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I Volontarii Italiani
PARTE TERZA
Entusiasmo
V
ОглавлениеAlla lettura di quelle scene concitate e frementi, sul volto di Carlo si alternavano i pallori e le fiamme vivaci dell'entusiasmo.
Il dramma toccava la fine. Eravamo al punto in cui l'eroina dell'azione, strappato il figlio dalle branche di uno zio paolotto che si era attentato di impedirgli la partenza pel campo, fa sventolare una bandiera tricolore, e si volge alle madri italiane per animarle a seguire il di lei esempio.
Il Lanfranchi declamava quel brano drammatico coll'enfasi di un autore che si attende l'applauso: «Tu sei come me, Edoardo!.. La voce di tua madre ha trionfato sulle arti dei rettili immondi che ti stringevano al piede… Essi non sono riusciti a contaminare la tua giovinezza… La voce di una madre ha parlato al tuo cuore più fortemente che non quella di un falso Dio! – Volevano farti credere di non essere abbastanza vigoroso per sopportare i disagi e le fatiche del campo! Ma io… tua madre… io che ti ho data la vita… saprò ben io infonderti la forza che ti abbisogna!..»
– Sublime! interruppe Carlo, balzando dalla seggiola, e percorrendo la camera a passo agitato.
– «Noi andremo insieme dove ci chiama la voce del cannone… la vera voce di Dio!.. Tua madre ti starà a lato… per sorreggerti, per infonderti coraggio… e se una palla nemica colpisce il tuo petto… io raccoglierò il tuo cadavere con orgoglio… e lo porterò di città in città, di villa in villa, di contrada in contrada, e griderò alle madri italiane: vedete! era il mio unico figlio!.. egli è morto per la patria… egli è morto combattendo… Vendicatelo, o madri italiane! e che tutti i vostri figli seguano il di lui esempio!»
A tali parole, il giovane convalescente che non avea cessato di passeggiare per la camera a grandi passi – si avvicinò all'amico, gli strinse la mano con trasporto, e gli disse:
«Fissami un luogo… dove possiamo trovarci assieme… domani a sera… dopo la rappresentazione.»
– Che? tu vorresti uscire di casa?.. Nello stato in cui ti trovi?
– Non badare, Eugenio… Il tuo dramma mi ha ridonato la salute e il vigore… Io sono guarito, capisci? io sono guarito perfettamente – e dopodomani, all'alba, colla prima corsa intendo partire… Voglio ben credere che tu non avrai difficoltà ad accompagnarmi!..
Il Lanfranchi non poteva esitare. Egli era rapito di orgoglio in vedere la concitazione dell'amico; gli pareva che quell'entusiasmo fosse un effetto del suo dramma, fosse opera sua.
I due giovani si concertarono sul da farsi. A Carlo erano necessarie delle precauzioni per deludere la sorveglianza dei parenti. Fu convenuto, che dopo la rappresentazione, egli si sarebbe recato alla casa di Eugenio, e quivi sarebbero montati insieme in una vettura per trasferirsi alla più prossima stazione di ferrovia ad attendervi il convoglio del mattino. Questi concerti furono presi a bassa voce, senza spreco di parole. Infiammati dal medesimo ardore, quei due giovani cuori si indovinavano, si comprendevano a maraviglia.
– Un'ultima parola, disse Carlo all'amico nel momento in cui stavano per separarsi – ai mezzi penso io… la mia borsa è a tua disposizione. Solamente vorrei pregarti… ma temo che ciò non sia possibile… Mi dicono che ai depositi vi sia mancanza di camicie rosse… ed io muoio d'impazienza di indossare quella nobile divisa…
– Ci avevo già pensato! rispose Eugenio trionfalmente. – Io credo che domani a sera noi saremo tutti e due provveduti della nostra camicia. Per la rappresentazione del mio dramma ne furono ordinate sei… Gli è l'ultima recita della compagnia… e i comici… tu mi intendi… non avranno difficoltà a cederci per poco danaro questa parte del loro equipaggio!
Carlo, per tutta risposta si gettò nelle braccia dell'amico, e indi a poco i due giovani si separarono coll'animo tripudiante di sublimi emozioni.
Quel giorno il Lanfranchi doveva pranzare cogli artisti della compagnia drammatica.
Verso le ore quattro, egli si recò dunque ad un modesto alberghetto a poca distanza dal teatro, dove era atteso dalla scapigliata comitiva.
Quando Eugenio pose il piede nella sala da pranzo, uno degli attori stava leggendo ad alta voce in un foglio teatrale, giunto quella mattina da Milano la seguente notizia:
«Le compagnie drammatiche hanno fornito all'armata dei volontari italiani un numeroso contingente. Fra i molti che disertarono dall'arte per militare sotto le insegne gloriose si citano gli attori: Francesco Benincasa ed Enrico Brissoni, Pagani, Belli-Blanes, Schmit, Lavaggi, De-Martini, Bozzo, Pesaco, Mazzoni, Bajesi e Bisi. A questi voglionsi aggiungere Tito Taddei e Napoleone Straccia, G. Mozzidolfo, Carlo Zannini, Luigi Mazzoli ed Antonio Bellotti. Anche dal Circolo Ciniselli di Milano è disertato il fratello di Achille Majeroni. Quest'ultimo ha già dato un figlio al contingente dell'esercito. I grandi esempi di Gustavo Modena non andarono perduti. Questa eletta generazione di artisti che crebbe alla scuola dell'attore insuperabile, doveva necessariamente ispirarsi alle tradizioni patriotiche lasciate da lui.»
– Viva Gustavo Modena!
– Viva gli artisti italiani!
– Viva la guerra!
– Viva l'Italia!..
Tali furono i gridi che proruppero dalla comitiva, appena terminata la lettura di quel breve articolo.
– Eh! sicuro… il giornale ha ragione! – disse la madre nobile con sussiego – tutto quel poco di buono che ci resta nell'arte… e nella politica… è tutto opera di lui… Povero Gustavo!.. E dire che l'Italia non ha pensato ancora ad erigergli un monumento!.. Ma gli era troppo grande quell'uomo… e certa gente che so io… ha perfino paura della sua ombra!
– Ma pure – sorse a dire il caratterista – anni sono si era aperta una soscrizione all'ufficio di non so qual giornale di Milano… ed io so di aver versato cinque lire…
– Cinque lire…! c'era ben altro che cinque lire nella cassa…! – entrò a dire un altro comico – la sommetta era abbastanza tonda… ma poi… chi ne ha saputo qualche cosa? Dove è andato a finire quel denaro? – Indovinalo grillo!.. Si sono fatti dei monumenti per certi zucconi… Basta! Lasciamo là queste storie! Povera Italia! Povera arte! Ma lui, non era cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, il povero Modena!
– Ci vuol altro che innalzare dei monumenti! – esclamò il secondo brillante della compagnia – bisogna imitare gli esempi che i grandi ci hanno trasmessi!.. Quel giornale, ove sono registrati i nomi dei nostri colleghi d'arte già partiti per il campo, quel giornale ci insegna la via che noi tutti dovremmo seguire!
A questo punto due giovani attori che sedevano vicini in un angolo della tavola, si scambiarono una occhiata di intelligenza.
– Basta! farà ciascuno ciò che gli piace meglio! disse il capocomico. – Domani sera finiscono le recite… e per ora io non ho stipulato verun contratto, nè saprei dove recarmi a dare delle rappresentazioni. Frattanto parliamo d'altro… Se non mi inganno, sarebbe ora che ci servissero da pranzo… Ci siamo tutti?..
– Non manca che il primo amoroso…
– È strano!.. Cherubini non si fa mai aspettare all'ora del pranzo – disse il capocomico… Ma eccolo! Mettiti al tuo posto, Cherubini! La compagnia è completa… Signor oste, voi potete servire la minestra!
Il Cherubini, appena entrato nella sala, erasi avvicinato al poeta per domandargli non so quale avviso sul modo di abbigliarsi, nella nuova produzione. Finito quel breve colloquio, egli andò a sedere presso la prima donna, e mentre il direttore della compagnia dispensava la minestra:
– Signori e signore – prese a dire – scommetto che questa volta io sono il primo a darvi la grande notizia!
– Una notizia! sentiamo! – esclamarono tutti ad una voce.
– E quale!.. Si vuole nientemeno… Ah! il signor poeta dovrà essere ben soddisfatto di quanto io sono per dire… Si vuole nientemeno che Garibaldi abbia lasciato Caprera…
– La bella novità!.. Il Pungolo l'ha già data non meno di dieci volte… Io non crederò che Garibaldi sia realmente partito da Caprera se non quando l'avrò veduto coi miei proprii occhi!
– Ebbene: se altro non vi abbisogna per rimanere convinti, non avrete che a recarvi domani alle due pomeridiane presso la stazione della ferrovia, e di là vedrete passare il generale che si reca col suo stato maggiore a visitare i depositi di Como e di Varese.
– Egli!..
– Garibaldi!..
– Domani!
– Egli… Garibaldi… domani… Alle due pomeridiane e cinque minuti sarà visibile alla stazione, dove probabilmente si arresterà un quarto d'ora.
Tutti i volti si animarono come se una favilla elettrica avesse percorso la comitiva. Quelle mascelle da comici atrocemente fameliche sostarono improvvisamente in segno di stupore e di venerazione. Le guancie degli attori più giovani impallidirono. Il brillante mormorò delle parole incomprensibili – i due, che poco dianzi si erano scambiati delle occhiate di intelligenza, questa volta si parlarono all'orecchio e parvero accordarsi in una mutua promessa.
– A costo di passare attraverso le inferriate, questa volta nessuno mi torrà di vederlo – esclamò la madre nobile che era una grassona di sessant'anni.
– Darei l'intiero prodotto della mia benefiziata di domani pur di accostarmi al suo vagone e baciargli la mano! – soggiunse la prima donna.
Ciascuno esprimeva il proprio entusiasmo con quel frasario iperbolico che è proprio degli artisti da teatro. Durante il pranzo uno solo fu il tema della conversazione. Il nuovo dramma fu obliato completamente – il poeta, gli attori, il padrone dell'albergo, i camerieri, i guatteri, il mozzo di stalla non ripetevano che un nome. Nelle sale, nella cucina, nel cortile, tutti i cuori e tutti i labbri inneggiavano ad un uomo.