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PARTE I – PORFIDO ROSSO SANGUE
Capitolo 4

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7 Novembre 1160 (Anno Mundi 6669), Balermus, Palazzo Reale


Passati due soli giorni Mattia entrò nella sala e, mentre Alessio ed altri tre operai se ne stavano sull’impalcatura, urlò:

«Mastro Alessio, venite giù!»

Ci volle qualche minuto prima che l’abile maestro d’arte si calasse fino al pavimento.

«Giordano di Rossavilla!» esordì l’eunuco.

Alessio si stranì in viso; era più il disgusto che provava per quel nome che la sorpresa per la scoperta di Mattia.

Onesimo si avvicinò curioso. Sapeva benissimo quali fossero i sentimenti del suo mentore nei confronti della persona in questione.

Alessio diede quindi le spalle all’eunuco e cercò un pretesto per troncare lì quella conversazione. Prese in mano la cazzuola sporca di malta e si mise a ripulirla con un altro arnese identico.

«Come può esservi utile conoscere il nome della persona che mi ha rovinato?» chiese sempre Alessio, trovando il coraggio per affrontare l’argomento.

«Egli trattiene pure vostra figlia.» rispose Mattia.

«Questo lo sapevo anche prima che salpassi per questa terra.»

Dunque l’eunuco, entusiasta, prese per il braccio Alessio e lo accompagnò fino alla balaustra della loggia. Da lì era possibile vedere tutta Palermo.

«Quel palazzo laggiù, quello con le merlature presso la via Marmorea; lo vedete?»

«Lo vedo.»

«È lì che abita il vostro nemico, ed è lì che se ne sta anche la vostra Zoe. In vita vostra non vi è mai stata così vicina! Io ci sono stato giusto stamattina.»

Alessio si voltò e, afferrando per le spalle l’uomo del Re, gli chiese:

«L’avete vista?»

E Mattia, sorridendo:

«È una donna splendente!»

«Descrivetemela, vi prego.»

«Occhi azzurri come i vostri e capelli lunghi e profumati. Vi somiglia molto… È così bella!»

Alessio piangeva mentre l’altro gli parlava di Zoe.

«Le avete parlato?»

«Oh no… non è stato possibile parlarle. Mi è stata descritta da un uomo che mendica da quelle parti e io ho aspettato che si affacciasse sugli scaloni dell’ingresso per vederla.»

Alessio abbracciò Mattia e gli disse:

«Ve ne sono grato, mio Signore!»

«Quando riuscirò a parlarle, le dirò di voi.»

«No, non fatelo! Non voglio che sappia che questo condannato a morte sia suo padre. Però, se davvero volete farmi piacere, continuate a portarmi sue notizie. Io guarderò da oggi in avanti le merlature di quel palazzo, immaginandola secondo la vostra descrizione.»

Così Mattia si conquistava la fiducia di Alessio ed instaurava nel suo cuore quel tipico senso di gratitudine che assoggetta gli uomini sinceri a chi è datore di bene.

«Maestro, sembra che a quell’eunuco gli stiate a cuore.» commentò Onesimo, vedendo Mattia andarsene.

«Vedi quelle merlature laggiù, ragazzo?» indicò Alessio, interrompendo il più giovane.

«Le vedo.»

«Devi fare una cosa per me. Va’ fin lì e informati se quel palazzo è davvero quello di Giordano di Rossavilla.»

«Non vi fidate dell’eunuco?»

«In vita mia non ho mai ricevuto del bene disinteressato e intendo valutare se costui è sul serio un’anima sincera e pura come dice.»

«Vi ha fatto il nome di Giordano di Rossavilla benché voi non glielo aveste detto; perché pensate che vi stia mentendo?»

«Non lo penso, desidero solo accertarmi del contrario. E poi il nome di quel farabutto non sarebbe difficile scoprirlo, visto che è colui che mi ha accusato dell’omicidio del giudeo.»

Lo stesso pomeriggio Onesimo andò e tornò dal palazzo indicato da Mattia e diede conferma circa l’effettiva proprietà di Giordano di Rossavilla, ovvero il nobile che aveva testimoniato contro Alessio e che tratteneva Zoe. Adesso il maestro d’arte non aveva più motivo di dubitare di Mattia e attribuì l’interesse nei suoi confronti ad una forma di attrazione verso la figura di uomo-padre che lui rappresentava.

Venne tuttavia presto il momento in cui la fiducia e la gratitudine di Alessio nei confronti di quell’uomo dovette essere provata.

Il 7 di novembre Mattia si presentò con le stesse dinamiche della prima volta. Il rumore della chiave nella serratura svegliò Alessio e questi immaginò che fosse proprio l’eunuco. Il servitore del Re aveva alcuni graffi sul collo e i vestiti strappati in più parti, inoltre piangeva e si copriva la bocca come farebbe un bambino che ha subito un’ingiustizia e intende trovare conforto nel genitore.

«Cosa vi è capitato?» chiese Alessio, mettendosi in piedi e porgendogli una spalla.

Lo fece poi accomodare e gli porse dell’acqua.

«Parlatemene, vi prego.» lo esortò ancora.

«Il gaito23 Luca, è stato lui a ridurmi così.»

«Chi sarebbe costui?»

«Uno degli eunuchi del Re la cui parola vale molto a Palazzo.»

«E perché l’avrebbe fatto, figliolo?»

«Perché ho rifiutato di sottostare alle sue angherie.»

«Di cosa state parlando?»

«È dalla mia tenera età che il gaito Luca si approfitta della mia fragilità… e io ho sbagliato a crederlo come un padre e a fidarmi delle sue carezze.»

Alessio comprese quale sorta di storie scabrose si consumassero tra le mura del Palazzo. Si chiese come un eunuco potesse abusare sessualmente di qualcun altro, ma trattenne la sua curiosità pur di non scoprire la vergogna di quegli uomini.

«L’avete rifiutato?»

«Sì, e lui ha reagito così perché non era mai successo che lo respingessi… Ma, credetemi, non potevo acconsentire dopo quello che ho scoperto.»

Dunque Mattia avvicinò il viso e disse a bassa voce:

«Cose pericolose… cose che vi riguardano!»

«La gente dovrebbe smetterla di interessarsi di me, piccolo e insignificante uomo quale sono! Parlate! Cos’altro succede che dovrei sapere?»

«Prima prendete questo.» invitò Mattia, porgendo sulla mano di Alessio un nastro azzurro.

«Cos’è?»

«Un nastro per capelli che ho raccattato dalla strada stamani, subito dopo che una bellissima donna l’aveva perso.»

«È di Zoe?» domandò concitato Alessio, stringendo il pugno e il nastro tra le dita.

«È il suo.»

«Voi ogni giorno mi rendete felice e turbato allo stesso tempo! Potessi io vederla passare anche da lontano…»

«Ve la porterò qui! Ma mi ci vuole tempo, Mastro Alessio…»

«Davvero lo dite?»

«Ve lo giuro! Tuttavia il gaito Luca minaccia anche voi oltre che me. Egli intende proporre il suo maestro d’arte per la messa in opera del mosaico della sala. Sapete cosa significa se la spunterà?»

«Ritornerei a Messina per continuare a marcire nelle segrete del carcere…» ragionò Alessio con lo sguardo perso nel vuoto ed il groppo in gola.

«E che ne sarebbe di Zoe? Proprio ora che sono riuscito ad avvicinarla…»

«Lasciatemi parlare con il logotheta Basilio. È lui il mio garante.» esclamò l’abile artista, mettendosi in piedi.

«No, no… Basilio può ben poco contro il gaito Luca. Se questi si è messo in testa di farvi cacciare è proprio perché odia il logotheta e intende screditarlo agli occhi del Re.»

«Mi usano per i loro intrighi di corte!»

«Ma voi… voi soltanto… potete fare ancora qualcosa.» disse con voce bassa e sobillante Mattia.

«Cosa può fare un povero prigioniero dinanzi alla malignità che intende ucciderlo?»

«Colpire d’anticipo! Per adesso solo io conosco le intenzioni del gaito Luca. Mettetelo a tacere prima che sorga il sole e si presenti al Re.»

Alla sua ultima frase l’eunuco accompagnò un gesto ben più esplicativo. Venne dunque fuori dalla larga manica di morbida seta una lama affilata.

Alessio parò le mani davanti a quell’arma e si voltò sdegnato.

«No… questo è troppo!»

Mattia allora prese a piangere e ribadì:

«Non capite che questa è l’unica possibilità di vedere vostra figlia? Vi farete ammazzare se non lo fate! Vi porteranno a Messina e non aspetteranno ancora molti giorni prima di appendervi al cappio. La vita del gaito per la vostra… E riscattate anche me dal peccato a cui mi conduce da anni quell’essere spregevole!»

«È per me o per voi che me lo chiedete?»

«I nostri interessi coincidono, Mastro Alessio, ed inoltre la vostra causa mi sta a cuore come se fosse la mia.»

«Fatelo voi!» respinse determinato Alessio.

«Il mio polso è debole e il mio cuore è tenero. Forse finirei per farmi soggiogare ancora una volta dai desideri di quell’uomo…»

«Al contrario di quello che si crede, io non ho mai ucciso nessuno.»

«E alla vostra Zoe non ci pensate? Non volete rivederla, fosse l’ultima cosa che farete?»

Alessio tornò a guardare il vuoto, pensieroso e confuso. Poi sbottò:

«Andatevene via da qui!»

E spinse Mattia fino al corridoio.

Alessio ansimava mentre richiudeva la porta e poggiava le spalle contro il muro. Nella penombra della candela si guardò perciò le mani, arnesi che in vita sua avevano solo creato e mai distrutto. Dunque, sollevando lo sguardo, si accorse che nella confusione il nastro per capelli era finito per terra nel bel mezzo della stanza.

«Mio Signore, concedimi le armi per combattere il male!» sospirò in una sorta di preghiera mentre fissava la volta a crociera.

«Credetemi, Mastro Alessio, non esiste altro modo per rivedere la vostra Zoe e al tempo stesso conservare la vostra vita.» fece Mattia da dietro la porta, avendo la certezza che l’altro se ne stesse appena oltre.

«Andate via!» urlò lo straniero.

«Non posso credere che preferiate morire e abbandonare per la seconda volta vostra figlia.»

Quindi Alessio aprì la porta e permise all’eunuco di entrare.

«Se avete tanto a cuore la mia causa, fatemi fuggire!»

«Voi chiedete la mia vita in cambio della vostra. Sono io il preposto alla vostra cura e verrei punito con la pena che spetta a voi se vi lasciassi andare.»

«Fuggite anche voi, venite con me e Zoe lontano da questa città.»

«E come prenderete Zoe con voi visto che con quell’uomo l’argomentazione del danaro non è bastata già tre anni fa?»

«Datemi l’arma che avete portato e la conficcherò nel cuore di Giordano di Rossavilla! Ad ognuno ciò che merita, e lui è meritevole di morte per aver pugnalato quel giudeo e per aver accusato me.»

«Dunque intendete uccidere un uomo… proprio quello che aborrivate poco fa.»

Alessio smise di parlare; la logica di Mattia era inconfutabile. Risultava così chiaro come niente più dell’odio possa motivare un uomo nel compiere il più nefando dei gesti compiuti contro il proprio simile.

Ancora Mattia spiegò:

«Se fuggirete capiranno senz’altro che siete stato voi e vi braccheranno… vi braccheranno e vi troveranno! Solo, in terra straniera… che mai intendete fare? L’efficacia delle guardie del Re è proverbiale perfino fuori dal Regno. Inoltre a me dareste la morte, poiché è impensabile che io venga con voi. Ho una sorella che vive tra il popolo, che amo più di ogni cosa e che dipende da me in tutto. Non posso lasciarla. Fate quello che dovete, ma tornate qui prima dell’alba.»

«Se mi è permesso uscire da questo palazzo, allora farò quello che devo solo contro l’unica fonte dei miei problemi.»

«Giordano di Rossavilla… Ma cosa ci avrete concluso? Domani il gaito Luca si farà ricevere dal Re e vi farà allontanare da Palermo. Avrete vendicato l’affronto ma non riabbraccerete Zoe. È il gaito che per ora dovete colpire… credetemi! Vi giuro che vi permetterò di allontanarvi dal Regio Palazzo una seconda volta per i vostri scopi. Un piacere per un piacere… liberatemi dal peccato e io vi aiuterò ad avere il cuore di Giordano di Rossavilla.»

«Voi avete già appieno la ricompensa per il vostro peccato, e la pagate con la corruzione del vostro corpo!»

«No, Mastro Alessio, è il gaito che mi conduce all’inferno… Lui è il Diavolo!»

«Se Dio permette l’esistenza del Male è perché sa che possiamo combatterlo.»

«Sì, e questa notte noi due possiamo combatterlo solo con questo…»

Ed ecco venire fuori dalla manica di nuovo la lama luccicante.

«Questo non è un peccato meno grave.»

«Mastro Alessio, Dio benedirà la riuscita della questione dandovi il segno che l’approva… ma se voi stanotte ve ne starete qui, domani sarà perduta ogni cosa.»

Alessio non valutò l’attimo in cui successe, ma improvvisamente si ritrovò a reggere quel pugnale sul palmo della mano.

«Troverete il gaito Luca a sorseggiare vino in una locanda; ve la indicherò, così che non potrete sbagliare. Adesso seguitemi!»

Come sospinto da una forza invisibile, Alessio andò dietro all’eunuco Mattia e, avanzando per i corridoi secondari, alla fine si ritrovò fuori dal Palazzo.

Com’è vero che non si può morire due volte, Alessio non temeva una seconda condanna da parte dell’uomo. Già accusato di omicidio, adesso era consapevole che avrebbe sporcato veramente le sue mani bagnandole nel sangue, e forse avrebbe ricordato l’operato di quella notte ogni qual volta avrebbe posato le tessere di un mosaico… quelle in porfido rosso che tanto amava. In passato con esse aveva rappresentato il sangue di Cristo, ma da adesso con esse avrebbe rammentato il suo peccato.

23

Gaito: dall’arabo qā’id, letteralmente “capo”, “leader”. Nella Sicilia normanna indicava i funzionari di Palazzo e i membri della Regia Curia. Di norma i gaiti erano musulmani convertiti al cristianesimo e poteva trattarsi di eunuchi. La parola entrò nella lingua latina come gaytus, volgarizzato gaito.

Le Tessere Del Paradiso

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