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1.6. La denominazione “Svizzera italiana”

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La denominazione “Svizzera italiana”, oggi accolta nel linguaggio comune e diffusa con il significato stabilito da FransciniFransciniStefano, presenta nell’opera omonima dei limiti intrinseci. La riflessione condotta nella Svizzera italiana importa però per la sua tensione verso un’ideale, verso un modello politico e identitario sintetizzato nel sintagma promosso da FransciniFransciniStefano: una formula che risulta peraltro irreprensibile sul piano teorico. Tuttavia, per una ragione storica, la sua fortuna non fu immediata. La generazione nata negli ultimi decenni del Settecento si percepiva infatti come lombarda. E anche quando il sentimento patriottico era rivolto oltralpe, alla Svizzera, spesso mancava un un’identità collettiva sul piano regionale. Mi sembra esemplare a questo proposito la minuta di una lettera del segretario di Stato e granconsigliere ticinese Vincenzo Dalberti,DalbertiVincenzo scritta il 4 novembre 1829 e indirizzata a Rothplez. Nella missiva si percepisce da un lato come il Ticino ottocentesco cercava nello spirito rustico e nella civiltà montanara la propria forma; dall’altro, risulta evidente come a quest’altezza cronologica mancava un sentimento forte e coesivo sul piano cantonale, a maggior ragione se consideriamo che lo scrivente è un uomo politico:

Pour moi je prefère la vallée sauvage où j’ai une maisonette [valle di Blenio], au pied du Luckmanier, à la riche plaine de Mendrisio; car la richesse n’est point celle d’un paysan, mais celle d’un fermier lombard. Il me semble impossible que là-bas la population soit jamais suisse, malgré les affirmations de quelques braves gens qui se cramponnent (pour le bien de la patrie, sans doute et en vertu de l’égalité) aux emplois de la Republique. Les pauvres montagnards, au contraire, qui dejà sous l’ancien règime avaient des moeurs suisses, et se donnaient pour tels avec orgueil, pourraient aisément marcher à côté des ainés de la Confédération. Il suffirait qui l’on fit quelque chose pour rehausser l’esprit public, beaucoup déchu dans les dernières vicissitudes, et que par des institutions nationales, amalgamant les intérêts des particuliers avec ceux du public, on nous attachât à une véritable patrie. Mais cela viendra avec le tems.1

Inutile dire, dunque, quanto moderna e difficile da ricevere potesse essere l’identità intercantonale promossa nella Svizzera italiana. Anche per FransciniFransciniStefano, ben acclimato nella cultura d’oltralpe e attivo in àmbito confederale, ancora oltre la metà degli anni ’30 la denominazione politico-culturale era suscettibile di oscillazione.2 Ovvero esitava tra la locuzione oggi diffusa, nella quale la nazione politica in forma sostantivata regge l’attributo riferito all’appartenenza culturale, e la formula che inverte in modo significativo i rapporti logici e sintattici di sostantivo e aggettivo, cioè di determinato e determinante: “Italia svizzera”. Nella lettera indirizzata a CherubiniCherubiniFrancesco il 26 aprile 1837, ad esempio, riferendosi alla stampa del primo volume della Svizzera italiana, FransciniFransciniStefano scrive: «Fra pochi giorni darò alla luce una mia descrizione storico-statistico topografica dell’Italia svizzera, di cui per commissione di un libraio di San Gallo è già a stampa la traduzione tedesca».3 L’inversione degli elementi della denominazione non si limita a questa occorrenza, che potrebbe essere condizionata dalla provenienza del corrispondente, ma si ripete anche nella stessa Svizzera italiana, la quale, in un primo progetto, doveva essere intitolata proprio Italia svizzera.4 Nel paragrafo Belle arti, incluso nel capitolo dedicato agli Uomini illustri, FransciniFransciniStefano riconduce alla “Italia svizzera” le eccellenze artistiche prodotte dai Baliaggi cisalpini, che in effetti Svizzera italiana non erano:

I Fontana, i Maderno, i Cantoni, i Rusca, gli Albertolli sono pel Ticino una fonte di gloria immortale. Le più cospicue città d’Italia, Torino, Milano, Genova, Bologna, Roma, Napoli e più altre, Germania, Spagna, Russia van debitrici di insigni opere a valorosi artisti dell’Italia Svizzera.5

Se quest’ultimo esempio potrebbe essere letto come un adattamento della locuzione “Lombardia svizzera”, oggi impiegata dalla storiografia, un’ulteriore testimonianza compresa nella versione aggiornata della Statistica della Svizzera non lascia margine di dubbio. Nella Nuova statistica della Svizzera italiana, pubblicata nel 1847, FransciniFransciniStefano accosta le due denominazioni, ritenute perfettamente sinonimiche: «V. Svizzera meridionale. Si stende sul pendio meridionale delle Alpi, e consiste nel Cantone Ticino e nella Mesolcina de’ Grigioni: è la Svizzera italiana o l’Italia Svizzera».6 La denominazione alternativa, che più avanti acquisterà una connotazione ideologica, con palesi sfumature di significato, non genera incongruenze nella proposta di FransciniFransciniStefano. Quest’ultimo, con intelligenza e con una visione politica emancipata dal vincolo di corrispondenza tra lingua e nazione, interpreta al meglio la situazione politico-culturale elvetica. Ovvero, concepisce la Svizzera come una federazione non solo politica ma anche culturale e linguistica, una Willensnation nel senso più pieno del termine. Nella sua visione politica la difesa della specificità culturale italiana, che va conservata e legittimata nelle dinamiche confederali come elemento primitivo e stabile, convive senza contraddizioni con la promozione della conoscenza della cultura d’oltralpe e di una vicenda storica e politica almeno in parte condivisa:

Il Ticinese e pel clima e per le Alpi e per la diversità del linguaggio e per alcune altre circostanze, in parte ha interessi economici diversi da quelli de’ suoi Confederati, in parte non è bene al fatto delle cose svizzere e de’ bisogni della ben avventurata Confederazione a cui il suo paese si trova ascritto; ma pure egli è affezionato all’Elvezia, e cara gli è la ricordanza dei Tell e de’ WinkelriedWinkelriedArnold de, ed è superbo di portare il nome di Svizzero.7

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