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1.3. La descrizione delle varietà dialettali della Svizzera italiana

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Anche nelle sue manifestazioni più settoriali, ad esempio quelle linguistiche, il sapere di FransciniFransciniStefano era pratico e utilitaristico, coerente con la sua formazione tardo-illuministica. Così, gli spogli lessicali e più generalmente le indagini dialettali condotte negli anni giovanili trovano una loro ragione non solo a servizio di ricerche altrui ma anche nella propria opera storico-statistica, che dedica un paragrafo alla Varietà fra i dialetti Ticinesi nel capitolo sul Linguaggio della Svizzera italiana. Il paragrafo sulle varietà vernacolari del Cantone Ticino, che privilegia la schedatura lessicologica all’analisi più propriamente strutturale, è la prima trattazione dei dialetti ticinesi nel loro insieme. In queste pagine, FransciniFransciniStefano si occupa di descrivere la geografia dialettale della regione e discute in chiusura, con una postilla cursoria, alcune caratteristiche fonomorfologiche del vernacolo in analisi. Anche l’unico affondo in questo senso non va oltre il descrittivismo. Infatti, l’autore si limita a registrare, senza ulteriori analisi o specifiche, le oscillazioni formali degli articoli, caratterizzate in particolare dal rotacismo della l:

Gli articoli il, lo si trasformano molto diversamente nelle diverse parti del Cantone. Sono nell’un luogo ’l, nell’altro ol, or: in certi altri u, ul, ur: e benanco si ode ro e ru. L’articolo del femminile soggiace a molto minori alterazioni: chi dice la, chi ra. Al plurale la voce i serve, come nel dialetto milanese, d’articolo al maschile ed al femminile.1

Nel capitolo relativo al Linguaggio, prima di ogni altra considerazione, lo statista ricollega il territorio ticinese all’area culturale italiana, con particolare riferimento alla comunanza linguistica – in altri passi dell’opera sono la fisionomia, i costumi o le semplici abitudini a fare del Ticino una terra naturalmente italiana. La lingua, come vedremo meglio nelle pagine a seguire, è una spia identitaria alla quale nella Svizzera italiana è attribuita un’importanza determinante. Per contro, all’italianità comune al territorio, fatto salvo Bosco Gurin, l’unico villaggio ticinese di lingua tedesca, non corrisponde un’unità dei vernacoli. Le varietà dialettali del Cantone Ticino sono organizzate da FransciniFransciniStefano in un macro-insieme bipartito:

I ticinesi, non fosse altro, sono veramente italiani perché, da’ terrieri di Bosco di Valle Maggia in fuori, parlano il bel linguaggio del sì. Ne’ borghi e nelle parti più meridionali e più aperte verso la Lombardia il vernacolo tien molto del lombardo-milanese: nelle remote parti esso è più originale e partecipa del lombardo e del rezio o romanzo.2

Nella regione si distinguono le varietà meridionali, prossime al dialetto milanese, e quelle settentrionali, per le quali FransciniFransciniStefano addita l’influenza del romancio – forse condizionato dalla classificazione dei dialetti di CherubiniCherubiniFrancesco – e tace quella del tedesco, discussa più avanti nel capitolo. Nella dicotomia fa eccezione il vernacolo cittadino, assimilabile ai dialetti sottocenerini a prescindere dalla localizzazione geografica.3 Seppur in maniera approssimativa, l’abbozzo di FransciniFransciniStefano coglie la bipartizione della geografia linguistica del Ticino, ossia la distinzione tra le varietà lombardo-occidentali al sud del monte Ceneri e le varietà lombardo-alpine diffuse a nord del valico, con le singole eccezioni. Questa suddivisione è fondamentalmente accettata nei decenni successivi dagli studi della dialettologia scientifica. Come saggio rappresentativo a questo proposito basti una considerazione di Carlo Salvioni,SalvioniCarlo inclusa nell’articolo Lingua e dialetti della Svizzera italiana:

I dialetti della Lombardia occidentale posson dividersi, in ordine alle pratiche necessità nostre, in dialetti lombardi veri e propri (=dialetti della pianura e delle prealpi) e in dialetti lombardo-alpini, che, per brevità chiameremo lombardi rispettivamente alpini. Dei dialetti italo-svizzeri sono alpini i dialetti grigioni e quelli ticinesi del Sopraceneri, eccettuati però qui Locarno e i dialetti parlati lungo la riva sinistra del Ticino e del Verbano de’ distretti di Bellinzona e Locarno. Sono Lombardi gli altri.4

Questa articolazione della geografia linguistica locale è già chiara per FransciniFransciniStefano all’altezza della Statistica della Svizzera, dove, nella sinossi intitolata Prospetto della Svizzera secondo gli idiomi, espone una bipartizione affine: «Due principali gerghi: quello della parte più meridionale del Ticino appartiene al dialetto lombardo: quello delle altre terre e de’ Grigioni ha del lombardo e del rezio».5 Anche in questo caso, oltre che contare sulla propria sensibilità ed esperienza linguistica, FransciniFransciniStefano ha forse guardato alle classificazioni proposte in quegli anni da CherubiniCherubiniFrancesco. Nel Prospetto nominativo dei dialetti italiani del 1824, infatti, il lessicografo milanese distingue, nell’area del Basso lombardo, il dialetto «Luganese» da quello delle «Valli Svizzere italiane».6 La stessa ripartizione è confermata nelle carte della Dialettologia italiana, nelle quali i dialetti del luganese e del mendrisiotto sono catalogati come lombardi, con il titolo di Suddialetto ceresiano, mentre le restanti varietà della regione appartengono, secondo questa distribuzione, al «Valligiano italo-svizzero».7

La mappatura è ulteriormente arricchita dalla pluralità vernacolare che frammenta le due regioni, riassumibile complessivamente in nove distretti linguistici:

Difficil cosa sarebbe distinguere e determinare il numero dei dialetti che si parlano nel nostro paese, giacché la varietà vi è grandissima e quasi incredibile da luogo a luogo. Pare che si possano stabilire nove principali dialetti, – degli abitanti delle città o borgate, – quello del Mendrisiotto, – del Luganese, – del Locarnese, – di Vallemaggia, – del Bellinzonese, – della Riviera, – di Blenio – e della Leventina. Il primo, che non è intieramente lo stesso in niuna delle nostre piccole città, si è detto che si conforma moltissimo al lombardo-milanese. Quelli del Mendrisiotto e del Luganese gli somigliano pure non poco.8

La prima distinzione operata da FransciniFransciniStefano, anticipata in apertura di capitolo, è relativa alla varietà parlata nei borghi, che indipendentemente dalla collocazione geografica si conforma al lombardo-milanese; un fenomeno nel quale potremmo scorgere i prodromi di una koinè ticinese. Nella regione meridionale questa differenza è di conseguenza meno netta, poiché le varietà del Suddialetto ceresiano rassomigliano alla parlata vernacolare milanese, analogamente a quelle dei centri cittadini di tutto il cantone. Questa considerazione, ribadita da FransciniFransciniStefano nella Guida del viaggiatore nella Svizzera italiana («la popolazione cittadina e nelle parti meridionali anche la campagnola fa uso di un dialetto che tien molto del lombardo-milanese e comasco»9), va probabilmente ricondotta a una dinamica analoga a quella osservata da MontiMontiPietro per il borgo di Como, ed espressa con maggiore agio e chiarezza nell’introduzione al Vocabolario dei dialetti della diocesi di Como:

Il dialetto proprio di Como, intendo dire quello che si parla in Como e nelle vicine terre per un quindici miglia incirca, il quale poco si discosta dal milanese, ed è perciò il meno importante per uno studio speciale; perché in Como, e quindi nelle terre adjacenti, pei progressi del commercio e della cultura letteraria, più assai che nelle lontane, si obliarono le forme vetuste; e la favella si andò sempre più avvicinando alla comune lingua italiana.10

Tuttavia, anche all’interno degli stessi distretti linguistici sono presenti delle oscillazioni. Ad esempio, osserva FransciniFransciniStefano, «nel locarnese vi è gran divario tra il dialetto che s’ode nelle terre lacuali e quello che è proprio o sia degl’Onsernonesi o sia de’ Verzaschesi». Una situazione analoga si verifica anche nei territori dove la lingua più si conforma al milanese, come nel distretto di Lugano: «Ma nel luganese stesso gli abitanti della così detta Pieve Capriasca e di Val Colla parlano un vernacolo che diversifica notabilmente da quello delle altre genti del distretto». L’attenzione particolare riservata alla Valle Leventina, già osservata nel rilievo lessicale e dovuta alla familiarità dell’autore e alla singolarità di un dialetto suscettibile di oscillazioni facilmente inquadrabili rispetto alla Dachsprache, emerge anche in sede di mappatura linguistica. Infatti, FransciniFransciniStefano è il primo a esprimersi sulla pluralità vernacolare della sua valle d’origine, che rappresenta l’area linguistica più frammentata della regione: «Tal differenza in niun luogo è forse così sorprendente come nella Leventina là dove si potrebbono di leggieri distinguere almeno cinque varietà di dialetto, due nella regione inferiore, due nella centrale e uno nella superiore».11 Questa considerazione è assecondata e comprovata dalle più autorevoli disamine linguistiche condotte nei decenni successivi, tra cui anche quella dei celebri Saggi ladini, nei quali AscoliAscoliGraziadio Isaia non solo avalla ma sottoscrive e cita le parole di FransciniFransciniStefano:

[…] le varietà dialettali in cui la Leventina si riparte. Circa le quali così si esprime lo stesso autore nella già citata sua Svizzera italiana (1: 307): “Tal differenza (di linguaggio) in niun luogo è forse così sorprendente come nella Leventina là dove si potrebbono di leggieri distinguere almeno cinque varietà di dialetto, due nella regione inferiore, due nella centrale e uno nella superiore”.12

La considerevole varietà dialettale del territorio traduce nel dato linguistico la frammentazione interna storicamente documentata nel Ticino, riconducibile come detto all’organizzazione statutaria di carattere comunale che ha regolamentato il sistema sociale dal Medioevo all’istituzione cantonale. Ne sono conseguite le scarse relazioni instaurate tra baliaggi, governati da poteri indipendenti e non collaboranti fra loro, nonché la precarietà delle vie di comunicazione interne al territorio, che preclusero i contatti tra paesi e borghi. In sostanza, la condizione di separatezza sembra aver influenzato lo sviluppo delle varietà linguistiche regionali in maniera più importante rispetto all’effetto unitario esercitato dal centro culturale di Milano e dai centri secondari, economici e religiosi, vale a dire le pievi e le diocesi.13

Sulla scorta dell’esperienza linguistica personale, forse confortata dalle schedature lessicali effettuate negli anni giovanili, FransciniFransciniStefano afferma che:

Ogni circolo poi, ogni comune, e fors’anche ogni terra e terriciuola ha qualche cosa o nella pronuncia o nella qualità delle parole, per cui il suo dialetto non si può confondere con quello del finitimo circolo, comune o villaggio.14

E aggiunge però, mostrando un’attenzione anche diacronica per l’elemento linguistico, che il nuovo assetto cantonale va stemperando la divisione campanilistica della regione. Ne conseguono fenomeni innovativi e di livellamento che riducono progressivamente il divario tra borgo e campagna sul piano della lingua:

Dopo riuniti li baliaggi in un solo Cantone, dopo fatte le nuove strade, moltiplicati e agevolati i punti e i mezzi di contatto, le differenze del vernacolo vanno divenendo meno forti; e quel dialetto che abbiamo detto essere proprio delle città e borgate divien famigliare presso buon numero di colte e agiate famiglie sparse ne’ villaggi.15

Anche in questo caso FransciniFransciniStefano ha forse presente una fonte settecentesca, in opposizione alla quale sembra presentare i suoi argomenti. Una considerazione analoga è infatti proposta nelle citate Lettere sopra i baliaggi italiani di BonstettenBonstettenKarl Viktor von. In termini peggiorativi, nella lettera relativa al Viaggio d’agosto attraverso il baliaggio di Valmaggia e della Lavizzara, il bernese osserva che

Un tratto singolare di queste valli, ma anche della maggior parte dei villaggi della Svizzera italiana, è la varietà della lingua e dell’abbigliamento, varietà percepibile da un luogo all’altro già a mezzora di cammino […] Questa varietà di lingua, di abbigliamento e di usanze è forse la prova di come, nel carattere italiano, ci sia qualcosa di associale, di riservato, di sospettoso; per questo qui si osserva poco commercio e poca scienza.16

La forte identità comunale si riflette, infine, anche in un peculiare aspetto del lessico. Le numerose espressioni popolari o blasoni, sedimentati nel linguaggio volgare e raccolti nella scheda Soprannomi degli abitanti di paesi, circoli e distretti della Svizzera italiana contenuta nel secondo volume del RID, testimoniano, nella loro importanza numerica e con la loro caratterizzazione municipale, la continuità anche primonovecentesca della frammentazione comunale tipica della Svizzera italiana.17

Il nome e la lingua

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