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LIBRO SECONDO
CAPITOLO II

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Come l'autore narra a Minerva che e' si confida vincere Satanasso e suoi vizi.

        – Vergine saggia e bella il cielo adorna,

        di cui Virgilio poetando scrisse:

        «Nova progenie in terra dal ciel torna».


        Resse giá 'l mondo, e sí la gente visse

    5 sotto lei in pace, che l'etá dell'oro

        el secol giusto e beato si disse.


        La terra allora senza alcun lavoro

        dava li frutti e non facea mai spine;

        né anco al giogo si domava il toro.


   10 Non erano divisi per confine

        ancor li campi, e nullo per guadagno

        cercava le contrade pellegrine.


        Ognuno era fratello, ognun compagno;

        ed era tant'amor, tanta pietade,

   15 ch'a una fonte bevea il lupo e l'agno.


        Non eran lance, non erano spade;

        non era ancor la pecunia peggiore

        che 'l guerreggiante ferro piú fiade.


        La Invidia, vedendo tanto amore,

   20 di questo bene a sé generò pene,

        e d'esto gaudio a sé diede dolore:


        con quella doglia che a lei si convene,

        andò in inferno, ed alli vizi dice

        quanta pace avea il mondo e quanto bene.


   25 E l'Avarizia, d'ogni mal radice,

        seco ne trasse e menolla su in terra

        per conturbar quello stato felice.


        Vennon con lei la Crudeltá e la Guerra,

        l'Inganno e Froda e la Malizia tanta,

   30 che ha guasto 'l mondo e fa che cotanto erra.


        Presa ch'ebbe la terra tutta quanta,

        non gli bastò, e 'l mar ebbe assalito

        la rea radice d'ogni mala pianta.


        Quando Nettuno vide l'uomo ardito

   35 cercar il mare e non temer tempesta

        e di solcarlo e gir per ogni lito,


        trasse di fuor del mar la bianca testa

        e 'l suo tridente, ed ebbe gran pavento,

        dicendo: – Oimè! Che novitá è questa?


   4 °Come ha trovato l'uom tanto argomento,

        che passa il mar e non teme dell'onde,

        e va e vien a vela ad ogni vento? —


        Come cosa nociva si nasconde

        che non si trove, però che si teme

   45 che, se si trova, gran mal ne seconde;


        cosí Natura de' denari il seme

        pose e nascose nel regno di Pluto,

        perché la gente non turbasse insieme.


        Ma l'amor dell'aver tanto cresciuto

   50 sfondò la terra e 'l gran Pluto infernale

        robbò, gridante lui, chiamando aiuto.


        Questo fu poi cagion di maggior male,

        ché ruppe amor e legge ed ogni patto,

        e fe' il figliolo al padre disleale.


   55 Vedendo Astrea il mondo esser disfatto

        e 'l viver santo, e guasto il giusto regno

        dal mostro reo, che fu d'inferno tratto,


        lassò la terra prava a grande sdegno,

        sí come indegna della sua presenza,

   60 e tornò al ciel, ov'ella è fatta segno.


        Allor li vizi senza resistenza

        uscîro di comun da Mongibello

        col loro ardire e con la lor potenza.


        E come quei che han preso alcun castello,

   65 gridan: – Brigata, sú! il castello è nostro! —

        per veder se si leva alcun ribello;


        cosí, usciti dall'infernal chiostro,

        Satan e i suoi questo mondo pigliâro:

        allor d'inferno uscí il primo mostro.


   70 E sua superba sede collocâro

        in mezzo il mondo, dov'è il primo clima,

        onde l'un polo e l'altro vede chiaro.


        Lá sta la via che al regno mio sublima,

        su per la qual nessun può mai venire,

   75 se colui non combatte e vince in prima.


        Lí stanno i vizi sol per impedire

        che verso il cielo alcun insú non saglia

        con grandi orgogli ed onte e con ardire.


        Chi come Circe la mente gli abbaglia,

   80 chi canta dolce piú che la sirena,

        e chi menaccia e chi dá gran battaglia.


        Di mille se un passa e anco appena,

        viene in contrada di splendor sereno,

        di belli fiori e dolci canti piena.


   85 Ed in quel pian sí chiaro e tanto ameno

        stanno quei ch'ebbon fama di virtute,

        benché battesmo e fede avesson meno:


        ché non vuol l'alto Dio che sien perdute

        le prodezze in inferno, e senza fede

   90 vuol che null'abbia l'eternal salute.


        Chi, oltre andando, piú suso procede,

        trova nel gran giardin quattro donzelle:

        oh beato chi l'ode e chi le vede!


        Tre altre piú divine e vieppiú belle

   95 ne stan piú su, e con queste sto io,

        accompagnata da quelle sorelle.


        Ed in quel loco bel vagheggio Dio,

        e veggio il primo artista nel suo esemplo

        tra le bellezze del suo lavorio.


  100 Poi vo piú alto ed entro nel gran templo

        del sommo Iove, e con la mente mia

        a faccia a faccia il Creator contemplo.


        Anche domandi quanta signoria

        ha Satanasso; ed, a ciò dichiararte,

  105 convien con fondamento sappi in pria


        che Dio è primo prince in ogni parte

        sempre e di tutto, ed a' primi motori

        la sua virtú comunica e comparte.


        E questi dopo lui sonno signori

  110 di tutte quelle cose, che 'l ciel move,

        perché de' cieli son governatori.


        Adunque ciò che da influenzia piove,

        o che fa 'l tempo, cioè state o verno,

        ovver natura delle cose nòve,


  115 tutto procede dal moto superno;

        e la virtú vien da' motor primai,

        a cui de' cieli Dio dato ha 'l governo.


        Piú che gli altri motor Satán assai

        ha di potenza, e da lui esser mossa

  120 puote ogni spera ed influir suoi rai.


        E se ogni cosa natural è scossa

        dai ciel, che viene in terra, or puoi sapere

        quant'ella è grande e ampia la sua possa.


        E, poiché colpa gli fe' l'ali nere,

  125 Dio spesse volte l'operar gli toglie,

        sí come in Iobbe si poteo vedere.


        Vero è che a certe cose egli lo scioglie,

        ché vuol che sia signor sopra la gente

        che segue la sua legge e le sue voglie.


  130 E tu lo proverai s'egli è possente

        coi vizi suoi ed anco s'egli stanca

        la carne vostra, quando a lui consente.


        Ma non temere e l'animo rinfranca;

        reduci i grandi esempli alla memoria,

  135 ché fortezza incorona, se non manca.


        Nella battaglia s'acquista vittoria.

        Nessun mai per fuggir o per riposo

        venne in altezza, fama ovver in gloria.


        E, se il cammino è duro o faticoso,

  140 pensa del fine e pensa qual sia il frutto

        fra te medesmo saggio e virtuoso. —


        Allor allor alla briga condutto

        stato essere vorria: tanta speranza

        mi die' il suo dir e rinfrancòme tutto.


  145 E però dissi con grande baldanza:

        – Andiam, ché nullo mostro pel sentiero

        di potermi impedire avrá possanza.


        – Non ti fidar di te, né sie altèro

        – rispose, – ché colui è piú da lunge,

  150 che stima esser piú appresso nel pensiero.


        Nessun giammai a buon termine giunge,

        se del gir poco o del tornar addietro

        non fa a sé gli spron, con che si punge.


        Perché di sé presunse il gran san Pietro,

  155 cadde, da vento piccolo commosso,

        non come ferma pietra, ma di vetro. —


        Quando udii questo, di vergogna rosso

        sí diventai, che dissi per scusarme:

        – Minerva, senza te niente posso.


  160 Perché spero da te la possa e l'arme

        – diss'io, – credo cosí esser difeso,

        se dietro a te ti degni di guidarme. —


Allor si mosse, quando m'ebbe inteso.


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