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VI.

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Rosa ogni giorno acquistava vigore. Ell'era in quello stato di convalescenza in cui il corso pericolo fa più preziosa la ricuperata salute, e in cui il cibo ed il sonno divengono così saporiti che sono voluttà. Le cure amorose di Giacomo, la sua compagnia, il perdono del padre che egli le aveva ottenuto, e la speranza di vedersi presto unita a quell'ottimo giovane per cui la gratitudine le accresceva affetto, facevano sì che ella trovasse sempre più dolce e cara la vita. Cominciava ad alzarsi, e il dottore le aveva promesso di lasciarla andare a messa pel dì della Madonna. Giacomo consumava il suo giorno tra la propria famiglia e lei; l'amava ogni dì più, parevagli d'aver egli salvato quella giovine esistenza; il bene ch'ella godeva era suo, viveva in lei ed eragli divenuta cara a misura dei patimenti e delle angosce sofferte. Ma non era lieto.... Aveva dei pensieri pel capo; stava talvolta le ore intere senza proferire parola. Nella sua famiglia pativano di miseria; più volte s'accorse che la cena che le due donne gli riserbavano era cavata dalla lor bocca, e che i fanciulletti stentavano il pane. Erano sparutelli, quasi nudi, ed egli comprendeva i lunghi lor pianti e tristamente gli suonavano nel cuore. Era venuto in paese con qualche soldo di risparmio e con una somma affidatagli dal suo padrone perchè provvedesse legname. Comperò invece polenta pei suoi, provvide ai bisogni di Rosa ed intaccò ciò che non era suo. Sperava alcun poco nella prossima venuta del fratello; ma il suo bel sogno di piantar casa, metter su bottega da legnaiuolo e condur moglie era già quasi svanito. Venne la vigilia della Madonna. Le mandrie scendevano dalla montagna, la via di Paluzza era tutta ingombra. Venivano giù a processioni a processioni, e udivi un continuo tintinnio di quelle infinite campanelle misto al belato delle capre ed al muggire delle stanche giovenche. I pastori affranti da lungo viaggio seguivano lenti quell'immenso torrente di bestiame. Erano tre mesi che mancavano dalle lor case; tre mesi di una vita durata allo scoperto e quasi nomade, e pur su que' volti squallidi e rifiniti dalla fatica vedevi un raggio d'ineffabile allegria. Tornavano alle lor mogli, ai figli, alla famiglia, e dappertutto ti si mostravano donne e fanciulli che lor venivano incontro, e ad ogni istante udivi un dolce salutarsi, e voci piene di affetto e di consolazione. Giacomo col più grandicello dei nipoti era anch'egli sulla via. Ravvisò il fratello da lungi che veniva colla mandria di compare Giovanni, corse ad abbracciarlo; e dopo il reciproco interrogarsi e narrare, continuavano insieme la strada.

— Tornano magre quest'anno, osservò Giacomo.

— Le capre non c'è tanto male, ma le armente!... disse l'altro: abbiamo dovuto contentarsi delle due prime poste; non è stato possibile a nessuno salire al terzo casone. Ier l'altro, quando siamo partiti, c'era ancora tanto di neve. È stato sì poco caldo quest'anno, che la neve non s'è potuta liquefare.

— Anche le biade han sofferto per mancanza di caldo.

— Pur troppo sono indietro! Le migliori che ho veduto in tutta la via sono coteste — e additava la campagnuola di Piano. Davvero hai fatto bene a metterti a un mestiere: le annate corrono sì scarse, che in questi nostri monti non si campa.

Giacomo si sentiva serrar il cuore.

— Ho tanto fatto, continuava l'altro, per conservare queste due armente.... e quest'anno purtroppo prevedo converrà mangiarle.

— Non siete andato al monte colle mandrie di compare Giovanni?

— Avevo un grosso debito con lui.... e voglia il cielo che le donne non l'abbiano di già rinnovato! — Qui si fece tetro ed ammutirono entrambi. Quando furono a casa la madre narrò tosto della biada provveduta col danaro di Giacomo. Il fratello rimase prima sorpreso, e poi talmente grato e commosso che non rifiniva dai ringraziamenti.

— Oh Dio mio! caro Giacomo, andava esclamando, tu mi hai proprio redento! aveva una tal passione di dover far danaro di quelle due bestie.... Ora poi compare Giovanni può nettarsene la bocca! È un pezzo ch'ei fa all'amore alla Beleetta. Sono stato in montagna per lui e vorrei sperare d'aver pagato il mio debito; che se avesse ancora pretese, gli darò il vitellino della Picotta. — E di lì a poco ripigliava: Quest'inverno tu ti fermi in paese, n'è vero? Sposi la Rosa, noi l'ameremo come una sorella, lavoreremo tutti uniti, tu tornerai al mestiere, intanto crescerà la canaglia, e formeremo una famigliuola di grazia di Dio, che ha ad essere una vera benedizione.

Tali parole erano coltellate al cuore di Giacomo. Fu più volte per narrargli com'era ita la faccenda; ma al vederlo così contento non gli pativa l'animo di turbarlo. Almeno, ei diceva tra sè, lasciamolo cenare in pace questa sera, e dimani gliela conterò. Andati a dormire, Giacomo pensava a' suoi casi. Non potè serrar occhio in tutta la notte; pentivasi di non aver subito detto che quel danaro non era suo, pentivasi di averlo toccato. D'altra parte gli sanguinava il cuore all'idea di dover privare la sua povera famigliuola di quelle due mucche unico bene che possedeva, e gli si presentavano alla mente i nipotini nudi, chiedenti pane, e udiva quei pianti prolungati ch'ei bene sapeva che valessero. Vedeva sua madre malaticcia, cadente, strascinar nell'indigenza di tutti gli ultimi giorni; e Rosa? Avrebb'egli avuto cuore di sposarla così, senza avere di che mantenerla? Farla stentare come la sua povera cognata? E se un suo figlio, un biondino delicato e tenerello, amore d'entrambi, avesse dovuto piangere, com'egli si ricordava di aver udito quelli di suo fratello? Ah, ch'ei voleva piuttosto patire tutta la sua vita, ma patir solo! Risolse dunque di lasciarla, d'essere galantuomo, e di compensare col lavoro delle sue braccia il dolore e il sacrifizio ch'era nella necessità d'imporre alla sua povera famiglia. Si alzò con questo proponimento, e rassettatosi del suo meglio andò a Cedarzis per accompagnare a messa la Rosa. La trovò già pronta.

— Andiamo fino a Fiellis? interrogò essa tosto che lo vide.

— Appunto, è sagra colassù quest'oggi; ma per voi sarà forse troppo lontano....

— Oh sono quattro passi! Fa una giornata di paradiso, e poi io sto così bene.... E mossero entrambi alla volta di Fiellis. Rosa infatti aveva bella cera, quantunque non fosse più così rossa nè così fresca come prima che ammalasse. La sua tinta s'era fatta più chiara, i suoi begli occhi neri non avevano riacquistato tutto il loro splendore: erano un po' languidi, parevano più lenti, e quando poi si fisavano su Giacomo avevano un non so che di così affettuoso, di così soave.... la gratitudine e la semplicità del suo amore vi tralucevano come da limpido specchio. Anche la sua voce aveva perduto quel brio e quel correre degli anni fanciulleschi, s'era fatta più mite, e dava più di rado in iscrosci di risa; invece una tinta di leggiadria malinconica ne ingentiliva il colore. Pareva insomma che la natura si fosse compiaciuta di gettare su lei risanata un candido velo dalle cui pieghe leggere traspariva più graziosa la splendida Rosa di prima. Arrivarono a Fiellis proprio sul punto che s'incominciava la messa. Il Prevosto apparato solennemente era già sull'altare, fumavano gli incensi, e di mezzo a quella nube azzurrina alzavasi un Kirie devoto cantato d'alcuni semplici montagnuoli, che non intendevano quelle greche antichissime parole consecrate dal culto; ma le cui voci erano pure come la fede che professavano. La chiesa era zeppa di gente, che ti offriva un contrasto singolare. In quella remota villetta posata sulla cima della montagna, come il nido dell'avoltoio, nel verde di quegli abeti che paiono inaccessibili all'uomo, od almeno tanto lontani dallo strepito del mondo civilizzato che t'immagineresti d'esser finalmente nel grembo della natura ancora vergine ed intatta, tra le mura di quella rustica chiesetta, dinanzi all'altare povero d'arredi e di cera, e non ornato che di fiori campestri, vedevi una moltitudine di giovinotti in guarnacchino di velluto con calzoni attillati, coi capelli alla renaissance e col fare e coi modi cittadineschi. Fiellis, come la maggior parte delle ville della Carnia, manda la sua gioventù a vivere fuori di paese, ed il mestiere che a preferenza si scelgono è il sarto. Appena son essi in istato di camminare da sè, emigrano, vanno a Venezia, in quelle lucide botteghe imparano a trattar l'ago e le forbici, e ritornano coi costumi e coi vestiti affatto disformi. Il dì della Madonna ne aveva richiamati molti, e lì li vedevi malamente contrastare col rozzo vestire e co' modi ingenui delle lor madri e sorelle. Se a questa messa solenne qui cantata avesse assistito quel tale che dimandava, perchè la Carnia non aveva un poeta, la risposta veniva assai facile. Dall'epoca in che il superbo despota romano obbligò i Carni ad emigrare, continua ancora il tristo costume. Lasciano essi i lor monti e consumano gli anni dell'affetto nel tumulto cittadino, indi ritornano a profanare la semplice lor patria coi vizi della società, e Dio li ha puniti, e non hanno un poeta. — Rosa cogli occhi fisi nella sacra funzione faceva correre i grani del rosario che le pendeva dalle mani piamente incrociate. Giacomo non poteva pregare, era distratto, inquieto: andava pensando al modo di tenerle discorso della sua risoluzione. Fin dalla mattina aveva fermato di farlo nell'accompagnarla a casa; ma ora che il punto si avvicinava, avrebbe voluto trovar qualche pretesto per poterlo ancora protrarre. Come mai dirle ch'ei la lasciava? Quali parole avrebbero potuto mitigare il dolore di questo abbandono? Ah! ell'era guarita, era sì bella, e non doveva esser più sua! Uscirono di chiesa, e il povero giovane nell'offrirle l'acqua benedetta tremava tutto e si sentiva mancare. Sulla piazzetta c'erano altre donne state a messa, conoscenti della Rosa, che la salutarono e si congratulavano con lei risanata: fecero un po' di strada in compagnia. Egli era impaziente, avrebbe voluto che andassero, e temeva di restar solo. La fanciulla s'accorse di qualche cosa ch'ei le avesse a dire, e come se fosse stanca lasciò andar innanzi le altre e si sedette: ma a Giacomo la parola non veniva. Stettero un pezzo ivi seduti cogli occhi fisi nella magnifica prospettiva che lor s'apriva dinanzi e che forse non vedevano nè l'uno nè l'altra. Ripresero il cammino, ed egli guardando giù fiso una svolta del viottolo ch'entrava in un boschetto di giovani abeti, e si propose di non passar quel sito, senza aver parlato. Quando vi giunsero, fe' cenno di sostare.

— Ma non sono mica stanca, disse la fanciulla.

— Sediamoci, Rosa, ho voglia di parlarvi.... ed esitava. Voi sapete se io vi voglio bene!... E si fisavano entrambi, e il lungo loro sguardo diceva più delle parole. Eppure, continuava egli, io deggio lasciarti!...

— Ma perchè?

— Povera Rosa! Non piangete Rosa; vi dirò tutto, e poi farò quello che voi vorrete; anzi intendo di metter la cosa nelle vostre mani. Or bene. Io son venuto in paese con qualche soldo; ma non erano tutti miei: doveva provvedere una zattera di legname. I miei pativan fame... In poche parole, io non ho più il danaro; e se voglio essere galantuomo, bisogna che obblighi mio fratello a vendere le nostre armente, che sono quanto possediamo. Mia madre è vecchia infermiccia.... a casa sono tre fanciulli che dimandano pane.... Fa d'uopo ch'io ritorni al mestiere per compensarli del sacrifizio che fanno. Voi Rosa potete campare colle vostre fatiche....

— E non possiamo lavorare tutti insieme? diss'ella prendendogli la mano. Ci ha ad essere provvidenza anche per noi!

— Sì: ma le mie braccia sono vendute per fin che avrò pagato! E se laggiù doveste patire di fame? Ed io esservi lontano.... e non potervi aiutare?....

— Or bene, tornate al mestiere, lavorate, e io vi aspetterò....

— No, Rosa! è d'uopo ch'io vi ritorni la vostra libertà. Potrebbe presentarvisi una buona occasione; e non è giusto che la perdiate per aspettare un poveretto che non può offrirvi se non la miseria!

— Ah! sclamò Rosa, ho capito, non mi volete più bene!

— Che dite mai? Sa il cielo se io vi amo! Non vi voglio, perchè non ho cuore di farvi stentare.... perchè possiate esser felice con altri!... Ma la fanciulla piangeva più che mai amaramente, e a lui, che tentava rabbonirla e toglierle dagli occhi il grembiule, voltava le spalle e colle mani lo respingeva.

— Quietatevi, Rosa! Le vostre lacrime mi fanno male al cuore.... via, siate buona, e capitemi....

— Eh vi ho capito, sì! diss'ella. Tornerete via, e un'altra vi farà ben presto dimenticare di me.... Era ben meglio lasciarmi morire!

— Ma se vi ho detto che non voglio fare se non quello che voi volete!

— Dunque non parlate più di lasciarmi.

— E vorreste star così impegnata!...

— Sicuro!

— E se non mi fosse possibile ritornarne prima di altri tre anni?...

— Magari dieci! O vostra, o di nessuno.

— O mia Rosa, sclamava egli, amiamoci dunque sempre!

E sorgevano entrambi, e continuavano la via alquanto racconsolati dal vicendevole loro amore.

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