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LIBRO PRIMO
CAPITOLO IV

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Lamento dell'autore sopra la perduta Filena: promessa di piú bella ninfa fattagli da Cupido.

        – Oimè, oimè, o Rifa mia fedele,

        come ha permesso la fortuna e Dio

        che sia avvenuto un caso sí crudele?


        Trovai quel mostro maladetto e rio

    5 nella boscaglia in sul levar del sole;

        ed e' mi domandò del cammin mio.


        Oh lasso me! con sue dolci parole

        ei m'ha tradito: or vada, ch'io nol giunga

        e non l'occida, a lunge quanto vuole. —


   10 Driada disse: – Il falso è sí alla lunga,

        che 'nvan per queste selve t'affatichi

        che mai per te insino a lui s'aggiunga.


        – O Rifa mia, io prego che mi dichi

        dov'è la quercia, dove sta unita

   15 Filena mia coi begli occhi pudichi,


        e, da che io non gli parlai in vita,

        la vegga morta e le mie braccia avvolti

        a quella pianta, dove sta impedita. —


        Mossesi allor con pianti e con singolti,

   20 ed io con lei per l'aspero cammino

        di quelli boschi e di que' lochi incolti,


        insin che giunsi all'arbore tapino;

        non alto giá, ma era lato tanto,

        quanto in la selva è lato un alto pino.


   25 Io corsi ad abbracciarlo con gran pianto,

        e dissi: – O ninfa mia, prego, se pui,

        prego che mi rispondi e parli alquanto.


        Oh lasso me! ché a te cagione io fui

        di questa morte; ché quel traditore

   30 nefando mostro ha tradito amendui.


        Alli miei prieghi ti ferí l'Amore

        dell'infelice colpo alla gonnella,

        che passò tanto acceso poi nel core.


        Prego, perdona a me, Filena bella:

   35 perché non parli? perché non rispondi?

        Prego, se puoi, alquanto a me favella.


        Questa novella pianta e queste frondi

        e questi rami io credo che sian fatti

        delli tuoi membri e tuoi capelli biondi. —


   40 Poiché mille sospiri io ebbi tratti

        e mille volte e piú la chiama' invano

        con pianti e voci ed amorosi atti,


        a quelle frasche stesi sú la mano

        e della vetta un ramuscel ne colsi:

   45 allora ella gridò: – Oimè! fa' piano. —


        E sangue vivo uscí, ond'io el tolsi,

        sí come quando egli esce d'una vena;

        ond'io raddoppiai il pianto e sí mi dolsi:


        – Perdona a me, perdona a me, Filena. —

   50 Poi maladissi il falso dio Cupido,

        che lei e me condotto avea a tal pena,


        dicendo: – Se piú mai di lui mi fido,

        perir poss'io, e se al suo consiglio,

        seguendo il passo suo, mai piú mi guido. —


   55 Quando questo io dicea, con lieto ciglio

        Cupido apparve con bel vestimento

        broccato ad oro nel campo vermiglio;


        e disse a me: – Perché questo lamento

        di me fai tu? Non è la colpa mia,

   60 se altri a te ha fatto tradimento.


        Anche è stato tuo error e tua follia,

        da che tu rivelasti il tuo secreto

        al mostro, che trovasti nella via.


        Pon' fin omai, pon' fin a tanto fleto,

   65 ché d'altra ninfa di maggiore stima,

        se mi vorrai seguir, ti farò lieto. —


        Ed io, mirando l'arbore alla cima,

        dissi: – Piú bella non fu mai veduta;

        questa l'ultima sia, che fu la prima. —


   70 Ed egli a me: – Della cosa perduta

        non curar piú; e tanto ti sia duro,

        quanto se mai tu non l'avessi avuta. —


        Ed io dicendo pur: – Venir non curo, —

        della faretra fuor un dardo trasse,

   75 ch'era di piombo pallido ed oscuro,


        e parve ch'e' nel petto me 'l gittasse;

        e perché quello fa che amor si sfaccia,

        fece che piú Filena io non amasse.


        Allor risposi a lui con lieta faccia:

   80 – Voglio venire e voglio seguitarte

        ed esser presto a ciò che vuoi ch'io faccia. —


        Ed egli disse: – Qua a destra parte

        sta una valle tra la gran foresta,

        che diece miglia di qui si diparte.


   85 Lí debbe dea Diana far la festa

        per la sua madre, come fa ogni anno,

        e la dea Iuno a venirvi ha richiesta,


        sí ch'ella e le sue ninfe vi verranno,

        che son sí belle, che, a rispetto a quelle,

   90 queste di Diana silvestre parranno.


        Tu vederai venir quelle donzelle

        tutte vaghette, adorne ed amorose,

        incoronate di splendenti stelle. —


        E poi si mosse tra le vie spinose,

   95 tanto ch'e' mi condusse su nel monte,

        ond'io vedea la valle, e lí mi pose.


        In mezzo la pianura era una fonte

        sí piena d'acqua, che n'usciva un rivo,

        nel qual le ninfe si specchian la fronte.


  100 E 'n mezzo la pianura, ch'io descrivo,

        era una quercia smisurata e grande

        e sempre verde quanto verde olivo;


        e li suo' rami in quella valle spande,

        li quai son tutti di rosso corallo,

  105 ed ha zaffiri in loco delle giande.


        E tutto il fusto è come un chiar cristallo,

        e sotto terra ha tutte sue radice,

        come si crede, del piú fin metallo.


        Per farlo adorno e mostrarlo felice

  110 vi cantan tra le fronde mille uccelli,

        e lodi di Diana ciascun dice.


        Sul verde prato tra' fioretti belli

        vidi migliaia di ninfe ire a spasso

        con le grillande in sui biondi capelli:


  115 e per le coste giú scendere abbasso

        fauni vidi e satiri e silvani,

        che alla festa al pian movean il passo.


        Dietro son bestie ed hanno visi umani;

        e son chiamati dèi di quelli monti

  120 e di quegli alpi sí scogliosi e strani.


        E naide v'eran le dèe delle fonti,

        e driadi v'eran le dèe delle piante,

        che hanno i membri agli arbori congionti.


        Con le grillande vennon tutte quante

  125 giú nella valle a far festa a Diana;

        e poi che funno a lei venute avante,


        s'enginocchioron su la valle piana;

        e fengli offerta sí come a signora,

        e cantando dicean: – O dea sovrana,


  130 benedetta sii tu in ciascun'ora,

        e benedetti li fonti e li boschi,

        dentro alli quai tua deitá dimora.


        Le fère venenose e c'hanno toschi

        non vengan nelli lochi dove stai,

  135 né cosa, che dispiaccia, mai conoschi.


        Tu facesti smembrar con doglie e guai

        il trasmutato in cervio Atteone

        con la potenzia grande, che tu hai;


        ché delle ninfe le nude persone

  140 corse a vedere tra le chiarite acque,

        benché fortuna ne fosse cagione.


        Ippolito gentil, quando a te piacque,

        tornar facesti in vita dalla morte

        con quelle membra, con le quali ei nacque. —


  145 E quando ell'ebbon lor offerte pórte,

        anco alle ninfe fenno riverenza,

        sí come a servi principal di corte.


        E dilungate dalla lor presenza

        tennono nella valle estremo loco,

  150 come conviensi a lor bassa semenza.


        Giá era il tempo che la festa e 'l gioco

        far si dovea e Diana fe' segno

        a due sue ninfe, a lei distanti poco,


        che chiamasser Iunon dall'alto regno,

  155 che scendesse alla festa omai a sua posta

        col coro delle ninfe alto e benegno.


        Come fa 'n cor colui, al qual è imposta

        l'antifona per dir, che prima inchina,

        poi a cantar la voce tien disposta;


  160 cosí fên quelle due a sua regina,

        che s'inchinonno prima al suo comando,

        poi, tenendo la faccia al ciel supina,


encomincionno a dir cosí cantando.


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