Читать книгу La novellaja fiorentina - Vittorio Imbriani - Страница 5

Novella I.

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Indice

L'ORCO[1].

C'era una volta marito e moglie che avevano tre figliole: poeri poeri poi erano. Ma per mangiare dissero a una di queste bambine:—«Vai nel giardino dell'Orco[2] a pigliare un po' di cavolo.»—E una di queste bambine andiede a prendere il cavolo. Quando ha preso il cavolo si sente dire:—«Dove tu vai?»—«Se il babbo e la mamma»—dice—«m'hanno mandato a pigliare un po' di cavolo! Siamo tanto poeri!»—«Vien su; tu starai bene.»—Dice:—«O per via della mamma e del babbo no davvero!»—L'Orco insisteva perchè venisse. E poi la bambina salì su; e per la quale l'Orco gli dà tre palle d'oro, E la conduce a girare tutta la casa e gli dice:——«Padrona di tutto, fuori che di questa stanza.»—L'Orco va via dopo; e rimane la bambina e dice:—«Che ci sarà egli in questa stanza?»—Ah! la curiosità la spinge, l'apre: non c'era niente, gua', altro che un armadio. Ehn? L'apre, e gli va di sotto una di quelle palle, che gli aveva dato l'Orco. Disperata, più che la lavava, eh gua'! sempre l'istessa, anzi più brutta. Torna l'Orco. Dice:—Dove sono le palle che t'ho date?»—E la poverina le fa vedere.—«Ah briccona!»—dice l'Orco. La prende per un braccio e la butta di sotto da quest'armadino dov'era andata la palla. Non fa discorsi, che! Si vede che quest'armadio era un pozzo dove ci buttava l'Orco tutte le creature. Venghiamo a' genitori che mandano a cercare questa bambina per quell'altra sorella, disperati. E la chiama, chiama; il panierino c'era nel giardino, ma la bambina non v'era, perchè era morta, l'Orco l'avea buttata di sotto. Sentendo così chiamare e piangere, s'affaccia l'Orco e dice:—«Cos'hai, bambina?»—Eh la mia sorella,»—dice—«era mandata a prendere il cavolo...»—e gli fa tutta la spiegazione.—Vien su!»—gli dice l'Orco—: «tu starai bene.»—Gli dice l'istesso come aveva detto a quell'altra. Sta bambina la va su, già! E lui gli dà le stesse tre palle, come sopra, gli dice l'istesse parole:—«Padrona di tutto, fuori che di qui.»—Quando l'è andato via segue l'istesso: la si affaccia e gli cade la palla. Quella bambina era disperata più che mai; la piangeva; aveva pensiero de' genitori. E così tanto disperata si mette a lavare, e gli vien di su come a quell'altra, anche più inzuppata di sangue. E così l'Orco che torna e vede la palla peggio:—«Oh! briccona!»—gli fa:—«Vieni! vieni!»—La prende e la butta di sotto come quell'altra, nell'istesso dove le aveva detto che non ci andasse. Veniamo ora parimenti a' genitori: disperati gua'! Mandarono l'ultima bambina:—«Vai te a farci questa carità; a sentire quel che n'è delle tue sorelle.»—La va nel giardino, la trova i panierini, ma le bambine non ci erano. Si mette a urlare: la le chiamava per nome. S'affaccia l'Orco e gli dice:—«Che vuoi? Vien su: tu starai bene.»—Questa bambina:—«Ah! non ci sarebbe male! C è il babbo e la mamma inconsolabili di dolore che urlano! Ah bisogna che vada a casa.»—«Vien su!»—dice—: «tu starai bene: poi ti manderò a casa.»—Questa bambina la sale. E gli dà le solite tre palle d'oro, e dice:—«Padrona (come ti ho detto) tu vedi, di tutto; fuori che di questa stanza.»—Ma quando l'Orco è andato via, questa bambina che era più furba, la prende le palle e le ripone prima di entrare nella stanza. Era più furba delle sorelle e la seppe fare. L'apre la stanza e dice:—«Sciocco! o che c'è in questa stanza?»—E vede quest'armadino; la l'apre e sente:—«Oohn! oohn!»—«Chi c'è»—dice—«costaggiù?»—«Siamo due bambine!»—dice.—«Ci han mandato il babbo e la mamma a prendere il cavolo!»—Le fanno tutto.—«E l'Orco ci ha chiamate, ci ha date tre palle, e una la c'è caduta affacciandoci. E lui quando è torno che ha veduto sciupata la palla, ci ha buttato di sotto.»—Ahn poverine!»—dice—«Voi siete le mie sorelle! Ahn poverine!»—Disperata, cerca delle funi, perchè queste bambine s'imbrachino e la le tira su. E così che lei dopo la le mise in una stanza segregata, che l'Orco non se n' avvedesse. La gli prepara da mangiare, la le custodisce e poi lei la vien via. Prende le sue palle e si mette ad aspettare l'Orco. E così l'Orco che torna:—«Dove sono le palle?»—«Eccole!»—dice.—Oh brava!»—dice—«Ora ti voglio bene. E starai sempre bene.»—Dunque tutti i giorni lui andava fuori e lasciava lei sempre. E lei, l'andava a custodir le sue sorelle. Venghiamo un giorno. Gli dice l'Orco:—Tu non sai? Io non mojo mai.»—Lascio dire che dolore ha la ragazza. Come aveva da fare ad andare da su' padre e con quelle sorelle? Ma non gnene diede a divedere all'Orco.—«come mai?»—dice.—«Perchè la mia anima è in un guscio d'ovo[3].»—Lei ha dolore, ma non lo mostra: ed invece lei la gli dice:—«Oh bella cosa che voi non moriate mai! Quanta felicità per me!»—Un giorno la si mette malinconica, senza mangiare, senza far niente.—«O cos'hai?»—dice l'Orco—«che non mangi?»—«Ho quel ch'i' ho. Voi mi dicesti che voi non morite mai. Ma non è possibile,»—dice—«subito che l'ovo un po' di sudiciume vi sarà drento; che sarà quello che vi farà morire. Io bramerei di vederlo, se sarà sudicio o pulito per la quale. Bramo di vedere: quando s'è visto, son più tranquilla, gua'!»—«Ah briccona!»—dice—Tu mi vuoi tradire!»—gli dice l'Orco.—«Ah vi pare? A voi? Un benefattore a questo punto, ch'io voglia tradirlo? Ora? Impossibile!»—Insiste, insiste: quest'omo viene e gli fa vedere l'ovo; e lo teneva strinto lui nella mano perchè ella non lo toccasse. E mentre lei lo guarda—«Il sudiciume?»—dice.—Guardate se v'è li? Guardate quello scuro se c'è lì drento? che sarà quello che vi farà morire.»—Lui dice:—«Indove?»—lui.—«Ecco lì, non lo vedete?»—In mentre fa:—«Eccolo lì»—che la dice; la gli dà una spalmata, cade l'ovo e l'Orco riman morto. Ahn, quand'egli è morto, la corre dalle sorelle e dice:—«Venite via, bambine; chè io ho ammazzato l'Orco. Ora siamo felici.»—Così fanno una bella buca nell'orto, una buca grande e lo sotterrano. Poi prendon le chiavi di casa, serrano e vanno in traccia de' suoi genitori. E vanno e gli raccontano tutto il caso, preciso come gli era seguito. Questi genitori, potete credere, la contentezza di veder le bambine! che di poere, bisogna dire, l'eran divenute ricchissime, perchè l'Orco era tanto ricco e rimase tutto a loro. Andiedero alla casa dell'Orco, apersero, e divennero padrone di tutta quella ricchezza e vissero e se la godettero e in pace sempre stettero.

NOTE

[1] Confronta con le altre Novelle di questa raccolta, intitolate: Il contadino che aveva tre figlioli; Gli assassini; Le tre fornarine. Vedi tra le fiabe popolari veneziane raccolte da Domenico Giuseppe Bernoni quella intitolata: El Diavolo. Il Liebrecht in un articolo sulla prima edizione di questa Novellaja nel Num. 42 (1871) degli Heidelberger Jahrbücher der Literatur, annota che questa fiaba—«gehört in den Kreis der Blaubartmärchen, über welchen s. Svend Grundtvig Danmarks Gamle Volkeviser zu No 183 Kvindemorderen, oder meine Anzeige in der Gött. Gelehr. Zeit. 1869. S. 1968.»—Confronta in Pitrè, Nuovo saggio di Fiabe e Novelle popolari siciliane, quella intitolata: La manu pagana; in Pitrè, Fiabe, Novelle, Racconti ed altre tradizioni popolari siciliane, il conto detto Lu Scavu; appo la Gonzenbach, Sicilianische Märchen, la storia di Ohimè (Die Geschichte von Ohimè).

[2] «Questa è una bestia immaginaria, inventata dalle balie per fare paura a' bambini; figurandola un animale, specie di fata, nemico de' bambini cattivi.... Questo nome però viene dall'antica superstizione de' Gentili, i quali chiamavano Orco l'Inferno. Virgilio, Eneide, Libro VI.... primisque in faucibus Orci. Ed intendevano per Orco anche Plutone, quasi Urgos o Uragus, ab urgendo, perchè egli sforza e spinge tutti alla morte. E perciò dalle madri e nutrici, per fare paura alli loro bambini, si dice che l'Orco porta via: il che viene dai Gentili, che pigliando Orco per la Morte, lo chiamavano inesorabile e rapace. Orazio, Ode XVIII, libro II. Nulla certior tamen, Rapacis Orci fine destinata.»—Così ingenuamente e secondo la dottrina del tempo è detto nelle Annotazioni al Malmantile. Cantare II, stanza L.

[3] Cf. con l'annotazione ad un luogo dell'altra fiaba xxii di questa raccoltina, ch'è intitolata: Zelinda e il mostro.

La novellaja fiorentina

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