Читать книгу La donna fiorentina del buon tempo antico - Isidoro Del Lungo - Страница 8
ОглавлениеNon vi ricorda di Montecatini,
come le mogli e le madri dolenti
fan vedovaggio per li Ghibellini,
e' babbi e' fratri e' figliuoli e' parenti?
— o piuttosto alle vendette imperiali che nel 1312 Dante con gli altri Bianchi sperò e invocò da Arrigo VII sui Guelfi Neri.[73] È, a ogni modo, notevole in relazione col nostro tema, che anche per Dante, come per gli altri grandi interpetri dell'ideale umano, un disastro di guerra, un civile rovescio, si concretino, nella loro più dolorosa forma, in lutto e pianto di donne. Così presso Omero, le matrone troiane guidate da Ecuba veneranda sollevano con alti pianti le mani a Minerva; e nella morte di Ettore, ai lamenti della moglie e della madre e di Elena fatale, rispondono i gemiti di tutto il popolo; e nella caduta della città, sente, fra il crosciar delle armi e degl'incendî, il disperato gridar delle donne la pietosa anima di Virgilio;[74] a tenore delle cui imagini, nell'assalto di Rodomonte a Parigi,[75]
sonar per gli alti e spazïosi tetti
s'odono gridi e feminil lamenti:
le afflitte donne, percotendo i petti,
corron per casa pallide e dolenti,
e abbraccian gli usci e i genïali letti
che tosto hanno a lasciare a estranie genti....
Nell'Omero fiorentino del medio evo la figurazione è meno plastica, ma forse più potente; e la satira mesce nell'epica intonazione la sua stridula nota:
Ma se le svergognate fosser certe
di quel che il ciel veloce loro ammanna,
già per urlare avrian le bocche aperte;
chè, se l'antiveder qui non m'inganna,
prima fian triste, che le guance impeli
colui che mo' si consola con nanna.[76]
Se non che gli spiriti, al cui vaticinio confidava Dante i rammarichi e le ire dell'ingiusto esilio, non antividero che quella esaltazione di guelfismo, nella quale i Neri avevano trascinato il Comune, e da cui i più onesti e temperati fra i Guelfi, come esso l'Alighieri, avevano rifuggito, anche a costo di perder la patria; doveva ormai' quella esaltazione guelfa, rimanere durevol forma del concetto politico a cui avrebbe seguitato a ispirarsi, pe' suoi settant'anni di secolo XIV, il Comune democratico, e in quella la perpetua «inferma» dell'Alighieri «trovar posa in sulle piume» del letto suo doloroso.[77] Così fu; nè qui accade discorrerne le varie e molteplici cagioni: fatto sta, che la storia fiorentina del Trecento, nel cui ultimo scorcio l'oligarchia prevalse, non offrì quelle fortunose vicende di reggimenti e di fazioni, di disfatte e di esilî, di vincitori e di vinti, per le quali la continua mutabilità dello stato rese alla donna così procelloso e malfido il porto della famiglia durante il secolo XIII: dagli esodi alternati di Ghibellini e Guelfi fra il 48 e il 67, all'ostracismo di Giano della Bella nel 95 sbandeggiato co' suoi compresavi la figliuola Caterina;[78] dai disfacimenti vandalici di mezza la città sotto il piccone de' Ghibellini,[79] alle sillane proscrizioni bandite dai Guelfi Neri contro i loro stessi compagni di Parte condannati a divenire «ghibellini per forza».[80] Gli uomini del Trecento raccolsero da que' feroci contrasti la tradizione democratica artigiana, che atteggiò la vita interna del Comune a una progressiva espansione verso la plebe; espansione inefficacemente combattuta dalle Arti maggiori, e che fece capo al governo de' Ciompi: — ne raccolsero la tradizione guelfa francese, che in quello stesso secolo finì con l'attirare sulla libera città l'abietta e sconcia tirannide del Duca d'Atene, e dispose incorreggibilmente la Repubblica a una parzialità lusinghevole e pericolosa, i cui estremi danni sentì Firenze nel 1530, quando a ripararli non si era più a tempo: — ne raccolsero infine la sola forma di magistrato fiorentino che abbia avuta durata ferma, i Priori e il Gonfalonier di Giustizia, la cui insegna popolare piantata da Giano della Bella, trasmessa dall'una all'altra di quelle mani gagliarde, fu, dopo quasi due secoli e mezzo, il vessillo della patria nelle ultime battaglie della libertà.