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LIBRO OTTAVO
CAPITOLO IV
Ottone III succede nel Regno, e nell'Imperio: nuove rivoluzioni accadute per ciò in Italia, ed in queste nostre province; e sua morte

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Morto Ottone II in Roma nell'anno 883[77], e giunta quando men si pensava in Germania questa novella, empiè di confusione que' Principi; poichè ancorchè Ottone II lasciasse un altro Ottone suo figliuolo, non essendo questi che di anni diciassette[78] diedesi occasione all'ambizione d'Errico Duca di Baviera, patruele del morto Ottone, di aspirare al Regno di Germania. I Romani dimandavano per Imperadore un Italiano nomato Crescenzio; ma gli Alemanni tosto ruppero questi disegni, che non potevano loro recare se non rivoluzioni e disordini; onde unitisi elessero per loro Re Ottone III col consenso anche del Pontefice Benedetto.

Ma l'esser questo Principe di età così tenera e mal adattata a reggere un tanto Regno, cagionò non meno in Alemagna, che in Italia disordini gravissimi; poichè mentre Ottone era tutto inteso a sedar i tumulti di Germania nati per questa sua elezione, in Italia accaddero sedizioni e gravi turbolenze. In Roma morto Benedetto romano Pontefice, fu eletto in suo luogo Pietro Vescovo di Pavia, che Giovanni XIV nomossi[79]; ed è verisimile, ch'essendo egli Cancelliere d'Ottone per la raccomandazione di questo Principe e' fosse stato innalzato a quella dignità. Ma Bonifacio Cardinal Diacono, il quale avendo prima occupata questa sede, ne era stato poi discacciato, e rifuggito in Costantinopoli fremendo del torto che riputava essergli stato fatto, tornato da Costantinopoli venne in Roma l'anno 985, ed avendo risvegliati quelli del suo partito e guadagnato il Popolo, si rese il più forte di Roma: carcerò il Papa Giovanni, e lo rinchiuse nel castel di S. Angelo, dove lo fece morire di fame in capo a quattro mesi; ma Bonifacio non sopravvisse, che solo quattro altri mesi; onde da repentina morte tolto al Mondo, fu in suo luogo assunto al Pontificato Giovanni XV quegli che confermò la Metropoli di Salerno ad Amato Vescovo ch'era di quella città, innalzato Arcivescovo poco prima da Benedetto.

Ma Crescenzio, il quale avea preso contro Ottone il titolo di Console, e s'era impadronito del castello di S. Angelo, lo costrinse per timore a ritirarsi in Toscana, ed a pregare Ottone di venire in Italia a ristabilirlo nella sua sede. I Romani, che sapevano per esperienza quanto lor costassero le visite degl'Imperadori richiamarono Giovanni: ma Crescenzio contuttociò conservava la sua autorità in Roma. Ottone venuto in Italia nell'anno 996 stette per qualche tempo in Ravenna, e nel tempo di questo suo soggiorno in quella città, Papa Giovanni morì. I Romani furono costretti per comandamento dell'Imperadore ad elegger Papa in suo luogo Brunone suo fratel cugino, che prese il nome di Gregorio V, ma Crescenzio ben presto lo cacciò, e pose sulla sede Giovanni Vescovo di Piacenza. Questa azione non istette gran tempo senza gastigo, perchè Ottone venne subito coll'esercito, e con picciolo contrasto ristabilì Gregorio. Giovanni si salvò con Crescenzio nel castel di S. Angelo; ma l'Imperadore assediò la Fortezza, e vi sarebbe stata gran difficoltà a prenderla, se Crescenzio, che vigorosamente la difendeva, non fosse stato ucciso a tradimento. Il nuovo Papa Giovanni fu preso, gli furono cavati gli occhi, troncati il naso e l'orecchie, e condotto in quello stato per le strade della città sopra un asino col capo rivolto verso la coda dell'animale. Tali furono i disordini e le rivoluzioni di Roma; nè minori furono per simili cagioni le sedizioni in Milano.

Ma in queste nostre province i disordini furono maggiori, ed in Capua più d'ogni altra parte. Reggeva, come si è detto, in questi tempi il Principato di Capua Landenulfo con Aloara sua madre, ma essendo questa Principessa morta dopo undici anni che resse col suo figliuolo, non passarono quattro mesi, che alcuni malvagi suoi sudditi in quest'anno 993 congiurati empiamente lo ammazzarono fuori della chiesa di S. Marcello, donde allora era uscito; e fu eletto in suo luogo per Principe di Capua Laidolfo suo fratello; ma non restò invendicata la morte di quest'infelice Principe, poichè Trasmondo Conte di Chieti suo congionto, avendo chiamato in suo aiuto Rinaldo ed Oderisio Conti di Marsi, indi a due mesi sopra Capua n'andò, e tennela assediata quindici giorni, dando il guasto a' luoghi d'intorno[80]; ed indi a poco pervenuto alla notizia d'Ottone III l'infame assassinamento di Landenulfo, vi mandò di nuovo i medesimi col Marchese Ugo, i quali non mai dall'assedio si levarono, finchè non furono dati loro i malfattori, sei de' quali furono fatti impiccare, e gli altri con diversi tormenti furono fatti penosamente morire. Ed essendo da poi venuto a notizia d'Ottone, che Laidolfo, il quale al Principato era succeduto, aveva tenuta mano nella morte del fratello, parendogli cosa molto scellerata che un empio avesse in quel luogo a regnare, privollo del Principato nell'anno 999 mandandolo in esilio di là de' monti, e vi costituì Principe Ademario Capuano, figliuolo di Balsamo suo famigliare, che da fanciullo aveasi egli educato, ed a cui poco prima avea dato il titolo di Marchese[81]. Onde Laidolfo, secondo il vaticinio del B. Nilo, fu l'ultimo, che imperò in Capua ex semine Aloarae. Ma Ademario godè poco di tal fortuna, perchè fattosene indegno, fu tosto da' Capuani scacciato, e fu sublimato al Principato Landulfo di S. Agata, figliuolo di Landulfo Principe di Benevento, e fratello di Pandulfo II che reggeva Benevento dopo averne scacciato Landulfo IV. Non mancarono ancora le calamità in quest'istessi tempi, che apportarono i Saraceni in questo Principato; poichè scorsa, e devastata la campagna da questi fieri nemici, nel millesimo anno invasero Capua e la presero. Di che avvisato Ottone, tosto calò in Italia, disfece i Saraceni, e gli cacciò da Capua e da' suoi confini.

Nel Principato di Salerno accaddero non minori disordini: poichè morto Capo di ferro, rimase Principe, come si disse, Pandulfo suo figliuolo, per essere stato questi adottato dal Principe Gisulfo I, ma non potè Pandulfo se non per pochi mesi dopo la morte di suo padre ritenerlo, perchè privo di tal aiuto in quel medesimo anno 981 che morì il padre, perdè tosto il Principato, e s'intruse nel medesimo Mansone Duca d'Amalfi, il quale insieme con Giovanni I suo figliuolo lo tenne due anni[82]: Ottone II subito in quest'istesso anno 981 nel mese di decembre non potendo soffrire l'intrusione di Mansone, assediò Salerno per discacciarnelo come illegittimo Principe: ma da poi avendo proccurato Mansone placare l'Imperadore, tanto operò finchè ottenne dal medesimo, che potesse ritenere il Principato.

Nè Ottone ebbe pensiero che fosse restituito a Pandulfo, forse perchè da lui era parimente riputato Principe illegittimo, essendo succeduto in quel Principato per l'adozione fatta da Gisulfo, e le consuetudini feudali[83], che tratto tratto eransi introdotte in questi luoghi, vietavano a' figliuoli adottati poter succedere ne' Feudi del padre adottivo. Comunque siasi, Mansone ritenne il Principato di Salerno per due anni, come rapporta la Cronaca salernitana, associando ancora a quello Giovanni I suo figliuolo, come fu detto. Ma morto da poi Ottone II nell'anno 983 i Salernitani mal sofferendo il dominio di Mansone Duca di Amalfi, per le continue inimicizie e gare, che tra Amalfitani e Salernitani furono sempre, tosto ne discacciarono Mansone, il quale già era stato anche discacciato dal Ducato d'Amalfi (se bene da poi lo ricuperasse, e lo reggesse per altri sedici anni) ed in suo luogo rifecero Giovanni di Lamberto, che fu detto II per distinguerlo da Giovanni I figliuolo di Mansone, chiamato di Lamberto dal nome di suo padre, forse consanguineo de' Duchi di Spoleto, i quali sovente valevansi de' nomi di Lamberto e di Guido; siccome questo Giovanni, Guido nomò un suo figliuolo che associò al Principato. Regnò Giovanni II con Guido dall'anno 983 infino al 988[84], ma essendo morto Guido in quest'anno, associò al soglio l'altro suo figliuolo, Guaimaro appellato, col quale regnò fino all'anno 994. In quest'anno nell'istesso tempo che il Vesuvio cominciò a vomitar fiamme, mentre giaceva con una meretrice, si trovò una notte morto Giovanni[85], tanto che si confermò vie più ciò che il volgo credea, che quando il Vesuvio vomitava fiamme, l'anima di qualche ricco scellerato era portata nell'inferno. Rimanendo nel Principato Guaimaro, che III fu detto, per esservene stati altri due prima in Salerno, e maggiore ancora appellato da Ostiense[86], per distinguerlo dal minore, che fu Guaimaro suo figliuolo, il quale al Principato gli succedette, resse solo Salerno dopo la morte di suo padre insino all'anno 1018. Da poi avendo associato al soglio il suddetto suo figliuolo Guaimaro IV, lo tenne in compagnia del medesimo insino al 1031, nel qual anno morì. Sua moglie fu Gaidelgrima figliuola di Pandulfo II Principe di Benevento, e sorella di Pandulfo IV Principe di Capua, che perciò Ostiense[87] lo chiama suo cognato.

In Benevento non si ravvisava più quella maestà e floridezza di prima, e per gli sconcerti e tumulti poco prima accaduti per lo discacciamento di Landulfo IV reggeva il Principato Pandulfo II con continui sospetti e gare co' Principi di Capua. Egli però per mantenere il Principato nella sua posterità avea nell'anno 987 associato al soglio Landulfo suo figliuolo che V fu detto. E da poi avendo Landulfo procreato un figliuolo chiamato Pandulfo, associò ancora al Principato questo suo nipote nell'anno 1014 che Pandulfo III fu detto, e regnò insieme col figliuolo e col nipote insino all'anno 1024, nel qual tempo morì[88]. Rimase nel Principato Landulfo V insieme con Pandulfo III insino che morì nell'anno 1033; questi associò ancora un suo figliuolo nell'anno 1038, che tenendo anche il nome di Landulfo, VI perciò fu detto. Alle calamità di Benevento s'aggiunse, che Ottone III, mal soddisfatto de' Beneventani, perciò che veniva loro imputato di aver abbandonato insieme co' Romani Ottone suo padre nella battaglia co' Greci, non poteva sofferirgli: quindi si narra che ritornato dal santuario di Gargano in Benevento tutto cruccioso per l'odio che portava a' Beneventani, avesse loro tolto il corpo di S. Paolino, e portatolo in Roma[89].

Ottone intanto per quietare in Roma i molti disordini che per la fellonia di Crescenzio eran rimasi, non essendogli bastato di aver fatto uccidere questo Tiranno, per dubbio che i Romani non tentassero nuove cose, portossi a questa città in quest'anno 1001, ma non potendo reprimere una nuova congiura tramatagli, non tenendo allora forze bastanti, riputò meglio uscir di Roma, e verso Lombardia incamminossi. Narrasi, che nel partire la moglie di Crescenzio, la quale l'Imperadore colla speranza del Regno aveala allettata al suo amore, vedutasi ora fuor di speranza avessegli tutta dolente, ma simulando il dolore, dato in dono un paio di guanti avvelenati[90], dal qual veleno Ottone insensibilmente essendone contaminato, se ne morì. Lione Ostiense[91], e l'Arcivescovo di Firenze Antonino[92] narrano, che morisse di veleno apprestatogli in una bevanda, non già ne' guanti: ciò che sembra più credibile, ripugnando in fisica, secondo le osservazioni del Redi, che il veleno in cotal guisa dato, possa aver tanta forza e vigore di coagulare, o sciogliere il sangue sì che l'uom ne muoia. In fatti Ottone appena giunto presso Paterno non molto distante dalla città di Castellina ammalossi, e quivi prima di render lo spirito confessò morire di veleno: alcuni vogliono che morisse in Sutri in quest'istesso anno 1001 come l'Anonimo Cassinense; altri, come il Sigonio seguitato dal Baronio, nell'anno seguente 1002. Ci sono ancor rimase di questo Imperadore molte leggi, raccolte pure dal Goldasto[93]; ma non avendo di se lasciata prole maschile, e restando estinta in lui la progenie degli Ottoni, si videro i Germani in confusione grandissima per la nuova elezione, la quale doveva per necessità cadere in altro Principe fuori di quella Casa. Si diede perciò occasione a' nostri Italiani di nuovamente aspirare all'Imperio ed al Regno d'Italia, come lo pretesero, ponendo in su Ardoino figliuolo di Dodone Marchese Eporediense; onde tornossi agli antichi disordini.

77

(Non è da tralasciare la favola rapportata dall'Autore del Frammento Urstisiano tom. 2 pag. 82 di una singolar cagione di morte di questo Imperadore; e tanto maggiormente perchè riguarda il santuario del Monte Gargano, ed una tradizione, che ancor dura in quel luogo. Anno Domini, e' scrive, DCCCCXCI. Otho Rex, peragrata Italia, venit in Montem Gargani, et cognovit a referentibus Angelorum obsequia nocturno tempore ibi esse, nec ullum mortalium velint interesse, cujus causa notitiam cum disposuisset curiosius indagare, Apostolicum convenit super hac re primum. Cui cum Apostolicus consilium suum indidisset, sibi minus placere illum Angelicis ministeriis interesse, parvi pendit consilium Papae, et eo ignorante proficiscitur in Montem Gargani. Ubi dum pernoctaret, inter caetera quae cognovit Sanctorum Mysteria, veniam consequutus est Angelorum, quod temere sacratum locum introierat; tantum ab Angelis prostratus, pro quodam judicio, quod perfecisse debuerat, nec fecit, pro negligentia transverberatus est: Deinde Sanctus Michael jussit eum Romam remeare, statuto sibi die, quo cum vellet invisere. Sicque cruentatus Rex Romam repedavit, et Benedicto Papae cuncta a se visa retexuit. Igitur Rex valido languore tactus, vita decessit, et ab Archangelo receptus, superis est sociatus Anno Domini DCCCCXCIV. Burcardo Struvio Ist. Germ. dis. 13 §. 6 dopo aver rapportato questo Frammento, soggiunge: Sed quis crederet hasce fabulas ob Chronologiam etiam haut convenientem suspectas? Ejusdem farinae sunt nugae quas de Laurentio Martyre, quasi ultore alii fingunt, de quibus Baronius ad annum 983 §. 11).

78

(Alcuni Scrittori Germani rapportati dallo stesso Struvio loc. cit. §. 8 p. 562 scrissero, che Ottone III quando succedè al Padre, era di età più tenera; e Gobelino Persona non lo fa che puerulus duorum annorum Aet. VI C. L.).

79

Sigon. An. 984.

80

Sigon. A. 911.

81

Ostiens. lib. 2 cap. 15 V. Cam. Pellegr. in Serie Com. Cap. 8. p. 207.

82

Chron. Saler. apud. Pellegr. in Stem. Princ. Saler.

83

Lib. 2 tit. 26.

84

Pellegr. in Stem. Princ. Saler.

85

Petr. Damian. lib. 1 Epist. 9.

86

Ostiens. lib. 1 c. 37.

87

Ostiens. l. 2 c. 57.

88

Pellegr. in Stem.

89

Sigon. ad A. 1001.

90

Sigon. et Baron. ad A. 1002.

91

Ostiens. l. 2 c. 24.

92

Antonin. 2 part. tit. 16 cap. 3 §. 4.

93

Gold. tom. 3 p. 311.

Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3

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