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1.4. Verso la Svizzera italiana

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Come si è provato a dimostrare con questa rassegna di esempi, le denominazioni etniche e geonimiche impiegate per identificare una persona sono suscettibili di variazioni a seconda dello scrivente e del contesto. All’interno di abitudini perlopiù eterogenee si ritrovano tuttavia alcune tendenze stabili, che possono suggerire delle informazioni sul sentimento identitario delle comunità prealpine lombarde e grigioni, e del suo sviluppo nel tempo. L’identità di una popolazione non è infatti definita da caratteri originali immutabili ma è il risultato di esperienze storiche e culturali condivise. Con i ritmi lenti della storia, lo spirito comunitario è continuamente rinegoziato, come rinegoziate e in continua evoluzione sono le gerarchie dei valori aggreganti che lo formano.1

Questo vale ovviamente anche per le terre che oggi compongono la Svizzera italiana. Per quanto concerne il territorio della Lombardia svizzera, come si è osservato, il principale elemento etnonimico era costituito dalla “piccola patria”, ossia dal borgo di origine. L’impiego stesso del termine patria era solitamente ricondotto alla patria comunale (o l’antica vicinanza), che rappresentava un punto di riferimento di grande valore nella società del tempo. Oltre che per una questione affettiva, il comune patriziale garantiva i doveri e i diritti politici dell’individuo, regolati sulla base di statuti di origini medievale, ed era il centro della solidarietà economica e sociale della comunità. La comproprietà di terre o il diritto di decisione, inter alia, erano privilegi aviti, di discendenza familiare, oppure ottenuti per mezzo di grandi fatiche.2

Al riferimento comunale, come visto, segue quello alla giurisdizione ecclesiastica, alla pieve o alla diocesi, cioè a «coordinate che dovevano apparire antiche, stabili ed essenziali».3 L’importanza della diocesi sul piano identitario, e quindi congregativo e comunitario, in alcuni casi si misura anche sulle peculiarità linguistiche delle varietà dialettali.4 Ad esempio, Carlo SalvioniSalvioniCarlo, nel suo articolo Lingua e dialetti della Svizzera italiana stabilisce che l’isoglossa del passaggio di ū latina a ü e di l intervocalica a r, che caratterizza le varietà bellinzonesi-lombarde, coincide con il confine diocesano-politico:

Una divisione abbastanza netta la si riscontra pure tra la Mesolcina e il finitimo territorio bellinzonese; e che sia determinata dal confine diocesano-politico, è dimostrato dal fatto che a Lumino, l’ultimo villaggio bellinzonese, geograficamente spettante alla Mesolcina e non diviso da nessun ostacolo naturale dal prossimo villaggio grigione di S. Vittore, – che a Lumino, dico, si abbiano i due nel caso nostro importantissimi fenomeni bellinzonese-lombardi di ü (è veramente a Lumino un ü più aperto, leggermente più vicino a u che non l’ü lombardo) per u lungo latino, e di l intervocalico in r, mentre a S. Vittore si ha u e l.5

In secondo luogo, l’identità culturale e l’appartenenza allo spazio geografico lombardo e italiano era naturale e accettata dalle comunità, nonché condivisa nella percezione maggioritaria al nord delle Alpi. Anche negli anni o nei decenni successivi all’atto di mediazione napoleonico (1803), con il quale è istituito lo Stato del Cantone Ticino, gli abitanti di queste terre si riconoscevano come etnicamente lombardi. La formazione e l’assestamento di un’identità ticinese è stata problematica e ha richiesto molto tempo anche in ragione dei secoli di autonomia comunale che hanno preceduto l’istituzione cantonale; nelle prossime pagine si tornerà anche su questo aspetto.6

Non sorprende dunque che, come osservato, la menzione della sovranità svizzera si manifesti con crescente intensità solo dal secolo XVIII, spesso assumendo le forme di un riferimento politico-amministrativo più che etnico-identitario.

La situazione delle valli italofone del Grigioni è sostanzialmente la stessa. Anche in questo caso la patria comunale rappresenta il principale elemento identitario, seguito con una certa frequenza dal riferimento geografico alla vallata di origine; una caratteristica impiegata, come abbiamo visto, anche nella Lombardia svizzera. E se l’italianità di queste terre è percepita come ambigua, o quantomeno sensibilmente contaminata dall’influenza romancia e tedesca, il riferimento diocesano è infrequente in ragione dell’orientamento confessionale di queste terre. Infine, dagli esempi analizzati sopra, sembra che per i territori italiani del Grigioni l’assetto politico-amministrativo sia più sentito sul piano identitario rispetto a quanto osservato per la Lombardia svizzera. La modalità di annessione e lo statuto paritario di queste comunità nella coalizione delle Tre Leghe avranno avuto un peso certo maggiore a tale proposito rispetto alla sovranità elvetica imposta nella Lombardia svizzera.

Riassumendo, in entrambe le aree il riferimento comunale, o tutt’al più diocesano o geografico, era ben più presente rispetto al livello regionale la cui definizione lessicale si afferma, di fatto, in coincidenza con la maturazione di una coscienza nazionale tipica del secolo XIX. In conclusione, dunque, in epoca ducale e poi nei secoli successivi, era impiegato un sistema etnonimico non diverso da quello in uso nell’Italia geograficamente intesa, e non solo.

Come nei territori della Lombardia svizzera e delle valli italofone del Grigioni, nella penisola italiana in epoca illuminista, con il formarsi di un’ideologia protonazionalista, si attestano le prime resistenze alla segmentazione che sgretolava internamente l’ideale nazione italiana. Ne offre celebre esempio il racconto Della patria degli italiani di Gian Rinaldo CarliCarliGian Rinaldo, pubblicato in forma anonima sul secondo numero del «Caffè» di Pietro VerriVerriPietro nel 1765, nel quale la frammentazione identitaria è finemente criticata:

Guarda egli con un certo insultante sorriso di superiorità l’incognito, indi gli chiede s’egli era forestiere. Questi con un’occhiata da capo a’ piedi, come un baleno, squadra l’interrogante, e con aria, di composta e decente franchezza risponde: No signore. È dunque milanese? riprese quegli. No signore, non sono milanese: soggiunge questi […] Sono Italiano, rispose l’incognito, e un Italiano in Italia non è mai forestiere; come non lo è in Francia un Francese, in Inghilterra un Inglese, un Olandese in Olanda e così discorrendo.7

Una dinamica analoga dovette agire negli stessi anni, o poco più tardi, anche sui territori della Lombardia svizzera e del Grigioni, e sulla loro percezione interna ed esterna. Risale a questo periodo, come noto, una tra le prime attestazioni del sintagma Svizzera italiana («Italienische Schweiz»), impiegato dal pastore zurighese Hans Rudolf SchinzSchinzHans Rudolf (1745-1790) nella sua descrizione dei baliaggi intitolata Beyträge zur nähern Kenntniß des Schweizerlandes, sulla quale si tornerà nel secondo capitolo.8

Di poco precedente, e meno o per nulla conosciuta, è invece la testimonianza in lingua latina della locuzione che si trova in un passaporto redatto per l’architetto luganese Giuseppe QuadriQuadriGiuseppe da un notaio di nome «Ladislaum EgyEgyLadislaum» della città ungherese di Gyöngyös, nella quale abitava il capomastro. In questo salvacondotto, emesso il 23 ottobre 1779 per un viaggio di lavoro in Italia seguito da una visita al borgo natio, il territorio della Lombardia svizzera è definito una repubblica «Helvetico Italica»:

Praesentium ostensor, concivis noster dominus Cristophorus Quadrii, magister murarius et architector, proficiscitur ex oppido nostro privilegiato Gyöngyös, in comitatibus Hevesiensi et exteriori Szolnok, artificialiter unitis, ingremiato, loco videlicet per Dei gratiam sano et salubri, tum consanquineorum visitandi, tum etiam certorum negotiorum suorum pertractandi causa, in regnum Italice, et quidem, per urbes Mediolanum, Como reliquasque iter suum in ipsa republica Helvetico Italica contentas, in urben nomine Lugano, originis quippe suae locum […].9

Seppure lontani in termini identitari, geografici e culturali dalla rispettiva denominazione moderna, che sarà definita e connotata nel suo senso attuale principalmente dall’opera politico-culturale di FransciniFransciniStefano, lo sviluppo di questi sintagmi negli ultimi anni dell’ancien régime è il segnale di una progressiva evoluzione e del riassestamento della gerarchia dei riferimenti identitari nella Lombardia svizzera, conseguente la graduale stabilizzazione dell’amministrazione politica elvetica. Così, l’italianità di queste terre, un elemento fondamentale della denominazione geografica della regione e del carattere etnico delle sue comunità, diventa gradualmente un attributo: sono i primi segnali di un’evoluzione che porterà, nel giro di alcuni decenni, dalla Lombardia svizzera alla Svizzera lombarda, o italiana.

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