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III.
ОглавлениеSe fossimo agronomi, potremmo empire molte pagine a descrivere gl'infiniti miglioramenti introdotti dal conte Alberto nella tenuta. Ci basti dire che a poco a poco tutto il vecchio sistema di cultura venne invertito. Non piccola parte dei campi fu ridotta a pascolo, temperando con acconci lavori d'irrigazione i difetti naturali del suolo; e ne avvenne che per la scarsezza di praterie in que' dintorni parecchi possidenti si adattarono a pagare un compenso per far pascolare colà il loro bestiame, dimodochè, oltre alla rendita, le terre se ne avvantaggiavano per l'abbondanza degl'ingrassi. Si accrebbe la piantagione dei gelsi, s'iniziò la coltivazione del lino e della canape. Essendosi di gran lunga aumentata la quantità degli animali, la cascina prese un insolito incremento, e le donne sottratte al faticoso lavoro dei campi trovavano in quelle nuove occupazioni una fonte d'attività e di guadagno. E molte altre idee balenavano spesso alla mente del conte, ma se gli chiedevano quando volesse effettuarle, egli rispondeva: — Una cosa per volta. — Quantunque avesse un fattore ed abile e fidato assai, pure egli vigilava su tutto, provvedeva a tutto. Soleva alzarsi per tempissimo, e a cavallo o talora anche a piedi recavasi ne' punti principali della tenuta ad esaminarvi i lavori fatti il dì prima, o ad impartirvi gli ordini per la giornata. E durante quelle sue gite soffermavasi nelle abitazioni de' contadini, e attendeva pazientemente ai discorsi della villana che filava sulla soglia del casolare, e alla spensierata allegria dei bambini dispersi nell'orto, e ne faceva argomento di considerazioni e di studio. — Quanta serenità d'animo in quelle povere genti, ma pur anche quanta imprevidenza e che larga dose di pregiudizî! A chi spetta l'incarico d'illuminarle? Allo Stato, dicono molti. Ma lo Stato è poi sempre illuminato abbastanza da poterglisi conferire l'ufficio che illumini gli altri? E se pur è, ha egli tutti i mezzi per compiere efficacemente un'opera di tanto peso? Che potrà far lo Stato? Aprir delle scuole o per dir meglio perfezionare quelle che ci sono, esiger tutt'al più che i contadini vi mandino i loro figliuoli, ma poi? Poi basta. Lo Stato ha troppe faccende pel capo, e non può aver tutte quelle sollecitudini, tutte quelle accortezze, tutta quell'annegazione necessaria a chi voglia innalzare un edifizio su basi sicure. Quest'ufficio non potrà adempiersi in ogni sua parte che da chi, oltre ad intenderne l'utilità, vi abbia un interesse diretto: senza il pungolo dell'interesse vi saranno tentativi parziali, non s'inizierà mai un'opera di generale efficacia. Ora la educazione de' contadini a chi gioverebbe meglio che ai possidenti? Sono essi quindi che dovrebbero mettersi a capo d'un'impresa sì generosa, essi che guardando più in là del domani dovrebbero comprendere che intima attenenza vi sia tra la condizione dei coloni e il progresso dell'agricoltura. — Siffatte considerazioni raffermavano sempre più il conte Alberto ne' suoi nobili proponimenti: non lo arrestava la tema di essere frainteso, non la certezza dei molti ostacoli onde gli si sarebbe intralciato il cammino, non quella peritanza ch'è propria degli spiriti poco ambiziosi e gl'impaurisce coll'idea degli errori che potranno commettere. Certo tutto quello che farò, egli diceva in cuor suo, non sarà ottimamente fatto; ma che il bene abbia a superare il male, oh! di questo me ne assicura la mia fede nelle nuove idee, nella verità, nel progresso.