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II.

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V'è nei favori della rinomanza una solenne ingiustizia che non potrà torsi giammai, perch'ella deriva dalla natura stessa delle cose. La fama non guarda alle difficoltà superate, ma agli effetti ottenuti. Uno scaltro diplomatico, che nato nelle corti s'esercitò di buon'ora alla flessibilità delle schiene e agli artifizî della parola, corrà senza dubbio quei lauri, a cui sospirerebbe invano un onesto cittadino sorto fra mille difficoltà a qualche fortuna coi sudori della fronte e le forze del fecondo intelletto. È il lamento di Figaro che querelavasi d'aver dovuto, per vivere, spiegare più ingegno di quanto n'era occorso per governare la Spagna due secoli; è il lamento di tutti coloro che, partendo dai gradini più bassi della scala, si vedono precessi da quelli che pigliarono le mosse dai gradini più alti. Ma l'uomo altero d'un nobile orgoglio, l'uomo sicuro della propria coscienza dice: — Non importa. — La gloria non dev'essere lo scopo dell'esistenza, ma sì fare il bene senza desiderio di guiderdone, senza timore di avversità.

Noi non affermeremo che il giovane signore siasi tenuto precisamente questo discorso, il quale potrebbe parere un po' troppo solenne per la occasione; ma gli è certo ch'egli mettevasi, senza speranza di celebrità, ad un'opera molto più complicata di tante altre che fruttano plausi ed allori.

Non gli fu difficile sciogliere verso un tenue compenso gli affitti tuttora in corso, e aumentando i salari de' contadini rialzarne lo spirito abbattuto e accenderli di nuova lena. Ma nel mentre questo primo rimescolarsi destava la curiosità del paese e ognuno pronosticava a suo talento sul nuovo venuto, alcuni atti del conte Alberto suscitarono un clamore siffatto che ogni uomo meno intrepido se ne sarebbe impaurito. Prima di tutto, conscio che l'abbondanza del capitale è condizione sine qua non d'una buona cultura, e che perciò conviene proporzionare la vastità delle terre al danaro, di cui si può disporre, egli vendette un buon terzo della sua tenuta, nè gli oracoli del villaggio sapevano capirne il perchè. Come, apponevasi, egli vuol restarsi fra noi, vuol fare l'agricoltore e comincia collo spacciare i suoi fondi? Che logica è questa? Poi commise l'eresia di non permettere che, secondo il vecchio costume, alcuni animali malati si recassero alla porta della chiesa per ottenervi miracolosamente la guarigione: oltraggio manifesto alla libertà di coscienza. Infine osò abolir le livree e ristringere grandemente il numero dei corsieri di lusso, mutandone una diecina con umili cavalli da lavoro. Il profeta Geremia non si dolse con più patetiche note sulla caduta Sionne di quello che si rammaricasse il sacrestano del villaggio sullo spento decoro della tenuta di ***. Le generazioni si erano succedute nell'antica possessione; ma nessuno aveva osato alienare una parte dell'avito retaggio, nessuno per gretta spilorceria aveva spogliato i servi de' loro abiti a galloni, nessuno aveva venduto i cavalli ed i cocchi.

Sparpagliate per le circostanti colline erano altre cinque o sei ville. Appartenevano tutte a famiglie nobili, gonfie dei loro titoli e dei pregiudizî di casta, le quali, vivente il conte Bernardo predecessore d'Alberto, convenivano nel castello qualche sera d'autunno a giocarvi il tre sette o a discutere gravemente sul loro albero genealogico. La dubbia nobiltà del padrone odierno, le audaci dottrine ch'ei non peritavasi di sfoggiare, non consentivano certo a quegli aristocratici puro sangue di varcarne le soglie. Uno soltanto, un vecchio marchese, vi venne spinto dalla curiosità e fu accollo con gentilezza veramente squisita; ma nell'uscire, accompagnato da uno degli antichi domestici che più non aveva l'abito turchino coi bottoni d'oro, non potè astenersi dal susurrare: — Dov'è il decoro, dov'è la dignità, quando i servi si lasciano andar vestiti come tutti gli altri? — Ma! — sospirò il servo quasi commiserandosi; chè pur troppo gli uomini s'attaccano alla livrea. — E il padrone è molto spilorcio? — proseguì inanimito il marchese. — Eh! lo dicono, — rispose l'altro; — ma a me in coscienza non pare; pel salario, pel vivere si sta meglio di prima. — Diavolo! — soggiunse il marchese stupito, e uscì borbottando.

L'arciprete del luogo era nato per non aver alcuna opinione. Originario di quei dintorni e assunto da quindici anni alla suprema dignità ecclesiastica del paese, egli era giunto alla cinquantina non occupandosi d'altro che delle funzioni obbligatorie della chiesa, e dell'allevamento d'una schiera numerosissima di polli, i quali erravano in piena libertà pel verziere e lungo il vestibolo della casa parrocchiale, senza però che il loro aspetto innocente potesse temperare la dura condanna a cui erano sortiti. Aveva poco amore alle prediche e, ci dispiace dirlo, poca eloquenza, nè sappiamo quanta efficacia avessero i suoi sermoni sui devoti abitanti di ***. All'arrivo del conte Alberto nella villa, egli si recò a fargli omaggio, e sentendo che il nuovo signore proponevasi di soggiornare stabilmente colà, gli arrise la speranza di qualche lauto banchetto, a cui verrebbe senza dubbio invitato. I primi provvedimenti del conte che parvero sovversivi agli altri, a lui non fecero nè caldo nè freddo, e con la massima maraviglia udì affermarsi da uno dei signorotti più autorevoli del paese che il conte era un eresiarca, un emissario di Satana, e che bisognava osteggiarlo in tutte le guise. — E ciò tocca soprattutto a lei, — soggiunse il furibondo interlocutore: — a lei che non deve lasciar che le male piante prendan radice, a lei ch'è preposto alla cura dell'anime.... — Ma veramente Vossignoria forse esagera.... — Come, vuol insegnare a me, vuol dirmi ch'io non conosco gli uomini? Glielo ripeto.... un Arnaldo da Brescia, un Lutero.... — Ah! in questo caso poi, — disse Don Gaudenzio con un certo piglio che voleva essere risoluto; — in questo caso poi.... — Guerra l'ha da essere. — Ma senza dubbio, — rispose languidamente il prete, disegnando con la punta dell'ombrello un circolo sulla sabbia.... — E intanto ella non deve andare più in quella casa.... — Ma, capisce,... le convenienze.... — La non ci deve andare, ce ne va del decoro.... — Sì, sì, ha ragione.... intendo, — e il nuovo Don Abbondio si sbarazzò più che in fretta del fanatico personaggio tentennando il capo dolorosamente.

Le altre notabilità del villaggio erano il farmacista, fine diplomatico; il maestro di scuola, individuo a cui la fame aveva tolto quasi il senso comune; il medico, uomo illuminato e in ottime relazioni col conte Alberto; il sacrestano, pieno d'idee retrive e di virulenza da energumeno; un certo signor Placido, organista di merito, ma paurosissimo; un cotale Melchiorre, larva di deputato comunale. Come si vede da questa rassegna, le massime liberali del conte potevano trovare ben pochi fautori.

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