Читать книгу Il lampionaio - Maria S. Cummins - Страница 11
IX.
ОглавлениеMa silenzio. Contendere di un'alta
Legge non debbo col voler che forse
Ha reconditi fini a cui non giunge
Il mio intelletto....
Milton.
— Babbo, — disse la signora Sullivan al vecchio Cooper, il quale, pronto per uscire, raccoglieva i vari oggetti che gli occorrevano in chiesa il sabato sera — perchè non fate venire con voi Gertrude? Vi porterebbe una parte di quella roba che non potete pigliare tutta in una volta, e le farebbe tanto piacere.
— Non mi sarebbe che d'impaccio, — rispose egli. — Io posso benissimo portare ogni cosa da me. —
Ma quando ebbe una lanterna e un secchietto da carbone in una mano, una piccola accetta e un paniere di trucioli nell'altra, e una scaletta a piuoli in ispalla, dovette riconoscere che non trovava modo di prendere anche il martello e l'involto dei chiodi.
La signora Sullivan dunque chiamò Gertrude e le domandò se voleva andare in chiesa col signor Cooper e aiutarlo a portare i suoi arnesi.
La bambina fu lietissima della proposta, e presi i chiodi e il martello s'incamminò allegramente.
Giunti alla chiesa, il vecchio sagrestano la lasciò libera dicendole che poteva baloccarsi a suo talento purchè non facesse chiasso e non sciupasse nulla; e passò nella sagrestia dove principiò il suo lavoro di spazzatura e spolveratura e preparò i fuochi. Gertrude intanto, rimasta sola, si divertì qualche tempo a girellare per le navate deserte e tra le panche, osservando da vicino tutto quello che fino allora non aveva veduto che da un angolo della galleria; poi salì nel pulpito e s'immaginò di tenere un bel sermone a un numeroso uditorio. Tuttavia cominciava ad annoiarsi, quando l'organista, entrato senza che ella se n'avvedesse, si mise a sonare una musica sommessa e dolce; allora scese, sedette sugli scalini, e ascoltò con attenzione e piacere vivissimo. Ma di lì a poco la porta in fondo alla navata maggiore si aperse, e una coppia di visitatori venne a distrarre Gertrude attirando tutta la sua curiosità. L'uno era un uomo anziano vestito come un ecclesiastico, piccolo, smilzo, con capelli grigi e radi, fronte alta, lineamenti piuttosto aguzzi, ma quantunque di poca appariscenza, notevole per l'espressione serena e benigna della sua fisonomia; l'altra una giovane signora sui venticinque anni, la quale s'appoggiava al suo braccio. Ella indossava un abito semplicissimo, di colore bruno scuro come il cappellino chiuso nel quale spiccava soltanto, intorno al viso, una guarnizione di nastro celeste. L'unica parte del suo vestiario che fosse ricca ed elegante era un boa di zibellino fermato sotto la gola da un prezioso anello d'oro smaltato. Di statura alquanto inferiore alla media, aveva però un personalino grazioso e ben tornito; i lineamenti erano fini e regolari, la carnagione fresca sebbene un poco pallida, i capelli d'un castagno chiaro e acconciati con gusto. Ella non alzava mai gli occhi mentre veniva lentamente avanzandosi nella navata, e le lunghe ciglia quasi le toccavano le gote. I due passarono davanti al pulpito senza notar la bambina seduta sugli scalini.
— Sono lieto che l'organo vi piaccia, — disse il signore. — Io non posso chiamarmi giudice competente in fatto di musica; ma dicono che lo strumento è di rara eccellenza e che Hermann lo suona con somma perizia.
— Neppure l'opinione mia è di molto valore, — rispose la signora. — La musica è per me un gran diletto senza ch'io ne abbia cognizioni profonde. Ma questa sinfonia è davvero deliziosa: da lungo tempo non avevo sentito melodie che mi commovessero così il cuore. Forse è anche perchè le voci dell'organo risuonano tanto dolcemente nella quiete solenne della chiesa. Io amo la solitudine delle grandi chiese nei giorni feriali. Vi ringrazio d'esser venuto a prendermi stasera. Come mai ci avete pensato?
— M'immaginavo che vi farebbe piacere. Sapevo che Hermann sonerebbe a quest'ora; e poi, vedendovi così pallidina, m'è parso che un po' di moto vi dovesse giovare.
— Infatti. Non mi sentivo bene, e l'aria aperta e frizzante era proprio quello che mi ci voleva. Desideravo perciò fare una passeggiata, ma la signora Ellis era occupatissima, e io non posso uscire sola.
— Credevo di trovar qui il sagrestano.... Ho da parlargli circa la luce; i giorni sono corti ora, e fa buio presto; bisogna che lo preghi d'aprire un po' più le gelosie, altrimenti domani non ci veggo a leggere il mio sermone. Forse è nella sagrestia.... C'è sempre in qualche parte della chiesa, il sabato. Sarà meglio ch'io vada a cercarlo.... —
In quella entrò appunto il signor Cooper, il quale, visto il pastore, venne a lui, e dopo ricevuti i suoi ordini, gli parlò piano chiedendogli senza dubbio d'accompagnarlo in un luogo, perchè questi esitò, guardò la signora e disse:
— Già, sarebbe opportuno ch'io ci andassi oggi, tanto più che ci siete anche voi. Peccato perder l'occasione.... Ma.... non so.... —
Poi, rivolgendosi alla giovane, soggiunse:
— Emilia, il signor Cooper vorrebbe ch'io mi recassi con lui dalla signora Glass, e, certo, dovrei rimaner fuori qualche tempo. Vi dispiacerebbe aspettarmi qui fino al mio ritorno? È vero che abita nella via attigua, ma può darsi ch'io debba trattenermi un poco, perchè si tratta di quei volumi della biblioteca così maliziosamente sfregiati; io ho gran paura che il suo figliuolo maggiore c'entri per molto in questa birbonata. Sarebbe necessario chiarire la cosa prima di domani; e difficilmente io potrei stasera ritornare così lontano. Altrimenti non avrei pensato a lasciarvi.
— Andate, signor Arnold, — rispose Emilia — e quanto a me siate pur tranquillo. Starmene seduta qui in chiesa e ascoltare la musica dell'organo non sarà che un piacere. Il signor Hermann suona ch'è un incanto; il tempo non mi parrà lungo, ve l'assicuro. Dunque non abbiate fretta per causa mia, ve ne prego. —
Il signor Arnold, acquetati i suoi scrupoli, risolse d'andare. Condusse la signora a sedere accanto al pulpito, e uscì col vecchio sagrestano.
Durante tutto questo tempo Gertrude, ritiratasi quatta quatta sull'ultimo scalino in alto, e mezzo nascosta dalla cattedra, era rimasta inosservata. Ma non appena udì la porta chiudersi con un colpo fragoroso dietro i due uomini, si rizzò e cominciò a scendere. Al primo suo passo la giovane diede un sobbalzo ed esclamò piuttosto bruscamente:
— Chi c'è? —
Gertrude si fermò e non rispose. Cosa strana, la signora non aveva guardato in su quantunque dovesse pur avere percepito che il rumore veniva di sopra il suo capo. Seguì un momento di silenzio. Poi la bambina continuò a scendere, correndo. Questa volta l'altra balzò in piedi, e stendendo un braccio dinanzi a sè, ripetette vivamente la domanda:
— Chi c'è?
— Sono io, — disse Gertrude guardandola in viso — io sola.
— Volete fermarvi un poco e parlare con me? —
Gertrude attratta dalla voce più soave che mai avesse udita, venne a fermarsi proprio accosto ad Emilia, la quale le pose una mano sul capo e la trasse a sè chiedendole:
— Chi sei tu, bambina?
— Gertrude.
— E poi?
— Niente.
— O l'altro tuo nome l'hai dimenticato?
— Io non ho nessun altro nome.
— Con chi sei venuta in chiesa?
— Ci sono venuta col signor Cooper. L'ho aiutato a portare i suoi arnesi.
— E t'ha lasciata qui ad aspettarlo come sono stata lasciata io. Dunque dobbiamo tenerci compagnia, non ti pare? —
La bambina rise.
— Dov'eri? Sulla scaletta del pulpito?
— Sì.
— Bene, siedi su questo scalino basso, vicino alla mia seggiola, e discorriamo un poco. Voglio vedere se mi riesce di trovare il tuo secondo nome. Con chi abiti?
— Con lo zio True.
— True?
— Sì: il signor True Flint. Adesso abito con lui perchè mi portò a casa sua la notte che Annetta Grant mi cacciò fuori, sul marciapiede.
— Che? Sei tu quella? Ho dunque già inteso parlare di te! Il signor Flint mi raccontò tutta la tua storia.
— Voi conoscete mio zio True?
— Sì, moltissimo.
— E come vi chiamate, voi?
— Emilia Graham.
— Oh, — esclamò la bambina rizzandosi con un salto e battendo le mani — so, so chi siete! Voi gli avete raccomandato di tenermi seco, lo disse lui, ed io lo sentii.... Voi m'avete dato i miei vestiti.... E siete buona, e siete bella, ed io vi voglio bene.... tanto, tanto bene! —
Mentre Gertrude proferiva queste parole con voce commossa, un'espressione strana, di viva ed inquieta curiosità appariva nel volto della signorina Graham come se i toni di quella voce facessero vibrare una corda della sua memoria. Ella non parlò, ma passando un braccio intorno alla vita della piccina se la trasse ancor più accosto. Il suo aspetto riprese la serena compostezza abituale. Gertrude la guardava con l'aria di maraviglia che aveva da quando era incominciato il loro colloquio; e ad un tratto uscì a dire:
— Avete sonno?
— Punto. Perchè?
— Perchè tenete gli occhi chiusi.
— Sono chiusi sempre, bimba mia.
— Sempre! O per qual ragione?
— Io sono cieca. Non posso veder nulla.
— Non potete vedere! Proprio nulla nulla? Sicchè, me non mi vedete?
— No.
— Ah! — proruppe Gertrude facendo un respirone. — Quanto ne sono contenta!
— Contenta! — esclamò la cieca con l'accento più doloroso che mai fosse udito.
— Oh sì, sono contenta che non mi vediate, perchè così forse mi amerete! — disse la bambina.
— E non t'amerei se ti vedessi? — domandò Emilia strisciandole lievemente la mano sul viso.
— No di certo! — ella rispose. — Sono tanto brutta! E però mi fa piacere che non possiate saper come io sia.
— Ma pensa, Gertrude, — riprese la signorina Graham con immensa tristezza — che proveresti se tu non potessi vedere la luce, nè le cose, nè le persone?
— Ma voi dunque non vedete neppure il sole, le stelle, il cielo?... Siete nel buio?
— Nel buio, sempre, notte e giorno. —
Gertrude dette in un violento scoppio di pianto.
— Oh! — fece quando potè ritrovare un fil di voce tra i singhiozzi. — L'è troppo dura! Troppo, troppo, troppo! —
La sua disperazione fu contagiosa. Per la prima volta la giovane cieca versò amare lacrime sulla propria sventura.
Ma fu un breve momento. Si dominò subito e cercò di calmare la piccina.
— Chetati! Non piangere! Non dire ch'è troppo dura la mia sorte.... Io, sai, la sopporto benissimo.... Essendo avvezza così, sono felice lo stesso.
— Io invece nel buio sarei infelicissima. Lo odio. Non sono contenta, no, che siate cieca.... Me ne dispiace anzi assai.... Vorrei che vedeste ogni cosa, e me pure.... O non ci sarebbe un qualche modo d'aprirveli, gli occhi?
— No, non c'è. Ma non parliamo più di questo; parliamo di te, piuttosto. Dimmi perchè ti figuri d'essere tanto brutta.
— Perchè la gente lo dice. E i bambini brutti nessuno li ama.
— Sì, anche i bambini brutti sono amati, purchè siano buoni.
— Ma io non sono buona. Al contrario. Cattivissima.
— Puoi diventar buona, però, e allora t'ameranno tutti.
— Credete ch'io possa?
— Se ti ci sforzi, sì.
— Mi ci sforzerò.
— Lo spero. Il signor Flint aspetta grandi consolazioni dalla sua bimba, e tu devi fare tutto il possibile per dargliele. —
Emilia le rivolse poi molte domande sulla sua vita in casa d'Annetta Grant. E il racconto che l'orfanella le fece de' suoi molteplici patimenti, le prese l'animo a segno ch'ella non avvertì la fuga del tempo nè la partenza dell'organista il quale, cessato di sonare, aveva chiuso il suo strumento e se n'era andato.
Gertrude era molto comunicativa. Benchè di primo acchito si mostrasse ritrosa con gli estranei, bastava qualche buona parola per guadagnarne la confidenza; e nel caso presente la voce dolcissima d'Emilia, il suo tono di simpatia, le andavano diritto al cuore. Cosa singolare, ella, vissuta sempre fra gente d'umile condizione, anzi, fino a poco addietro, dell'infima plebe, non sentiva punto quel timore, quell'impaccio, che sarebbero parsi naturali in lei nel parlare per la prima volta a una vera signora, nata in mezzo all'opulenza, educata con tutte le raffinatezze del lusso, cólta, di modi eletti. Ella invece si stringeva affettuosamente alla giovane e accarezzava il suo boa con altrettanta libertà che se fosse anch'essa venuta al mondo in un palazzo e le pellicce di zibellino l'avessero avvolta fin nella culla. Non si peritò neppure di prendere ripetutamente la fine mano inguantata della signorina Graham e tenerla tra le sue, premendola forte: sua maniera favorita d'esprimere una calda gratitudine, un'ammirazione entusiastica. Ma non meno profondi erano i sentimenti destati dall'eccitabile e strana creatura nel cuore d'Emilia. Questa ben vedeva a qual segno la povera bambina fosse stata negletta, comprendeva quanto dovessero essere perniciosi gli effetti dei mali trattamenti sofferti nell'infanzia su quella natura capace di virtù ma impetuosa, e quanto importasse combatterli con un'accurata educazione affinchè non ne distruggessero in germe le felici disposizioni. Le due novelle amiche s'intrattenevano così, senza pensare all'ora già tarda, quando il signor Arnold entrò a passi accelerati, un po' trafelato, chiamando Emilia fin dal fondo della navata.
— Cara, temo che abbiate pensato ch'io vi dimenticassi.... Mi son dovuto indugiare assai più che non credevo. Non vi ritrovo stanca e scoraggiata?
— Proprio tanto, siete stato? A me non sembra! — ella rispose. — Gli è che, come vedete, ho una compagnia.
— Una bimba? O di dove è sbucato cotesto topolino? — fece il pastore, gioviale e bonario.
— È venuta in chiesa col signor Cooper. Non è ritornato ancora a prenderla?
— Cooper? No, è andato direttamente a casa, dopo che ci siamo lasciati. Sicuro, non se ne ricordava per nulla.... E ora che si fa?
— Non possiamo ricondurla a casa noi? È lontano?
— Ci sono da qui due o tre lunghe vie, tutte fuori della nostra direzione. Voi non dovete camminar tanto.
— Oh, sono già rimessa in forze! Non mi stancherò. E dovessi anche stancarmi un poco, sarebbe meno male per me che non sapere questa piccina a casa sua sana e salva. —
Se Emilia avesse potuto vedere in quel momento il viso di Gertrude, la viva gratitudine che ne spirava l'avrebbe compensata di qualsiasi fatica.
Il signor Arnold e la signorina Graham accompagnarono dunque Gertrude a casa, e sulla soglia la signorina la baciò, ed ella fu quella notte una bimba felice.