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LIBRO OTTAVO
CAPITOLO VI
Politia ecclesiastica di queste nostre province per tutto il decimo secolo insin alla venuta de' Normanni
§. I. Disposizione delle Chiese sottoposte al greco Imperio, restituite poi da' Normanni al Trono romano. Puglia

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La principal sede del Magistrato greco, donde era amministrata non men la Puglia che la Calabria, la veggiamo ora collocata in Bari; quindi dagli Scrittori fu chiamata Capo di tutte le città della Puglia, e che ella teneva il primato in questa provincia. Il suo Vescovo perciò estolse il capo sopra tutti gli altri Vescovi della Puglia; s'aggiunsero i favori de' Patriarchi di Costantinopoli, i quali avendoselo appropriato, e sottoposto al Trono costantinopolitano, di molti privilegi, e prerogative lo ricolmarono. Ma sopra ogni altro si estolse per lo trasferimento quivi fatto delle miracolose ossa del santo Vescovo di Mira Niccolò; le quali fin dalla Licia, navigando alcuni Baresi per Levante, e ritornando da Antiochia per mare, dando a terra nelle maremme di Licia, venne lor fatto di involar di colà il sacro deposito, e nell'anno 1087, trasportarlo in Bari. Così Bari gareggiando ora con Benevento e con Salerno, se costoro pregiavansi dei corpi di due santi Appostoli, ella si vanta di quello di S. Niccolò; e con tanta maggior ragione, quanto che coloro ne conservano l'ossa aride ed asciutte, ma Bari le ha tutte grondanti di prezioso liquore; di che ne abbiamo un'illustre testimonianza, quanto è quella dell'Imperador Emanuel Comneno, il quale in una sua Novella[124] lo testifica. Ebbe la Chiesa di Bari suoi Vescovi antichi; hassi memoria di Gervasio, che nell'anno 347, intervenne nel Concilio di Sardica: di Concordio, che si sottoscrisse nel Concilio romano, sotto il Pontefice Ilario nell'anno 465, e di altri, che non erano, che semplici Vescovi. Antonio Beatillo nella sua Istoria di Bari vuole, che sin dall'anno 530, nel Ponteficato di Felice IV, da Eugenio Patriarca di Costantinopoli fosse stato Pietro Vescovo di Bari innalzato al titolo ed autorità di Arcivescovo e di Metropolitano, essendo manifesto dalle greche Bolle, che si conservano ancora nel Duomo di Bari, che i Patriarchi di Costantinopoli confermavano gli Eletti, e ne spedivano le Bolle; ma siccome è vero, che Bari quando era sottoposta al greco Imperio, fu ancora attribuita al Trono costantinopolitano, leggendosi in Balsamone nell'esposizione, ch'egli fa de' Vescovadi a quel Patriarcato soggetti, fra gli altri, quello di Bari al numero XXXI, quello di Trani al numero XLIV, l'altro d'Otranto al LXVI e gli altri di Calabria al XXXVIII, nulladimanco ciò non deve riportarsi a tempi cotanto in dietro e remoti infino all'anno 530, quando queste province con vigore erano governate da' Goti, e nelle quali non avean che impacciarsi così nel politico e temporale, come nell'ecclesiastico e spirituale i Greci; essendo allora tutte le nostre Chiese amministrate dal Pontefice romano, nè l'ambizione de' Patriarchi di Costantinopoli s'era in que' tempi distesa tanto, sicchè avesse potuto invadere anche queste nostre province, siccome si vide da poi ne' tempi di Lione Isaurico, e più, sotto gl'Imperadori Lione Armeno e Lione il Filosofo, che si portano per autori della disposizione delle Chiese sottoposte al Trono di Costantinopoli; ond'è da credere, che i Vescovi di Bari decorati prima secondo il solito fasto de' Greci col titolo di Arcivescovi, si fossero da poi renduti Metropolitani da' Patriarchi di Costantinopoli, con attribuir loro dodici Vescovi suffraganei, molto da poi, che Reggio, S. Severina ed Otranto furono sottoposti al Trono costantinopolitano, quando, vindicata Bari da' Longobardi e da' Saraceni, pervenne finalmente sotto la dominazione de' Greci.

La città di Canosa in tempo della sua floridezza gareggiò con Bari in quanto a' Vescovi: ebbe ancor ella suoi Vescovi antichi, e lungo di lor catalogo ne tessè Beatillo, incominciando dall'anno 347 fino all'anno 800, nel quale egli dice che Pietro Longobardo affine di Grimoaldo Principe di Benevento fu eletto Vescovo di Canosa, il qual egli crede che fosse l'ultimo, poichè ei soggiunge, che fu poi la sua sede innalzata in metropoli nell'anno 818, ond'egli fu l'ultimo Vescovo, e 'l primo Arcivescovo di Canosa; e non potendo dirsi, che a questo grado l'avesse innalzato il Pontefice romano, poichè verrebbe ad esser più antico di quello di Capua, quando tutti i nostri più appurati Scrittori questo pregio d'antichità lo attribuiscono a Capua, è da credere che dal Patriarca di Costantinopoli, non già dal Romano fosse stato a questi tempi il Vescovo di Canosa renduto Arcivescovo. Che che ne sia, distrutta da poi Canosa da' Saraceni, si videro uniti questi due Arcivescovadi nella persona di un solo, e la Chiesa di Canosa fu unita a quella di Bari; ed Angelario, che a Pietro succedè, fu il primo, che nell'anno 845, si chiamasse Arcivescovo insieme di Bari e di Canosa, siccome da poi usarono tutti i suoi successori. Tolte da poi queste Chiese al Trono costantinopolitano, e restituite da' Normanni al Romano, i Pontefici romani lasciandole colla medesima dignità, cominciarono a disporne come a se appartenenti, concedendo all'Arcivescovo di Bari l'uso del Pallio, che prima non avea; e Gregorio VII, a richiesta del Duca Roberto, nell'anno 1078 creò Arcivescovo di Bari Urso, cotanto famigliare di quel Principe, e da poi nell'anno 1089 Urbano II da Melfi, ove tenne un Concilio, gito a Bari, a preghiere del Duca Roggiero e di Boemondo suo fratello, concedette, e confermò ad Elia allora Arcivescovo di Bari suo grande amico, per essere dimorati insieme Monaci nel monastero della Trinità della Cova, ed a' suoi successori per suffraganee le diocesi di Canosa, di Trani, di Bitetto, di Bitonto, di Giovenazzo, di Molfetta, di Ruvo, d'Andria, di Canne, di Minervino, di Lavello, di Rapolla, di Melfi, di Salpi, di Conversano, di Polignano, ed oltramare, anche di Cattaro, e le Chiese di Modugno, d'Acquatetta, di Montemiloro, di Biselpi, di Cisterna con tutte le altre Chiese delle città e terre a queste diocesi appartenenti, con spedirnele Bolla, che si legge presso Ughello, e vien anche rapportata dal Beatillo.

Ma di tanti suffraganei al Metropolitano di Bari assegnati, molti in decorso di tempo ne furono sottratti, passando chi sotto l'immediata soggezione della Sede Appostolica, altri soppressi, altri dati a Trani, la quale da poi fu innalzata anch'ella in metropoli. L'Arcivescovo di Trani è fra' moderni il più antico, leggendosi molte epistole d'Innocenzio III dirizzate al medesimo; ma la sua istituzione non deve riportarsi a' tempi di Urbano II, ne' quali non era ancora che semplice Vescovo. Quindi erra il Beatillo[125], che da questa Bolla di Urbano vuol ricavare che noverandosi anche Trani fra l'altre Chiese attribuite per suffraganee all'Arcivescovo di Bari, avesselo creato per ciò anche Primate della Puglia, non altramente che l'istesso Urbano creò quello di Salerno Primate della Lucania, e siccome l'istesso Pontefice sublimò al grado e dignità di Primate in Ispagna l'Arcivescovo di Toledo, e l'altro di Tarracona; poichè nel Pontificato d'Urbano II Trani non era stata ancora innalzata a metropoli: ebbe quest'onore intorno a' tempi d'Innocenzio III, o poco prima, e poscia gli furono attribuite la città di Barletta, la quale all'Arcivescovo di Trani, non al Nazareno è sottoposta, Corato, ed il Castello della Trinità. Fu poi unita a questa Metropoli la Chiesa di Salpi, che per lungo tempo tenne i suoi Vescovi, ma da poi nell'anno 1547, si riunì a quella di Trani, siccome dura ancora. Tiene ora per suffraganei i Vescovi d'Andria e di Bisceglia, poichè in quanto al Vescovo di Monopoli sta immediatamente sottoposto alla sede di Roma.

Si sottrassero ancora dal Metropolitano di Bari il Vescovo di Melfi, passando sotto l'immediata soggezione del Papa, e l'altro di Canne, il quale sottratto da questa sede, fu attribuito all'Arcivescovo di Nazaret. Gli restano adunque ora per suffraganei li Vescovi di Bitetto, di Bitonto, di Conversano, di Giovenazzo, di Lavello, di Minervino, di Polignano, e di Ruvo; e ciò che parrà strano, ritiene ancora per suffraganeo il Vescovo di Cattaro, città della Dalmazia sottoposta a' Veneziani, la qual prima era suffraganea all'Arcivescovo di Ragusi, poi a quello d'Antivari, e finalmente a quello di Bari[126]. Ma non è però, che insieme col Vescovo fosse a lui suffraganea la sua diocesi: ella ora in buona parte viene occupata dal Turco, il rimanente ritiene ancora il rito greco scismatico, e con esso molti errori: niegano il Primato al Pontefice romano; niegano il Purgatorio, e la processione dello Spirito Santo dal Padre, e dal Figliuolo; e gli ordini sacri dal Vescovo di Rascia comprano. Ritiene ancora l'Arcivescovo di Bari la giurisdizione di conoscere in grado d'appellazione le cause delle Corti di Molfetta, di Canosa, di Terlizzo, e di Rutigliano.

Risplende eziandio la Puglia per un altro Arcivescovo, che collocato nella città di Barletta, conserva ancora le memorie antiche della sua prima Sede: egli è l'Arcivescovo di Nazaret. Fu Nazaret città della Galilea al Mondo cotanto rinomata per li natali del suo Redentore, che da lei volle cognominarsi Nazareno. Liberata che fu Gerusalemme dal glorioso Goffredo, fortunato ancora che dopo il corso di tanti secoli trovò chi di lui si altamente cantasse; i Latini costituirono Nazaret metropoli; ma ritolta a costoro nell'anno 1190 la Palestina, ed in poter de' Saraceni ricaduta, si vide quest'inclita città in servitù de' medesimi, ed il suo Arcivescovo ramingo e fuggitivo, non trovò altro scampo, che in Puglia; e quivi accolto dal romano Pontefice, affinchè si ritenesse la memoria ed il nome d'un così venerando Sacerdote, gli piacque costituirgli in Italia una sede onoraria, ed in Barletta, città della diocesi di Trani, stabilì la sua residenza. Fugli non lungi dalle mura di questa città assegnata una Chiesa con tutte le ragioni e dignità di Metropolitano; ed indi a poco molte Chiese parrocchiali furon a lui sottoposte. Non passò guari, che due Chiese cattedrali al suo Trono furono attribuite: quella di Monteverde nell'anno 1434 avendola Clemente VII unita alla Chiesa di Nazaret; e l'altra di Canne, che nell'anno 1455 Calisto III parimente a quella l'unì. Ruinata da poi per le guerre la prima Chiesa assegnatagli, fu trasferita nell'anno 1566 per autorità di Pio V la sede dentro la città, nella Badial Chiesa di S. Bartolomeo. L'Arcivescovo Bernardo da' fondamenti la rifece, e con molta magnificenza l'ampliò e l'adornò. Tiene quest'Arcivescovo la sua diocesi distratta in varie parti: ha chiese a lui sottoposte in Bari, in Acerenza, in Potenza, nella Terra di Vadula della diocesi di Capaccio, nella Saponara della diocesi di Marsico, ed altrove, e gode di molti benefizj chiamati semplici. Egli s'intitola Arcivescovo Nazareno, e Vescovo di Canne e di Monteverde per ispezial privilegio concedutogli da Clemente IV, confermatogli da poi da Innocenzio VIII, da Clemente VII e da Pio V, romani Pontefici. Tiene una singolar prerogativa di portar la Croce, il Pallio, e la Mozzetta, non solo in Barletta, e nelle altre Chiese della sua diocesi, ma per tutto il Mondo cattolico, nè sotto qualunque pretesto di concessione appostolica possono gli altri Arcivescovi contrastargliela. Egli non è sottoposto ad altri, che al romano Pontefice, ed esercita nella sua Chiesa e diocesi tutta quella giurisdizione, che gli altri Arcivescovi esercitano nelle Chiese loro.

124

Novel. 2 de Feriis, §. 4 in honorem miraculis celebris unguentoque scaturientis Nicolai.

125

Beatil. Istor. di Bari, lib. 2.

126

Bulla Urbani II apud Ughel. Simul et Catara, quae in transmarini litoris ora sita esse cognoscitur.

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3

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