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PARTE II – LA MANO DI MALACHITE
Capitolo 11
ОглавлениеNotte del 10 Novembre 1160 (555 dall’egira) Balermus
Risolta con successo la pratica del gaito Luca, Amjad poteva adesso dedicarsi a quello che era sotto gli occhi di tutti, la sua umiliazione pubblica ad opera di Vittore. A ricordargli che la cosa andava risolta immediatamente ci pensò un tale Mahmud, ufficiale disertore dell’esercito di Guglielmo che si era avvicinato alla sedizione predicata da Amjad. Questi gli parlò a nome di tutti e gli disse che se lui non avesse sistemato la questione al più presto sarebbe stato estromesso da quella fratellanza e la cosa sarebbe stata risolta a modo loro. A Mahmud non importava un bel niente di Vittore e della reputazione dell’eunuco, tuttavia Naila conosceva i loro nomi e non poteva rischiare che questa parlasse ai cristiani per consegnarli tutti ad una sicura condanna a morte. Amjad lo sapeva… per quelli come Mahmud spezzare il collo delicato di una giovane donna era un gioco semplice. Doveva agire prima che quelli impugnassero la questione. Ragionò di venire a capo del problema in una sola notte; avrebbe vendicato l’affronto di Vittore e fatto rinsavire la sorella dalla pazzia che l’aveva colta.
Parlò ad Alessio nella sala del Re e ancora una volta, facendogli false promesse e avanzando fantasiosi pericoli, lo convinse ad armare il suo braccio contro Vittore. Tuttavia Amjad si era accorto che il maestro d’arte fosse più credulone e ingenuo che spregiudicato e cinico, qualità indispensabili per un assassino… e che dunque, se era riuscito a far fuori il gaito Luca, per certo avrebbe potuto ben poco contro l’uomo del porto. Ragionevolmente l’eunuco avrebbe dovuto assoldare qualcun altro, qualcuno dallo spirito più fermo. Si presentava nondimeno l’occasione per risolvere i problemi collaterali scatenati dall’assassinio del gaito Luca. Alessio infatti era stato visto in viso da Majone e questo costituiva la più temibile delle minacce. Amjad doveva liberarsi di Alessio e della possibilità che tramite questi giungessero a lui. Doveva tagliare tutti quei fili che portavano al suo nome, eliminando necessariamente ogni testimone. Se Alessio avesse ucciso Vittore: bene… e se Vittore avesse ammazzato Alessio: poco male.
La notte del dieci Amjad accompagnò il mosaicista greco presso la casa di Vittore. Dopodiché, accertatosi che l’assassino non avesse sbagliato porta, si dileguò intento a compiere la seconda parte del suo piano. Prima che il crimine che stava per consumarsi presso la piazza del porto generasse confusione per le vie di Palermo, Amjad corse all’abitazione di Naila.
Una carrozza trainata da due cavalli giunse davanti la casa della giovane nel momento in cui Amjad bussò per la prima volta alla porta. Lo scambio di sguardi col cocchiere indicava che costui era lì per volontà dell’eunuco.
Aprì la serva e questa, con grande sorpresa, esclamò:
«A quest’ora della notte, mio Signore? Dev’essere successo qualcosa!»
«La signorina dorme?»
«Dorme, com’è normale che sia.»
Dunque Amjad spinse la porta ed entrò.
Ad ogni modo i toc toc avevano svegliato anche Naila e questa ora se ne stava pochi passi alle spalle della serva, vestita degli abiti della notte.
«Amjad, fratello mio, ho provato a cercarti ogni giorno per tutti questi giorni.» esordì Naila con uno strano gioco di parole.
«Prendi il mantello e andiamo!» ordinò perentorio lui.
«Dev’essere successo qualcosa se vieni a trovarmi nel cuore della notte.»
«È successo che devo aver cresciuto una prostituta!»
La serva, che non aveva mai sentito il padrone rivolgere parole di disprezzo alla sorella, ne risultò terrorizzata. La luce della candela retta dalla donna della servitù fu subito tremolante, così come il polso di chi la reggeva. Il viso pulito di Naila, ancora morbido e da bambina, produsse ora un’espressione di dolore.
«Parli così per via di Vittore… lo so.» comprese ed ammise Naila.
Presto Amjad le mollò uno schiaffo.
«Non pronunciare il nome di quell’infedele!» gridò anche.
Lei si resse il viso tra le mani e prese a piangere.
«È così grave che io mi sia imbattuta in qualcuno che desidera prendersi cura di me?»
Amjad la guardò deluso e rispose:
«Avevi già chi si prendeva cura di te.»
«Tu e la tua gelosia, Amjad! Non ho sostituito il tuo amore con quello di un altro.»
«Non darmi lezioni, Naila! Voi donne il tradimento lo portate nel cuore e mascherate il vostro male con questa stupida parola: amore.»
Naila alzò il tono della voce e insistette:
«Io non ti ho tradito, Amjad! Si rimane fratello e sorella anche quando si finisce tra le braccia di un estraneo.»
«Noi eravamo più di un fratello e una sorella, lo sai. Quante volte ci giurammo fedeltà… quante volte!»
«Erano le promesse di una ragazzina, Amjad… una ragazzina che conosceva ancora solo l’amore del miglior fratello del mondo.»
«Io non avrei mai tradito quel giuramento.»
«Tu, Amjad, non avresti potuto… Oggi, però, non puoi gettare su di me lo stesso biasimo con cui sei stato marchiato nel fisico. Sei tu l’eunuco Mattia… non io.»
«Un male che giurasti avresti portato insieme a me.»
«Ma io non ne sono stata in grado, non dopo aver conosciuto Vittore. Perdonami, Amjad… perdonami!»
Adesso, comprendendo che le ragioni di quell’amore non si potevano scardinare con i sensi di colpa, l’eunuco del Re cambiò argomento e chiese:
«Hai detto delle nostre riunioni a quell’infedele?»
«No, non sono così stupida.»
«Perché allora mi hai mentito riguardo a questo luogo?»
«Per non mettere in difficoltà te e i tuoi amici quando avreste scoperto che frequentavo un cristiano.»
«Ciò che paventavi è realmente successo.»
«Lo so, ed è per questo che questa notte mi chiedi di lasciare questa casa.»
«Per questo e perché comprendo che sei cresciuta troppo per tenerti ancora a bada. È stata colpa mia se ti sei infatuata di quel pescivendolo. Io ho creduto che per te, Naila, non arrivasse mai la primavera, ma mi sbagliavo. Sei come tutte le altre e la stagione della monta non ti ha colta impreparata… Tuttavia, sorella, sai bene cosa succede quando una bestia di razza viene lasciata libera durante l’estro… Rischia di incrociarsi con bestie selvagge e indegne. Perciò ti ho combinato la cosa, affinché il sangue della nostra stirpe non venga insozzato da quell’essere selvaggio e indegno.»
«Il tuo discorso vale per le bestie… non per gli esseri umani. Non sposerò nessuno che non sia Vittore!»
«Per darti all’apostasia?»
«Quante figlie di rispettabili credenti hanno cambiato la lingua in cui pregano Dio in nome della convenienza? E in questa terra ci si sposava tra islamici e cristiani anche quando comandavano gli emiri. Me lo hai detto tu, Amjad.»
«In Sicilia i fedeli degni e convinti sono stati sempre troppo pochi… Quell’uomo ti ha già deviata, poiché sai bene che non è una questione di lingua. Tu bestemmi!»
«Tu stesso, fratello, compari davanti al Re indossando una croce d’oro e presenzi a tutte le feste dei cristiani per dare una parvenza di devozione.»
«Non ho scelto io di essere Mattia… prego tuttavia cinque volte al giorno, poiché il canto del muezzin48 lo sento nell’anima.»
«E perché allora io non posso fare lo stesso, praticare nel segreto ciò che non do a vedere sotto il sole?»
«Perché tu puoi scegliere!»
«È l’amore che mi costringe.»
«Perciò ti ho data ad un uomo che sappia attenuare i tuoi bollori.»
«Non mi muoverò da questa casa, Amjad; Vittore è già l’uomo di cui parli! Rinnegami davanti ai tuoi amici, se questo serve a cancellare la vergogna che ti ho procurato, ma non costringermi a nulla. So bene quello che è successo sabato al mercato. Vittore mi ha promesso che si scuserà pubblicamente non appena avrà modo di rincontrarti.»
Dunque Amjad sorrise e, colto da una strana soddisfazione, spiegò:
«Quel venditore di gusci di cozze potrebbe essere già morto a quest’ora.»
Naila rimase di pietra. Il volto del fratello improvvisamente cambiò i suoi connotati. Per la prima volta Naila vide un Amjad diverso, un uomo che giudicò semplicemente “malvagio”.
Disperata cercò di passare oltre il fratello e oltre la porta, presumibilmente per correre verso l’uomo che amava. Amjad però la trattenne e, mentre lei si dimenava e gridava, ordinò alla serva di salire in carrozza e al cocchiere di accorrere per dargli manforte. Alla fine Amjad la spuntò. Naila venne domata per mezzo di un abbraccio soffocante, lo stesso gesto che, figurativamente, per tutti quegli anni le aveva impedito di staccarsi dalla morbosa ossessione del fratello.
Dopo non molto la carrozza si trovò a passare per la porta di Sant’Agata. Qui alcuni uomini armati di torce e spade intimarono al cocchiere di fermarsi. Amjad comprese subito che non si trattava di guardie reali e temette l’agguato e la rapina. Sapeva di dover agire con naturalezza, seppure di naturale lui avesse ben poco, essendo chiaramente un ricco eunuco al servizio di Sua Maestà.
Due di quei ceffi aprirono la portiera e fissarono dentro, soffermandosi per mezzo di una lampada sul viso di ognuno. Dunque, accorgendosi che tra i passeggeri non vi fosse chi cercavano, persero l’interesse che dapprima avevano manifestato.
«Sono stata rapita e costui è il mio rapitore!» urlò Naila un attimo prima che quelli chiudessero la portiera.
Perciò uno di quei due, un biondo giovane che aveva le sembianze di un nobile, tornò ad avvicinarsi e chiese ad Amjad:
«È vero quanto dice questa fanciulla?»
«Ella è mia sorella… e sì, Signore, l’ho costretta a seguirmi controvoglia.» spiegò con impareggiabile calma Amjad, consapevole che la verità fosse la cosa più saggia da dire.
«Perché?» domandò di nuovo quello.
«Intende sposare un uomo che non è al pari del nostro lignaggio.»
«Non è vero, Signore… egli non è mio fratello!» sostenne ancora Naila.
Il tizio allora fece segno all’altro di tenerli d’occhio e andò a consultarsi con un’altra figura che si muoveva nell’ombra della notte. Si avvicinò dunque quello che doveva essere il capo, un nobilotto pressoché trentenne che brandiva determinato la sua spada.
«Siete uno degli eunuchi?» chiese.
«Sì.» rispose Amjad, gonfiandosi nel frattempo il petto per mettere in bella mostra il grosso crocifisso che portava al collo.
«Un eunuco del Re che rapisce una giovane donna… Per farne cosa? Per il denaro di cui già è ricco? Per il sollazzo per il quale non possiede nessuna voglia e potenza?» fece riflettere l’ultimo giunto al suo sottoposto.
«Dove siete diretti?» chiese poi questi ad Amjad.
«A Platia49.»
E dunque intervenne l’altro:
«Intendete scollinare i monti con questo mezzo? La strada per Platia diventa per molti tratti impraticabile.»
«Sbriglieremo i cavalli e proseguiremo in sella.»
«Da chi portate vostra sorella? Conosco tutti a Platia.»
Amjad sapeva che non poteva rivelare il nome del saraceno a cui avrebbe concesso la mano di Naila, non dopo aver mostrato il crocifisso.
«Dalle monache! Dove sennò?» intervenne nuovamente il capo, togliendo Amjad dal pericolo.
«La carrozza ci intralcia il passaggio e la visuale… Andate pure!» liquidò spazientito sempre colui che era sopraggiunto per ultimo.
Naila, delusa e spaventata, non disse più nulla. Amjad, invece, non appena ripresero il cammino, fece:
«Mi spezzi ancora una volta il cuore, sorella. È anche per questo che non posso avere pietà. Consiglierò al nostro amico di ammansirti con la verga e con la frusta, per darti quella disciplina che mi rammarico di averti negato.»
48
Muezzin: la persona incaricata al richiamo dell’adhān dalla cima del minareto nelle ore del giorno in cui cadono i cinque ṣalāt.
49
Platia: antico nome dell’attuale Piazza Armerina in provincia di Enna, città famosa per gli straordinari mosaici romani conservati nel vicino sito archeologico. La Platia medievale sorgeva a pochi chilometri dalla sua collocazione attuale.