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XV.

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Rinnovi in cielo il dì l'usato corso

O avvolta d'ombra la notte silente

Vigili sulla terra, ella paziente

E fida attende all'opera pietosa

Di lenire la pena sua angosciosa

E nel bisogno porgergli soccorso.

Blacklock.

— Sarei curiosa di sapere, — diceva la signorina Peekout appoggiando le mani al davanzale per sporgersi meglio, e guardando su e giù per la strada, occupazione a cui soleva dedicare dieci minuti dopo rigovernato gli utensili della colazione e prima di preparar la sua «lampada solare» — sarei curiosa di sapere chi sia quella ragazzina snella che passa di qui tutte le mattine conducendo a braccetto quel vecchio cadente. Li vedo sempre a quest'ora quando il tempo è buono e si cammina bene. È una cara creatura, senza dubbio, e dev'essere molto affezionata al pover'uomo.... probabilmente suo nonno. Ho osservato che ha cura di lasciargli la miglior parte del marciapiede, e vigila ogni suo passo; cosa necessaria, del resto, perchè lui vacilla ch'è una passione. Poverina, è pallida, e tutt'ansiosa.... Chi sa se assiste il vecchio lei sola?... Sarei curiosa.... —

Ma la coppia è già fuori della sua veduta ed ella va a vedere se la lampada solare ha bisogno d'una calza nuova.

— Sarei curiosa di sapere, — diceva la signora Grumble, seduta a una finestra d'una casa un po' più in là nella stessa via — se nel caso ch'io fossi un giorno vecchia ed inferma — (la signora Grumble passava i settanta ma non soffriva finora d'altra infermità che il suo temperamento irascibile) — qualcuno m'assisterebbe e si prenderebbe cura di me come quella figliuola lì del suo nonno! Mai e poi mai, ci scommetto! Che pazienza, per una bambina! Chi può essere?

— Guarda, Bella! — diceva una fanciulla ad un'altra con la quale si recava a scuola passando per quella strada, dove si tenevano dalla parte dell'ombra. — Ecco là il vecchio e la ragazzina che incontriamo ogni giorno.... Come puoi dire che non è carina? Io l'ammiro!

— Oh, tu, Rina, hai la particolarità d'ammirare ciò che a tutti gli altri pare orribile!

— Orribile!. — esclamò Rina indignata. — Tutt'altro! Osserva ora quando l'incontriamo, quanto è dolce l'espressione del suo viso nell'atto di guardare il vecchio e di parlargli! Sarei curiosa di sapere che cos'ha quel disgraziato.... Vedi come gli trema il braccio? Quello che appoggia sul braccio di lei.... —

Le due coppie s'incontrano, quasi sfiorandosi, passano, in silenzio.

— Ebbene, non è forse simpaticissima? — domanda Rina, vivamente, non appena sicura di non essere udita.

— Ha begli occhi, — risponde Bella — ma non c'è in lei nient'altro di notevole. Sarei curiosa di sapere come sopporta la noia di passeggiare con quel vecchio che si trascina a stento, pesandole sul braccio e tremando per modo che appena si regge.... E incontro al sole che la ferisce proprio in faccia.... Ah, io non lo farei per nulla al mondo!

— Oh, Bella! Come hai cuore di parlare così? Io lo compiango il poveretto, immensamente!

— Dio buono, a che giova il compianto? Se tu ti metti a compiangere tutti, non avrai da far altro dalla mattina alla sera. — Bella s'interruppe e urtò il gomito alla compagna: — Guarda lì, Guglielmo Sullivan, il commesso del babbo.... O non è una bellezza? Aspetta, voglio fermarlo. —

Ma innanzi ch'ella giungesse a rivolgergli la parola, Guglielmo, il quale camminava prestissimo, l'oltrepassò salutandola con un inchino e un garbato: «Buon giorno, signorina Isabella!» e s'allontanò rapidamente.

Quando la vezzosa Isabella si fu riavuta dallo stupore e dal dispetto che l'avevano ammutolita, non era più il caso di richiamarlo.

— Gentilissimo! — ella mormorò.

— Vedi, vedi, — fece Rina che s'era voltata a guardare indietro — ha raggiunto il vecchio e la simpatica bambina. Oh, prende l'altro braccio dell'infermo.... e proseguono tutti e tre insieme.... Non è una singolare coincidenza?

— Io non ci veggo nulla di singolare, — disse Bella, un po' seccata. — Suvvia, allunghiamo il passo, o arriveremo a scuola in ritardo! —

Lettore! Sei anche tu «curioso di sapere» chi siano quel vecchio e quella ragazzina? O hai già ravvisato True Flint e Gertrude? Il povero True non è più il forte e coraggioso protettore della debole creatura derelitta. Le parti sono invertite. Egli è stato colpito da paralisi. Il suo vigore se n'è ito, non gliene resta nemmeno tanto da camminar solo. Sta tutto il giorno a sedere nel suo seggiolone o sulla vecchia panca, salvo quando esce a passeggiare con la sua figliuola adottiva. Il colpo fu improvviso, e atterrò l'uomo robusto, lo lasciò debole come un fanciullo. E la piccola estranea, l'orfanella che, malata, abbandonata, priva del necessario, aveva trovato in lui un babbo e una mamma, ora per lui è tutto: il suo sostegno, la sua speranza, il suo conforto. Durante i quattro o cinque anni che egli ha amorosamente coltivato quella gracile pianticella, ella ha acquistato forza per il tempo in cui doveva esser egli a sua volta bisognoso d'appoggio e trovarlo in lei. Quel tempo è venuto, ahimè, troppo presto; ella era pronta e ha risposto all'appello. Con la semplicità e l'ardore d'una bambina, ma con la fermezza, la perseveranza, la capacità d'una donna, la piccola Gertrude presta da mane a sera, infaticabile, la sua opera d'infermiera fedele, di diligente massaia in servigio del suo primo, del suo più caro amico. Sempre al suo fianco, sempre attenta ad ogni suo bisogno, ella tuttavia riesce miracolosamente a fare molte cose, senza ch'egli pur se n'avvegga. Come l'ottimo uomo aveva predetto, ella è davvero ne' suoi vecchi giorni la benedizione di Dio incarnata che gl'illumina e fiorisce di gioie soavi fino il sentiero della tomba.

Se l'infermità privava Trueman dell'uso delle membra, aveva per fortuna risparmiato la sua mente, ch'era lucida e serena come sempre: e il pio cuore si riposava, con umile fiducia, in quel Dio di cui egli riconosceva l'amore e la presenza, in cui sperava così fermamente, che nell'amarezza di quella prova poteva sottomettersi appieno e ripetere: «Sia fatta la tua volontà e non la mia!»

Coloro che tutti i giorni notavano l'invalido e la sua piccola custode, e si maravigliavano della devozione, dell'abnegazione di quella fanciulletta, erano lungi dal comprendere i sentimenti d'affetto e di gratitudine ond'era animata Gertrude, dall'immaginarsi qual contentezza fosse la sua nel sostenere, nell'aiutare l'amato suo benefattore. Meno ancora la superbiosa che si sarebbe vergognata di passeggiare col vecchio paralitico, intuiva qual fosse il suo orgoglio. Come poteva ella credere che la ragazzina che avrebbe compianta, se avesse trovato tempo di compiangere qualcuno, si sentiva colmare il cuore della più viva, della più nobile sodisfazione provata in vita sua, quando porgeva l'appoggio del suo braccio al vecchio tremulo, ed era per lei una gloria portare quella croce?

Il mondo esteriore le era indifferente. Non si curava dei commenti della gente oziosa, curiosa, vana. Non viveva ora che per True; per meglio dire viveva in lui, tanto esclusivamente pensava a consolarlo, a prolungare e allietare i suoi giorni.

Da due mesi soltanto egli versava in così affliggenti condizioni. Già prima la sua salute aveva cominciato a declinare, ma era sempre in grado d'attendere al suo lavoro quotidiano, finchè una mattina di giugno Gertrude, entrando nella sua camera, vide con maraviglia che non s'era levato quantunque fosse molto più tardi dell'ora consueta. Accostatasi al suo letto domandandogliene il perchè, s'accòrse ch'egli aveva un aspetto strano e non poteva risponderle. Sbalordita e spaventata, chiamò la signora Sullivan. Fu mandato per un medico. Questi dichiarò ch'era un attacco di paralisi, molto grave. Parve infatti per qualche giorno che True dovesse soccombervi: ma poi andò migliorando. Ricuperò la favella, e in capo a due settimane fu in istato di camminare con l'aiuto di Gertrude.

Il dottore aveva raccomandato quanto più moto fosse possibile senza stancarlo, e però tutte le mattine, innanzi le ore calde, se il tempo era buono, ella si presentava vestita di tutto punto e in cappellino, per condurlo a fare quella passeggiata con cui attiravano inconsapevolmente tanta attenzione.

La piccola massaia, approfittando di questa opportunità faceva la spesa, a fine di non dover poi uscire un'altra volta e lasciare l'infermo solo, cosa che evitava se non v'era costretta. Così la mattina che Guglielmo li aveva raggiunti a gran dispetto di Bella, si diressero accompagnati da lui alla bottega di commestibili dove solevano provvedersi delle cose necessarie. Il giovanotto fece sedere comodamente True, e proseguì verso la panchina ***, mentre Gertrude andava al banco a contrattar gli acquisti per il desinare. Comprò un pezzo di vitello da fare un buon brodo, gettò uno sguardo di desiderio su certi panieri di legumi scelti, e si voltò in là, con un sospiro. Ella aveva in mano la borsa contenente tutto il loro denaro; la teneva lei da alcune settimane, e la sentiva ogni giorno più leggera: sicché sapeva bene che alle primizie non bisognava pensarci, e sospirava ricordando con quale piacere lo zio True mangiava i pisellini novelli, l'anno scorso....

— Quant'è la carne? — ella domandò al rubicondo macellaro che la stava involtando in un foglio.

Egli disse quanto. Era poco, tanto poco che a Gertrude sembrò che quell'uomo avesse veduto dentro la sua borsa, e anche dentro il suo pensiero, e sapesse come sarebbe contenta che non costasse di più. Mentre le dava il resto, egli si chinò sul banco, e le chiese sottovoce che genere di cibi convenisse al signor Flint.

— Qualunque cibo sano, dice il medico, — ella rispose.

— Credete dunque che mangerebbe un po' di pisellini? Ne ho di prima qualità, arrivati freschi freschi dalla campagna, e se gli piacciono, ve ne manderò volentieri. Il mio garzone deve portarne in giro mezzo staio.... Metterò nello stesso paniere anche la carne.

— Oh, grazie, — fece Gertrude — gli piacciono moltissimo!

— Benone, benone. Vedrete che bellezza! —

Ed egli si volse a un'altra avventora così prontamente da lasciar credere a Gertrude che non si fosse potuto avvedere del rossore che le saliva alle gote, delle lacrime che le spuntavano negli occhi. Ma egli se n'era avveduto, e appunto per questo aveva avuto tanta fretta di servire l'altra.... Era un gran brav'uomo quel rubicondo macellaro!

True conservava un ottimo appetito. Egli gustò e lodò assai il desinaretto, e dopo aver mangiato abbondantemente, s'addormentò nel suo seggiolone.

Nell'atto che si destava, Gertrude balzò al suo fianco, gridando:

— Zio True, c'è la signorina Emilia!... La buona signorina Emilia che viene a farvi una visita!

— Iddio vi benedica, mia cara signorina! — disse il vecchio tentando di rizzarsi per muoverle incontro.

— Non vi rizzate, no, ve ne prego! — esclamò la giovane cieca il cui raffinato orecchio aveva percepito la sua mossa. — A quanto mi dice Gertrude temo che vi sia penoso.... Figliuola, portami una seggiola accanto allo zio True.... —

Ella s'accostò al paralitico, gli prese la mano, e parve oltremodo turbata nel sentirla tremare così.

— Ah, signorina Emilia, — egli disse — non sono più l'uomo che ero quando vi parlai ultimamente.... Il Signore mi ha mandato un avviso, e devo dispormi a partirmene dà questo mondo!

— Mi duole assai di non aver saputo nulla della vostra malattia, — disse la visitatrice. — Sarei venuta prima a trovarvi.... Ma ho avuto la notizia soltanto oggi.... Stamani Giorgio, il servitore di mio padre, vi ha visto in una bottega con Gertrude, e me l'ha detto non appena ritornato di città. Cotesta bambina doveva pur scrivermi un rigo.... —

Gertrude stava ritta presso il vecchio accarezzando con le dita sottili le sue ciocche grige. Egli, all'udire Emilia menzionarla, si voltò verso di lei e la guardò.... Ah, quale sguardo d'amore! Mai Gertrude potè scordarlo.

— Cara signorina, — rispose True — non era necessario disturbare nessuno. Dio stesso ha provveduto. Tutti insieme i dottori e tutte le infermiere del paese, non avrebbero fatto per me la metà di quello che ha saputo fare questa mia piccina. Cinque anni sono, quando me la portai a casa, povera scricciola, scalza e livida dal freddo, quando, in questa medesima stanza, me la reggevo sulle braccia, notte e giorno, malata, quasi morente, non mi sarei immaginato che verrebbe così presto la sua volta. No, signorina Emilia, non mi sarei immaginato che il Signore mi abbatterebbe così profondamente, che quei piedini correrebbero tanto di qua e di là per servirmi, che quelle manine verrebbero nelle tristi notti ad accomodare i miei guanciali, che il giorno camminerei appoggiato al suo debole braccio.... Davvero le vie di Dio non sono le nostre vie, nè i suoi pensieri come i nostri pensieri.

— Oh, zio True, — disse Gertrude — io non fo molto per voi! Vorrei fare assai più, vorrei ridarvi la vostra forza.

— Per questo mondo non è più possibile.... Ma tu mi dài ben altra forza che quella del corpo.... Ah, signorina Emilia, — proseguì rivolto alla fanciulla cieca — a voi dobbiamo ogni nostro bene! Io amavo il mio uccellino, ma ero uno sciocco e non sarei riescito che a viziarlo. Invece voi sapevate quello che ci voleva per il suo meglio e per il mio. Voi avete fatto di lei ciò ch'è adesso: uno degli agnelli di Cristo, un'ancella del Signore. Se qualcuno m'avesse detto sei mesi addietro ch'io sarei divenuto un povero invalido, inchiodato in una poltrona, senza sapere chi provvederebbe al necessario per me e per il mio uccellino caro, avrei risposto che non è possibile sopportare con pazienza una tal sorte, e il cuore mi sarebbe venuto meno. Ma ho imparato una gran lezione da questa bambina! Dopo l'attacco, appena ebbi ricuperato la parola, e potei esprimere le idee che mi venivano alla mente, turbato com'ero pensando al mio caso e alle condizioni di Gertrude che non aveva più chi lavorasse per lei, tanto turbato da sentirmi peggio, dissi gemendo: «E che faremo ora?... Che faremo?» Ed essa mi sussurrò nell'orecchio: «Dio avrà cura di noi, zio True.» E quando, dimenticata quella sua risposta, domandai un'altra volta: «Chi ci nutrirà ora, chi ci vestirà?» essa di nuovo disse: «Provvederà il Signore!» Una notte, nel più profondo della mia angoscia, crucciandomi per la mia piccina, esclamai: «Se io muoio, chi s'occuperà di Gertrude?» E la cara creatura ch'io credevo a letto, bene addormentata, posò la testa accanto alla mia, e rispose: «Zio True, la sera ch'io fui messa fuori nella strada buia, ed abbandonata là, sola, senza più casa, senza un amico al mondo, il nostro Padre Celeste vi mandò in mio soccorso; così se mai volesse chiamarvi a Sè e non prendere me pure, mi manderà qualcun altro per sostenermi durante il tempo ch'io devo restare ancora quaggiù.» Da quel momento, signorina Emilia, ho cessato di disperarmi. Le sue parole e i santi insegnamenti della Bibbia ch'ella mi legge tutti i giorni, hanno penetrato il mio cuore, e sono in pace.

«Io pensavo sempre che se fossi vissuto e rimasto sano e forte, Gertrude avrebbe potuto frequentare la scuola e istruirsi, giacchè ha una grande inclinazione allo studio, e impara con molta facilità. È una bambina piuttosto gracile; e poi, non pare proprio fatta per i lavori grossolani e faticosi, perciò mi dispiaceva troppo l'idea che avesse a guadagnarsi la vita duramente. Speravo di vederla diventare maestra di scuola come la signorina Browne, o qualche cosa di simile.... Ma adesso non mi tormento più. Sono persuaso che, come dice lei, tutto avviene per il nostro meglio, perchè altrimenti non avverrebbe. —

Gertrude che, mentre egli parlava, aveva tenuto la faccia nascosta contro la sua spalla, alzò la testa e disse, risolutamente:

— Zio True, io mi sento capace di fare qualsiasi lavoro materiale, o quasi. Per esempio, la signora Sullivan dice ch'io cucio molto bene; potrei far la sarta o la modista. Questi non sono mestieri faticosi.

— Signor Flint, — domandò Emilia — affidereste volentieri a me la vostra bambina? Se Dio vi separasse da lei, la credereste sicura sotto la mia custodia?

— Oh, signorina Emilia! — esclamò l'infermo. — Come non la crederei sicura sotto la custodia d'un angelo? E voi....

— No, non dite questo, — interruppe ella — o mi periterò d'assumere un impegno così solenne. So purtroppo che la mia cecità, la mia debole salute, la mia inesperienza, mi rendono poco atta ad incaricarmi d'una bambina come Gertrude. Ma poichè voi approvate l'istruzione che le ho dato finora, e, per bontà vostra, mi tenete in miglior concetto ch'io non meriti, almeno sarete certo del mio sincero desiderio d'esserle utile. E s'è un conforto per voi il sapere che in caso di vostra morte io sarò lieta di prenderla meco, d'aver cura della sua educazione, e di provvedere a lei finchè io viva, abbiatevi la mia formale promessa — e così dicendo pose la sua destra su quella di True — che questo sarà fatto e che m'adoprerò con tutte le mie forze perchè ella sia felice. —

Il primo impulso di Gertrude fu di slanciarsi verso Emilia e gettarle le braccia al collo, ma la rattenne nell'atto la vista di True che piangeva come un fanciullo. Ella fece posare la testa del vecchio sul suo seno e asciugò con la mano le lacrime che gli sgorgavano dagli occhi: lacrime di gioia però, della gioia che lo soverchiava in quel suo stato di debolezza, di prostrazione.

La proposta della signorina Graham gli giungeva così inopinata e di tanto superava le sue aspettazioni, da sembrargli una speranza troppo bella perchè osasse affidarvisi: e ad un tratto un dubbio gli balenò, ed accrebbe la sua trepidanza:

— Ma vostro padre! — disse esitando. — Il signor Graham! Egli ha le sue idee particolari, le sue consuetudini, e non è più giovane.... Ho gran paura che non gli garberà avere in casa una bambina....

— Mio padre è molto indulgente con me, — rispose Emilia. — Certo non vorrà opporsi a un disegno che mi sta a cuore. Io mi sono affezionata a Gertrude; la sua presenza mi sarebbe utile e vi troverei un conforto. Mi confido, signor Flint, che voi riacquisterete, almeno in parte, la salute e le forze, e rimarrete con lei ancora molti anni: ma affinchè non siate in ansia per la sua sorte, colgo quest'occasione d'assicurarvi che s'io vi sopravvivo la mia casa sarà la sua.

— Ah, signorina Emilia! — esclamò il vecchio — il mio tempo quaggiù è finito, lo sento; e giacchè volete incaricarvi di questa creatura, sarete presto chiamata a compiere la vostra opera di carità. Ricordo com'ero turbato il giorno dopo ch'io me l'ebbi portata qui, pensando che forse non ero capace d'educarla, e non avevo la possibilità di tenerla ammodo. E voi, cara signorina, ricordate che mi diceste per incoraggiarmi? «Avete fatto bene,» mi diceste, «e il Signore vi benedice e vi ricompenserà.» Quante volte da allora ho ripetuto in cuor mio che le vostre parole erano state una vera profezia, che il Signore stesso ve le aveva ispirate! Ed ora che voi vi proponete di prendere il mio posto perchè Egli mi chiama a Sè, e ch'io vedo più chiaramente che mai le sue vie, vi dico a mia volta, signorina Emilia: «Fate bene!» E se Dio vi ricompensa come ha ricompensato me, verrà il giorno che l'amore e la gratitudine di questa orfanella vi ripagheranno di ciò che avrete fatto per lei.... Gertrude?

— Non è qui, — disse la cieca — l'ho udita correre nella sua camera.

— Povero uccellino! — fece True. — Non le piace sentirmi parlare del momento che dovrò lasciarla. Mi rattrista il pensiero della sua desolazione. Mi par di vederla struggersi il cuore in lacrime dietro il suo vecchio zio. Basta, non importa. Io volevo raccomandarle d'essere una buona figliuola per voi, ma credo che non ci sia bisogno di raccomandazioni.... Le dirò quando torna quel che ho da dirle. Addio, cara signorina, — egli soggiunse, poichè Emilia s'era rizzata e Giorgio, il servitore, l'aspettava sulla soglia — se non vi rivedo più, sappiate che voi avete reso un povero vecchio tanto felice, da non lasciargli nulla da desiderare sulla terra, e che portate con voi la benedizione d'un morente. Vi conceda Iddio di finire i vostri giorni in perfetta pace come io finisco i miei! —

Quella sera, quando Trueman si fu coricato, e che Gertrude ebbe finito di leggergli secondo il consueto qualche pagina della sua piccola Bibbia, egli, chiamatala al suo capezzale, la pregò, come spesso faceva ultimamente, di ripetere la preghiera per i malati, da lui prediletta.

Ella s'inginocchiò, e con solenne e commovente ardore sodisfece alla sua richiesta.

— E adesso, tesoro, la preghiera per i moribondi.... Ce n'è una, non è vero, nel tuo libriccino? —

Gertrude tremò. Sì, c'era, e bellissima. La pensosa fanciulla, cui l'idea della morte era familiare, la sapeva a memoria. Ma come avrebbe potuto proferirne ad alta voce le parole senza tradire la commozione che la scoteva tutta? Eppure doveva provarvisi. Lo zio True desiderava udirla, e sarebbe stato un conforto per lui. Concentrando tutta la propria energia, dominandosi con uno sforzo, ella incominciò, e guadagnando vigore man mano che proseguiva, arrivò fino in fondo. Due o tre volte la voce le fallì, soffocata nel nodo che le serrava la gola, ma subito, per un nuovo sforzo della volontà, risonò tanto limpida e calma, che la divozione dell'infermo non fu disturbata dal dolore della sua bimba diletta. Fortunatamente egli non poteva sentire i palpiti del piccolo cuore spasimante che minacciavano di spezzarlo.

Recitata la preghiera, ella rimase in ginocchio, accanto al letto, con la faccia nascosta nelle coperte. Non era in grado di rizzarsi. Per qualche minuto un silenzio solenne regnò nella stanza. Poi il vecchio le posò una mano sul capo.

Ella alzò gli occhi verso di lui, ed egli disse:

— Tu ami la signorina Emilia, non è vero, uccellino mio?

— Oh, sì, molto!

— Mi prometti d'essere una buona figliuola per lei quando io me ne sarò andato? —

Gertrude ruppe in singhiozzi.

— O zio True, non mi lasciate! Caro, caro zio True, io non posso vivere senza di voi!

— Dio vuole ch'io vada a Lui, Gertrude. Egli è stato sempre buono con noi, e non dobbiamo ora dubitare della Sua bontà. La signorina Emilia può fare per te più ch'io non potessi. Tu con lei sarai felice.

— No, no! Mai più non sarò felice in questo mondo! Non fui mai felice prima d'esser venuta a stare con voi! E se voi morite, desidero di morire anch'io....

— Tu non devi desiderare questo, mio tesoro: sei giovane, e il tuo dovere è di compiere sulla terra il tempo che t'è assegnato procurando di fare il bene. Io sono vecchio, e oramai non altro che un peso inutile....

— Non lo dite, zio True, non lo dite! Voi non siete, non potete essere di peso a nessuno. Vorrei io piuttosto non aver cagionato tanto incomodo a voi....

— Al contrario, uccellino, Dio sa che tu sei stata tutti questi anni la gioia del mio cuore. Ciò che mi affligge è il vederti adesso sempre sacrificata qui in casa a sfaticare invece d'andar a scuola. Ma quaggiù, noi dipendiamo gli uni dagli altri.... in primo luogo da Dio.... e poi gli uni dagli altri.... E questo mi rammenta le cose che ho da dirti. Io sento che il Signore mi chiamerà presto, assai più presto che tu non creda. E tu allora piangerai e sarai oltremodo afflitta, senza dubbio.... Ma la signorina Emilia ti prenderà seco, e ti dirà parole sante che ti conforteranno, ti dirà come ci rivedremo e saremo felici in un mondo migliore; dove non ci separeremo più.... Anche Guglielmo farà tutto il suo possibile per consolarti nel tuo dolore.... E, col tempo, sorriderai di nuovo.... Da principio, ed a lungo forse, tu sarai a carico della signorina Emilia che avrà da pensare a tutto per te: scuola, vestiario, e via dicendo. Ebbene, questo ti voglio dire: lo zio True s'aspetta che tu ti comporti con lei da buona figliuola, e l'obbedisca sempre. E quando sarai più grande forse potrai fare a tua volta qualche cosa per provarle la tua gratitudine. Ella è cieca, e i tuoi occhi dovranno essere i suoi: non è robusta, e tu dovrai essere il suo sostegno come sei stata il mio. Se tu sarai buona e paziente, Gertrude, Dio ti darà la pace e la serenità dell'anima per aver fatto quanto potevano le tue forze, in pro degli altri. E quando avrai qualche dispiacere (nessuno ne va esente) ricordati dello zio True che ti diceva in questi casi: «Su, allegri, uccellino, perchè a parer mio tutto finirà bene!» Andiamo, non addolorarti ora: va' a letto, cara.... E domani faremo una bella passeggiatina; sai che Guglielmo verrà con noi.... —

Gertrude si fece cuore per amor suo, e andò a coricarsi. Stette qualche ora vegliando, ma alfine cadde in un sonno profondo e non si destò fino a giorno.

Sognò ch'era già il mattino e che lei, lo zio True e Guglielmo facevano una passeggiata deliziosa; lo zio True aveva ricuperato la salute e le forze, camminava con passo fermo, gli occhi gli brillavano; Guglielmo e lei erano felici e ridenti.

E mentre ella sognava il suo bel sogno, ed era tanto lontana dal pensare che mai più non avrebbe calcato a fianco del suo primo amico le vie terrestri, il messaggero venne, un dolce e tacito messaggero, e nella quiete della notte avvolgente il mondo sopito, prese l'anima del buon True e la portò a Dio!

Il lampionaio

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