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Arrivato davanti al sontuoso edificio trovò tutte le porte chiuse. Non c'era neppure alcuna fonte di luce se non un lieve bagliore, proveniente dalle finestre dell'abside, l'estensione a forma di cupola della basilica. Un motivo per nutrire qualche lieve speranza.

Tutte le chiese europee, specialmente quelle dei periodi più antichi avevano entrate e uscite separate per i compiti non cerimoniali con una porta sempre sul retro o di lato.

Quando andò a cercare la porta, scoprì che non c'era alcuna luce nella parte posteriore dell'edificio. Investigò ancora un po' al buio. Alla fine trovò una porta di accesso, piuttosto vicina al punto da cui aveva iniziato a guardare, ma con suo grande disappunto si rivelò essere chiusa. Suonare il campanello e colpire ripetutamente il battente in ferro della porta non portarono nessuna risposta. Tutte le speranze di trovare qualcuno all'interno a quell'ora sembravano una causa persa.

Nella sua immaginazione Sandwell cominciò a visualizzare la scena al controllo bagagli in aeroporto al suo arrivo di ritorno in Giappone.

‘Nulla da dichiarare, Signore?’

‘No, solo un libro antico. Probabilmente arte italiana, quattordicesimo secolo.’

"Buonasera," disse una voce dietro di lui. "Cosa sta facendo?"

Spaventato, si girò per vedere due poliziotti dall'espressione dura, membri della divisione motorizzata dei Carabinieri. Sembravano essersi materializzati dal nulla.

“Niente," rispose col cuore che batteva all'impazzata. "Non parlo bene l'italiano. Sono un turista e cercavo di scoprire a che ora aprirà la Basilica domani. Forse voi sapete dirmelo?"

Il più anziano, un poliziotto con baffi spessi e un volto butterato scosse la testa.

"Impossibile! La basilica è chiusa. Non ha motivi per essere qui a quest'ora."

Fissò Sandwell con i suoi occhi penetranti, rendendolo ansioso. Il nervosismo di Sandwell fu notato dal poliziotto più giovane.

"Sembra nervoso," disse, muovendosi in avanti. "Come mai? Perché?"

"Io? In realtà non lo so," replicò Sandwell. "Forse perché mi avete spaventato."

Il poliziotto si rilassò e si mise proprio davanti a Sandwell.

"Non lo sa? Nessuno è spaventato a meno che non ci sia un motivo per esserlo. Cosa faceva davanti a questa porta?"

"Nulla, come lo ho detto Signore. Ho spinto la porta per vedere se si poteva aprire."

Quattro sopracciglia nere si aggrottarono contemporaneamente.

"É stupido?” proseguì il più anziano. “Le ho detto che è chiuso. Non c'è nessuno qui a quest'ora. Perché stava provando ad aprire la porta?"

"Ci ho provato,” rispose Sandwell, alzando le spalle. “Sono un turista, non sapevo fosse chiusa. Mi dispiace, ma nel paese dove vivo, ci sono sempre delle persone in un edificio come questo."

Sandwell sperò che questo portasse alla fine di tutto, ma, dopo aver confabulato per un minuto tra loro, ritornarono da lui. L'espressione poco amichevole del loro sguardo fece sentire Sandwell ancora più a disagio.

"Credo che ci sia più di quello che ci sta dicendo," disse l'agente più anziano. "Vuole venire con noi?"

Il poliziotto gli afferrò il braccio ma Sandwell riuscì a liberarsi di nuovo.

"Aspetti! Le sto dicendo che ho solo bussato alla porta!"

"Non ha scelta, ha capito?” Disse il poliziotto più giovane. “Si è comportato in modo sospetto gironzolando qui intorno."

"So che pensate sia sospetto," protestò sospirando. "Volevo visitare la basilica questa sera ma non pensavo fosse chiusa, ho pensato che qualcuno avrebbe risposto se avessi bussato. Quando non ha risposto nessuno ho pensato che avrei aspettato."

Non furono molto impressionati dalle sue argomentazioni. “In ogni caso, non può restare qui," disse con impazienza il più anziano. "É meglio che aspetti in ufficio. Deve venire con noi, andiamo."

Sandwell desiderò che la terra si aprisse e lo inghiottisse. Se voleva restare fuori da una stanza per gli interrogatori, doveva inventarsi una buona storia. Raccontare loro una storia su strane telefonate, un messaggero non identificato su una Vespa, una chiave e un libro del quattordicesimo secolo lo avrebbe fatto atterrare direttamente in manicomio.

Seduto nel sedile posteriore dell'auto della polizia pensò al suo aereo che, entro poche ore, sarebbe decollato senza di lui.

Non appena arrivarono alla stazione di polizia, Sandwell fu condotto in una delle stanze per gli interrogatori e lasciato lì ad aspettare. Quindici minuti più tardi la porta si aprì e un uomo magro entrò nella stanza. Sembrava stanco e stressato. Non si era rasato, aveva i capelli in disordine e indossava un abito estivo beige spiegazzato. Sandwell pensò avesse sui trentacinque anni. Aveva una carnagione poco salubre simile allo stucco e stava sudando abbondantemente. Aveva un'espressione piuttosto da pazzo sul volto. Se qualcuno avesse detto a Sandwell che era un tipo dedito al crack non lo avrebbe sorpreso.

"Lei è il tizio arrestato?" chiese l'uomo con l'abito.

Sandwell ora era un po' nervoso, sapeva di non aver fatto nulla di male, In effetti era leggermente irritato.

“Così pare. A meno che non veda qualcun altro oltre a me.”

La sua risposta non fu presa molto bene.

"Faccia attenzione!" gli urlò l'uomo in faccia. "Si alzi quando le parlo! Capisce l'italiano?"

Sandwell scosse la testa.

"Molto poco. Sono qui contro la mia volontà e non era mia intenzione venire qui. Allora perché diavolo"

"Stia zitto! Qual è il suo nome?"

"Sandwell, William R."

Con un movimento incontrollato, il poliziotto spinse una mano dentro la tasca dove trovò una sigaretta che accese teatralmente. Inspirò profondamente e un'espressione euforica apparve sul suo volto.

"Bene. Si sieda."

Il poliziotto fissò Sandwell che si risedette sulla sedia. Per qualche secondo non disse nulla fino a quando il suo sguardo si calmò.

"Mi dica, Sandwell R. Cosa ne pensa di Vivaldi?"

La domanda colse di sorpresa Sandwell. Stava cominciando a domandarsi se quell'uomo non fosse completamente pazzo. Notò che il poliziotto aveva una pistola in una fondina sotto il suo braccio. Decise di non correre rischi.

"Il compositore?"

"Vivaldi, si. Era un tipo strano, specialmente per gli standard italiani," proseguì il poliziotto. "Lavorava come violinista all'interno di un orfanotrofio per ragazze, lo sapeva? Alla fine alcune di loro divennero sue discepole, suonando i concerti che lui scriveva da dietro uno schermo, perché alle donne a quell'epoca non era permesso suonare. Prenda la sua sonata per violoncello RV 46 in si bemolle maggiore per esempio. Non proprio un lavoro femminile direi. In realtà non è proprio un classico Vivaldi. Si scontrò con l' establishment veneziano, diceva la gente, non a causa della sua lussuria ma per i suoi capelli rossi. É una bugia, glielo dico io."

Per un momento Sandwell pensò di essere stato portato in un manicomio.

"Parlando di bugie," continuò il poliziotto. "Visto che questo caso è finito dentro a una cartellina con il mio nome devo, sfortunatamente, affrontarlo. Il mio nome è De Angelis, commissario di polizia, dipartimento di investigazione criminale della città di Roma. Lei è un americano, ho ragione signor Sandwell R.?"

Sandwell desiderò di non aver visto l'occhiata carica di odio che gli lanciò De Angelis.

"Si, lo sono. Perché me lo chiede?"

De Angelis agitò in aria la sua mano come un direttore d'orchestra.

"Solo routine. Volevo essere sicuro che la sua identità corrispondesse alle informazioni che ho ricevuto su di lei. Come le sembrano i tesori artistici della nostra città fino a ora?"

"Mi scusi?"

"L’arte, l'arte! Non è per quello che è venuto? Tutti vengono a Roma per l'arte. Bernini, Michelangelo, Da Vinci."

"Passabile," replicò sarcasticamente. "Ho preso solo un paio di pezzi per le mie pareti prima che due dei suoi aiutanti sentissero il bisogno di rovinare la mia piacevole permanenza qui. Fra circa” -guardando il suo orologio- "cinque ore e quindici minuti partirà il mio aereo. Perciò questo è tutto il tempo a mia disposizione per rivedere la mia opinione sulla sua città. La risposta corretta alla sua domanda allora è: dipende da lei."

Troppo tardi Sandwell si rese conto che aveva appena consegnato al poliziotto l'argomento perfetto per trattenerlo.

L'ispettore si appoggiò all'indietro e lo guardò per un lungo periodo. Poi spinse la sua sedia in avanti fino a quando fu a pochi centimetri dal volto di Sandwell.

"Il suo sarcasmo è nauseante," commentò De Angelis, ispirando profondamente il fumo della sua sigaretta. "Perciò le suggerisco di tenere i suoi insulti per sé da adesso in avanti."

Si risedette sulla sedia.

"In risposta alle sue battute, signor turista americano, se le dicessi che posso prolungare la sua permanenza per," uno strano sorrisetto apparve sul suo volto, "diciamo altri tre giorni? Le darà un sacco di tempo per modificare la sua opinione. E, certamente, anche il suo straordinario senso dell'umorismo."

L'atteggiamento ostile di De Angelis fu quasi troppo per Sandwell. Chiaramente intendeva fare il prepotente fino a quando non avesse perso il suo autocontrollo.

"In questo caso è ridicolo," disse, insistendo. "Arrestare un turista per strada solo perché è attirato da un monumento. Non è, per quel che ne so, un crimine."

L'ispettore emise un sibilo di disapprovazione.

"Io sono un Commissario di Polizia, signor Sandwell. Come quasi tutti i nativi di Roma, odio i turisti come la peste, e come agente di polizia, sono ben a conoscenza del loro comportamento odioso e antisociale. I turisti sono una seccatura, tuttavia una loro caratteristica vantaggiosa è che non vanno in giro nel cuore della notte, ma inquinano le loro stanze di albergo invece delle strade della nostra meravigliosa città."

Con il pollice macchiato di marrone e l'indice della sua mano destra prese un'ultima boccata della sua sigaretta e la fece cadere sul pavimento.

"Lei, d'altro canto…"

De Angelis si interruppe. "Devo avvisarla. La polizia italiana è particolarmente creativa nell'inventare tutti i tipi di motivi per arrestare qualcuno. Se un sospetto non collabora, possiamo sempre trovare qualcosa contro di lui con cui riuscire a fare qualcosa. ‘In bocca al lupo' come diciamo qui in Italia. Ma mi dica, cosa ci faceva alla Basilica?"

Sandwell pensò al libro che aveva in tasca.

"Nulla," mentì, "ero solo interessato ai suoi interni, come qualunque altro turista che visita Roma. Sapeva che il pavimento cosmatesco della basilica consiste di più di cinque milioni di pezzi diversi?"

De Angelis iniziò a rispondere ma fu interrotto da un poliziotto dall'aria arruffata in abiti civili che entrò e iniziò a sussurrare qualcosa nel suo orecchio, a voce troppo bassa perché Sandwell capisse le parole.

Mentre ascoltava attentamente, il volto dell'ispettore divenne roseo e riprese il suo pallore poco salubre solo dopo che il poliziotto, un detective, pensò Sandwell, ebbe lasciato la stanza.

"Signor Sandwell," chiese De Angelis all'improvviso. "Per quanto tempo è stato a Roma?"

"Vediamo. Il mio aereo è atterrato alle nove di questa mattina. Direi quattordici ore all'incirca. Perché me lo chiede?"

"Ancora una volta, indagini di polizia. Voglio che si ricordi il momento esatto. É in grado di controllarlo da qualche parte?"

"Mmm. Nessuna idea. Forse la ma carta di imbarco?"

Cercandola nelle sue tasche non fu in grado di ricordare cosa ne avesse fatto. Pensò che doveva averla gettata via mentre usciva, ma non ne era del tutto sicuro.

"Mi dispiace, non lo so. Forse le nove e dieci, ma potevano essere anche le nove e dodici. Non potrei giurarlo."

De Angelis si grattò la barba con una penna.

"Nessun problema. Possiamo parlare di questi dettagli più tardi. Ora, per quanto riguarda la sua visita a Roma, dove è andato e cosa ha visto esattamente? Farebbe meglio a dirmi la verità."

"Architettura religiosa, come le ho detto prima," replicò Sandwell. "La basilica è una delle più vecchie al mondo. Il mio interesse è per il baldacchino del quattordicesimo secolo e per l'altare in legno che contiene i resti di due apostoli, lo sapeva?"

L'ispettore alzò la testa, inaspettatamente.

“Lei è bene informato per essere un turista," disse. “la maggior parte dei turisti non conosce queste cose. Nella maggior parte dei casi conoscono solo quello che viene detto loro dalle guide. E non vanno neppure a bussare alle porte in piena notte.”

De Angelis si allontanò, ignorando l'occhiata glaciale di Sandwell. “Non credo che lei sia un turista. Perciò, farebbe meglio a dirmi cosa stava facendo.”

“Dirle cosa?” disse Sandwell, rilassato. “Non c'è nient'altro da dire.”

“Lasci che le dica questo, fra tre giorni questa città ospiterà il G20 e voglio che tutto proceda senza problemi. Mi sente? Senza problemi!"

Allora c'era quello dietro a tutto questo. Lui, William Sandwell, professore di shintoismo e storia moderna giapponese, in visita in Italia per un giorno, alloggiato in una città straniera dove nessuno lo conosceva, era accusato di pianificare di far scattare una sommossa al G20. Un meeting delle principali nazioni industrializzate che, per pura coincidenza, avveniva proprio durante la sua presenza in città. Ora era arrabbiato.

"Cosa sta insinuando? Mi sta accusando di essere un ladro d'arte e un terrorista? Perché non entrambi contemporaneamente? O forse un assassino? Lo dica!"

"Non insinuo nulla, ancora,” replicò De Angelis, mostrando sicurezza.

“Per il momento, voglio che lei venga con me."

Senza dire un'altra parola, De Angelis, accompagnato da un altro poliziotto, guidò Sandwell fuori dall'edificio verso una Alfa Romeo grigio metallizzata parcheggiata in strada. De Angelis scivolò dietro al volante, il poliziotto si sedette vicino a lui, con Sandwell nel sedile posteriore. Il viaggio li portò attraverso il centro di Roma, per finire nel luogo dove Sandwell era stato arrestato in precedenza.

La Società Del Diavolo

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