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VI. UN EPISODIO DELL'ANNO DELLA FAME.

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Chi passa per Manzinello a tre porte a diritta della chiesa, vede una meschina casuccia, le cui due uniche finestrelle sono ora quasi nascoste da una vite che lor dinanzi protende i tralci carichi di molta verdura e di bei grappoli color d'oro. Nel 1816, abitava ivi un povero bracciante di nome Pietro. L'inclemenza delle stagioni, le guerre antecedenti, e l'improvvidenza d'un governo affatto nuovo preparavano al Friuli quell'epoca tremenda, che doveva in seguito così crudelmente desolarlo, che a noi nati più tardi par catastrofe piuttosto immaginata che vera. La mercede giornaliera, unico mezzo di sussistenza di cui campava egli e la sua famigliuola composta di sua madre, di sua moglie e di un figliolino, andava facendosi sempre più meschina, e spesso anche il lavoro mancava affatto; sicchè non gli era più possibile provvedere i generi che la scarsezza del ricolto aveva fuor di misura rincariti. Le due donne erano state obbligate a smettere il filare, perchè non potevano più raggranellar i soldi necessari alla provvista del canape, nè trovavano chi loro facesse credenza. Da principio, avevano tirato innanzi colla vendita di alcuni utensili di cucina ed attrezzi di agricoltura, col mettere in pegno le lenzuola, le coltrici e perfino i vestiti; ma anche questo fonte fu presto al termine. Venne l'ottobre; i campi desolati dalle gragnuole non lasciavano neppure la speranza delle vendemmie. Per non tradire le viti, s'aveva dovuto reciderne le trecce quando l'uva non era anco verde, e s'erano falciati i frumenti tuttavia in fiore. Un piovere ostinato aveva di poi guasti i granturchi, dimodochè vegetavano bianchicci: i gambi esili lungo i solchi slavati dalle acque parevano in camicia, e, quando si venne alla raccolta, le pannocchie rachitiche e mal mature erano la maggior parte nude di granelli. Sedevano una sera egli e la moglie sul limitare della loro casuccia, e pensavano al come provvedere al loro meschino campamento. La vecchia, immiserita dallo stento, era già da alcuni giorni ammalata; non avevano di che sostentarla, mancava lavoro, non v'era più nulla da impegnare nè da vendere, ci volevano ancora tre lunghi mesi a finir l'anno, e il veniente si mostrava già nell'aspetto il più terribile. E l'inverno? di che avrebbero campato, quando non vi sarebbe stato più nulla di verde? Non sapevano dove dare il capo. Pietro intristito teneva la fronte nelle mani: Maria in silenzio guardava alla notte stellata, alla pace dei campi; e il pensiero, invece di tormentarsi del presente vagava nelle memorie del passato, e per un bizzarro contrasto, le tornavano in mente le gioie della sua giovinezza. Prima del suo matrimonio ella era stata parecchi anni nella città d'Udine in casa di un mercante in qualità di fantesca, ma più particolarmente per badare i bimbi, l'ultimo dei quali dalle braccia della nutrice era passato nelle sue, e si può dire ch'ella lo aveva cresciuto e divezzato come se stata fosse sua madre. Nata nella semplicità dei campi, ella aveva portato seco il suo cuore schietto e facile, e s'era attaccata a' suoi padroni come se fosse della famiglia. Serviva non per mestiere, ma per affetto; e siccome l'ultimo de' suoi pensieri era il salario che riceveva, così non le passava neanche per la mente che le attenzioni e la benevolenza che le si prodigavano provenissero dall'utile che si trovava dal suo ingenuo e disinteressato servizio. La povera fanciulla credeva di essere amata! Non sapeva ella vedere l'immensa muraglia che il destino ha posto tra il ricco e il povero, od almeno nella sua bonarietà credeva che l'affetto potesse superarla. Rammemorava il tempo passato in quella casa. Contava allora 15 anni, e dai lineamenti che ancora conservava si poteva facilmente dedurre ch'ella doveva essere stata a quell'epoca un'assai bella ragazzetta. A donna giovane infiorata dalle grazie dell'avvenenza tutto facilmente si piega, e per fin l'aria nel circondarla si fa più gentile. Sia pur meschina la sua condizione, nel mondo non v'ha trono che possa paragonarsi a que' brevissimi anni di sorriso e di amore. Sicchè la poveretta nel riandare quell'epoca si ricordava per certo de' suoi più bei momenti. Come lampo le balenò dinanzi alla mente un pensiero. Se ricorresse a' suoi antichi padroni? Lo disse al marito. Per tutta risposta scosse il capo con un mesto sorriso. Ma la Maria, che misurava il cuore degli altri dal proprio: — Accertati, andava dicendo, sono buoni signori. Mi volevano bene.... E poi non si tratta che di farci credenza pochi mesi. Pagheremo colla galetta.

— E se i bachi andassero a male?

— Ne abbiamo pur fatto quest'anno colla sola foglia del cortiletto quasi trenta libbre. Possibile che il Signore e la Vergine Santissima non ci aiutino anche in avvenire?

Nel dimani andarono alla città. La Maria tutta la strada non faceva altro che rammemorare gli anni ivi passati, e narrava al marito gli usi della famiglia, l'amore che le avevano i bimbi, i regalucci ricevuti dalla padrona; ed era allegra di rivedere persone ch'ella amava con tutto il cuore. Giunti all'abitazione del mercante, Maria picchiò, tutta fiducia; e Pietro, cavatosi il cappello, stava dietro alla moglie pieno di quell'umile esitanza che provano le genti di campagna nell'entrare le soglie del ricco, per cui quando mettono il piede in quelle pulite abitazioni e su quei lastrichi forbiti, elegantemente intarsiati, allegri di luce e di spazio, pare che inghiottano un'amara medicina, o che sien tratti ad un tribunale dove sappiano di non trovare nè misericordia nè giustizia. Un fanciulletto di circa dieci anni in uno svelto vestitino all'ungarica, in quella che entravano, attraversava il salotto d'ingresso. Lo ravvisò tosto Maria; e corsa ad abbracciarlo, non rifiniva d'ammirare il suo Carletto cotanto cresciuto ed imbellito. Il fanciullo s'era fatto vermiglio, ed aggiustava i suoi lunghi e biondi capelli scompigliati dai baci della rozza contadina, e si guardava le lattughe del candido collaretto, che nell'impeto di quell'affettuoso abbracciamento erano rimaste alquanto gualcite. Comparve sulla porta dello scrittoio il padrone di casa. — Spícciati, Carletto, diss'egli, di' alla mamma che ti dia quella nota.... — Poi accorgendosi dei contadini:

— Buona gente, di chi domandate?

— Una parola con lei, rispose Maria, baciandogli la mano.

Egli allora li fece entrare in scrittoio, si sedette, e, deposti gli occhiali sulle spalancate pagine di un ampio libro di conti, si fece puntello della destra al mento, e cogli occhi nei due che gli stavano dinanzi aspettava che parlassero. Ma la Maria, che in suo cuore sperava un altro accoglimento, era tutta mortificata, ed abbassato il volto con visibile commozione sfilava le punte dell'ampio fazzoletto che piegato a croce le copriva la testa e le spalle; e Pietro, veduto quel silenzio della moglie, non sapeva come cominciare. Finalmente, dopo aver girato da tutti i lati il suo povero cappello:

— Siamo a pregarla, Illustrissimo, diceva con voce contrita, se ella volesse farci la carità di darci tanto denaro da comperare un po' di biada.... che noi la pagheremmo colle galette....

— Dio mio, figliuoli miei! rispose il mercante, grattandosi il capo e col dosso della mano sollevando la grigia berretta che lo copriva.... darvi denaro, così su per le dita? Io non vi conosco....

— Non ci conosce!... Ha servito qui in casa quattr'anni....

Maria era sulle spine, avrebbe voluto potersi nascondere sotto terra: le sue guance infuocate brillavano di un tal rosso, che traspariva dal fazzoletto ch'ella si aveva tirato sugli occhi, e le di cui punte continuava a sfilare rapidamente e con un moto quasi convulso.

— Sarà, conchiuse il mercante, ma se non trovate chi vi faccia garanzia.... — Allora la donna pose la mano in saccoccia, e cavatone un biglietto di monte: — Per amor di Dio ci soccorra, signore, disse; questo le servirà di garanzia. Sono cinque fili d'oro, che ho guadagnati qui in sua casa. Me lo ha comprato lei co' risparmi del mio salario, e vi ha aggiunto in regalo la crocetta.... È giusto che ritorni nelle sue mani.

Il mercante prese il biglietto, lo esaminò, poi chiese a quanto poteva ammontare la galetta che speravano di fare; indi scrisse una lettera, e li mandò da un negoziante di granaglie che stava pochi passi lontano. Ringraziarono ed uscirono. Uno staio di granturco costava allora quarantotto lire; aggiungi il guadagno del rivenditore, quello di chi aspettava il denaro, la qualità cattiva del grano, la paga della macina e la fame che faceva consumare più del consueto, sicchè tutti quelli che l'hanno patita s'accordano nel narrare che in quell'annata mangiavasi il doppio; per il che poco durò loro quella provvidenza. Tornarono due o tre volte alla città col sacco sulle spalle, ed era esaurito il valore dei fili d'oro della Maria. Erano alla vigilia di Natale, e nella madia neanche una presa di farina. Il freddo si faceva sentire aspramente, pochi i vestiti, niente da bruciare, e lo stomaco vuoto. Pietro aveva portato a casa alcuni cavoli, ma le donne non avevano con che cuocerli. Sedevano entrambe intirizzite vicino al fuoco, su cui ardeva una manata di canne. Nei giorni precedenti avevano un po' alla volta abbruciate le tavole del letto, le sedie, una botte e tutti gli utensili che non era stato possibile di vendere, poi sfacevano il recinto di canne che chiudeva il cortile. Fracide, consunte dal tempo e dalla pioggia, più che calore spandevano fumo. Il vento che piombava dal fumaiolo, faceva stridere la debole fiammella e battere i denti alle donne. Soffiavano nelle mani, e ristrette l'una appresso dell'altra e accucciolate procuravano di tenersi calde coll'avvicinarsi della persona. Stettero alcuni minuti in triste silenzio; indi Pietro prese il cappello, e come ispirato da improvvisa risoluzione usciva.

— Dove vai? chiese la moglie.

— A provvedere un po' di stecchi, diss'egli, ed uscì. Era una bella notte stellata, ma un freddo così vivo che rodeva le viscere. Il vento s'era quetato, ma invece spirava di quel fino fino che taglia le orecchie e penetra sotto le unghie; la luna non ancora spuntata; tutta in silenzio la campagna. Ei si diresse verso un campo, dov'erano dimolte viti giovani appoggiate a dei pali. Prima di mettersi all'opera, posò il cappello in un solco; ma pensando che poteva dimenticarlo, e che trovato servirebbe di spia, lo riprese e lo nascose dietro il tronco d'un vinciglio, poi abbassatosi guardava giù pel campo attraverso i filari delle viti; gli parve che nessuno vi fosse, e slacciava i vimini. Aveva liberato un sette carracci, quando gli parve udire una pedata; tornò a guardare, e s'accorse di uno che veniva a gran passi lungo la pianta che gli stava di fronte. Si pose a correre, allora udì un fischio, e poi un dàlli dàlli, sicchè comprese ch'egli era in fra due; il povero diavolo scappava alla disperata, riuscì a togliersi di via prima che i suoi persecutori lo chiudessero in mezzo, ma inciampò in uno sterpo e cadde boccone: non era appena rialzato, che udì suonare per terra una tale mazzata, che guai! se lo avesse colto. Intanto che il galantuomo che lo inseguiva si riebbe dallo sforzo fatto nel menargli quel colpo, egli aveva potuto guizzargli di mano e saltato il fosso era sulla via e correva salvo a casa; ma aveva lasciato il cappello nel campo, e persoprappiù avea perduto anche la sua berretta di maglia, che nel passare così in fretta sotto a' festoni delle viti gli si era appiccata ad un viticcio. Nel dimani, giorno di Natale, come avrebbe fatto ad andare alla messa senza cappello? Tutti si sarebbero accorti del ladro; e Pietro, che per la prima volta costretto dal bisogno s'era posto a quella mala via, sentiva tutta la vergogna dell'essere scoperto. Intanto a casa le due donne stanche di aspettarlo erano andate a dormire senza cena. Salì tentoni la scala, e svestitosi piano piano per non isvegliare la moglie, si mise a letto. Ma la fame, il freddo e i mali pensieri non lasciavangli pigliar sonno. Si chiuse gli occhi colle mani e a forza di star quieto appisolò un momento, ma poi ratto svegliossi, e da capo a' suoi pensieri. Credette d'aver dormito lungamente e che già spuntasse l'alba; sicchè uscì dal giaciglio, si vestì in fretta, e tornò a vedere se avesse almeno potuto ricuperare il suo cappello. Era per entrare nel campo quando udì battere l'orologio del villaggio, contò: undici ore solamente! Si guardò intorno sospettoso, fischiò, stette in orecchi, poi tornava a fischiare e a guardare. Sinceratosi d'esser solo, corse al vinciglio a' cui piedi aveva appiattato il cappello. Lo raccolse contento, e poi rapidamente metteva in fascio i carracci già slacciati, ne cavava di altri, usando per altro diligenza per non offendere le viticelle; e mentre a ogni tratto si rannicchiava a spiare per di sotto a' festoni, se fosse scoperto, vide la sua berretta, che menata dal vento, dondolava da uno stecco, corse a pigliarla e, gettati sulle spalle tanti carracci quanti poteva portare, tornava a casa lieto, perchè aveva almeno di che godere una buona fiammata e sgranchirsi una volta le membra. — Lungo sarebbe descrivere ciò che patì quella povera famigliuola durante quell'orribile inverno. Nudrivansi di radici di erbe selvatiche raccolte nei prati, e, se veniva lor fatto di trovare in qualche recesso una covata di piantaggine ancor verde, lo avevano per fortuna, e se la mangiavano allessata così senza sale e senza condimento di sorta. Macinavano i torsi del cinquantino, e quella sterile e scheggiosa farina mescevano a poche prese di buona e ne facevano un arido pane insalubre, senza sapore, e piuttosto inganno alla fame che verace nutrimento. I semenzai delle rape e de' cavoli venivano disertati; e facevasi festa se potevano dar le mani in quelle piante già tallite, che mangiavansi fino alle radici. Vicino al villaggio fu seminato un campicello a fave; se ne accorsero i meschini che pativano la fame, e tosto a disseppellire, e colle unghie le razzolavano fuori, e in poco di ora tutta la terra fu voltata sottosopra. Una sera Pietro portò a un suo compare benestante un paio di calze di lana, e gliele diede per due pugni di farina di melica, e quello era il cibo di tutta la giornata. Un'altra volta gli venne in capo di far macinare un po' d'avena che teneva in serbo per semina, e vedere se avesse potuto servirsene a vivere; ne trasse una farina così candida da disgradarne il frumento. Lieto la diede alle donne, che tosto ne fecero una bella stiacciata, e cucinatala sotto la cenere, speravano di darsi una buona satolla. La cavarono, era color d'oro, e dentro bianca come latte. Per la cucina si spandeva un profumo di pan fresco che consolava, ma non fu nulla di poterla trangugiare. Aveva un sapore così ostico e tanto aspro e mordace, che lor stringeva le fauci come se avessero masticata una sorba ancora acerba. La vecchia già malaticcia non poteva più durare a vita così stentata, e sugli ultimi di carnovale si ridusse a letto. Il fanciullino strillava giorno e notte, e indarno la misera madre procacciava acquetarlo co' baci. Il suo petto era esausto; e più della fame la crucciava il veder immiserire quella sua creaturina, che continuamente le piangeva tra le braccia, e ch'ella non poteva in nessuna maniera aiutare. In quei giorni di dolore Pietro si risovvenne d'un suo antico credito. Ne' tempi addietro la sua famiglia teneva in affitto una colonia da un signore di Cividale. Dai conti fatti, quando venne accomiatato, egli risultava creditore di un cinquanta franchi per tanto vino di sua parte lasciato al padrone. Sul momento non gli furono pagati, ed egli li lasciava volentieri, persuadendosi di averli così in deposito in buone mani, e di potersene a qualunque bisogno servire. Pensò poi di riscuoterli; ma fu fatto correre tante volte indarno alla città, e l'ultima ricevette dal fattore una tal salva d'improperi, ch'egli, ignaro delle leggi ed impotente a farle valere, si rassegnò a riguardare quel suo capitale come per sempre perduto. Ora per altro che si trovava ridotto in sì deplorabile situazione, tornò a pensare a quel suo credito, e risolvette di fare un ultimo tentativo e di gettarsi ai piedi del ricco signore e d'implorare quel denaro ch'era suo sangue. Con questa intenzione sul principio di quaresima una bella mattina si pose sulla via che mena a Cividale. Camminava a rapidi passi, e qui e colà sotto i pioppi che fiancheggiano il torrente, sui prati, lungo le siepi vedeva dei miserabili gettati per terra, chiedenti indarno un tozzo di pane, e moribondi per inedia. Cacciati dalla fame, a torme scendevano dai monti, innondavano le città e i villaggi, e, non trovata misericordia, si spandevano a morire per li campi. Le fioche loro grida squarciavano il cuore a Pietro, come un orribile presentimento. Giunto in città, corse difilato alla casa del suo antico padrone. Saliva le scale proprio nel momento ch'egli colla moglie discendeva.

— Signore, una parola! disse il povero contadino.

— Non vedi che io esco? Aspetta in cucina: e partiva brontolando contro quegli asini dei servi, che aprivano, diceva egli, a ogni sorta di gente. Pietro mortificato si trasse in cucina, e, seduto in un cantuccio, aspettava. Aspettò il ben di Dio, senza che mai nessuno si ricordasse di lui. I servi mangiavano, vedeva correre su e giù con fiaschi di vino. Entrava il fornaio con un cofano di pane; e mentre lo riponevano negli armadi il profumo di quelle candide picce fresche di forno faceva venir l'acquolina in bocca al poveretto, che non aveva fatto colazione e a momenti più non isperava neanche di farla. Di quando in quando la cuoca scoperchiava un tegame e rivoltava non so che vivande, ma di un odore così squisito, ch'ei non potè più durare, e chiese:

— Quanto ancora staranno a ritornare?

In quella il padrone entrava in cucina.

— E non era un uomo?... disse; ehi Pietro! e lo tirava in disparte.

— Sono venuto, illustrissimo, per vedere se fosse di suo comodo di contarmi quei cinquanta franchi....

— E non c'è il fattore?

— Ma, illustrissimo, sono stato tante volte, e sempre inutilmente.

— Or bene, ritornerai.

— E poi, signore, il fattore quest'oggi non è in città....

— Sta a vedere, che, perchè sua signoria non s'incomodi a tornare un'altra volta, toccherà a me a far da fattore! e tra il brusco e l'ironico volgeva le spalle al meschino che tenendogli dietro pregava:

— Per carità, signore, anche una parola! A casa muoiono di fame...! Mia madre ammalata.... Cinquanta franchi per lei sono niente, per noi la vita!...

— Eh vattene! rispos'egli; non mi seccare con cotesti piagnistei, che se i cinquanta franchi ti vengono, io non ho mica l'intenzione di trattenerteli. Intendi, o non intendi? conchiuse mostrando la porta all'infelice che colle mani tese e col volto atteggiato ad ineffabile dolore ancora pregava misericordia. Dovette andarsene. Nell'uscire di quella casa, gli venne un pensiero. Si calcò il cappello sugli occhi, e lì vicino colle spalle appuntate alla muraglia si morsicava in silenzio le labbra. Era domenica, quella contrada frequente, perchè il duomo e la piazza vicina. Attraverso le lagrime, che gli gocciolavano tacite per le guance emaciate, egli vedeva sfilarsegli dinanzi una quantità di gente. Erano giovinette colla paniera che correvano per recare un abito nuovo, ed un elegante cappellino a qualche signora del vicinato, erano canonici paffuti, dal maestoso portamento, e passando gli vellicavano la faccia lagrimosa coi loro morbidi mantelletti di seta; e poi belle signore tutte camuffate, giovinotti dalla vispa andatura, dal ridere affettato, che or si attruppavano, or fermavansi in liete chiacchiere, or salutavano alle finestre di facciata, e dietro a loro un profluvio di odorate essenze; indi donne ed uomini ancora e fanciulli, e tutti volti sconosciuti, che non davano un guardo a lui, che non comprendevano, e certo non importava loro di comprendere, ciò che passava nel suo cuore. Finalmente uscì di casa anche colui ch'egli aspettava; allora Pietro si mosse a camminargli dietro. Quando furono rimpetto al duomo, il signore entrò. Una quantità di gente stava intorno al pulpito. Vedevi una devota attenzione su tutte quelle facce sollevate in alto. Il predicatore era un giovane sacerdote in còtta e stola, pallido il volto e come estenuato dallo studio. La sua voce aveva un non so che di grave, e pari alle note dell'organo rimbombava armonica per le volte della maestosa cattedrale. Quando quel siffatto signore fu a portata di distinguere i suoni, raccolse queste parole:

«Siate misericordiosi, come misericordioso son io, ed imitate me vostro Creatore, che non solo a voi, ma anche agli uccelli del cielo ed alle fiere del bosco preparo l'alimento. Se io ho provveduto alla vita di tutti, come potrò vedere senza adirarmi che l'uomo pèra per colpa dell'uomo dalla miseria e dalla fame distrutto? Al mio cospetto fra il ricco ed il povero v'ha forse disuguaglianza? Sono tutti della medesima creta impastati, e tutti un giorno in quella egualmente devono trasformarsi. Che se tu possederai le ricchezze e chiuderai le tue viscere alla misericordia, sarà da te lontana la mia pietà; e se non avranno i poveri le primizie delle tue biade, e te ne starai pascendo e satollando il cuore di tue ricchezze, piomberà sopra di te l'afflizione, e tu piangerai indarno con mesti ululati nel turbine della sciagura ravvolto; e vedrai putrefatte le tue facoltà e consumate dalle tignuole le tue vestimenta, arrugginiti i tuoi metalli, e quella ruggine, a guisa di fuoco, consumerà e divorerà la tua carne.»

Girò gli occhi sull'udienza, e come per caso gli si fermarono su d'una faccia pallida, ch'ei tosto riconobbe. Era Pietro. Gli stava piantato di costa e senza por mente nè al luogo dove trovavasi, nè alle parole del predicatore ch'egli non intendeva, in maniche di camicia, colla giubba sulle spalle e col petto scoperto su cui potevi contare le costole, guardavalo fiso fiso. Cercò più volte di sottrarsi cangiando di posto; ma indarno, cangiava anche l'altro. Pareva che si fosse prefisso di voler stargli sempre in cospetto, come il rimorso di una mala azione, e di morire dinanzi a' suoi piedi. Gli corse un brivido per l'ossa, più non intese le parole della predica, e in quella folla di uditori che gli stavano d'intorno più non vedeva che una sola figura; quel contadino cencioso, che a guisa di scheletro si rizzava sulle nude gambe, col volto disfatto, coi capelli irti e cogli occhi incavati, fisi in lui e guardanti con un'espressione così sinistra, che non potè più sopportarli, ed usciva. Attraversò la piazza, svoltava la contrada che mette a man ritta, quando s'accorse che quell'uomo gli teneva dietro. Per liberarsene, entrò in una bottega da caffè. L'ostinato contadino niente curando quei signori ivi adunati si adossò al pilastro della porta, e come una mala cariatide continuava a minacciarlo degli occhi, il cui lampo aveva non so che di tremendo. Quel signore, come confuso si cercò allora in saccoccia; e se lo levò dinanzi gettandogli un tallero. Pietro corse a provvedere un po' di carne per sua madre, poi senza assaggiar nulla, si mise di nuovo in via e volava verso casa. Trovò nella cameretta della vecchia il cappellano che recitava le preci dei moribondi. A' piedi del letto era inginocchiata la Maria. Quando lo vide, gli corse incontro piangendo, e gettandosi nelle sue braccia, non colle parole, ma col suo dolore gli narrò tutto ch'era avvenuto nel tempo della sua assenza. Il tenue soccorso, ch'egli arrecava, era già troppo tardi. La vecchia per altro s'accorse ch'egli era venuto, e lasciato cadere sul petto il Crocefisso che le avevano posto tra le mani, fece come un moto per abbracciare un'ultima volta suo figlio, e ne' suoi occhi già appannati ed immobili parve che lampeggiasse un raggio d'affetto. Moriva consunta dall'inedia, moriva tra i suoi cari impotenti a soccorrerla, e pareva che lasciasse questo mondo consolata dal pensiero di alleggerire ad essi il peso dell'esistenza. Il sacerdote continuava a recitare le preci della Chiesa, e la sua voce grave e devota colla potenza della religione impediva i trasporti del dolore. Non ardivano interromperlo, e piangevano sommessi, e gli ultimi momenti di lei passavano tranquilli e rassegnati. Quando la candela benedetta, che le tenevano appressata alla faccia, arse immobile, egli intuonò il De profundis, e gettato uno spruzzo di acqua santa sul cadavere prese per un braccio Pietro, e lo condusse fuori. Lo lasciò piangere buona pezza fra le sue braccia, poi sedutosi con lui vicino al fuoco cominciò dolcemente a rimproverarlo, perchè egli avesse tenuta nascosta così la sua trista situazione. — Io non poteva, è vero, diss'egli, darti dei grandi aiuti, che son povero e son padre di molti poveri: ma nondimeno nella maniera che mi fosse stato possibile ti avrei soccorso, e, se non altro, colle mie amicizie. — Nel partire voleva condurlo seco in Canonica; ma il pover uomo era sì stanco dal viaggio, sì estenuato dall'inedia e dal dolore, che andò a gettarsi nel suo meschino letticciuolo. Ivi fu assalito da crudeli pensieri. Appoggiava la testa al muro, e sentiva sul cranio il ghiaccio della parete. Nella cameretta contigua colla testa appoggiata alla stessa parete giaceva sua madre morta, e morta di fame! Udiva il piangere del suo piccolo figliolino, che andava facendosi sempre più fioco, ed in ultimo non era più che un gemito prolungato e così pietoso, che gli rimbombava nel cuore; e abbasso nella via passavano i mugnai cogli asini e coi muli carichi di biada; egli udiva il pestare delle zampe e le grida dei conduttori. Poche pugna di quella biada bastato avrebbero a salvargli sua madre.... Oh se i ricchi avessero voluto cedergli una delle loro facoltose giornate! quello che nelle loro case si gettò ai cani!... Tanti in questo mondo che nuotano nel ben di Dio, ed egli tapino neppur un tozzo di pane per vivere! A ventisei anni essere in letto esinanito dalla miseria, tanto debole da non poter neanco voltarsi dall'altra banda, aver veduto sua madre morire priva di ogni soccorso, sentire i pianti della sua creatura, pensar sua moglie.... e intanto altri nella seta, nell'oro, in mille delicatezze! In quel momento gli parve orribile la giustizia degli uomini, ed era tentato di spaccarsi il cranio pestandolo sulla parete che gli serviva di guanciale. Ma l'immagine di colei che era di là gli si presentò dinanzi come l'aveva veduta poche ora prima, colle labbra appoggiate ai piedi del Crocefisso, rassegnata a chiudere nel dolore una vita menata tutta di dolore; gli sovvenne l'ultima occhiata ch'ella gli diede, l'amore con che gli stese le braccia moribonde, come per stringerlo al cuore e confortarlo a patire; rammemorò l'affetto ch'ella gli aveva sempre portato; le preghiere che dalle sue labbra aveva imparate, quando nella chiesa ancora fanciulletto gli mostrava l'altare e insegnavagli a devotamente giugnere le mani; recitò quelle preghiere per lei.... e nella sua memoria quietato, chiuse gli occhi lagrimosi e s'addormentò.

Alcuni giorni dopo che fu dato sepoltura a sua madre, il cappellano lo mandò a chiamare. Andò Pietro in Canonica, e il buon prete, dopo averselo fatto sedere vicino, cavò di tasca una lettera, e spiegatala gli disse:

— Qui mi scrive un mio amico, il signor tale, che vi prenderebbe al suo servizio. Gli è un galantuomo, che converte in belle piante di mori e di viti gli zecchini che gli ha lasciato suo padre, e dà da vivere alla povera gente. Avreste dodici soldi al giorno e due libbre di farina; la domenica e il giovedì minestra, e un boccale d'aceto per settimana.... Adagio, compare, soggiuns'egli al contadino, che a quella proposta aveva aperto gli occhi e si consolava come a una fortuna insperata, tu hai moglie e un figlio; non devi abbandonare la poveretta senza ottenere prima il suo assenso. — La mandarono a chiamare, e quando si fu seduta lì presso loro, il cappellano le espose il contenuto della lettera, e poi con dolci parole la confortava a dir schiettamente se acconsentiva. Maria abbassò la fronte. Questo abbandono del marito era dolore non preveduto e tanto crudele, ch'ella lo sentì nel cuore fisicamente come la punta di un ferro. Nella sua misera condizione ella aveva bisogno di una creatura che seco dividesse i patimenti e le lacrime. Partito l'uomo a cui tutti si volgevano i suoi pensieri, i suoi affetti, che sarebbe stato di lei vedova e tapina nella solitudine della sua povera casetta? e in quali braccia si sarebbe gettata, se per avventura le morisse intanto il bambinello già tanto debole e malaticcio? Pure raccolse tutto il suo coraggio, e presa la mano del marito:

— Andate, disse: vivete almeno voi! — e due grosse lagrime le caddero dagli occhi.

— Vivrete tutti, soggiunse il cappellano intenerito; confidate nella provvidenza di Dio! E intanto voi partite subito: poichè a questa si ha da venire, è meglio finirla. — Allora i due poveretti si abbracciarono; e Pietro senza poter dir parola, ma cogli occhi raccomandando al buon prete la sua donna piangente, si tolse di lì, e si pose in via alla volta del bel paesetto dove abitava quell'amico del cappellano. Arrivò sul mezzogiorno. Il padrone lo mise tosto nel novero dei lavoranti. Era una turba di cinquanta e più uomini, che in quell'ora entravano tutti nel cortile; e in cucina in una gran caldaia si rimestava un'enorme polenta per quelli di essi che avevano scelto di riscuotere così la lor porzione di farina. Pietro in quel primo giorno l'ebbe anch'egli cucinata. Ma poi cominciò a farsi ben volere dal castaldo e da sua moglie. Era compiacente, attivo, aveva bei modi; e poi, nelle ore di riposo ispazzava la cucina, attigneva l'acqua, dava mano alle faccenduole di casa, di maniera che lo presero a pranzo con loro; ed egli in capo a due settimane potè mandare alla Maria un bel sacchetto di farina e tutti i soldi delle giornate, che il padrone pagava puntualmente ogni sabbato. Quel signore trasse in quell'anno un grand'utile dalle braccia dei poveri ch'egli seppe impiegare. I magliuoli da lui piantati hanno prosperato magnificamente, e i mori a ceppaia, e quelli d'alto fusto, che da ambi i lati mettono confine ai filari delle viti sono ora giganteschi, e servono di modello agli agricoltori di que' contorni. Pietro, con un senso di riconoscenza, visita ogni anno questa bella piantagione, e nei giorni testè passati additava tutto allegro la molta uva pendente da quei tralci rigogliosi. Pareva che ve l'avessero appesa col filo, tanto il Signore si era compiaciuto di benedire i sudori del povero, e la benefica industria di quel bravo possidente.

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