Читать книгу Racconti storici e morali - Cesare Cantù - Страница 16

CAPITOLO XII.
Già di mezzo sparito è il terreno,
Già le spade respingon le spade.

Оглавление

Indice

Mentre l'esercito nostro fissava occhi d'amore e di desiderio sul barile amato, che gli rullava dinanzi, il primo colpo di cannone si fece intendere, ed, ahi tenor d'inique stelle! la palla diede giusto nel mezzo alla botte dell'acquavite, sicchè il néttare delizioso schizzò d'ogni parte, mentre il cavallo sgomentito se ne portava il carretto.

Col liquore divino ogni coraggio disparve: e la retroguardia fece un movimento addietro verso il villaggio.

Carlomagno urlò: — Avanti;» ma sì! ogni entusiasmo era sparito: neppure un soldato s'avanzò. Tra la furia egli aveva dimenticato che la sua penna bianca doveva indicare il cammino della gloria; e giusto quella penna cascava al dietro della testa, onde i soldati si diedero a intendere che il cammino della gloria conducesse al villaggio.

Un secondo colpo bombò: il mio cavallo, già rintronato dal primo tuono di quelle artiglierie così malsane, cominciò a partecipare all'inquietudine del suo cavaliere, che non potè lasciar di volgere la testa per assicurarsi se il cammino del villaggio fosse libero tuttavia.

Allora i nemici cominciarono un fuoco di moschetteria, e tosto come un pazzo io mi posi a gridare: — Fuoco! fate fuoco! sparate!:» calcai il cappello sugli occhi, strinsi i denti, e pensando — Dio v'ajuti,» volli battermela minchion minchione verso il villaggio. Ma prima di trovar via nè verso di fare dar di volta alla mia rôzza capricciosa, i soldati obbedienti fecero fuoco, il mio cavallo n'ebbe spavento non minore di me, e mi portò in sua balìa dietro il noce. Tre cacciatori francesi mi spararono contro, e non vedendomi cascare, ed avendo paura della sciabola, che io teneva in mano, voltarono le spalle, e gambe. Il mio Pegaso, per quanto facessi per frenarlo, col capo fra le gambe seguitava il nemico; ond'io a giurare, a piangere, a gridare: — Fermo là! — Brrr — Quieto!»


Il mio Pegaso, per quanto facessi per frenarlo, col capo fra le gambe seguitava il nemico; ond'io a giurare, a piangere, a gridare: Fermo là! — Brrr! — Quieto! (Pag. 38)

Ma niente era del fermarsi. I cacciatori presero uno stradello tra due fratte; e il mio bellicoso corridore dietro. Allenati, furono essi côlti da un vero spavento, perchè io era loro senza posa alle coste: spronavano i cavalli stanchi, ma il mio ronzino scaldato raddoppiava di celerità. Sicuramente mi tolsero per un diavolo incarnato, che avesse giurato di bevere il sangue loro; perchè tratto tratto si voltavano a guatarmi con aria costernata. Ah se que' buoni cristiani avessero saputo quanto questa vittoria mi pesava!

Sbucati da una foresta di abeti, ci trovammo in un vasto piano, dov'era un campo di Francesi. Là perdetti le staffe, i miei fuggiaschi svanirono, e alcuni soldati mi trassero delle fucilate, onde il cavallo fece una capriola, e mi gettò là lungo e disteso come una pera cotta.

Addio, Giulietta! addio, conti senza l'oste! addio a chi resta! addio, mondo ingannatore! io dicea fra i sospiri: giacchè la mia caduta fu sì violenta che i soldati mi credettero morto, anzi sepolto e corsero a me coi tre fuggitivi sghignazzando. Sorsi tremante come avessi la quartana; mi domandarono la spada, ed io la cedetti: i tre fantaccini volevano schioppettarmi lì per lì, ma i cacciatori mi tolsero in protezione, giurando ch'ero uom d'onore e prode. Una lode sì poco meritata, in bocca d'un nemico, mi fece andar in brodo, principalmente quando m'accorsi di non essere ferito.

Racconti storici e morali

Подняться наверх