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IV.

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La scuola del villaggio era posta in mezzo ai campi fuori assolutamente dell'abitato, e per giungervi c'era da fiaccarsi il collo tre o quattro volte lungo i sentieri sassosi, o su ponticelli formati d'un tronco d'albero spartito in due che traversavano i ruscelli ed i fossi. Un casolare tenuto in piedi come Dio vuole, costituiva ad un tempo l'edifizio destinato all'istruzione pubblica e la dimora del maestro e della sua numerosa famiglia. La stanza ove si raccoglievano i bimbi era a pian terreno, e qualche maiale osava talvolta aprire col muso la porta forse per approfittare della lezione. Ma i fanciulli non la intendevano così, e traevano partito dal comparire della sconcia bestia per alzare il vessillo della rivolta: chi si fingeva atterrito, chi montava sulla panca come se arringasse le moltitudini, chi raggomitolandosi nel miglior modo possibile spingeva l'audacia fino a gettar qualche nocciolo di pesca sulla cattedra del professore. Era come un guanto di sfida che il maestro raccoglieva coraggiosamente. Egli ponevasi in tasca con aria di mistero quello strumento d'infamia e brandendo uno scudiscio, che solea tenersi vicino, scendeva dal suo posto a passo di carica e menava colpi a dritto e a rovescio. Un osservatore giudizioso, vedendo quello spettacolo, si sarebbe convinto sempre più della superiorità degli eserciti disciplinati sulle moltitudini, abbenchè numerose ed ardite. Il maestro di scuola, solo contro una cinquantina di ragazzi, sapeva ottener la vittoria per la celerità dei movimenti, per la sicurezza degli scopi, per l'unità del comando. I fanciulli debellati uscivano precipitosi della stanza traendo urla da ossessi, il porco manifestava la sua disapprovazione con ispaventevoli grugniti, e il vincitore non riposava sugli allori, finchè non gli fosse svelato il furfante che osava lanciare un nocciolo di pesca sulla sua cattedra. La sconfitta mette a galla i vizî degli uomini e i delatori non mancavano mai. Severe punizioni erano inflitte al colpevole, che per ultimo doveva chieder perdono a mani giunte e protestare in nome di tutti i santi che non l'avrebbe fatto più. Nondimeno simili scene ripetevansi quasi ogni giorno e sottraevano allo studio due lunghe ore. Molte famiglie ne pigliavano pretesto per non mandare i loro bimbi alla scuola: poi c'erano i freddi dell'inverno, poi gli ardenti calori della state, e così di seguito. Insomma, nel paese il saper leggere era poco men che un miracolo; s'immagini quindi lo scrivere. I numeri si conoscevano fino al 90 per merito del lotto, giuoco grandemente morale ed educativo. Non che siffatta benedizione vi fosse precisamente nel villaggio, ma i gonzi incaricavano il portalettere di giocare per loro conto nella città, e il libro dei sogni era gravemente discusso nella domenica e negli altri giorni festivi.

A malgrado d'una condizione di cose sì miserevole, quando il conte Alberto insistette presso alcuno degli ottimati sulla necessità di qualche provvedimento, le sue proposte furono malissimo accolte. Si levò anzi un grido d'inquietudine, e per poco non si credette vederci l'intervento di Satana. Alberto non si smarrì dell'animo, e poichè il paese respingeva così sdegnosamente il suo consiglio, deliberò d'occuparsi soltanto de' suoi coloni. Era nel centro della tenuta una fattoria bella e spaziosa, ma costruita in guisa da riuscir piuttosto un edifizio di lusso che non un locale acconcio al suo ufficio. Il conte dispose due vaste sale all'uso di scuola, destinando l'una all'insegnamento del leggere, dello scrivere e del far di conto, e serbando l'altra per qualche lezione da darsi agli adulti su cose elementari attinenti all'agricoltura. Per istruire i bimbi ottenne, non senza difficoltà, l'aiuto del suo fattore, al quale sapeva male di diventar maestro di scuola: il resto dell'insegnamento pesava per intero sulle sue spalle, e non era peso sì lieve; altro è sapere, altro spiegar popolarmente ciò che si sa. Nondimeno, triste e singolare a dirsi, la parte più ardua dell'impresa era quella di trovar discepoli. Nulla al mondo uguaglia l'albagia dell'ignoranza. La fondazione di questa scuola fu accolla assai freddamente, e qualcuno se ne dolse come d'una offesa recata al decoro dei contadini. — Questi signori, si mormorava, vogliono farci sentire a ogni momento la loro superiorità. Per che motivo il conte apre una scuola? Per dirci a un dipresso: queste cose che voi ignorate, io le so, io sono un brav'uomo e voi siete somari. Io vi farò toccar con mano la vostra nullità al mio cospetto, e voi me ne ringrazierete per soprammercato.... — A malgrado di queste insinuazioni maligne, la costanza e l'energia del conte Alberto vinsero il punto. Tanto fece e disse per suscitar l'amor proprio de' suoi coloni; tanto si adoperò perfino presso le madri e i bimbi medesimi, che a lungo andare le lezioni sì nell'una come nell'altra scuola poterono rallegrarsi di un uditorio sufficientemente fiorito.

Un giorno che il concorso era più numeroso del solito, Alberto, radunati insieme gli adulti e preso un tuono confidenziale, tenne ad essi all'incirca questo discorso:

— Tra l'altre ragioni, per le quali io ho insistito che interveniate a questa scuola, ve n'è una che non vi dissi finora e che pure, secondo il mio modo di vedere, non è la meno importante. Io desidero che noi altri ci comprendiamo a vicenda; siamo pur destinati a vivere insieme. Ora m'è noto che parecchî de' miei atti incontrarono presso di voi una severa censura. Io credo che abbiate torto, ma appunto perciò mi sta a cuore di dimostrarvelo. E a tale scopo mi sono proposto di pigliare una via lunga sì, ma infallibile, e invece di spiegarvi a dirittura il perchè di questo e di quello, determinai di cominciare coll'insegnarvi a leggere. La mia idea vi fa ridere? Eppure, vedete, la non è tanto strana come par sulle prime. Ve lo proverò con un esempio. Quando volete salire al secondo o al terzo piano d'una casa senza paura di rompervi il collo, che cosa fate? Spiccate forse un salto? No, davvero; vi contentate di salir la scala. Ebbene; anche nell'istruzione bisogna andar su scalino per scalino, e tante cose non si capiscono o almeno non si ritengono se non si hanno certe cognizioni elementari. Partendo dal basso faremo meno strada, lo ammetto, ma avremo anche meno paura di sdrucciolar per indietro. E di mano in mano che ascenderemo, vi darò ragione dei fatti miei, e credo che in fin dei conti vi persuaderete che il nuovo padrone tanto flagellato non operava così fuor di proposito, come vi si vorrebbe far credere. Per me vi assicuro che il giorno in cui ne sarete convinti, sarà uno dei più belli della mia vita. —

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