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V.

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Cadeva un giorno d'estate quando il signor Placido, l'organista del villaggio, tenendo in una mano un popone involto in un fazzoletto turchino e nell'altra un rotolo di carte di musica, si avviava a casa con passo affrettato. Giunto dinanzi al cancello della villa del conte, egli, obbedendo all'indole rispettosa sortita da madre natura, si toccò il berretto col dito; cerimonia che egli faceva costantemente senza guardare nemmeno se alcuno potesse scorgerlo, giacchè, diceva egli, a fare un atto di ossequio non ci si perde nulla. Quale fu il suo stupore quando intese chiamarsi ripetutamente a nome, e alzando gli occhi tutto scompigliato si trovò al cospetto del conte Alberto in persona, che gli si rivolse con piglio cortese:

— Aspettava proprio lei, e s'ella mi favorisce, avrò a dirle una parola. —

Il signor Placido era combattuto fra la riverenza e lo sbigottimento. Da un lato il sentirsi parlare in tuono tanto benevolo da un personaggio di sì alto affare solleticava l'amor proprio dell'organista; ma dall'altro che si direbbe delle sue relazioni con un uomo d'idee bislacche, sovversive, rivoluzionarie? Il signor Placido, ci è d'uopo riconoscerlo, era grande partigiano dell'ordine; però la riverenza prevalse. Ma il povero diavolo con le mani impacciate tra il popone e la musica ebbe a durar molta fatica a levarsi il berretto di capo e a prendere quell'atteggiamento rispettoso che si addicesse all'occasione.

— Eccellenza, — ei borbottò alfine, alternando le parole e gl'inchini, — io non era avvisato; ella vede in quale stato io mi trovi....

— Bando ai complimenti, signor Placido; io non son uomo che badi al vestito. Entri, entri, chè già ci spicciamo presto. — E fattogli amichevole violenza, lo costrinse ad entrar nel giardino e a sederglisi accanto sopra una panchina di marmo posta al limitare del viale. Il signor Placido cercò di farsi un po' disinvolto, depose a' suoi piedi il popone e la musica, ma il cuore gli batteva per lo meno cento battute al secondo.

— Ho un'idea che mi preme comunicarle, — riprese Alberto, — e conto sul suo appoggio....

— Lei mi canzona, Eccellenza.... Come mai?...

— Oh! è cosa semplicissima.... Prima d'essere organista, ella, signor Placido, non era forse istruttore d'una banda militare?

— Sì, Eccellenza, tal fui, ma sono passati tanti anni....

— Non importa, la non vorrà dirmi che la si è scordata la musica. Alle corte, la mia idea è questa. Vorrei fondare una banda nella villa e affidarne a lei l'istruzione. Acconsente? — Conforme al suo nome, il signor Placido non era l'uomo dalle rapide determinazioni. A malgrado di ott'anni vissuti nel servizio militare, un nonnulla bastava a fargli perder la bussola: immaginisi quindi s'egli poteva risponder così su due piedi alla proposizione di Alberto.

— Ma, Eccellenza, ecco.... direi.... l'idea è buona... anzi ottima.... nulla meglio della musica;... ma, vede.... sono occupatissimo.... sa... certi riguardi....

— Bene, signor Placido, le lascio tempo a pensarvi; è giusto ch'ella non voglia rispondermi così su due piedi.... ne riparleremo. Anzi la impegno a venir domani a far colazione da me.... Qui poi non ammetto obiezioni, la ci verrà senza dubbio.... Badi che se la mi manca, vo sulle furie.... Intanto scusi se l'ho disturbata....

— Oh.... come? anzi un onore.... — rispondeva l'organista tutto confuso e rosso come un gambero, e, riprendendo il suo popone e l'involto di musica, usciva dal cancello voltandosi ad ogni momento per fare un nuovo inchino.

— Che imbroglio!... che roba!... — andava borbottando fra sè e già stava per prendere una scorciatoia fra' campi che lo conducesse diritto a casa, quando per compiere i contrattempi della giornata il sacrestano che passava appunto di lì e l'aveva visto uscir dalla villa, si mise a gridare:

— Bravo, signor Placido, anche voi siete una bella banderuola! Che cosa ci siete andato a far dal conte? —

L'organista covava da lungo tempo, non sappiam per quali cagioni, una profonda stizza contro il sacrestano. Onde, a malgrado della sua naturale timidezza, la costui impertinenza gli fece montare il caldo alla testa, e rispose con piglio reciso e con volto arcigno:

— Non rendo conto a nessuno de' fatti miei, e meno a voi che agli altri. — E prima che l'offeso si risentisse, egli studiando il passo s'era già messo innanzi pei campi.

La sera il signor Placido si recò difilato dal parroco per chiedergli consiglio. Ma questi se ne indispettì.

— O che bisogno c'era di venire a seccar me? Certo che se dovessi darvi un consiglio, vi direi di non accettare;... ma no, anzi, il conte potrebbe prendersela meco.... infin dei conti è meglio accettare. Se ci fossero qui il marchese Taddeo e la baronessa Marina, essi direbbero certamente di no... eh! senza dubbio, si lagneranno meco perchè non mi sono opposto, ma non so che dire.... essi si levano dagl'imbarazzi e stanno in città nove mesi dell'anno: costui invece, cioè il signor conte, sta qui e non posso disgustarmi seco, non posso. Insomma, — concluse irritandosi visibilmente contro il signor Placido, — non capisco per qual ragione siate venuto da me: che amore del prossimo, quando siam negl'impicci, di volerci cacciar dentro anche gli altri!

— Ma, Reverendo, io volevo anch'esser sicuro del mio posto d'organista.

— O chi volete che ci metta al vostro posto? la gatta?... —

La discussione iniziata con tanto buon successo a casa del parroco si continuò con maggiore vivacità in bottega del farmacista.

Il medico, già informato dei disegni del conte, gli appoggiò con molto calore e insistette presso il signor Placido affinchè accettasse l'incarico, dolendosi assai dei pregiudizi del paese che costringevano il giovane signore a circoscrivere l'opera sua nella villa. Quanto al signor Melchiorre, deputato comunale, parevagli che si sarebbe dovuto ricorrere al suo consiglio, e che del resto siffatte cose non producessero altro frutto che quello di crescere i bisogni della gente e di aumentare quindi il numero degl'infelici. — Non negherò — egli concluse in tuono d'importanza — d'aver letto che in qualche villaggio d'Inghilterra esiste questa istituzione della banda; ma è un bene o un male? Ecco la questione.... — E ripeteva con palese compiacenza: — Ecco la questione.

— E qual è il vostro parere? — chiese il signor Placido al farmacista, che stava pesando un'oncia di cassia ad una contadina.

— Oh! caro mio, i farmacisti sono neutri. Quando tutto il giorno si devono preparare armi contro la morte, siam bene al disopra di queste bagattelle.... Credetemi pure, sono piccolezze.... l'essenziale è qui. — E proferendo queste parole guardava con nobile orgoglio alle scansìe del suo negozio, tutte piene di vasi di medicinali schierati in ordine di battaglia.

Stanco delle inutili ciarle, il signor Placido tornò a casa a consultarsi seriamente con la moglie. Dopo un gran discorrere, dopo aver pesato da una parte i rischi e dall'altra il guadagno: — Accetta, — gli disse la fortissima, ma non formosissima donna. E il signor Placido accettò. Da quel giorno il partito conservatore lo riguardò come un apostata.

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