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Venerdì 1 giugno 2009

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L’ultimo pranzo


“Oh. Oh! Vuoi delle salsicce per colazione?”.

Sono le 6.30 di mattina del mio primo giorno di scuola d’inglese e il Russo pensa bene di svegliarmi con un pacco di salsicce in mano. “Non credo proprio” gli dico con aria arrabbiata e pensierosa. Non ho molto appetito, e, anche se ne avessi, non mangerei mai delle salsicce per colazione.

Esco di corsa mentre il Russo spadella in cucina.


In un supermercato cerco qualcosa di commestibile per la colazione che di lì a poco avrei portato ad Andrea, visto che mi sento particolarmente in colpa per averlo lasciato in un motel ai limiti della decenza. Arrivo ansimante davanti alla porta della sua stanza e busso. Dopo qualche minuto mi risponde. Apre chiedendomi:

“Ma ieri sera sei tornato a bussare alla porta?”.

“No. AH-AH! Ti avevo detto che era la location perfetta per un omicidio da film!”. Ok, ora il mio senso di colpa ha raggiunto un massimo storico.

Al Residence il Russo mi sta già cercando disperatamente.

Vuole prendere il bus con me. OK, va bene.

Arriviamo a scuola in ritardo (Yeah! Lo Svizzero in ritardo il primo giorno, praticamente una rivoluzione del pensiero moderno) e dopo presentazioni e informazioni varie comincia l’esame d’ingresso. Sono il primo ad essere chiamato in direzione, e nonostante non sia mai stato una cima, ho ottenuto il miglior punteggio e dunque mi spostano al livello 7, Advanced.

Di solito le scuole d’inglese svolgono corsi solo la mattina;

per il livello Advanced è prevista la frequenza anche di pomeriggio. Una notizia che non mi fa di certo apprezzare il primo giorno di scuola. Decido di non pranzare insieme alla classe perché così avrei potuto vedere Andrea, quindi passo all’hotel dove, con grande sollievo, scopro che è miracolosamente ancora vivo.

Andiamo a rendere il bus ma non possiamo pagarlo visto che tutti i bus della California non danno il resto e io ho solo una banconota da cento. La conduttrice è gentile e ci fa salire lo stesso. Scendiamo all’acquario ma non entriamo perché vogliamo salire sulla famosa Queen Mary. Mentre osserviamo due teppistelli che fanno qualche trick di skateboard, la nave chiude i battenti e noi restiamo fuori. Grandioso.


Un po’ abbattuti torniamo in centro, cerchiamo un supermercato e compro qualche prodotto per pulire l’appartamento.

È incredibile quanto poco costi la vita da queste parti. Imballaggi formato gigante e prezzi bassissimi.

Cerchiamo di prendere il bus ma lo perdiamo. Ci chiama il Russo per l’ennesima volta (ho dimenticato di raccontarvi che durante tutta la giornata il Russo ha continuato a chiamarmi per chiedermi dove eravamo e se andavamo a giocare a ping-pong con lui... Ma F*** you te e il tuo ping- pong!). Quando finalmente arriviamo a casa ad aspettarci ci sono il Germanico, il Belga, il Coreano e il Giapponese (chiaramente anche il Russo, ma a questo punto lo ometto). Il Coreano, sta per partire per San Francisco (per andare a trovare le ragazze che si sono prese qualche giorno di vacanza dalla scuola e sono andate là...) e ci dice, in evidente stato di shock, che il Russo gli ha piegato i vestiti e gli ha fatto la valigia! Siamo tutti d’accordo: probabilmente è un cyborg. La serata continua su una di quelle tipiche spiagge che si vedono nei film. È interessante notare come cinque persone provenienti da ogni angolo della terra possano incontrarsi e creare un gruppo disfunzionale che come collante ha solo l’interesse verso una cultura differente.

Ad affiancarci le nostre venti Budweiser, che scendono in gola come fossero sciroppo di lamponi. L’aria dell’oceano ha un buon profumo ma presto diventa fredda e siamo costretti a spostarci al residence. Andrea ed io andiamo all’hotel degli accoltellamenti. La fermata del bus è più vicina rispetto al residence, dunque ne approfitto per dormire qualche attimo in più. Nonostante il rischio di essere ammazzato, so che dormirò tranquillo perché non avrò paura di svegliarmi con il Russo e le sue salsicce.


Domani Andrea prenderà il volo per rientrare in Svizzera, dunque cerco di stare sveglio così il mattino arriverà più tardi.


Purtroppo Morfeo non ha pietà di me e mi addormento sognando Sheila che da qualche settimana mi pensa dall’altra parte dell’oceano.


Sono le 6.30, ora di svegliarsi, aprire gli occhi e cercare di affrontare la realtà.

L'Oscar di Cioccolata

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