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CAPITOLO VI. L'AJUTO DI CECCO.

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Aveva Guglielmo fatto pochi passi fuori dell'uscio, che, sboccando da via del Garbo, dove erano le case dei Cavalcanti, nel Corso degli Adimari, si abbattè in Cecco d'Ascoli, a cui raccontò minutissimamente quel che gli era accaduto in casa maestro Dino; e fermandosi sul fatto della Bice, ed esortandolo a consigliarlo e ad ajutarlo, Cecco rispose, cercando di coprire il suo sdegno con una certa tinta di gravità.

— Messere, la ira e i vituperj di Dino contro di me non vi diano maraviglia: leggemmo insieme per molti anni nello studio di Bologna; e come egli si reputa il primo scienziato del mondo, e la mia scuola era più frequentata e più lodata che la sua, così ne prese fierissima invidia, e per me egli era sempre sparso di livore. Combattei gli errori di quel Dante Alighieri, di cui questi Fiorentini vanno tanto alteri, e massimamente questo maestro del Garbo, che, tra le altre cose, lo appella Divino. Scrissi contro alle false dottrine contenute in una certa canzone di altro loro poeta e filosofo, amico singolarissimo di questo Dante e di questo Dino; ed anche di ciò prese fiero sdegno, e riscrisse un commento a quella canzone, contrario tutto alla mia sentenza: cosa meschina e debole se altra ne fu... Ma tal sia di quel tristo vecchio. Voi, messere, mi chiedete ajuto e consiglio nel fatto vostro; e debito mio sarebbe invece il disajutarvi.

— Oimè, maestro, ch'è quello che mi dite?

— Dopo il vostro incontro con la Bice dinanzi alla duchessa, questa mi volle a sè, e la trovai accesa di tanto sdegno e di tant'ira, che quasi mi fece paura. Messere, mi parlò per forma che io vi intravidi la gelosía: mi sono io apposto?

Qui Guglielmo non rispose parola, e Cecco continuò:

— Ma sia l'una cosa o l'altra, poco rileva. Vero è che la duchessa vuole ad ogni modo sapere come sta la cosa di questo amor vostro; vuole che ad ogni modo si rompa; e vuole che io le dia ajuto e consiglio in questa opera, ricorrendo alla magía, se per altro modo non è possibile.

— E voi le avete promesso?

— Promesso formalmente no; ma negato nemmeno, chè mi sarebbe costato caro. Io per altro son ben lungi dal voler secondare le feroci voglie di lei; anzi vo' far ogni mia possa per ajutar voi. I Cavalcanti gli conosco da un pezzo; e troppo mi piace che voi amiate una fanciulla di quella casa. Eccomi qua tutto vostro: e il modo di contentarvi non è per avventura troppo difficile.

— Dolce mio maestro, voi mi rendete la vita.

— Io ho promesso di leggere la Sfera del Sacrobosco ad alcuni studiosi che mi udirono a Bologna: tra questi ci ha un frate Marco de' predicatori, tutto cosa mia, e familiare de' Cavalcanti. Egli forse... Lasciatene il pensiero a me.

Gli occhi di Guglielmo sfavillarono di speranza e di gioja; e il suo grato animo a Cecco lo significò baciandogli affettuosamente la mano. E come già erano presso al luogo dove Cecco per la prima volta andava a fare le sue letture, ripetute a Guglielmo parole di conforto, gli diede commiato promettendogli che quella sera medesima avrebbe potuto dirgli qualche cosa.

Cecco d'Ascoli: racconto storico del secolo XIV

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