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I Volontarii Italiani
EPILOGO
II

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Quella notte – la notte del 19 luglio – un lugubre drappello scendeva per la vallata. Erano tedeschi usciti dal forte di Ampola. La fortezza aveva ceduto alla prepotenza delle nostre artiglierie, e mentre i garibaldini vincitori bivaccavano sul baluardo espugnato, i prigionieri e i feriti, scortati da poche Guide, erano condotti al villaggio di Storo. La valle era tetra. – Quei soldati, scendendo pel sentiero tortuoso, parevano una processione di spettri. La voce dei garibaldini, che cantavano sulle ripide alture per ingannare l'appetito, giungeva sinistramente fioca all'orecchio di quei poveri prigionieri stanchi ed attoniti. La monotona cadenza dei passi e qualche favilla di zigaro accennava che quei lugubri viaggiatori erano individui della specie umana. La retroguardia si formava di cinque carrette, sulle quali, affratellati dalla sorte comune, parevano abbracciarsi i feriti dell'uno e dell'altro campo.

– Come va, capitano? chiese una delle Guide, accostandosi col suo cavallo ad una delle carrette di ambulanza.

Un lamentevole singulto fu l'unica risposta.

– A momenti giungeremo a Storo, soggiunse la Guida.

E il ferito, riprendendo coraggio da quella promessa – Vi prego, disse, di ricoverarmi nella prima casa che troverete, foss'anche un tugurio… una stalla… Io sento che poche ore mi restano da vivere…

– Coraggio, capitano!.. la vostra volontà sarà fatta… Vedo dei lumi a poca distanza… Io corro a prepararvi l'alloggio.

Ciò detto la Guida spronò il suo cavallo e in pochi minuti raggiunse il villaggio.

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