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III. LA NIPOTE DEL PARROCO.

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Se tu avessi visitato nel 18... il villaggio di B***, una figura singolare ti colpiva. Era una giovinetta di diciotto anni, di civile condizione, che rimasta orfana, viveva coll'unico suo parente, il venerando parroco di B***. Ei l'aveva raccolta fin dagli anni più teneri, ed affezionatosi alla fragile creatura, non aveva potuto distaccarsene neppure in vista di procurarle un'educazione più adatta al suo sesso ed alla sua nascita. Sacerdote interamente dedicato ai doveri del suo ministero, in una campagna abitata da soli contadini, se ne eccettui le due o tre famiglie signorili che venivano a far vendemmia a B*** o in quei dintorni, come poteva egli intendere all'educazione d'una fanciulletta? Le insegnò a leggere, a scrivere, qualche regola di morale, qualcuna di economia: del resto ella filava, o cuciva grossolanamente una camicia. Non sapeva di trapunti, non di musica, e tranne l'animo gentile per natura, e fatto più gentile dalle scelte pagine che lo nutrivano, la sua educazione era affatto semplice, anzi quasi contadinesca. L'autunno, in grazia dello zio, uomo venerando, la cui memoria dura ancora in benedizione, veniva ammessa nelle famiglie dei signori. Que' due mesi, in cui ella godeva della società, era accarezzata dalle dame, saggiava i modi cittadineschi, partecipava alla musica, alle danze, ai conviti, alle partite di piacere, non erano i più belli del suo anno. In que' due mesi era costretta a rinunziare a tutte le sue gradite consuetudini: mille catene suo malgrado la costringevano, ed i piaceri che in cambio le si offerivano, non valevano per lei la vita solitaria sì, ma liberissima a cui era avvezza. Aggiugni, che il suo amor proprio restava spesso offeso dall'orgoglio con che quelle signore spiegavano a lei dinanzi tutta la pompa delle loro mode. Ella vestita di semplice tela, ella coi capegli costantemente ad una foggia annodati, senza gioielli, adorna solo di qualche fiore campestre, ignara dei modi e delle gentili costumanze del vivere cittadino, in que' convegni era straniera, era come un fiore di prato posto a morire nella calda serra dove fiorisce la pomposa camelia. Non le cadde però mai in pensiero d'imitare le fogge in che brillavano quelle galanti damine, contentavasi della vesticciuola fina, ch'ella stessa aveva filato, e del suo rozzo cappellino di paglia. Eppure quella figura sì umile non era la meno interessante del crocchio. Tuo malgrado fra tante belle donne ti si fermava involontario lo sguardo su quella giovine testa così semplice, e nello stesso tempo così affettuosa. Orfana dai primi anni, avvezza al dolore, malaticcia, la sua fisonomia aveva un non so che di malinconico, e il candore della sua pelle faceva aggradevole contrasto colla nerezza delle sue chiome e co' suoi grandi occhi pensosi. Ma non era in una stanza riccamente addobbata, non era tra gli specchi, e i mobili eleganti, e i fiori, e le seriche cortine, che bisognava vedere Adelina. La solitudine dei campi, e la rusticità d'una capanna facevano più adeguata cornice a quest'ingenua figura. Bisognava vederla nella canonica dello zio quando riceveva le visite dei curati dei contorni, e faceva gli onori della casa. Lì era a suo agio; lieta del piacere che sentiva il buon vecchio nell'essere visitato da' suoi amici, la vedevi far loro accoglienza co' modi i più schietti e i più cortesi. Lì presentava della bottiglia, faceva colle sue mani un caffè così fresco ed aromatico, ch'era passato in proverbio. Bisognava vederla quando, partiti i signori, sedeva in fila colle giovani contadine al chiaro della luna, e con quelle sue mani picciolette filava, filava un lino, le cui finissime agugliate non avevano pari. Talor cantava in coro le villotte del paese, e fra tutte quelle voci argentine distinguevasi la sua per una tinta di soave malinconia ch'era anche ne' suoi sguardi, nel pallor della sua fronte, nell'espressione delle labbra, in tutti i suoi moti. Bisognava vederla, quando, raccolti i lembi della leggera sua gonna, errava pei campi scegliendo erbette salubri ed odorosi funghi, e quando armata d'una canna, alla cui estremità faceva rete candido velo, inseguiva pei prati le mille farfallette di che va ricca la nostra primavera. Ma se poi l'avessi veduta sul fare dell'alba ritornare dall'aver visitato un vecchio mendico, o un qualche malato in lontano casolare, oh allora bisognava confessare, che anche Adelina era bella! Ella soleva levarsi assai per tempo, spillava una botticella di limpido cividino, o di vecchio piccolit, metteva la bottiglia in un suo forzierino, vi aggiungeva alcune picce di candido pane, talvolta dello zucchero, del caffè, od altre siffatte provvigioni, e postosi in capo il suo leggiadro cappellino, ed impugnata una verghetta, via pei campi lesta lesta, e solitaria arrivava alla capannuccia del misero, come l'angelo consolatore, e prima che fosse surto il sole era già di ritorno. Molti anni dipoi i contadini di quei contorni narravano ancora mille di questi tratti. Ma dov'era allora la buona fanciulla? Sposa fortunata, e madre di figli amabili come lei, godeva ella forse il premio dovuto al suo cuore pietoso? Nessun lo sapeva. Da quel paese era disparsa; e solo durava la memoria di lei, come la fragranza del garofano che una mano indiscreta recise, come il raggio che fa bionda la neve delle nostre montagne molte ore dopo che il sole è tramontato....

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