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VII.

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La preghiera è sospir che allevia il cuore,

È lacrima cadente

Dagli occhi vòlti al ciel quando il Signore

Solo è presente.

Montgomery.

Sarebbe stato difficile trovare due fanciulli appartenenti entrambi alla classe povera le cui condizioni nella vita presentassero un maggior contrasto che, fino allora, quelle di Gertrude e di Guglielmo. Alla negletta orfanella erano mancate le cure e più ancora l'affetto di cui l'altro aveva sempre goduto. Il marito della signora Sullivan, un intelligente pastore di villaggio, venuto a morire mentre il loro figlioletto era ancora in tenerissima età, non aveva lasciato sostanze che bastassero al mantenimento della piccola famiglia: perciò la vedova era ritornata alla casa paterna col bambino. Il vecchio Cooper dal canto suo aveva bisogno della figliuola, perchè, da quando ell'era andata sposa, la morte aveva fatto strage sotto il suo tetto ed egli era restato solo.

Da quel momento i tre vivevano insieme, in un'umile agiatezza assicurata dal lavoro e dalla frugalità anche ai poveri.

Guglielmo era l'orgoglio della madre, la sua speranza, il suo costante pensiero. Ella non risparmiava a sè stessa nè fatiche nè pene per procurargli il benessere fisico e la felicità morale, per fare che egli progredisse nel sapere e nella virtù.

E come non doveva ella essere superba di quel ragazzo che con la bellezza non comune, i modi attraenti, le precoci manifestazioni d'una nobile e virile natura si faceva amare perfino dagli estranei? Egli era stato un bel bambino; ma ora che toccava i tredici anni, ciò che colpiva nel suo aspetto non era già l'ordinaria bellezza degli adolescenti consistente solo in una chioma ricciuta, occhi vivaci, gote rosate; era qualche cosa d'assai più notevole: l'ampiezza della fronte che denotava un'aperta intelligenza, la calma e la serenità dei larghi occhi grigi, l'espressione risoluta eppur tanto dolce della bocca, lo sviluppo della ben formata persona, il vigore del colorito indizio d'una perfetta salute che prometteva forza e gagliardia nell'uomo futuro. Nessuno poteva passare mezz'ora in compagnia di Guglielmo senza esser tratto ad amarlo e ammirarlo. Era per indole cordialissimo e affettuoso, e la tenerezza materna, la benignità del mondo per lui tutto sorriso, favorivano questa sua naturale inclinazione; aveva una somma esuberanza di spiriti vitali, ma la temperava il deferente rispetto verso i maggiori d'età e i superiori; partecipava con sincera simpatia alle gioie e ai dolori altrui; insomma era una di quelle creature geniali che si cattivano tutti i cuori senza saper come. Amava lo studio, e fino ai dodici anni aveva regolarmente frequentato la scuola. Nelle nostre grandi città i figli dei poveri godono in materia d'istruzione quasi tutti i vantaggi che può dare la ricchezza. E poichè il fanciullo era capacissimo e la madre costantemente lo esortava a trarre il maggior profitto possibile dalle opportunità offertegli, i suoi progressi furono straordinari.

Dodicenne appena, gli si presentò la buona occasione d'entrare al servizio d'un farmacista nella cui bottega c'era molto spaccio e occorreva un ragazzo per aiuto. Il signor Bray gli assegnava un salario piuttosto modico, ma lasciava sperare un aumento; in ogni caso la sua proposta non era disprezzabile date le condizioni di Guglielmo. Quantunque fosse attaccato a' suoi libri, egli desiderava ardentemente d'impiegarsi al fine di contribuire a sostenere il peso della famiglia. E pertanto, ottenuto il consenso della madre e del nonno, accettò.

I giorni di lavoro dormiva nella farmacia, e non aveva quasi mai agio di fare una scappatina a casa dove la sua assenza era dolorosamente sentita. Soltanto il sabato sera ci veniva per trattenersi a passare co' suoi la domenica. Quella era la serata di festa della signora Sullivan, e il giorno del Signore le pareva doppiamente benedetto.

Quando, il sabato che fece la conoscenza di Gertrude, Guglielmo ritornò nella camera di sua madre, sedette a discorrere con lei e col signor Cooper. La conversazione si prolungò per un'ora buona. Egli riferiva gli avvenimenti della settimana, raccontava molti piccoli aneddoti; aveva sempre da dire tante cose intorno alla farmacia, agli avventori, al farmacista suo padrone, alla famiglia di lui, con la quale prendeva i suoi pasti. Per la signora Sullivan tutto ciò che interessava Guglielmo era attraente, ed un osservatore avrebbe notato che anche il vecchio nonno si divertiva a udire il ragazzo più che non volesse lasciar scorgere. Infatti, benchè se ne stesse lì zitto, con gli occhi a terra, come se non ascoltasse, gli accadeva poi d'alludere al soggetto di questo o quel discorso, in modo da provare che lo aveva seguìto attentamente. Di rado rivolgeva al nipotino qualche domanda: ma invero non ce n'era bisogno, perchè la mamma lo interrogava per due. Più di rado ancora faceva commenti; usciva però talvolta in espressioni sdegnose e sprezzanti sia contro singole persone sia contro il mondo in generale, manifestanti quella disistima della natura umana, quella mancanza di fiducia nell'onestà e nella virtù degli uomini, ch'erano un tratto rilevante del suo carattere.

Guglielmo, lì per lì, ne rimaneva un po' avvilito: egli amava tutti, aveva fede in tutti, e le parole del vecchio, il tono con cui le proferiva, erano come un gelido soffio sull'ardore della sua anima giovanile; ma con l'elasticità e il cuor gaio di quell'età felice, si riaveva subito, ritornava qual'era per sua natura.

Egli non temeva il nonno, il quale non aveva mai usato severità con lui, essendosi astenuto da ogni ingerenza nell'educazione che gli dava la madre, ma a volte si sentiva agghiacciare, senza comprenderne il perchè, dal disaccordo tra la propria calda cordialità e la sua misantropia.

Quella sera, venuti a ragionare di Trueman Flint e della sua figlioletta adottiva, Cooper s'era mostrato più amaramente satirico che mai, e, prendendo il suo lume per andare a coricarsi, aveva concluso che, secondo lui, Gertrude non poteva essere per il buon uomo se non una cagione d'impicci e dispiaceri, e ch'era stata una vera pazzia non mandarla addirittura all'ospizio.

Uscito il vecchio, madre e figlio rimasero un poco in silenzio. Poi Guglielmo domandò:

— Mamma, perchè il nonno odia così la gente?

— Ma no, caro, non odia nessuno.

— Non intendevo dir proprio odiare in senso assoluto; questo non lo penso neppure io. Ma infine parla come se non ci fosse persona al mondo di cui abbia stima. O non vi pare?

— Sì.... almeno non ne dimostra. Ma di te, ne ha moltissima, e farebbe qualunque sacrifizio per risparmiarmi un dolore, e ha molta amicizia per il signor Flint, e....

— Sicuro, sicuro.... lo so. Tuttavia non crede che il cuore umano sia capace di gran bontà, e gli sembra impossibile che qualcuno si volga al bene....

— Capisco, ti fa specie quello che ha detto circa la piccola Gertrude.

— Oh, non è la sola di cui voglio parlare! Quello che ha detto di lei m'ha dato occasione d'entrarvi su questa cosa; ma io l'avevo già notata parecchie volte, segnatamente da che non sono più a casa che un giorno della settimana. Per esempio, voi sapete che uomo sia il signor Bray, e in qual considerazione io lo tenga; ebbene, mentre raccontavo dianzi quanto buono e benefico è stato verso la povera signora Morris che ha la figliuola malata, il nonno aveva l'aria di non crederlo, o di non farne alcun conto.

— Ti dirò, Guglielmo, non devi troppo maravigliarti ch'egli sia così: ha sofferto tanti disinganni! Riponeva, come sai, molte speranze nello zio Riccardo, e invece ebbe per cagion sua affanni e guai senza fine; poi, ci fu il marito della zia Sara.... Ah, sembrava un uomo tanto ammodo quando Sarina lo sposò, e finì col truffare il babbo terribilmente, sicchè fu costretto a ipotecare la sua casa di Via Alta, e da ultimo a cederla!... Basta, lo sciagurato è morto, e non voglio inveire contro di lui; ma egli deluse la nostra aspettazione, e Sarina, credo, ne morì di crepacuore. Fu una prova oltremodo dolorosa per il povero babbo, perchè ell'era la minore, e la sua prediletta. E subito dopo, la mamma fu colpita dalla malattia a cui soccombette, secondo lui non senza colpa d'un ciarlatano di medico il quale le prescrisse una cura più dannosa che altro. Una tal somma di disgrazie spiega com'egli veda tutto nero adesso nella vita.... Ma tu non devi badarci, Guglielmo, devi pensare piuttosto a mantenere le buone promesse che dài di te, e vedrai ch'egli ne sarà consolato e superbo. Nulla gli fa tanto piacere quanto il sentirti lodare, e aspetta grandi cose dal suo nipote! —

Qui la conversazione ebbe termine; ma non senza che il ragazzo aggiungesse un nuovo proponimento ai molti già fatti: quello di provare al nonno, se Dio gli conservava la salute e il vigore, che le speranze non sono sempre ingannevoli nè i timori sempre fondati.

Beato il giovanetto che ha ognora dinanzi a sè l'alta mèta d'un sentimento nobile e generoso! Quale stimolo all'attività, alla perseveranza, all'abnegazione! Quale impulso a sforzi di più in più strenui! Timori che spegnerebbero ogni ardore, scoraggiamenti che farebbero perdere ogni baldanza, fatiche che opprimerebbero, ostacoli di fronte a cui cadrebbe l'animo, opposizioni che stremerebbero le forze, tentazioni che sarebbero irresistibili, tutto tutto è superato, abbattuto, domato da colui che con un fine sincero e degno combatte per la vittoria!

Perciò gli uomini venuti al mondo in mezzo agli onori e alle ricchezze, allevati nel lusso, di rado compiono grandi cose. Non sono nati per la fatica, e senza fatica nulla che abbia un reale valore può essere ottenuto. Oh, perchè non si propongono essi, come movente supremo delle loro azioni, come unica mèta della loro vita, di trionfare d'una condizione così svantaggiosa, d'acquistare dottrina, saviezza, virtù, nonostante quelle ricchezze perniciose, quei vani onori, quel lusso snervante che agli occhi chiaroveggenti dei savi e degli angeli sono la più mortale delle insidie? Guglielmo aveva un incitamento al bene fin dai suoi teneri anni. Il suo nonno era di grave età, la sua mamma di debole complessione. Egli doveva divenire il sostegno della loro vecchiaia, doveva lavorare per mettersi in grado di provvedere al loro sostentamento e al loro benessere; doveva fare ancor più: essi speravano da lui cose egregie, e bisognava che le loro speranze non fossero deluse. Non dimenticava però il presente, mentre s'armava per il futuro conflitto col mondo. Si mise a tavolino e imparò le sue lezioni per la scuola domenicale. Poi, secondo il costume, lesse ad alta voce qualche passo della Bibbia. Infine la signora Sullivan, ponendo la mano sul capo del suo figliuolo, offerse per lui al Signore una semplice e fervida preghiera: una di quelle preghiere materne che il fanciullo ascolta con reverenza ed amore, e l'uomo maturo ricorda; preghiere che ci tengono lontani dalle tentazioni e ci liberano dal male.

Quella sera la piccola Gertrude, quando, partito Guglielmo, restò sola con True, sedette su un panchettino basso, accanto a lui, e rimase un pezzo senza parlare, fissando tutta intenta la bianca figurina di gesso che si teneva in grembo. Ma certo, la sua mente infantile lavorava, perchè l'espressione del pensiero le appariva manifesta nel viso. True, il quale di rado era il primo a rompere il silenzio, vedendola così insolitamente cheta, le alzò il mento e la guardò con aria interrogativa.

— Ebbene, — disse poi — non ti pare che Guglielmo Sullivan sia un gran bravo ragazzo?

— Sì, — rispose Gertrude, ma come se, assorta in un'altra idea, non sapesse bene che diceva.

— Ti piace, dunque? — domandò egli.

— Moltissimo, — fece lei, sempre distratta.

Egli aspettava ch'ella cominciasse a discorrere della sua nuova conoscenza; ma per un minuto o due la bambina seguitò a tacere, poi, alzando gli occhi, uscì a dire:

— Zio True?

— Che vuoi, cara?

— Perchè prega Dio, Samuele? —

True inarcò le ciglia.

— Samuele?... Prega?... In verità, non so di che tu voglia parlare....

— Ecco, — riprese Gertrude sollevando la figurina — Guglielmo dice che questo ragazzino si chiama Samuele, e che sta in ginocchio, e tiene le mani giunte, così, e guarda in alto, perchè prega Dio che abita lassù, in cielo. Io non capisco che cosa sia quel cielo che intende lui.... E voi? —

Il buon uomo presa la statuina la osservò attentamente, si dimenò sulla seggiola, si grattò il capo: alfine disse:

— Eh sì, credo ch'egli abbia ragione.... Questo bambino prega, non c'è dubbio; io non ci avevo badato. Ma non so proprio perchè lo chiami un Samuele. Glielo domanderemo uno di questi giorni.

— Bene. E perchè Samuele preghi Dio, lo sapete?

— Lo prega perchè lo faccia buono. Le persone che pregano Dio diventano buone.

— Può Dio far buona la gente?

— Sicuro. Dio è grande. Egli può tutto.

— E come arriva a udire chi prega?

— Dio ode e vede ogni cosa, nel mondo.

— E vive su in cielo? Dove sono le stelle?

— Sì, nell'alto del cielo. —

Gertrude fece molte altre domande: domande strane alle quali il povero True non sapeva rispondere, domande ch'egli si maravigliava di non aver mai rivolte a nessuno. Egli aveva un cuore umile e amoroso ed una fede infantile; se non era fornito che d'una scarsa istruzione religiosa, si sforzava però di mettere a buon profitto i lumi che possedeva. E forse nella sua pratica fedele delle virtù cristiane, specie nell'obbedienza alla gran legge della carità, egli s'avvicinava allo spirito del Divino Maestro, più di molti che grazie a lunghi studi e quotidiane letture si sono resi familiari con le sacre dottrine. Ma non aveva mai scrutato le sorgenti profonde di quelle credenze sulle quali non cadeva dubbio nell'animo suo, e non si trovava affatto preparato a risolvere le questioni che la piccola Gertrude gli andava proponendo in quel subito svegliarsi della sua mente acuta e indagatrice. Le rispondeva tuttavia come poteva meglio, e quando non ci arrivava, non esitava punto a rimandarla a Guglielmo, che, diceva egli, frequentando la scuola domenicale doveva sapere un visibilio di cose in tale materia. Tutto ciò ch'ella giunse a ricavarne si ridusse alla cognizione di questi tre fatti: Dio è in cielo, il suo potere è grande, la preghiera rende gli uomini migliori.

Il suo cervellino in effervescenza era così pieno delle nuove idee, che, venuta l'ora di coricarsi, neppure il piacere d'andar a dormire per la prima volta nella sua cameretta potè distrarnela. E quando fu nel suo lettino, e True ebbe portato via il lume, non s'addormentò. Aveva giusto di faccia la finestra, come nella soffitta d'Annetta Grant; però una finestra molto più grande, che offriva a' suoi occhi una più ampia veduta. Il cielo era tutto sfavillante di stelle, e quello spettacolo ravvivò in lei la maraviglia e la curiosità che un'altra volta le aveva destato. «Chi accendeva quei lumi così fulgidi e così lontani?» Ma adesso, contemplandoli, un subito pensiero le attraversò la mente come un baleno di luce:

— Li accende Dio! Oh, Egli dev'esser pur grande e potente! Ma anche un bambino può pregarlo! —

Balzò dal letto, andò davanti alla finestra, e s'inginocchiò giungendo le mani e alzando lo sguardo al cielo, nell'atteggiamento stesso del piccolo Samuele. Le sue labbra non proferivano parole, ma gli occhi le splendevano irrorati dalla rugiada di due lacrime. Non era forse ciascuna lacrima una preghiera? Ella non chiedeva alcuna grazia, ma ardeva tutta del desiderio di Dio e della virtù. Non era forse quel desiderio una preghiera? Il suo piccolo cuore levato in alto palpitava con veemenza. Non era forse ogni palpito una preghiera? E Dio, senza il cui volere non cade foglia dal ramo, non udiva, non gradiva forse, quel primo omaggio d'una povera creaturina ignorante, non scendeva forse su quel capo innocente la Sua benedizione?

Molte grazie chiese a Dio Gertrude negli anni che seguirono; spesso ella ricorse a Lui per aiuto; in più di un'ora d'amaro dolore attinse conforto alla medesima inesauribile sorgente: quando la forza le falliva quando il cuore le mancava, Egli diveniva la forza del suo cuore. Ma ella non s'appressò mai al Suo trono con un'offerta più pura, con un sacrifizio più degno, che la notte in cui nella prima sua profonda penitenza, nel primo suo atto di ferma fede, nel primo ardore della sua speranza, s'inginocchiò con le mani giunte e gli occhi al cielo, come il piccolo Samuele, e il suo cuore espresse, benchè le sue labbra non le proferissero, le parole del profeta fanciullo: «Eccomi, o Signore!»

Il lampionaio

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