Читать книгу La moglie di Sua Eccellenza - Gerolamo 1854-1910 Rovetta - Страница 4

I.

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Piove. Il biondo e rubicondo signor Trüb, seniore, il socio gerente della Tête-pointue a Villars-Ollon, attraversa frettoloso, con i soliti inchini, sgambetti e saltetti, l'atrio oscuro e basso dell'albergo, in quell'ora mattutina già brulicante di forestieri; si ferma sul portone, alza gli occhi verso il cielo bigio... poi si avanza fin a mezzo all'alta terrazza, stendendo le mani aperte: piove.

— Tempo ladro!

Il signor Trüb si tira giù con due dita e si ferma sul naso gli occhiali d'oro, che porta in mezzo alla fronte, e continua, borbottando, le osservazioni meteorologiche.

— Acqua!... Presto!... A catinelle!

Infatti le tre punte della Dent du Midi sono coperte da un'enorme cappa di piombo e il dorso della grande montagna nera e rocciosa è sparso, qua e là, di bianchi nuvoloni che si rincorrono spinti dal vento, si allungano, si assottigliano, sembrano quasi dileguarsi; ma poi ritornano e si riallacciano accavallandosi, più densi e più gonfi.

— Tempo ladro! Ti domandavo un po' di sole, soltanto per oggi e per domani!

Il largo piano della valle sottostante, attraversato dalla striscia torbida del Rodano, i bianchi villaggi delle due rive, i Châlets disseminati sul pendio dei monti raggruppati lungo la curva delle colline, tutto, insomma, il vasto paesaggio così verde, così vario e così colorito, sparisce a mano a mano sotto la nebbia fumicosa che si avanza e si diffonde, mentre le prime gocce cominciano a crepitare qua e là sulla terrazza.

— Non ti domando, Giove cane, altro che un po' di sole oggi e domani! Per rimpolpettarmi le ossa! Una grande famiglia di prim'ordine! Otto signori e dieci persone di servizio!

L'albergatore volge gli occhi dalla parte di Ginevra: buio; ancora più buio!

— Ahi! Ahi!... Quando la burrasca viene dal lago, ce n'è per una settimana!

Ad un tratto, per quanto il cielo continui a rabbuiarsi, la faccia del signor Trüb si rischiara.

È uscito sulla terrazza un cliente del primo piano, — camera d'angolo con salotto; — il barone Marco Danova.

— Signor barone, buon giorno! I miei rispetti, signor barone!

Ma il signor barone, un ex veneziano che in Alessandria d'Egitto a furia di rubare milioni ha perduto persino la pronunzia, non risponde ai profondi salamelecchi. È furente: il naso adunco sembra un becco minaccioso; il viso tondo, circondato dalla corta barbetta nera — troppo nera! — non è più giallo, ma verde.

— Al diavolo voi, e i vostri prognostici! Piove!... Non vedete? Piove! — Il terribile barone aggrotta le ciglia fissando il povero albergatore e incrocia le braccia sul petto. Rispondete, uomo barometro. Piove, sì o no?

— Quattro goccet...tine! — Il signor Trüb sorride amabile e rimane curvo a mezzo inchino. — Quattro goccettine, ma non fa niente!

— Come «non fa niente?»

— Voglio dire, signor barone, una piccola burraschet...tina di passaggio! Domani...

L'egizio venezian diventa ancora più verde.

— Domani? È una settimana che dite sempre domani, e diventa persino una indecenza! Diciotto ore di ferrovia da Milano, cinque ore di carrozza e salire mille trecento metri... per annegare!

Il rubicondo Trüb, all'uscita tanto arguta del briosissimo signor barone, dà in una risata formidabile, rialzandosi gli occhiali sulla fronte.

— C'è poco da ridere! C'è da fare le valige e scappare, magari in barca!

L'albergatore si caccia le mani, disperato, nei capelli folti e crespi.

— Partire? Adesso? Quando comincia il bel tempo?

— Comincia? — La voce del signor barone sembra un ruggito e un grugnito. — Comincia?

— È... è la coda! È la fine! Tutte le previsioni sono più che favorevolissime! Il barometro si alza! La corda del lift è molle, molle, molle...

— Finitela! Non avete mai detto una volta che la corda è dura, e piove sempre!

— Si persuada, signor barone! E poi... Senta, signor barone: le voglio dire una cosa sola. Se non la smette questo Giove cane, sarebbe un assassinio! No! No! Impossibile! Io sono sempre stato fortunato e porto fortuna ai miei forestieri! Anche l'anno scorso...

— Avanti, avanti! Che cosa devo sentire?

— Ho ricevuto stamattina un telegramma... Devo averlo qui! — L'albergatore lo cerca, ma non lo trova. — Si tratta di una grande famiglia italiana! Un mazzetto, proprio chic, di signore giovani, bellissime.

Il naso-becco del barone Danova ha una vampa e un tremolìo. Di signore giovani e belle egli aveva già notata e deplorata la mancanza alla Tête-pointue. L'altro, continua imperturbabile:

— Prenderebbero tutto il grande appartamento della balconata, al primo piano, con due balconi, e un altro appartamento al secondo. Otto signori e dieci servitori che mi riempirebbero appunto anche il terzo e quarto piano! — Sette od ottocento franchi al giorno! Capirà, signor barone, se piove oggi o domani, quando la comitiva è a Bex, invece di scendere dal treno, tira diritto! Garantisco, garantisco io: per domani una splendida giornata!... Vede? Vede? Si volti! Guardi le punte dei Diablerets: cominciano a scoprirsi!

— Non bisogna guardare la Dent du Midi?

— La sera; ma la mattina il grande oroscopo, infallibile... sono i Diablerets.

Marco Danova rimane scosso da tanta sicurezza.

— Allora, finalmente, potrò fare questa famosa gita al Chamossaire?

— Sicuro! — Il signor Trüb si offende quasi al minimo dubbio. — Lei, signor barone, vada tranquillo a fare la sua brava colazione e per domani penso io: sveglia alle sei, — basta alle sei, — e alle sei e mezzo, tutto pronto: cavalcatura, guida e un bel sole... di prim'ordine!

La promessa d'un bel sereno per il giorno dopo è sempre, anche quando ci si è abituati, uno dei pochi godimenti che offra la montagna quando piove. Marco Danova, rabbonito, apre l'ombrello e, dopo aver raccomandato al signor Trüb che il mulo sia tranquillo e la guida sicura, se ne va con passo quasi automatico, alzando una dopo l'altra le gambette ad arco e dondolandosi, tutto pancetta.

La nebbia, continua a salire a salire, a correre, ad addensarsi più rapidamente. Ad un tratto, un raggio di sole pallido, obliquo, attraversa e rompe il fitto tendone: appare in una tinta giallastra la curva di una collina... poi la punta di una roccia e subito un rovescione, con una raffica di vento così impetuosa che porta il signor Trüb, come di volo, dentro l'albergo.

Grida, strilli e le più furiose e varie invettive internazionali echeggiano sotto l'atrio. Le signore hanno paura del temporale: si chiudono le finestre, si accende la luce elettrica. Il signor Trüb, mogio, mogio, sgambetti, saltetti e via di corsa per rifugiarsi nel bureau! Ma lì, proprio sull'uscio, mentre si asciuga con il fazzoletto le mani e l'abito, ecco quella strega verde e brontolona di missis Eyre:

— Bella ciornata, signor Trüb!

Missis Eyre, — terzo piano, camera di dietro, senza balcone, — riceve un inchino, niente più del necessario.

— Scusi; sono in ritardo; ho la corrispondenza ancora da guardare...

Il signor Trüb, si avvicina alla scrivania, e comincia ad aprire, a sfogliare le lettere che vi sono ammucchiate.

Missis Eyre, tien duro.

— E così?... I D'Orea e i Moncavallo, verranno da Aigle o da Bex?

— Vedremo. Secondo... il tempo.

— Vedere?... Piove che Dio la manda! Che cosa volete vedere? Il Diluvio universale?

— Che diluvio? Domani, sole! Garantito!

Cià. A Villars sempre così. Piove oggi, e fa bel tempo... domani!

Brontola, brontola, ma a missis Eyre, poco importa della pioggia o del bel tempo. Ella, invece, vuol sapere se i D'Orea e i Moncavallo faranno la salita da Aigle, in carrozza, e con quanti landò, oppure da Bex in ferrovia elettrica, con un treno espresso, o con l'ordinario. Vuol sapere il numero delle persone di servizio, il numero dei bauli, e se i D'Orea e i Moncavallo pranzeranno à table d'hôte o al restaurant, a pensione o alla carta. Vuol sapere, se a quella grande «baraonda italiana» è stato fissato il solo appartamento del primo piano, oppure anche le camere disponibili del secondo. Vuol sapere, ed è questo che più le preme, se la «marmaglia del servidorame» sarà mandata su, al quarto piano, come è l'uso e la convenienza, oppure se quel vero oste esoso e volgare del signor Trüb matura nell'animo l'indelicatezza e la prepotenza di cacciarne una parte anche al terzo e persino... nel suo corridoio!

È tutto questo che la turba, che l'agita, che la tiene in ansia e in curiosità. Ed è così tutti i giorni e tutto l'anno: il suo divertimento, i suoi discorsi, le sue dispute, le sue scommesse, sempre lì! Chi arriva e chi parte dall'albergo. Il suo mondo, d'estate, è la Tête-pointue; d'autunno, Villa d'Este, sul lago di Como; d'inverno, l'hôtel-Royal a San Remo. E la sua occupazione costante di tutto l'anno e in tutti gli alberghi, è quella di far valere, per sè, tutti i diritti e i vantaggi che le accorda la pensione, e di far osservare agli altri, scrupolosamente, tutte le leggi e le prescrizioni e le interdizioni della sala di lettura, della sala di conversazione, della sala di musica e di ballo. Se appena appena missis Eyre vede accendere una sigaretta fuori dal fumatoio — subito pronto — manda un cameriere a farla spegnere. Se manca un giornale, per un momento, nella sala di lettura, si precipita dal portiere a gridare e a strepitare; se alle undici in punto il pianoforte non si ferma a mezzo della battuta, la mattina dopo, prima del caffè e latte, ecco tanto di reclamo «specificato» nella sala della direzione. Il grido della sua anima è uno e trino: proibito-defendu-verboten.

Che importa a missis Eyre della pioggia o del bel tempo?... Non fa mai una escursione perchè soffre «di giramento»; non va mai in carrozza per economia, non esce mai dall'albergo, certo per il timore che qualche «ineducatissimo» colga l'occasione per impadronirsi della sua poltroncina, del suo tavolino, del suo giornale o del suo solito posto al suo solito balcone della veranda. Acqua o sole... non ne prende mai. Missis Eyre si gode il lago, il mare, la montagna, sempre dalla finestra!

— L'autunno scorso, a Villa d'Este, per soli quindici ciorni, quella gente aveva portato cinquantotto bauli! Non si poteva più camminare nel corridoio! Tutto pieno!

Il signor Trüb, non potendo liberarsi della vecchia, pensa di ottenerne, almeno, qualche utile informazione.

— Gente... che spende?

— Gente disordinata! Confusione, gridamento, rivoluzione! Portieri, camerieri, giornali, biliardo, pianoforte, tennis, tutto per loro! I forestieri s'indispettiscono e partono!

Il signor Trüb non s'inquieta:

— Grande famiglia?... Titolata?

— I Moncavallo sono di Napoli! Funiculì-Funiculà! Molti titoli: duchi, principi, marchesi, ma niente capitali. I D'Orea sono di Bologna. Molti capitali, ma niente titoli. Molini e mortadella. Una Moncavallo, bellissima, ha sposato il cavalier Luciano D'Orea che spende tesori per la Fanfan Trécoeur, la celebre canzonettista delle Folies Parisiennes, dalle gambe irresistibili! Ve la farò vedere.

— È qui?...

— No. Vi farò vedere la cartolina. Adesso la Fanfan vuol andare in Italia a studiare. Vuol far carriera. Vuol arrivare alla Scala di Milano! Ha però, di buono, che è tisica. Per questo i Moncavallo, vivono in speranze e intanto... — pazienza e tutti cito — come dicevano a Villa d'Este!

Suonano le dieci, l'ora della posta. Missis Eyre si alza: deve andare per essere la prima ad impadronirsi del Times.

— E la carovana della servitù? Avrete posto per tutti, al quarto piano?

L'albergatore capisce l'antifona, ma non si sgomenta.

— All'occorrenza ci sono molte camere libere anche al terzo!

Ecco! Proprio vero! Quell'oste esoso e spilorcio, non ha nessun ritegno!

— Spero bene, che in questo caso, ci saranno ordini severissimi. Niente chiasso nel corridoio!

— Non dubiti.

— Proibitissimo alla mattina di pulire i panni e alla sera di farvi conversazione! Siamo intesi.

— Non dubiti.

L'aristocratica missis non è tranquilla. Si avvia verso l'uscio con le ciglia aggrottate, poi si ferma e si volta dura, diritta, come un palo.

— Oggi è giovedì?

— Oggi... è giovedì.

— Favoritemi carta e busta.

— A lei!

— Vado a scrivere al colonnello, a mio marito. La lettera impostata il giovedì, trova le coincidenze e arriva a Calcutta in soli venti ciorni. Adesso si fa presto!

Il colonnello Eyre ha percorsa tutta la sua lunga carriera, rimanendo sempre alla distanza... di una ventina di giorni da sua moglie. In quanto a missis Eyre, che gli è sempre stata fedele, senza nemmeno accorgersene, richiama l'immagine del consorte guerriero quando solo la crede necessaria per far ben valere la propria autorità.

— Ricordarsi anche questo, signor Trüb! Non voglio sentire odor di sigaro. Buon ciorno!

— Buon giorno.

Ma, ancora, non è l'ultimo saluto. Si ferma sulla soglia:

— Altra cosa. A Villa d'Este quella.. compagnia di gente, aveva due cani, orribili, che entravano da per tutto, correndo, saltando, abbaiando, facendo la ciostra. Qui, tener cani, proibitissimo!

Missis Eyre, volendo dar più forza al comando, sbatte l'uscio con violenza e se ne va impettita, alla militare, come il consorte colonnello.

— Al diavolo, carcassa ruminante! Pensione di favore, mai un extra e tutte le pretese!

Va, sbuffando, alla finestra: non ci si vede un palmo di là dal naso! Acqua, acqua, un'acqua fitta che vien giù a dirotto, ma senza vento.

— Due giorni così, e non ho più che la vecchia nell'albergo.

Driiin!

Il signor Trüb è chiamato al telefono: comunicazione con Bex.

— Pronti!

.... — Domandano da Bex, se su, a Villars, piove.

— Va rischiarandosi!... Sì!... Avremo bellissimo tempo!... Garantisco!... Con chi parlo?

.... Gli vien risposto un nome che subito non ricorda:

— Zaccarella?... Chi è questo Zaccarella?

— Avete detto Zaccarella?... Va bene; ho capito!... Sì!... Avete già scritto per fissare le camere?

.... La risposta è tale che il signor Trüb fa un saltetto di gioia.

Sono loro! Sono a Bex! Sono fermi a Bex per salire a Villars! Zaccarella è il corriere, il maggiordomo o il... procuratore della grande famiglia italiana!

Ormai ci sono, e non scappano più!

— Benissimo!... Sì! alle tre e cinquanta!... — Benissimo!... — Il signor Trüb, distrattamente, si è tirato gli occhiali sul naso per sentir meglio, la sua voce si è fatta più graziosa e, ascoltando e rispondendo, continua a fare inchini, come se lì, al posto del telefono, fossero schierati i Moncavallo e i D'Orea, tutti gli otto signori e i dieci servitori.

.... — Al restaurant?... — Benissimo!

.... — Alle sette?... — Benissimo! Grazie! Profondi rispetti! Grazie!

Driiin!

La comunicazione è tolta e il signor Trüb corre a sonare alla tabella dei campanelli elettrici, vicino alla scrivania. Chiama il segretario, il portiere, il direttore dell'albergo, il capo cameriere del restaurant e dà tutti gli ordini necessari, con grandi raccomandazioni e con un certo tono di solennità.

— Il pranzo alle sette. E rispondere che al quarto piano, non c'è più posto. Le persone di servizio, tutte al terzo. È assai più comodo per i padroni e si può far pagare doppia pensione. È gente che non bada a spendere! Sono due famiglie di primissimo ordine! Basta servirle bene!

Il biondo e rubicondo signor Trüb è gongolante. Egli s'infischia adesso del tempo ladro e anche delle saette! Ormai ci sono e non scappano più!

— Finchè piove vorranno certo fermarsi, per aspettare il sereno!

Nella veranda quasi deserta, missis Eyre, sdraiata sulla sua poltrona, nel vano del suo balcone, e col suo Times non ancora aperto sulle ginocchia, è beatamente assorta nella contemplazione dell'acqua che sbatte furiosamente e corre in grossi e spessi goccioloni lungo i cristalli:

— Diluvia! Diluvia!

Missis Eyre lo sa per esperienza, si sta veramente bene in un albergo, soltanto quando è mezzo vuoto, e persistendo l'orribile tempaccio, anche «la baraonda italiana» sarebbe passata da Bex senza fermarsi! Certissimo!

— Diluvia! Diluvia!

La moglie di Sua Eccellenza

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