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CAPITOLO XIX.
Sei pur bella cogli astri sul crine,
Porporina foriera del dì.

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La vettura ruzzolava pianamente sulla sabbia, ed io lasciava andar i cavalli al loro passo, stringendo l'innocente mia compagna fra le braccia; e chiudendo gli occhi, m'abbandonai alle dolci visioni, che un benefico sonno mi offeriva. Giulietta, la mia parocchia, la più intera felicità, erano le fantasie tra cui il mio spirito andava rapito.

La fanciulla ed io ci svegliammo nel momento stesso, nel momento che la vettura, lasciando la subbia, entrava sopra una strada ciottolata.

Già schiariva il giorno, e la più bella aurora spiegava all'orizzonte dinanzi a me i suoi fuochi, scintillanti tra i vivi zaffiri. Gettai lo sguardo prima su' miei bravi cavalli, poi sulla mia compagna. — Ci guardammo per un po' l'un l'altro come stupefatti: ella fregò gli occhi, io altrettanto, pensando che il sole levante m'avesse abbagliato. Ma no! tornai a guardarla, e allora rimasi convinto ch'io sognava ancora della Giulietta, perchè mi pareva che fosse lei, seduta al mio fianco in petto e in persona.

— O buon Dio! signor dottore, siete proprio voi?» domandò essa colla sua gentil voce argentina, esaminando ora il mio volto e i baffi, avanzo della divisa d'ajutante generale, ora il mio vecchio pastrano tutto a strambelli.

— Giulietta! (gridai io.) Come! voi qui? possibile che voi siate al mio lato, voi?»

Ma le domande cessarono: lacrime di felicità ne oscurarono gli occhi, e lasciai cascarmi le redini. Nell'eccesso della nostra gioja dimenticammo il mondo, dimenticammo tutto quel che ne circondava, e chi sa fin quando restavamo in quell'estasi deliziosa, vera beatitudine celeste, se una violenta sciacca non fosse venuta a richiamarci sulla terra.

Ripresi le redini in mano, e allora fu una furia di bôtte e risposte.

Giulietta era più bella che mai, ed i primi raggi del sole la facevano sfolgorare in tutta la sua gloria: sicchè lasciai cascare le briglie di nuovo.

La informai delle mie avventure guerresche, già ben conosciute a voi, o lettori; e che ella ascoltò con attenzione più grande di quella di voi, o lettori. Molto più semplice era l'istoria dell'amica mia. La sua padrona, sgomenta dall'avvicinarsi dei Francesi, le aveva dato il congedo, lasciando Berlino per fuggire a Stettino, e per di là Dio sa dove Giulietta rimase sulla croce nell'incertezza de' fatti miei, sinchè ricevette da sua madre l'ordine di venirla a raggiungere. Da fanciulla obbediente partì detto fatto, lasciando le opportune spiegazioni per me, ove mai tornassi; e prese una vettura sino Francoforte. Di là, non avendo potuto trovar una carrozza, o perchè i Francesi le avessero requisite tutte, o perchè nessuno avesse voglia di muoversi in que' tempi, erasi eroicamente avventurata a piedi L'jeri sera, morta di fatica, era giunta nel villaggio, dov'ebbi la fortuna di scontrarla.

Racconti storici e morali

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