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XII.

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Ogni minuto scoccando

T'apporti di saper nova ricchezza,

Ogni minuto volando

Canti la tua bontà, la tua saggezza.

Cotton.

Una bella sera, sul finir dell'aprile, Gertrude, che era stata a salutare la signorina Graham prima della sua partenza per la campagna, sedeva in fondo alla corte, piangendo amaramente. Ella teneva in mano un libro e una lavagna nuova; i doni che Emilia le aveva fatto nell'accomiatarsi. Ma il libro era sempre involtato in un foglio, e la lavagna cosparsa di lacrime. Assorta nel dolore di quel distacco (il primo per lei dei tanti da cui la vita è contristata) non udì i passi che s'avvicinavano, nè s'avvide che qualcuno le stava dappresso, finchè non sentì due mani posarsi sulle sue spalle. Si voltò e si trovò tra le braccia di Guglielmo, con la faccia lacrimosa contro la sua faccia ridente.

— Olà, Gertrude! — esclamò egli. — Cotesta accoglienza tu mi fai quand'io vengo a casa una sera entro la settimana per passarla con voialtri? La mamma e il nonno sono fuori, cerco di te, e ti trovo immersa in un mare di lacrime che non mi lascia nemmeno vederti in viso. Via, via, smetti di piangere! Se tu ti figurassi come sei orribile così!

— O Guglielmo! — ella balbettò tra i singhiozzi. — Non sai che la signorina Emilia se n'è ita?

— Ita, dove?

— Lontano, a sei miglia da Boston, per rimanerci tutta l'estate. —

Ma Guglielmo dette in una risata.

— Sei miglia! Una distanza enorme, affemmia!

— Io però non posso più vederla.

— La vedrai l'inverno venturo.

— Ohimè, l'è lunga!

— Perchè le vuoi tanto bene?

— Perchè lei ne vuole tanto a me. Non mi vede, poverina, eppure mi ama, quanto, eccettuato lo zio True, nessuno al mondo.

— Io non lo credo.... no, non credo che t'ami quanto t'amo io. Anzi ne sono certo. E come potrebbe amarti del pari, lei che non t'ha mai veduta, mentre io ti vedo, e tu sei la persona che ho più cara dopo la mamma?

Davvero, Guglielmo?

— Sì, davvero. Quando m'incammino verso casa, penso sempre: «Or ora vedrò la Gertrudina.» Quando durante la settimana succede qualche cosa di nuovo dico in cuor mio; «Questo lo racconterò alla Gertrudina.»

— Io invece m'ero immaginata che non potevo piacerti.

— O perchè no?

— Perchè tu sei molto bello, e io punto. Sentii l'altro giorno Elena Chase dire a Lucrezia Davis, che Gertrude Flint è la più brutta della classe.

— Si vergogni! Scommetto ch'è brutta lei, piuttosto. A me sarebbe sicuro antipatica; non potrei soffrire nessuna ragazza che avesse detto questo.

— Oh, ma è la verità, Guglielmo, la pura verità! — esclamò Gertrude vivamente.

— No, che non è! — protestò egli. — Certo, tu non hai lunghi ricci biondi, e un visino tondo, e occhi celesti, come Bella Clinton, e nessuno pretenderebbe che tu sia una bellezza. Ma quando corri un po' e le tue guance diventano color di rosa, e i tuoi occhioni neri brillano, quando ridi così di cuore per qualche cosa di buffo, tu mi sembri piacente più di tutte le ragazzine che ho mai vedute in vita mia: e posto che piaci a me, l'opinione degli altri non ha peso. Se tu piangi, se tu soffri, io me ne affliggo come d'una pena mia e peggio. Ieri Giorgio Bray picchiò sua sorella Maria perchè aveva strappato il suo cervo volante: avrei voluto rendergliele di santa ragione.... Oh, Gertrudina, io non ti picchierei neanche se tu facessi a pezzi tutti i miei balocchi! —

Guglielmo faceva spesso di queste affettuose dichiarazioni, e Gertrude vi rispondeva con egual calore. Nè erano mère parole. I due fanciulli s'amavano teneramente. I loro caratteri differivano assai: egli era serio, perseverante, paziente e calmo, di temperamento equilibrato; ella eccitabilissima, impetuosa, irrequieta, era pronta alla collera, d'umore variabile, oltremodo sensitiva in tutta la sua natura. Per lui, amato sempre, amato da tutti, farsi amare era un'abitudine. Gertrude, priva d'affetti nella sua infanzia derelitta, non cercava l'altrui simpatia, nè invero la destava se non nei pochi che avevano occasione di conoscerla a fondo, e in circostanze favorevoli. Eppure si volevano un gran bene; su ciò non poteva esserci dubbio. E il legame che li univa, si stringeva ogni giorno più: già forte nella primavera, nell'autunno era divenuto fortissimo, perchè Guglielmo durante l'assenza d'Emilia aveva fatto anche la parte di questa, oltre che la propria, e sebbene Gertrude non dimenticasse la sua amica lontana, l'estate trascorse per lei molto piacevolmente. A scuola continuava a progredire in modo tale che la signorina Graham ne rimase maravigliata quando, in ottobre, ritornò dalla campagna.

L'inverno seguente non fu meno felice. Il tenero sentimento della giovane cieca verso la sua piccola protetta, anzichè diminuito, sembrava aumentato dal tempo e dalla lontananza. Le visite di Gertrude si fecero più frequenti che mai, e più che mai profittevoli; ma non a lei sola. Emilia, la quale l'inverno passato soleva farla leggere di tanto in tanto per giudicare de' suoi progressi, trovò, alla prima prova, che la scolaretta era giunta, nell'arte della lettura, a un grado d'eccellenza non comune tra le persone adulte. Ella non solo leggeva con molta intelligenza, ma aveva intonazioni ed accenti ammirabili. La cieca gustava nell'udirla un sì raro piacere, che ella, conciliando la propria sodisfazione con un benefizio per la bambina, le propose di venire a prestarle ufficio di lettrice un'ora ogni giorno.

Gertrude non capiva in sè dalla gioia all'idea di esser utile alla sua cara signorina; giacchè ella le aveva presentato la sua proposta come la richiesta d'un favore, dicendole che così i suoi occhi servirebbero a tutt'e due. Fu dunque convenuto che Trueman, quando usciva per il suo giro di lampionaio, l'avrebbe condotta in casa Graham, e sarebbe venuto a riprenderla al suo ritorno; accomodamento che permetteva alla piccola lettrice d'essere puntualissima. Soltanto chi ne ha fatto l'esperienza può sapere quanta roba s'arrivi a leggere nel corso di sei mesi dedicando costantemente a quest'occupazione un'ora quotidiana. Emilia non restringeva la scelta dei libri a quelli che non oltrepassano le ordinarie capacità dei fanciulli, stimando non a torto che una ragazzetta dotata di così vivace intelligenza, non avrebbe sofferto per lo sforzo d'intuire cose superiori alla sua comprensione, in cui le poteva accadere d'imbattersi, ma che al contrario il suo ingegno ne sarebbe acuito e accresciuto il suo desiderio di sapere. Opere di storia, biografie, descrizioni di viaggi, furono scorse da Gertrude a un'età in cui generalmente i lettori non si compiacciono che nelle fiabe e nelle figure. E la bambina pareva anzi preferire queste letture serie. Con l'aiuto delle pazienti spiegazioni d'Emilia, ella andava accumulando nel suo piccolo cervello molti fatti importanti, molte nozioni utili. In quegli anni la memoria è forte, e grazie alla potenza della ritenitiva le cose impresse allora nella mente si ricordano quasi sempre meglio di quelle apprese più tardi quando i pensieri sono più disturbati e divisi.

Il suo libro favorito era un trattatello d'astronomia che la confondeva co' suoi enigmi, ma tanto maggiormente l'attraeva, perchè chiarendole alcuni punti, lasciava per lei tutto il resto in un mistero affascinante: mistero ch'ella si riprometteva d'esplorare un giorno, in tutta la sua profondità. Quest'ambizione d'imparare sempre più, di comprendere sempre meglio, era in fin dei fini il preziosissimo tra i benefizi derivatile da' suoi studi. Destate una tale ambizione in un fanciullo, ispirategli l'amore della lettura, e otterrete risultati migliori che da anni di sgobbo sulle panche della scuola dove il cuore non lavora insieme con la testa.

Gertrude frequentò la scuola pubblica fino ai dodici anni compiuti, passando rapidamente di promozione in promozione; ma ciò che aveva imparato con la signorina Graham e con Guglielmo rappresentava una parte considerevole delle sue cognizioni. Guglielmo, amantissimo dello studio, era lieto dell'ardore con cui la sua piccola amica lo secondava.

E realmente la loro collaborazione, il mutuo incoraggiamento che trovavano nella comunanza dei loro gusti intellettuali, erano di grande vantaggio ad entrambi. Due anni dopo che avevano stretto amicizia egli già non poteva più esser detto un fanciullo: passava i quindici, e cominciava ad avere un aspetto virile. Ma la diligenza e il fervore di Gertrude esercitavano su di lui un influsso ancor più vivo: perchè se la bambina di dieci anni, nel suo desiderio d'istruirsi, stava volonterosamente a tavolino fin oltre le nove di sera, il giovanetto quindicenne non doveva stropicciarsi gli occhi e addurre la scusa della stanchezza.

Fu appunto in su quel tempo che principiarono a studiare il francese. L'antico maestro di Guglielmo conservava una gran benevolenza verso l'alunno che era stato sempre il migliore della classe, e che avrebbe certo riportato i primi premi se un dovere imperioso non lo avesse costretto ad interrompere il corso degli studi avanti gli esami finali, per darsi a più umili occupazioni. Ogni qualvolta lo imbatteva, sia in istrada, sia altrove, gli domandava che facesse, e se continuasse a coltivare il suo bell'ingegno. Saputo ch'egli aveva parecchie ore di libertà, caldamente lo consigliò d'imparare la lingua francese la cui cognizione gli sarebbe senza dubbio tornata utilissima, qualunque fosse la carriera che avesse intrapresa; e s'offerse di prestargli tutti i libri necessari.

Guglielmo non mancò d'approfittare del consiglio e dell'offerta, e ci si mise di buzzo buono. Quando era a casa la sera, veniva a studiare nella camera di True, parte per amore della quiete che vi godeva (True era il più quieto uomo del mondo e rispettava troppo la scienza perchè osasse disturbare gli studenti con domande oziose), parte per amore di Gertrude, la quale a quell'ora faceva di solito i suoi compiti. Come era da aspettarsi, inteso che Guglielmo imparava il francese, questa s'invogliò forte d'impararlo anche lei. Egli acconsentì a farla provare, però senza gran fiducia ch'ella avrebbe perseverato nell'intento. Con sua maraviglia, Gertrude invece manifestò non solo una perseveranza mirabile, ma una grande disposizione allo studio delle lingue; e avendola Emilia fornita degli stessi libri che aveva egli, ella progredì di pari passo con lui. E spesso, in capo alla settimana, era riuscita a tradurre più esercizi che non avesse trovato tempo di fare Guglielmo. Il sabato era la loro gran serata; True sedeva nel suo vecchio seggiolone accanto al fuoco, e contemplava i due ragazzi seduti fianco a fianco davanti alla tavola, intenti e chini su una pagina che a lui faceva l'effetto d'un labirinto oltremodo complicato. Gertrude cercava le parole: aveva un'abilità particolare a questo lavoro; i suoi occhi sfavillanti colpivano sempre giusto nel cuore del dizionario, infilzando i vocaboli voluti. A Guglielmo toccava «fare il senso». La prima volta che True colse a volo quest'espressione fu la sola che si fece lecito d'interromperli con un'ingenua facezia.

— Fai «il senso» Guglielmo?... Il «buon senso» mi raccomando.... Ce n'è tanto bisogno in questo mondo! —

Era ben naturale che nelle condizioni propizie di cui fruiva Gertrude, guidata e consigliata da Emilia, assistita e incoraggiata da Guglielmo, il suo intelletto dovesse rapidamente svilupparsi e irrobustirsi. Ma che n'era del piccolo suo cuore che ad un tempo teneramente affettuoso ed impulsivo, sensitivo ed appassionato, ora palpitava d'amore e di gratitudine, ora bruciava nel fuoco divorante che il sentimento d'un torto ricevuto, la coscienza di un'offesa, recata a lei o ad uno dei suoi amici, v'accendeva d'improvviso? Nei suoi due anni d'infanzia felice, aveva ella imparato a padroneggiarsi? Era giunta a distinguere chiaramente il bene dal male, il vero dal falso? In una parola, era Emilia stata fedele alla missione impostasi di sua spontanea volontà, al suo nobile proposito d'addolcire il cuore, d'illuminare l'anima della creatura ignorante? Aveva Gertrude appreso la religione, trovato Dio, cominciato a seguire pazientemente il sentiero ch'è rischiarato da una luce santa e conduce alla pace eterna?

Sì, aveva cominciato, e sebbene spesso le fallisse il piede, sebbene talvolta la pazienza le venisse meno nell'angusta via, ed ella ne uscisse per rallentare il freno al suo irascibile temperamento, bambina qual'era ancora, si poteva fondare una ragionevole speranza sulla sincerità delle sue buone intenzioni, sulla profondità della sua contrizione quando accadeva che il male riprendesse l'antico predominio. Emilia non si risparmiava alcuna pena per insegnarle dove ella dovesse riporre la sua intera fiducia, e già la piccola Gertrude aveva imparato a invocare un soccorso più alto del suo, ad appoggiarsi a un braccio più forte.

La signorina Graham s'era messa a un'ardua impresa assumendosi d'educare il cuore e la mente di una fanciulletta lasciata crescere nell'assoluta ignoranza d'ogni virtù. Su alcuni punti, tuttavia, e dei più importanti, ella non trovò le difficoltà che s'aspettava. Per esempio, dopo avere spiegato una volta la differenza tra l'onestà e la disonestà, la verità e la menzogna, non ebbe occasione alcuna di far rimostranze a Gertrude che, leale per sua natura, non aveva mai commesso la bassezza di mentire se non indottavi da un estremo terrore. Infatti i caratteri fieri ed impetuosi come quello, ch'era in lei il maggior difetto, appunto perchè tali, sono generalmente altrettanto franchi e sinceri. Anche innanzi d'esser divenuta virtuosa, l'orgoglio quasi sempre la ratteneva dal dissimulare la verità. Pochi mesi dopo averla conosciuta, Emilia era ben sicura di poter fidare nella sua parola. E questa certezza che la verità, radice d'ogni cosa santa, aveva così presto preso dimora in quell'anima infantile, era stata il maggiore incoraggiamento a perdurare nei suoi sforzi. Ma l'alterezza e la sensitività di Gertrude sembravano innate; la tirannia, i cattivi trattamenti non avevano potuto soffocarle, anzi s'erano vigorosamente sviluppate in mezzo alle circostanze più sfavorevoli. La bontà, la benevolenza ottenevano tutto da lei, la persuadevano, la soggiogavano; ma ella non sarebbe stata capace di tollerare un freno imposto severamente, per opportuno, per necessario che fosse. Emilia sapeva che spesso l'autorità stessa dei genitori non basta a governare questi spiriti indocili. Ella non conosceva che un potere tanto forte da vincere l'orgoglio umano, da spegnere le passioni terrene: quello dell'umiltà cristiana, innestata nel cuore: umiltà di principio, umiltà di coscienza. L'unico potere a cui l'orgoglio ingenito presti omaggio, e la passione ceda.

Invero ella sapeva pure che un ordine, di qualsiasi natura, dato a Gertrude da lei o dallo zio True sarebbe prontamente obbedito, perchè la bambina, conscia che l'amore lo dettava, per amore vi si sarebbe sottomessa; ma a fine di provvedere ad ogni contingenza, di fare che il cuore fosse retto come la vita, occorreva ch'ella mirasse a un fine più sublime che quello di compiacere le persone a lei care; e insegnandole la dottrina del suo Divino Maestro, Emilia le infondeva la forza di fare e di patire, di sopportare e di perdonare, per quando, indipendente, non avrebbe più avuto altra guida che sè medesima.

Qual profitto Gertrude avesse tratto dalle cure e dall'istruzione ricevute in questi due anni, mostrò il seguito della sua storia. Passò per molte prove, sostenne molte lotte, ebbe sconfitte e vittorie.

La signorina Graham era sodisfatta e piena di speranza, True superbo ed esultante, la signora Sullivan e perfino il vecchio Cooper dicevano che il suo contegno e il suo aspetto s'erano maravigliosamente mutati in meglio, e ch'ella aveva maniere assai garbate per una bambina della sua condizione.

Il lampionaio

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