Читать книгу La donna fiorentina del buon tempo antico - Isidoro Del Lungo - Страница 13
NOTE
Оглавление1. Matteo Villani, Cronica, VII, LXIV.
2. Giovanni Villani, Cronica, VII, LXVIII.
3. Commentaires de messire Blaise de Montluc, mareschal de France; Lyon, 1593; pag. 176.
4. La donna; Milano, Agnelli, 1868; a pag. 41.
5. Lettere di una Gentildonna fiorentina del secolo XV ai figliuoli esuli pubblicate da Cesare Guasti; Firenze, Sansoni, 1877; a pag. XLIV: «Che le lettere familiari sono la prima fonte storica, è cosa nota; ma che nelle lettere delle donne sia riposta la storia più intima di un popolo, vorrei averlo mostrato io con questo volume». Lo stesso Guasti altrove (Opere; Prato, Succ. Vestri; I, 596) osserva che «gli storici fiorentini non sono molto larghi nel darci tipi di donna; ma quelle che ci mettono dinanzi agli occhi, son proprio degnissime di poema non che di storia.»
6. Giosuè Carducci, Alla regina d'Italia, XX novembre MDCCCLXXVIII. A pag. 858-860 delle Poesie, Bologna, Zanichelli, 1902. E in Confessioni e Battaglie, vol. IV delle Opere (Bologna, Zanichelli, 1890), a pag. 333-357, eterno Femminino regale. — Su l'uso e l'abuso, e la interpretazione critica, della frase goethiana «das Ewigweibliche» è da vedersi un bellissimo saggio di Michele Kerbaker, L'eterno Femminino e l'epilogo celeste nel Fausto di W. Goethe; Napoli, Pierro, 1903. «Per l'eterno Femminino, cioè l'eterna femminilità, nel senso più ovvio, chi non abbia riguardo al passo del Fausto, potrebbe intendersi la potente ed arcana attrattiva che la donna esercita sui sentimenti dell'uomo, mediante le speciali prerogative congenite alla sua complessione fisica e morale.» Ma dall'esame critico dell'epilogo celeste nel Fausto il Kerbaker conchiude, che quella «femminilità eterna» è «l'essenza stessa dell'indole femminile riguardata come una legge costante e provvidenziale della natura, in contrapposizione alla Mascolinità, e di cui la Beata Vergine, Madre di Dio e Regina dei cieli, è un simbolo». In quanto però la frase si presti, come s'è anche troppo compiacentemente prestata, a interpretazione astrattamente umana, non credo aver da pentirmi di quella che, in relazione col mio tema, a me venne fatto di darle: «idealità della donna, immanente nella storia».
7. Il canto XV, primo della trilogia fiorentina che il poeta svolge intorno alla figura luminosa del suo trisavolo Cacciaguida degli Elisei.
8.
Io mi volsi a Beatrice; e quella udio
pria ch'io parlassi, ed arrisemi un cenno
che fece crescer l'ali al voler mio.
Poi cominciai così....
XV, 70-73
Vincendo me col lume d'un sorriso
ella mi disse: Volgiti ed ascolta,
non pur ne' miei occhi è paradiso.
XVIII, 19-21
9. XV, 97-99 e segg.
10. Al geniale argomento appartengono: La donna genovese del secolo XV, di Carlo Braggio; Genova, dal Giornale ligustico, an. XII, 1885: — La donna nel Medio Evo a Venezia, di B. Cecchetti, Venezia, dall'Archivio veneto, an. XVI, 1886; e La storia di Venezia nella vita privata, di P. G. Molmenti, Torino, Roux, 1885: — gli studî di Lodovico Frati su La vita privata di Bologna dal secolo XIII al XVII; Bologna, Zanichelli, MDCCCC (dello stesso autore, anche La donna italiana secondo i più recenti studi; Torino, Bocca, 1899): — una Conferenza di Guido Biagi, La vita privata dei Fiorentini, fra quelle su La vita italiana nel Rinascimento; Milano, Treves, 1893 — una di Lodovico Zdekauer, La vita privata dei Senesi nel Dugento, e una di Eugenio Casanova, La donna senese del Quattrocento nella vita privata, fra quelle tenute dalla Commissione senese di Storia patria; Siena, Lazzeri, 1895-98; — La storia di Pescia nella vita privata, di Carlo Stiavelli; Firenze, Lumachi, 1903 — e nel libro La donna italiana descritta da scrittrici italiane in una serie di Conferenze tenute all'Esposizione Beatrice in Firenze (Firenze, Civelli, 1890), quelle specialmente di Maria Savi Lopez, La donna italiana nel Trecento; di Filippina Rossi Gasti, Le donne nella Divina Commedia; di Alinda Bonacci Brunamonti, Beatrice Portinari e l'idealità della donna nei canti d'amore in Italia.
11. Parad. XV, 130-135; XVI, 34-39.
12. G. Villani, IV, X,
13. G. Villani, IV, IX.
14. G. Villani, V, XXXVII. «Ma se nel 1209 accadde la venuta di Ottone in Firenze, il racconto è favola; chè.... diciannove anni avanti, Gualdrada e Guido eran congiunti, e fin dal 1196 avevano figliolanza»: nota il Guasti, Opere, I, 71. Ciò nonostante, il valor morale della gentile tradizione rimane intatto.
15. Parad. XXXI, 38-39.
16. Parad. XVI, 145-147.
17. Parad. XVI, 25.
18. Parad. XV, 97-99.
19. Dino Compagni, I, II.
20. Inf. XIII, 143-145.
21. «Allora lo romore fue grande; e fue messo in una bara, e la moglie istava nella bara, e tenea il capo in grembo fortemente piangendo; e per tutta Firenze in questo modo il portarono». Cronica fiorentina compilata nel secolo XIII; a pag. 234 del vol. II, P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze; Firenze, Sansoni, 1894.
22. Manzoni, Adelchi, IV, I.
23. G. Villani, VI, LXIX; Cronica malispiniana, CLXIV.
24. Dino Compagni, II, XXIX.
25. G. Villani, l. c.
26. Una di quelle «doti isfolgorate» di lire dugento, sappiamo oggi essere stata la dote che la Gemma di messer Manetto Donati portò a Dante Alighieri. L'illustratore di questo Nuovo Documento concernente Gemma Donati (U. Dorini, nel Bullettino della Società Dantesca italiana, N. S., IX (1902), fasc. 7-8, pag. 181-184) ha potuto sopra altri documenti fiorentini consimili rilevare che fra il 1276 e il 1316, sopra sessantasei doti, dieci vanno dalle 50 alle 200 lire o poco più, quattordici dalle 250 alle 500, quindici dalle 500 alle 700, tredici dalle 700 alle 1218, sei da fiorini 100 a 300, otto da fiorini 300 a 560. E si seguitò per questa via. Guido Biagi ha pubblicato (per nozze Corazzini-Brenzini; Firenze, 1899) Due corredi nuziali fiorentini (1320-1493), da un libro di Ricordanze dei Minerbetti, istituendo confronti su «ciò che fosse la vita fiorentina e nei primi del Trecento, quando non era ancor fatta la roba, e sul declinare di quel secolo decimoquinto, in cui la squisitezza del gusto raffinava e ammolliva il costume». Nel matrimonio del 1320 la dote è di 325 fiorini d'oro, e 35 fiorini d'oro le «dónora» ossia il corredo. Nel 1493, fiorini 800 la dote, fiorini 240 le «dónora stimate» con altre assai non stimate, e poi per fiorini 340 di «cose consegnate e date» agli sposi dai genitori dello sposo. Un altro matrimonio, d'una Valori a uno Strozzi nel 1485, porta (Scritta di parentado ec. pubblicata da G. O. Corazzini per nozze Ciampolini-Magagnini; Firenze, 1894) fiorini duemila di suggello fra dote e dónora, delle quali segue la lista. Vorrei poter riferire quelle liste, preziosa testimonianza anche alla storia del costume. Consimili documenti di tempi ulteriori ha pubblicato Carlo Carnesecchi nel suo opuscolo Donne e lusso a Firenze nel secolo XVI. Cosimo I e la sua legge suntuaria del 1562; Firenze, Pellas, 1902.
27. Parad. XV, 112-120.
28. Vedi appresso, nel mio Studio su Beatrice.
29. Ottimo, III, 355 (Parad. XV, 103-105).
30. Vedi il mio libro Dino Compagni e la sua Cronica; Firenze, Succ. Le Monnier, 1880-87; I, 1113.
31. Vedi il citato mio studio su Beatrice; ed ivi anche ciò che concerne il matrimonio stesso dell'Alighieri con la Donati.
32. Le antiche rime volgari secondo la lezione del codice vaticano 3793, pubblicate per cura di A. D'Ancona e D. Comparetti; Bologna, 1875-1888; n.i DX, DXI, CMX. L'autenticità e realtà della «compiuta donzella di Firenze», che io, fin da quando (1887) scrivevo queste pagine, propendevo a sostenere contro gli assalti della critica dubitatrice, mi paiono ora validamente confermate nel bello Studio di Liborio Azzolina, La Compiuta Donzella di Firenze; Palermo, 1902; dove e quelle e altre (d'argomento amoroso) rime del Codice Vaticano ad essa comecchessia attinenti, sono esaminate con finezza di osservazione critica e con appropriata dottrina di storia e d'arte.
33. Cronica fiorentina cit. in nota 21 a pag. 235-236.
34. Parad. III, 108.
35. Commento alla D. C. d'Anonimo fiorentino III, 51.
36. Dino Compagni, III, X.
37. Parad. XVI, 112-114.
38. Pro coena maledictarum dominarum de Tosingis, riferisce il canonico P. N. Cianfogni (Memorie istoriche della basilica di S. Lorenzo; Firenze, 1804) essere intitolata, nel libro di Entrata e Uscita del Capitolo di San Lorenzo, sotto l'1 Maggio 1306, la spesa di quella imbandigione, «consistente in due capretti, due ventri di vitella, cinque paia di pollastri e altrettante di piccioni, un ventre di castrato, tre caci, otto dozzine e mezzo di pani, vino, frutte, pomaranci, treggea, spezie e lardo, colla spesa, in tutto, di otto lire, quattro soldi e sei danari» (vedi, qui subito appresso, il conteggio, di poco superiore, del Borghini). E poi lo stesso canonico Cianfogni soggiunge: «Chi fossero queste donne maledette, le quali dalla quantità delle vivande si vede che erano di un numero non indifferente, io non ho potuto rinvenirlo; siccome neppure si sa se questo fosse un obbligo del Capitolo, perocchè non vi sono libri anteriori, e dal 1307 fino al 1343 mancano tutti; e in quelli che seguono, di questa cena non se ne vede più fatta menzione». Io non sarei d'avviso che la cena fosse imbandita a donne, cioè non crederei che le «maledette» fossero le commensali e consumatrici: parecchia gente, osserva pure il Cianfogni, se si guarda la lista delle pietanze. Direi piuttosto che le «maledette» dessero, come di certo l'occasione e l'origine, così anche il nome alla cena; ma che questa poi fosse ammannita a tutt'altre persone che donne e Tosinghi, ma o a poveri o a religiosi, o altro che di simile: e ciò per un lascito nel cui titolo le «maledette donne dei Tosinghi» rimangono per noi un mistero. Mi capacita poco, che una casa come i Tosinghi, così fiera e burbanzosa e potente, volesse mandar le sue donne a quella periodica impinzatura di calendimaggio, accompagnata poi da quella amorevole denominazione. Peccato non usino più i romanzi storici, per ricamarvi un po' sopra! Il gran maestro di antichità fiorentine, Vincenzio Borghini (Autografi magliabechiani, X, 98, c. 57), pare vegga nella denominazione di «maledette» non altro che una imprecazione de' canonici all'indirizzo delle Tosinghe, seccati di dover tutti gli anni per cagion d'esse metter mano alla borsa e registrar quella spesa; imprecazione raccolta dal camarlingo, e sopravvissutaci in cotesta come motteggevole intestatura della partita: «Pro coena maledictarum dominarum de Tosinghis. Erano parenti del Vescovo, e dovevano farsi fare questa cena per piacevolezza: ma questi buon preti non ci avevano pazienza, chè spesono in tutto lire 8. 9. 10, che erano più di 3 lire delle nostre». Ma questa volta io non consentirei al maestro. In quel «maledette» della cena laurenziana commemorativa, mi par di sentire alcun che di consono al grido misterioso che aleggia fra gli alberi del sesto girone del Purgatorio dantesco: «Ricòrdivi, dicea, de' maledetti....»
È stato popolare in Firenze, fino ai dì nostri il «lunedì dell'unte», cioè delle tessitore, che era il penultimo, o l'antepenultimo, lunedì del carnevale, giorno di scialo per coteste donne dei nostri camaldoli, con tavole apparecchiate anche su la strada: e doveva essere antichissimo, quanto forse la cena (tutt'altra cosa) delle «maledette».
39. Parad. XV, 127-129.
40. Protocollo di ser Uguccione di messer Ranieri Bondoni, B. 2126 dell'Archivio antecosimiano dei Contratti, nell'Archivio fiorentino di Stato. A c. 130 t., 11 aprile 1304.
41. G. M. Brocchi, Le vite de' Santi e Beati fiorentini; Firenze, 1742-61; II, 339 seg. Vedi anche L. Santoni, Diario sacro ecc. con l'Elenco di tutti i Santi, Beati e Venerabili che sono nati domiciliati e morti in Toscana; Firenze, 1853; pag. 105. Piccarda, o col suo nome francescano suor Costanza, Donati è sotto il 17 ottobre. (La data de' «17 ottobre, a pag. 105» dell'Elenco di L. Santoni, è erronea. La vera è «17 dicembre, a pag. 128» del medesimo Elenco; dove anche altre cose, oltre quel doppione, sarebbero da raddirizzare.)
42. Questo concetto fermai in una iscrizione pel Centenario di Santa Margherita da Cortona (1897), che qui ripubblico siccome non aliena dal carattere del presente mio libro:
Coronazione di virtù miti in secolo feroce fu l'aureola della santità sulla fronte della donna medievale. Ma di eroica redenzione dalle abiezioni del peccato voluta e combattuta e vinta, ma di rivendicazione dello spirito immortale alla sua libertà, è confortevole simbolo anche nei mutati tempi la santità tua, o Margherita, o bella penitente, o consigliatrice di pace ai potenti del mondo, o iniziatrice di carità dagli abbienti ai poveretti; Maddalena dell'età fosca e luminosa, a cui Francesco ebbe nelle stigmate dell'amore universale rinnovato il dolce crocifisso Gesù.
43. Leggenda della beata Umiliana de' Cerchi; Firenze 1827; a pag. 23, 34, 94, 50.
44. N. Tommaseo, Lo spirito, il cuore, la parola di Caterina da Siena; premesso alle Lettere di lei (Firenze, Barbèra, 1860), a pag. CLXXXVI.
45. G. Villani, VI, XXXIII: Gino Capponi, Storia della Repubblica di Firenze; Firenze, Barbèra, 1875; I, 29-30.
46. G. Villani, VI, LXXIX.
47. G. Villani, VI, LXII.
48. Il sepolcro in chiesa nella cappella di San Matteo. La pietra (con lo stemma, e figurazioni guelfe, e la scritta Sepulchrum filiorum de Marignolle. A. D. MCCLVIIII. Restauratum A. D. MCCCCCV), che serviva di dossale all'altare (Richa, Chiese fiorentine, V, 73, 33-34), fu trasferita nel chiostro della Canonica, a man destra appena entrati, nel 1739 per cura degli Ubaldini novelli patroni della cappella. E così deve correggersi un accenno del Capponi, l. c.
49. Inf. X, 92.
50. Dramma ritratto con veracità d'arte possente, in una lirica del Tommaseo: a pag. 374-377 delle Poesie, Firenze, Succ. Le Monnier, 1872 e 1902.
51. Vedi nel mio libro Dino Compagni e la sua Cronica, II, 519.
52. Vedi nel citato mio libro, II, 457-58.
53. Statuti fiorentini, III, CLXXIX: «Di non contraere parentado co' conti Guidi e altri (conti Alberti, Ubertini, Pazzi di Valdarno, Ubaldini), e di pagare la gabella pe' contraenti matrimonio con alcuno Signore confinante col territorio fiorentino.... E coloro e' quali di tale matrimonio nascesseno, come bastardi a successione d'alcuno venire non possano, ma da la successione s'intendano per essa ragione schiusi, in quel modo ch'e' bastardi sono eschiusi.» Disposizioni che dai più antichi Statuti si veggono perdurare fino in quelli del 1415: ed erano spada sempre tagliente, sospesa sul capo delle famiglie ribelli; come ne danno pietoso esempio due gentildonne del primo Quattrocento: una Bardi negli Alberti, e una Alberti nei Corsini (vedi C. Carnesecchi, Madonna Caterina degli Alberti Corsini, Notizie inedite; nell'Archivio Storico Italiano, 1892, X, 116-122).
54. Dino Compagni, II, XXI; G. Villani, VIII, XXXV.
55. Dino Compagni, III, VII.
56. Dino Compagni, I, XXII: «In tal sera, che è il rinnovamento della primavera, le donne usano molto per le vicinanze i balli.» G. Villani, VII, CXXXII; VIII, XXXIX: «Ogni anno per calen di maggio, si faceano le brigate e compagnie di gentili giovani....; e simile di donne e pulcelle, ec.» G. Boccaccio, Vita di Dante, III: «Nel tempo nel quale la dolcezza del cielo riveste de' suoi ornamenti la terra, e tutta per la varietà de' fiori mescolati tra le verdi frondi la fa ridente, era usanza nella nostra città e degli uomini e delle donne, nelle loro contrade ciascuno, e in distinte compagnie, festeggiare.»
57. «Nell'anno 1283, del mese di giugno per la festa di San Giovanni, essendo la città di Firenze in felice e buono stato di riposo, e tranquillo e pacifico stato, e utile per li mercatanti e artefici, e massimamente per gli Guelfi che signoreggiavano la terra, si fece nella contrada di Santa Felicita oltrarno, onde furono capo e cominciatori quegli della casa de' Rossi con loro vicinanze, una compagnia e brigata di mille uomini o più, tutti vestiti di robe bianche, con uno Signore detto dell'Amore. Per la qual brigata non s'intendea se non in giuochi e in sollazzi, e in balli di donne e di cavalieri e d'altri, popolani, andando per la terra con trombe e diversi stormenti in gioia e allegrezza, e stando in conviti insieme in desinari e in cene. La quale corte durò presso a due mesi, e fu la più nobile e nominata che mai fosse nella città di Firenze o in Toscana; alla quale vennero, di diverse parti e paesi, molti gentili uomini di corte e giocolari, e tutti furono ricevuti e provveduti onorevolmente.» G. Villani, VII, LXXXIX.
58. Purg. XXIV, 50, 57.
59. Rime, ediz. Fraticelli, pag. 74.
60. Purg, XX, 70-75.
61. Dino Compagni, II, XIX segg.
62. Neri Strinati, Cronichetta; Firenze, 1753, pag. 115-116.
63. Istorie pistoiesi, pag. 1.
64. Franco Sacchetti, Nov. CLXXIX.
65. A pag. 49-51 di Dante ne' tempi di Dante, Ritratti e Studi; Bologna, Zanichelli, 1888. I particolari dalla Cronica di Marchionne Stefani, CCXVII.
66. Vedi qui appresso, La donna fiorentina nel rinascimento ecc.
67. Curioso inedito episodio di storia fiorentina, che io ebbi occasione di raccontare nel cit. mio libro Dino Compagni e la sua Cronica; I, 1086-88.
68. Purg. XIX, 85-90.
69. Monna Giovanna di Buonaccorso del Velluto, donna della Penitenza delle Vestite di Santa Croce, manda (14 maggio 1298) Michele del fu Orlando, servigiale delle monache di Monticelli, a stare per sei mesi nell'esercito del venerabile padre messer Bonifazio sommo Pontefice e di Santa Chiesa contro i perfidi (intendi, miscredenti) Colonnesi e qualsisiano altri inimici e rubelli di detta Chiesa e Pontefice; con riportare a suo tempo pubblico instrumento, o lettere sigillate papali, del servizio fatto e relativa indulgenza, lucrata per tal mezzo da essa monna Giovanna. Vedi il mio Commento alla Cronica di Dino, II, ii, 6.
70. L'episodio monastico di suor Margherita, dico quello della sfuriata profetica contro papa Bonifazio, è consegnato a un atto dei 23 maggio 1299, pubblicato da D. Moreni (Contorni di Firenze, VI, 77 seg.) che è fra le pergamene dell'Archivio fiorentino di Stato, insieme con altri (del 25 maggio e 23 luglio successivi) pur concernenti il bizzarro episodio. Dei contrasti poi, diciam pure politici, per la sua elezione a badessa nel 1291, ci dà i particolari un altro atto dei 5 gennaio di cotesto medesimo anno, e che è altresì, col corredo di altri, fra le pergamene dell'Archivio fiorentino. In quella elezione a badessa di suor Margherita, che succede a una Giovanna, le elettrici in numero di sette, convengono nel nome di suor Margherita, eccetto due, suor Petronilla e suor Giovanna, delle quali la prima dice che non vuol consentire in nessun nome, finchè non abbia l'assentimento del proprio padre e degli altri di casa sua, e perciò chiede dilazione; e suor Giovanna, parimente, dichiara di voler prima l'assenso degli zii. Gli scrutatori non l'accordano, protestando che la causa, per la quale le due monache fanno tale richiesta, è riprovevole e disonesta e contro il diritto e i buoni costumi. A dì 8 il vescovo Andrea dei Mozzi conferma l'elezione. Ho cercato inutilmente, a quali famiglie fiorentine appartenessero e suor Margherita e le due elettrici che, in nome e nell'interesse del respettivo parentado, facevano quelle eccezioni partigiane.
Nell'Archivio fiorentino di Stato (Sezione del Diplomatico) sono, oltre gl'indicati, anche i documenti dello sposalizio episcopomonacale, così di quello del 1301 come di altri.
71. Purg. XXIII, 98-111.
72. Folgore da San Gimignano; II, 194, dei Poeti del primo secolo; Firenze, 1816.
73. Vedi, nell'Appendice al mio Commento alla Cronica di Dino, la XVII.ª delle Note dantesche, pag. 624-27.
74. Iliade, lib. VI e XXIV. Eneide, II, 790-97, nella traduz. del Caro:
S'ode più dentro un gemito, un tumulto,
un compianto di donne, un ululato,
e di confusione e di miseria
tale un suon che feria l'aura e le stelle.
Le misere matrone spaventate,
chi qua chi là per le gran sale errando,
battonsi i petti, e con dirotti pianti
danno infino alle porte amplessi e baci.
75. Orlando furioso, XVII, 13.
76. Purg. XXIV, 106-111.
77. Purg. VI, 148-151.
78. Caterina della Bella, moglie di Galassino Castellani: esiliata col padre nel 1295, prosciolta dal bando nel 1317.
79. Vedi a pag. 66-73 del mio libro Dal secolo e dal poema di Dante, Altri Ritratti e Studi; Bologna, Zanichelli, 1898.
80. Vedi delle cit. mie Note dantesche la XVª Del ghibellinismo di Dante, pag. 604-610; e gli Atti della proscrizione dei Guelfi Bianchi, fra i Documenti al mio Discorso Dell'esilio di Dante; Firenze, Succ. Le Monnier,1881.
81. Purg. XXIII, 103-105.
82. G. Villani, IX, CCXLV.
83. G. Villani, X, XI.
84. Nel protocollo notarile di ser Lapo Gianni (Archivio antecosimiano dei Contratti, nell'Archivio fiorentino di Stato) occorre un atto dei 2 gennaio 1328, risguardante condottieri e milizie a soldo, intestato così: «Actum in ducali Palatio Florentie, presentibus testibus ecc.».
85. G. Villani, X, XI.
86. G. Villani, l. c.
87. G. Carducci, Rime antiche da carte di archivî; nel Propugnatore, vol. XXI (an. 1888), pag. 8.
88. Nov. CXXXVII: «Come le donne fiorentine, senza studiare o apparare leggi, hanno vinto e confuso già con le loro legge, portando le loro fogge, alcuno dottor di legge.»
89. Al 1306 mostrano risalire gli Ordinamenti intorno agli sponsali ed ai mortorî (P. Emiliani Giudici, Storia dei Comuni italiani, III, 149-170), in quanto si connettano con la istituzione fatta nel 1306 dell'Esecutore degli Ordinamenti di giustizia. E in un Consiglio del 1290 si discuteva dello «scrivere le vestimenta», cioè far l'inventario degli ornamenti femminili; e fra i consulenti era ser Brunetto Latini (Alla biografia di ser B. L. contributo di documenti per I. Del Lungo; a pag. 251-52 della Monografia di T. Sundby, tradotta da R. Renier, Della vita e delle opere di B. L.; Firenze, Succ. Le Monnier, 1884). Vedi poi la cit. Conferenza di G. Biagi, La vita privata dei Fiorentini, §§ VI, VII, pag. 100 segg.
90. Chi voglia gustare un saggio del bel volgare di quei documenti, può vedere i citati Ordinamenti intorno agli sponsali e ai mortorî, e altri Ordinamenti del 1388 pubblicati e illustrati da D. Salvi a pag. 221-237 della Regola del governo di cura familiare del beato Giovanni Dominici fiorentino; Firenze, 1860.
91. Scritti editi e inediti; Firenze, Barbèra, 1877; I, 409-410.
92. Da quell'Ovidio «delle donne» vedi curiosi saggi di psicologia femminile in alcune pagine del cit. mio libro su Dino Compagni ec., I, 418 seg.
93. Esempio insigne Fra Domenico Cavalca, Volgarizzamento della Epistola di S. Girolamo ad Eustochio (Roma, 1764), pag. 356: «Volendo per utilità di molte donne religiose e altre oneste vergini, e ancora molte altre persone che non sanno grammatica, recare in vulgare quella bella Pistola la quale San Girolamo mandò ad Eustochio nobilissima vergine di Roma, inducendola ad amare e ben guardare la santa verginità, e a bene renunciare lo mondo tutto; do ad intendere a ciascuno che legge, che ecc.»
94. Documenti d'Amore; Roma, 1640. — Del Reggimento e costumi di donna; Bologna, 1875. — Sulla precettistica femminile del Barberino, vedi qui appresso, pag. 81 segg. Il quesito circa «lo leggere e lo scrivere» è nella seconda delle indicate opere, a pag. 40-42.
95. Cronica domestica, secondo il titolo col quale io la ho preparata per le stampe sull'autografo, che si conserva presso i signori Velluti-Zati. Vedine notizia e saggi nel Manuale della letteratura italiana di A. D'Ancona e O. Bacci; vol. I (ediz. 1903), pag. 572-78. La edizione, unica sinora, fatta da D. M. Manni, fu condotta sulle copie, ed è difettosa per troppi rispetti, e improprio il titolo: Cronica di Firenze dall'anno 1300 in circa fino al 1370. Ai passi, che qui adduco di sull'autografo, corrispondono nella edizione del Manni le pagine 14, 25, 26, 36, 56, 132, 53, 129.