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XI.

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Un influsso da lei spira che il cuore

Dell'afflitto, alla vita, alla speranza,

Richiama dagli abissi del dolore.

Hemans.

Il pomeriggio della domenica seguente trovò Gertrude seduta su un panchetto davanti a un piacevole focherello di legna, nella camera d'Emilia. I suoi grandi occhi erano fissi nel volto della fanciulla cieca che sembrava esercitare su lei un vero fascino, tale era l'attenzione con cui ella seguiva tutte le più fugaci espressioni di quei lineamenti. — Molte altre persone maggiori d'anni e di senno ne avevano, come Gertrude, sentito il dolce incanto senza poterlo definire. Non era la bellezza: almeno non una bellezza appariscente, perchè Emilia non l'aveva mai posseduta, neppure al tempo che due begli occhi color nocciuola illuminavano il suo viso; nè era quella potente attrattiva che danno ad alcune donne la voce e le maniere; la voce sua, benchè armoniosa, era così piana, e le sue maniere così semplici, che non conquistavano la fantasia d'assalto. Non era, infine, la compassione per la sua cecità. Quest'immensa sventura, certo, destava intorno a lei sentimenti di calda simpatia; ma i suoi amici dimenticavano spesso ch'ella non vedeva. Prima di tutto non erano costretti a rammentarsene, posto che Emilia non si lamentava mai, mai non intratteneva egoisticamente gli altri sulla propria infermità; e poi non c'era nulla di penoso nell'aspetto delle sue palpebre chiuse, ombreggiate da lunghissime ciglia. Accadeva quindi che, conversando con lei, qualcuno le parlasse di cose evidenti soltanto per il senso della vista, o perfino richiamasse la sua attenzione su questo o quell'oggetto: ed ella non rimproverava lo smemorato nemmeno con un sospiro, nè mostrava di non curarsi del mondo visibile da cui era esclusa; ma, paga in apparenza delle descrizioni che le venivano fatte e delle immagini che si formava nella mente, discorreva con piacevolezza su qualsiasi argomento preferito da' suoi interlocutori. Alcuni dicevano che Emilia Graham aveva una bocca graziosissima, e ne amavano le variabili espressioni; secondo altri nulla era più seducente in lei che la pozzetta nella sua guancia destra; parecchie ragazze desiderose di piacere confessavano che se avessero sperato di riescir a ondulare i loro capelli come quelli d'Emilia, li avrebbero intrecciati ogni sera: donava tanto! Ma i pochi eletti che grazie alla propria spiritualità erano capaci di comprendere e apprezzare il carattere della giovane cieca, i pochissimi suoi intimi che avevano saputo le sue lotte e veduto i suoi trionfi, se si fossero studiati di spiegarsi donde ella derivasse il potere di rapire i cuori e guadagnar l'amore e l'ammirazione di tutti, giovani e vecchi, avrebbero detto come Gertrude quella domenica che sedeva ai suoi piedi, fissandola intensamente: «Signorina Emilia, voi siete stata con Dio!»

Gertrude, certo, era una strana bambina. Per quanto ignorante, sentiva la superiorità d'Emilia Graham su ogni persona da lei finora conosciuta; e nella sua fede ch'ella appartenesse a un ordine di creature sovrumane, credeva implicitamente alla verità delle sue parole, si lasciava di buon grado guidare ove ella voleva, sicura che non cercava se non di giovarle perchè l'amava.

Con la sua voce soave Emilia impartiva alla piccola uditrice seduta dinanzi a lei sul panchettino, la prima lezione per insegnarle a distinguere il bene dal male. Ella non vedeva il visetto pensoso levato verso il suo viso; ma la profonda attenzione di Gertrude, che non fiatava, non si moveva, e più la stretta delle manine che avevano preso una sua mano e la tenevano, le provavano che di già un gran punto era vinto.

Gertrude non era più ritornata a scuola dopo il suo conflitto con le «grandi». A tutte le esortazioni di True ella aveva opposto un'ostinazione invincibile. Ma la signorina Graham, la quale comprendeva meglio di lui la natura della bambina, fece valere ragioni ben più forti di quelle che aveva potuto adoperare egli, e riuscì nell'intento che a lui era fallito. Ciò che eccitava così fieramente l'indignazione di Gertrude era l'insulto recato al suo vecchio amico; ma ella le presentò la cosa sotto un diverso aspetto, e la persuase che se amava davvero lo zio True, glielo avrebbe dimostrato in assai miglior modo obbedendo a' suoi desiderî che non ostinandosi in una pazza collera. Ottenuta così da lei la promessa che la mattina seguente sarebbe andata a scuola, le diede savi consigli circa il contegno da osservare verso le condiscepole che avevano provocato la sua avversione contro di loro, e la tranquillò dicendole che il signor Flint l'avrebbe certo accompagnata e fatto alla maestra le debite scuse per la sua assenza, nel qual caso ella non aveva più da temere difficoltà nè dispiaceri.

True, infatti, lietissimo della sua resipiscenza, andò alla scuola con lei, chiese della maestra, e nella sua maniera un po' rozza, ma schietta, le espose il caso e le affidò la bambina.

La signorina Browne era una giovane di buon senso e buoni sentimenti. Vide le cose nella vera luce. E chiamate in disparte le ragazze che con la loro malevola petulanza avevano eccitato la collera della piccola, parlò in guisa che si vergognarono della loro condotta e s'astennero in seguito dal molestare Gertrude. Questa poi strinse amicizia con due scolarette dell'età sua, ch'erano tra le più tranquille; nelle ore di ricreazione si divertiva con loro, e non ci furono altri guai.

Passò l'inverno. Ritornarono le tiepide giornate di primavera, liete di sole, in cui Gertrude poteva sedere davanti alla finestra aperta o sulla soglia dell'uscio, quando gli uccelli cantavano, la mattina, tra i rami d'una vecchia acacia piantata nella stretta corte, o il tramonto raggiava la sua luce d'oro nella vasta camera di True e ci si vedeva a leggere fin quasi all'ora di coricarsi.

Ella aveva frequentato la scuola durante tutto l'inverno scorso, e fatto rapidi progressi, come sogliono i fanciulli intelligenti cui non s'è offerta l'opportunità d'istruirsi che ad un'età nella quale la mente già stimolata dall'ambizione è più pronta ad apprendere e più capace di buon profitto. Era fiorente di salute, e sempre linda, perchè Emilia la provvedeva generosamente di vestiti e biancheria, e la signora Sullivan prendeva cura della sua guardaroba. Ed era felice ed allegra, e saltellava per la casa, così vispa, così leggera, che True diceva che il suo uccellino non toccava mai la terra col tallone ma svolazzava attorno sulle punte dei piedini.

Il vecchio non avrebbe potuto amare con maggior tenerezza la sua figlioletta adottiva, se ne fosse stato il vero padre. Quando egli sedeva al suo fianco sulla grande panca che venuta la bella stagione era stata portata fuori, nella corte, e ascoltava, paziente ed attento le storie ch'ella gli leggeva ad alta voce, storie di bambine che non dicevano mai bugie, di ragazzini che obbedivano sempre i genitori, e specie di fanciulli che sapevano dominare il loro temperamento focoso, sembravano proprio fatti l'uno per l'altra, com'erano realmente. Il piacere che il buon uomo trovava in quei libri, donati da Emilia e letti e riletti da Gertrude, era così vivo e costante come se fosse stato un ragazzo anch'egli. Coi gomiti sulle ginocchia e il mento sulle palme, True stava a sentire gl'ingenui raccontini ridendo quando ella rideva, commovendosi non meno cordialmente di lei alle peripezie delle piccole eroine, e godendo del finale trionfo della verità, dell'obbedienza, della pazienza.

Emilia sapeva quale profonda impressione spesso facciano queste prime letture sull'animo dei bambini, e sceglieva i libri per la sua protetta con molta cura e molto criterio. La vita di Gertrude era adesso prospera e tranquilla quanto in passato misera e tormentata. Sei mesi innanzi si sentiva sola al mondo, negletta, non amata da nessuno. Adesso aveva parecchi amici e sapeva che vuol dire essere oggetto di cure affettuose, provveduta del necessario, accarezzata. Tutti i giorni della settimana avevano le loro gioie, ma il sabato e la domenica erano, come per la signora Sullivan, giorni beati, perchè Guglielmo veniva a udirla recitare le sue lezioni, a condurla a spasso, a ridere, a fare il chiasso con lei. Egli aveva sempre tante cose amene da raccontarle, era tanto pieno di vita, di brio, tanto pronto a partecipare a tutti i suoi disegni, a divertirla in mille maniere, ch'ella già dal lunedì mattina cominciava a contare i giorni fino al sabato venturo. E poi, allora, se c'era qualche piccolo guaio, se per esempio il vecchio orologio a pendolo s'era fermato, o s'era rotto un balocco, o peggio ancora le lezioni erano troppo difficili, Guglielmo rimediava a tutto, la traeva da ogni difficoltà, la consolava d'ogni suo puerile dispiacere. La madre stessa non lo attendeva con più ansiosa impazienza di Gertrude.

Ma il pomeriggio della domenica ella lo passava sempre con Emilia, nella camera di lei, ascoltando la sua voce soave, imbevendosi del dolce suo spirito. Emilia non le faceva prediche, non la stancava con esortazioni e precetti. La bambina neppur si sognava d'esser là per imparare qualche cosa. E intanto la giovane cieca diffondeva a grado a grado la luce in quell'anima oscura. Gl'insegnamenti divini, le verità generatrici di virtù, vi s'impiantavano per opera sua, con forza, ma in modo così naturale che Gertrude non s'accorgeva dell'azione esercitata su di lei. In progresso di tempo, però, quando la bontà fu appieno fortificata nell'intimo del suo essere, e le prime sue deboli resistenze al male, le prime sue infantili risoluzioni di perseveranza nel bene si furono maturate in principî saldamente radicati, e confermate nella pratica, ella riandando il passato comprese che là, in quelle domeniche benedette, mentre ascoltava Emilia sedendo su un panchetto a' suoi ginocchi, aveva ricevuto nel cuore i primi raggi della luce immortale che mai non s'estingue.

Così la sua tacita preghiera a Dio era stata esaudita. Egli aveva mandato alla fanciulletta ignara un suo messaggero terrestre, perchè la guidasse verso la pace sempiterna; un messaggero a' cui occhi suggellati erano invisibili i sentieri del mondo, ma che per lunga esperienza conosceva la via del cielo. E chi poteva guidarla meglio di colei che aveva così pazientemente appreso il cammino? Chi poteva esser atto a dissipare le tenebre di un'altra anima, più di colei alla quale Dio aveva dato una fiaccola divina per rischiarare la notte ond'era avvolta la sua vita?

Fu per Gertrude un gran dolore l'apprendere che la sua protettrice sarebbe tra poco andata in campagna per passarvi l'estate. Il signor Graham possedeva una villa amenissima a circa sei miglia da Boston, dove tutti gli anni si recava immancabilmente appena giunto il tempo delle piantagioni. Attivissimo uomo d'affari durante l'inverno, quando cominciava la stagione calda evadeva dal suo scrittoio, abbandonava il libro maestro e la corrispondenza commerciale, per dedicarsi tutto alle salubri fatiche e alle delizie del giardinaggio. Emilia promise alla bambina che un giorno di bel tempo l'avrebbe fatta venire alla villa, e sarebbero state insieme dalla mattina alla sera. Di questa visita Gertrude godette tre mesi avanti, nell'immaginazione, e più di tre mesi dopo, nella memoria.

La compensò alquanto dell'assenza d'Emilia il piacere di veder più spesso Guglielmo, il quale grazie alla lunghezza delle giornate trovava ora modo di fare qualche scappatina a casa, la sera. E Guglielmo sapeva confortarla qualunque fosse la causa del suo dolore.

Il lampionaio

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