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PROLOGO

Spinto in avanti con insistenza dal prete, Silvio si avvicinò all'immagine illuminata dalla torcia. L'atmosfera del seminterrato dove si trovava odorava di bruciato a causa della cera delle candele.

“Bacia la statua!” sibilò il prete. “Baciala, bacia la statua, devi baciarla!”

Tremando, il ragazzo seminudo guardò la statua tra le ciglia. Avrebbe dovuto baciare questo? Aveva baciato solamente sua madre, e, raramente, sua sorella Raffaella, ma questo orribile mostro? Mai!

Il prete lo prese per le spalle e lo scosse vigorosamente.

"Devi baciare la statua ora!"

Silvio iniziò a piangere.

"No! Mi sta facendo male. Non lo farò. Mi fa male! Perché dovrei? E solo una statua! É solo una statua!"

Il rifiuto di Silvio fece sì che l'uomo vestito di nero stringesse la sua presa sul ragazzo. Forse era la sua immaginazione ma questa volta sentì la voce del prete risuonare più minacciosa. Si sforzò di trattenere le lacrime, la voce prese possesso della sua mente.

“Baciala Silvio, baciale i piedi!" Silvio, pieno d'ansia, osservò la scultura con quella strana forma. Quello che vide non assomigliava alle immagini della Cattedrale sopra di loro, il posto che frequentava con sua madre di domenica. Lei li chiamava ‘Santi’, queste figure di uomini e donne scolpite nel marmo lucido che guardavano passivamente verso di lui.

Con la luce iridescente che cadeva su di loro attraverso le finestre sembravano eteree, non di questo mondo.

"Ora bacia i piedi del padrone e pronuncia le parole che ti ho insegnato," sibilò il prete. "Bacia i piedi del maestro e ripeti le parole che ti ho insegnato."

Con esitazione gli occhi di Silvio scivolarono sulla testa da capra della statua. Il corpo di quasi due metri con la pelle liscia e le ali da angelo lo faceva sembrare femminile. Questa impressione divenne più forte quando guardò lungo il collo fino a posare gli occhi sui suoi seni ben torniti. Ma gli organi genitali della statua, intrecciati con due serpenti provavano che era maschile.

Lacrime salate inondarono i suoi occhi. Silvio cercò di liberarsi ma la stretta del suo torturatore era troppo forte.

"Mi lasci andare, per favore," singhiozzò. “Sono solo un ragazzino!"

Silvio si spaventò ancora di più. Non ricordava nulla di un ordine di baciare l'immagine, o delle parole che doveva dire ad alta voce.

"Smettila di pigolare. É troppo tardi," gli sussurrò il prete nell'orecchio. "Ora che lo hai visto, non puoi tornare indietro. Bacia la statua e accetta il tuo destino giovane uomo!"

"Prima di tutto non ho mai voluto vederlo," gemette Silvio. "Io...ho cambiato idea."

Un forte strattone del tutto inaspettato gli abbassò i pantaloni, lasciandolo completamente nudo.

"Xalla!" sussurrarono all'unisono i testimoni. “Fagli pronunciare la parola!"

“Bacia i piedi e dillo," ringhiò il prete. "Te lo ordino!"

"Xalla," urlò il ragazzo e baciò la fenditura degli zoccoli dell'immagine dove presumeva ci fossero piedi.

Come diavolo ci era finito lì in quel seminterrato.

"Xalla!" urlarono all'unisono i testimoni.

Un forte dolore all'ano fece fremere Silvio. Mentre due mani lo tenevano fermo con la loro presa ferrea cercò di sollevare la testa per vedere che cosa gli stava accadendo. Solo dopo che il mormorio alle sue spalle cambiò in un lieve respiro ritmico affannoso, il dolore cominciò a diminuire fino a quando rimase solo una sensazione di malessere allo stomaco.

Silvio si sentì sporco e cattivo. Si sentì pieno di vergogna.

La Società Del Diavolo

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