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(17) LA LEZIONE DELL'ACQUA

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Lucibello fu li primo ad andarsene, dopo tutto.

Era il Mese-del-Passaggio, una giornata di vento e di pioggia, quando ce lo disse, riuniti nel nostro rifugio segreto.

– Luci, tu sei matto – dissi io, senza sapere bene se crederci o no.

Lui era intento ad evocare una fiamma da qualche ramoscello non del tutto secco.

– No, amico mio. Sono forse più pazzo che se inseguissi un sogno recitato su un palcoscenico?

Ricordai quella sera nel Cortile Segreto. Era stato Lucibello, allora, a chiedermi se ero impazzito. Non potei replicare nulla.

– Quando l’hai saputo? – chiese Jues.

Lucibello mi guardò.

– Alla Festa delle Maschere – dissi io.

Lucibello annuì.

– Eravamo rimasti noi due soli – spiegai a Jues. – Nel Cortile Dorato.

– Sì. L’eremita.

– Ma l’ubu...

– L’ubu si leva in volo al crepuscolo. Vola tutta la notte. E trova quiete solo all’alba. Nella luce è il suo riposo.

Jues sbuffò. Faceva fatica a seguirci.

– Si nutre di falene – osservai io.

– Di animali lunari. Ci si ciba di ciò che appartiene alla notte.

Adesso anch’io facevo fatica a seguirlo.

– Allora l’ubu sogna di giorno – provai a cambiare approccio.

– Sì. Nella luce.

– La luce della verità? – propose Jues.

Lucibello sorrise. – Sì.

I ramoscelli finalmente avevano preso fuoco.

– Questo è il racconto di come l’Eremita Ashva apprese la lezione dell’acqua – iniziò il Venerabile dal mantello quasi bianco. Il Venerabile sedeva sull’erba al centro del Cortile dell’Equinozio, che è l’unico in Morraine a non avere un selciato. I membri dell’Immacolata Dottrina non possiedono templi né santuari e preferiscono il contatto con la nuda terra. Forse per questo il loro culto non è molto diffuso a Morraine.

Ed ecco il racconto:

L’Eremita Ashva grazie alla sua grande pietà poteva indossare un mantello del settimo grado di splendore. (Lucibello, accanto a me, era avvolto in un mantello quasi del tutto nero, con pochi fili bianchi, che indicava come avesse appena intrapreso il suo viaggio verso la luce.) Nei lunghi anni della sua vita egli aveva appreso la lezione degli uccelli e del vento, della volpe e del bue, dell’erba e della quercia. Ma ancora gli sfuggiva la lezione dell’acqua.

Così si recò presso le sorgenti del grande fiume Er, il Padre di Tutti i Fiumi, e si sedette a meditare, specchiando i propri pensieri nell’acqua limpida di una pozza. Trascorse così alcuni giorni nella più assoluta immobilità, e alla fine un pesce dalle scaglie dorate sporse la testa dall’acqua e lo fissò a sua volta.

“Cosa cerchi?” chiese il pesce.

“Cerco di apprendere la lezione dell’acqua,” rispose l’eremita.

“Sciocco! L’acqua scorre sempre e tu te ne stai fermo! Come puoi sperare di apprendere la sua lezione?” E il pesce guizzò via.

Immediatamente Ashva si alzò e prese a seguire il corso del fiume.

Incontrò dapprima le capanne dei pastori e i fienili dell’alto Er e dei suoi affluenti. Poi i primi villaggi, con i loro mulini, e i mercati dove vengono scambiate le merci delle montagne con quelle delle valli, e le cartiere dove i pestelli mossi dalle ruote ad acqua triturano stracci. Trovò in seguito la prima città: Ydessa dalle porte di bronzo, dove osservò le donne lavare i panni nelle acque dell’Er, e i bambini tuffarsi dai pontili, e i battelli appesantire le sue onde.

Fu poi la volta di Cheos dai Sette Ponti, su ciascuno dei quali si allineano le botteghe di una delle Sette Arti Meccaniche. Ashva osservò così come l’acqua si mescoli con la creta del vasaio e con il metallo dei fabbri e con la farina dei fornai.

Scendendo ancora lungo il fiume, trovò Yxiana dai mille canali, con il suo mercato galleggiante, ricco dei frutti che provengono dalla pianura circostante, fertile di per sé e resa fertilissima dai miracoli di ingegneria idraulica che fanno giungere l’acqua dell’Er a molte leghe di distanza, e regolano le sue piene.

Dopo Yxiana, il fiume scorre fra dolci colline coperte di vigneti. A Calinissa, nelle notti d’estate le acque si coprono di barche adorne di fiori e di lanterne colorate; i suoni della musica e delle risate si spandono da una riva all’altra; sulle barche, al riparo di tende, coppie di amanti si dilettano cullate dalle onde.

A Dardessa, le concerie di pelli rendono l’acqua maleodorante, ma dopo poche leghe essa torna ad assumere il colore giallastro del basso Er, e le reti dei pescatori incidono trame sulla corrente immensa.

Oltre Irkomenos iniziano i grandi argini e le dighe, costruite per ammansire il fiume nelle sue inondazioni rovinose.

Ashva vide tutte le vie dell’acqua, ne seguì ogni meandro ed ogni rivolo. Impiegò vari anni per seguire tutto il corso dell’Er: in parte perché il fiume è molto lungo, in parte perché Ashva era vecchio, e soprattutto perché conoscenza e meditazione richiedono tempo.

Durante il suo viaggio, com’è costume degli eremiti, il Venerabile Ashva chiedeva l’elemosina del cibo e di un tetto sotto cui dormire. In mancanza di essa, digiunava e si avvolgeva nel suo mantello bianco, con pochi fili neri.

Giunse infine al delta dell’Er, dove il Padre di tutti i fiumi genera i suoi innumerevoli figli. Fra le canne, su barche silenziose dal fondo piatto, scivolavano i cacciatori di uccelli acquatici. E alla fine del labirinto delle paludi, Ashva trovò quel punto delle acque dove il fiume non è più fiume, e il fango si mescola col sale.

Stanco, si sedette su un vecchio pontile di legno, a cui da molto tempo ormai non veniva ormeggiata alcuna barca. Il vento portava l’odore della salsedine.

Era il crepuscolo, e il pesce dorato sporse la testa dall’acqua verde di alghe. Guardò l’eremita, e non pronunciò parola. Ashva disse: “Pesce, ho dato ascolto al tuo consiglio, e ho seguito la corrente del fiume lungo tutto il suo cammino; ho osservato ogni cosa e ho meditato. Eppure so di non avere ancora appreso la lezione dell’acqua.”

“Sciocco!” disse il pesce. “L’acqua presta umilmente il suo aiuto a tutti: lavandaie e pescatori, mugnai e amanti, fabbri e mercanti. E tu cosa hai fatto in tutto questo tempo? Sei vissuto del pane degli altri. Come puoi sperare di apprendere la lezione dell’acqua?”

Il pesce sparì senza aggiungere parola, e Ashva rimase a lungo immobile, in preda allo sconforto. Era vecchio, ormai, e come avrebbe potuto seguire il consiglio del pesce? Infine si fece coraggio. Raggiunse il più vicino villaggio di pescatori. Alla prima casa che incontrò, gli offrirono cibo e riparo, ma Ashva rifiutò. Solo se gli avessero consentito di aiutarli nel loro lavoro avrebbe accettato un compenso. Gli abitanti della casa decisero, un po' per venerazione, un po' nella convinzione che non fosse del tutto in sé, di assecondare il suo desiderio.

Quella notte dormì nella capanna dove il pescatore teneva le reti e gli altri suoi attrezzi. Poco prima che il sole sorgesse lo svegliarono, il pescatore e i suoi due figli, e insieme si misero in mare.

E così nell'inverno della sua vita il Venerabile Ashva, l’Illuminato, imparò il mestiere del pescatore. Il suo mantello quasi bianco puzzava di pesce, le sue mani si coprirono di vesciche, poi di calli.

Poiché era abituato alla parsimonia, riuscì ad accumulare una piccola somma di denaro, con cui acquistò una barca sua. E poiché era un Venerabile e un Illuminato, non smise di predicare, e i discepoli si raccoglievano numerosi intorno a lui. I primi furono i due figli del pescatore.

Un giorno Ashva e il suo discepolo favorito, Izmal, che avrebbe in seguito indossato un mantello del settimo grado di splendore, e a cui dobbiamo questo veridico racconto, si misero in mare. La pesca fu straordinariamente abbondante, e per la grande quantità di pesce le onde sfioravano il bordo della barca.

Volsero la prora verso terra, mentre dense nubi si accumulavano all’orizzonte. Una calma piatta e minacciosa si stese sulle onde. Le vele sbatacchiavano flosce. Izmal afferrò i remi, ma Ashva rimase immobile a prua, fissando l’acqua, come se attendesse qualcosa.

Ed ecco che il pesce dorato affiorò dalle acque. “Ebbene vecchio,” disse, “hai appreso finalmente la lezione dell’acqua?”

“Ho seguito il Grande Padre Er in tutti i suoi meandri, ho osservato le vie del fiume e degli uomini, mi sono sforzato di imitare l’acqua nella sua umiltà. Ma ancora sento di non avere appreso la sua lezione. Aiutami, pesce.”

E il pesce disse: “Sei vecchio e stanco. Non vedi dunque che ogni fiume trova la sua pace nell’Oceano?”

E in quel momento un’onda altissima, giungendo dal largo, afferrò la barca e la fece girare tre volte su se stessa, fin quasi a rovesciarla. Izmal si afferrò al timone con tutte le sue forze, ma Ashva non fece alcun tentativo per salvarsi; cadde fra le onde, e il suo mantello quasi candido impregnandosi di acqua lo trascinò a fondo, dietro al bagliore dorato del pesce.

– Cosa significa la storia di Ashva? – chiesi a Lucibello. Eravamo riuniti nella nostra soffitta, in tre per l’ultima volta.

– Le storie non significano. Accadono. E vengono raccontate.

– Ma l’eremita ha appreso la lezione dell’acqua, alla fine? – chiese Jues.

– Forse sì – disse Lucibello. – Morendo.

– A che serve una lezione appresa in punto di morte?

– A morire.

Jues si diede da fare attorno al fuoco, per nascondere la sua esasperazione.

– Lo scopo dell’Immacolata Dottrina è di imparare a morire, dunque? – chiesi io.

Lucibello scosse la testa. – L’Immacolata Dottrina non ha uno scopo.

E dopo un momento aggiunse: – Del resto, ho ascoltato altre storie, dalla bocca del Venerabile, che dicono cose completamente diverse.

Lo guardai, e compresi che il nuovo Lucibello non era poi così diverso dal vecchio.

Lia

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