle. E pagavano bene per averla.

Le celle qui sono minuscole, sono delle specie di budelli con un letto, un tavolo e una finestra – con le inferriate, ovviamente. Più una porta d’acciaio verde chiaro con una piccola finestra attraverso la quale passano a Max il rancio quotidiano. Fuori dalla porta non è che sia meglio: un corridoio lungo e spoglio con il pavimento in linoleum, vecchio e in pessimo stato. Tutto l’edificio è dell’Ottocento o ancora più vecchio. Solo il cortile interno è spazioso, ma Max non può andarci. Perché credono che non possa camminare, sta sempre sulla sedia a rotelle e fa i suoi esercizi solo quando non lo vede nessuno. Ogni giorno si dà dei colpi sul ginocchio per renderlo insensibile. Deve andarsene da qui. Ora, immediatamente, subito. Qui lo faranno diventare matto. Matto. Perché non c’è abbastanza aria, perché non ne può più di stare sempre sulla sedia a rotelle, perché tutto il suo corpo è teso come la corda di un arco e qui dentro non riesce a pensare lucidamente. Per questo nella sua testa si è insediata Kathi e litiga sempre con lui. Per evitargli di immaginare com’è la vita là fuori, di pensare agli altri che se la spassano, vanno al cinema, sfrecciano su fantastiche auto sportive, vanno a letto con le donne. È contro natura rinchiudere un uomo giovane, contro natura! Max non può restare qui, gli serve una strategia. Prima aveva progettato una rapina, adesso gli tocca ideare un’evasione. Sono entrambe complicate, entrambe devono essere studiate nei minimi dettagli. Niente può andare storto. Max deve concentrarsi, ha una missione.

Max Leitner

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