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CAPITOLO VII.
Il Cappellano.

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— Presto, avanti: io seguo la bandiera di Carlomagno,» dissi ridendo al tenente; — e vada come la sa andare, sotto la generosa sua protezione fuggo sino a Berlino.

— Potenzainterra! non la è poi così disperata. Ho meco ancor mezza compagnia... tutti fior di Prussiani che fumano, e che non avrebbero paura davanti a una legione dell'inferno. Uh, avessi solo un cannone! non darei un passo indietro al cospetto di due reggimenti francesi. Se fossi stato io al posto del duca di Brunswich a Jena, o che sì o che no la battaglia sarebbe andata come è andata. Venite, dottore: io vi nomino gran cappellano della mia mezza compagnia.»

Ogni volta che si traversasse un villaggio, il tenente faceva sfilare i soldati, reliquie di tutti i reggimenti li disponeva per colonna, ed orgoglioso del suo grado, stava diritto impalato come un i, finchè a suon di trombe il suo esercito sfilava innanzi ai paesani. Quei che non avevano armi seguitavano umilmente dietro a' bagagli; e me, come cappellano quest'era il mio posto naturale.

Ben tosto legai un'amicizia da spartir colle pertiche con la vivandiera, padrona d'un baroccio. Questa brava creatura camminava a piedi, traendo per la cavezza una rôzza sfinita; e perchè non le moriva la lingua in bocca, essa mi contò per filo e per segno la storia dei fatti di Saalfeld e d'Auerstedt, censurando le posizioni e i movimenti dei Prussiani su questi due campi: alle quali critiche di strategia io non aveva a ridir nulla, io che mi sentivo capacissimo di perdere una battaglia, fossi ben a capo di dugentomila soldati.

Questa commilitona si chiamava Elisabetta, e quel ch'è curioso, acconciava il capo al modo che si vuol dipingere la regina d'Inghilterra di questo nome: avea il viso e tutto contro tutte le tentazioni, ma umor allegro, spiritosa, pizzicava di letteratura, e cantava canzoni berlinesi con una voce da passare le orecchie. Il suo spirito e la sua acquavite le davano non poca influenza sulla truppa nostra, e le schiudevano l'accesso al consiglio di guerra, dove mettea fuori il suo partito ogni qual volta si trattasse di determinar la marcia del nostro convoglio.

Il lento passo della sua rôzza, le lusinghe dell'acquavite e il suo ascendente sovra i soldati, la rendevano il vero capo nostro, tuttochè marciasse alla coda: e per non isfaticar il suo ronzino, non facevamo più di dieci o dodici miglia al giorno. La notte ci fermavamo nei villaggi, dove i soldati godevano tutta la libertà: ogni due giorni si teneva consiglio.

Per dire il vero, di questo passo non s'andava innanzi gran che: ma di giorno in giorno l'esercito aumentava di alcuni soldati che s'intruppavano con noi, in modo che arrivammo a contare dugento uomini, fra i quali due dragoni e quattro trombetti.

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