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L’ampiezza dell’attività sacerdotale

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Era arrivato il tempo della prima espansione dell’Opus Dei. Scriverà tempo dopo il fondatore, facendo un riassunto delle sue attività in quei mesi: «Da quel giorno [2 ottobre 1928] il somaro rognoso (burrito sarnoso) si rese conto di quanto fosse bello e pesante il carico che il Signore, nella sua insondabile bontà, aveva posto sulle sue spalle. Quel giorno il Signore fondò la sua Opera: da allora ho cominciato a trattare anime di laici, studenti o no, purché giovani. E a formare gruppi»[114]. Come abbiamo visto, queste persone erano di estrazione diversa: studenti, operai, artigiani, professionisti e sacerdoti.

Don José María fece in modo che la domenica i ragazzi conosciuti lo accompagnassero all’Ospedale Generale. Sapeva bene che l’incontro con il dolore aiuta sia il malato che il visitatore. Tra gli studenti c’erano Pepe Romeo e Adolfo Gómez Ruiz, i quali, a loro volta, portarono i fratelli —rispettivamente, Manuel e Pedro— e alcuni amici, come José Manuel Doménech, studente di Giurisprudenza, o Julio Torres Azara[115].

Dopo le visite ai malati, si fermavano un po’ a conversare. Ricorda Pepe Romeo: «qualche volta passeggiavamo, altre volte ci sedevamo su una panchina del Retiro o andavamo a fare merenda al Sotanillo, un locale dove bevevamo una birra. Altre volte facevano merenda per strada con panini e ciccioli»[116]. Escrivá si fermava per qualche minuto a parlare con qualcuno a quattr’occhi o interveniva nella discussione «per portare, con naturalezza, la conversazione verso temi spirituali e apostolici»[117]. Assai spesso li invitava a vivere pratiche spirituali o iniziative di carità cristiana, come la recita del Rosario, la lettura del Vangelo o le visite ai poveri per portare un po’ di affetto e qualche aiuto materiale.

Domenica 22 novembre 1931, per esempio, scriveva: «Quando sono uscito dall’ospedale, mi aspettavano Adolfo e Isidoro. La sorpresa mi fece piacere. Siccome si può dire che non ho una casa, siamo andati al Sotanillo. C’era molta gente e il padrone del locale ci fece entrare nella sua sala da pranzo. Lì abbiamo parlato molto della O. [Opera] di D. [Dio] e di cose spirituali»[118]. Qualcosa di simile accadde tre settimane dopo, domenica 13 dicembre, quando si riunì con altri: «Ieri sera ci siamo riuniti, con D. Norberto e in casa sua, Pepe R. [Romeo], Isidoro, Pepe A. [Muñoz Aycuéns] e Adolfo [Gómez Ruiz]. Prima siamo stati nel Sotanillo»[119].

Come già era avvenuto con gli studenti di Cicuéndez, Escrivá conquistava l’attenzione perché parlava con determinazione. Non aveva alcuna importanza l’evidente mancanza di mezzi, la difficile situazione della Chiesa in Spagna o la sempre più complessa congiuntura internazionale, in allarme per l’affermarsi dei totalitarismi. L’Opera di Dio —ripeteva con convinzione— si aprirà strada tra gli uomini. Così Dio glielo aveva detto in molti modi. Uno di questi fu molto eloquente. Il 12 dicembre 1931 sentì con una tale intensità, nel suo intimo, le parole latine del versetto 10 del salmo 103 —Inter medium montium pertransibunt aquae (“le acque passeranno attraverso le montagne”)— che sentì l’impulso di annotarle: «le ho capite; sono la promessa che l’O. [Opera] di D. [Dio] supererà gli ostacoli e che le acque del suo apostolato passeranno oltre tutti gli impedimenti che si presenteranno[120]. Incoraggiato da questa fede, continuò l’apostolato con i laici e i sacerdoti che venivano a parlare con lui.

In novembre, Norberto Rodríguez parlò dell’Opera con Lino Vea−Murguía[121]. Lino era stato il primo cappellano del Patronato de Enfermos prima di Escrivá e ora era il cappellano delle religiose Schiave del Sacro Cuore. Norberto lo invitò a far parte dell’Opera e, avendo ricevuto una risposta affermativa, ne parlò a José María[122]. L’arrivo di Lino fu provvidenziale perché allora il fondatore si chiedeva come imprimere un carattere più formativo e organico alle riunioni che organizzava.

Il 29 dicembre 1931 José María si riunì con Lino e Norberto in casa di quest’ultimo. Discussero sulla possibilità di scegliere alcuni presbiteri ai quali spiegare il messaggio dell’Opera. Lino suggerì i nomi dei suoi amici di seminario, i “tre José María” come li chiamava. Pochi giorni dopo —era la prima settimana del 1932— Lino presentò José María Vegas[123], cappellano della parrocchia di San Ginés, e José María Somoano[124], cappellano di un padiglione per tubercolotici nell’Ospedale Nazionale di Malattie Infettive, volgarmente conosciuto come Ospedale del Re, ubicato a Tetuán de las Victorias, a nord di Madrid. I due si entusiasmarono alle proposte di Escrivá. Un mese dopo il fondatore andò a trovare il terzo, José María García Lahiguera, direttore spirituale del Seminario di Madrid; in questo caso, e forse perché García Lahiguera aveva numerosi incarichi pastorali, gli chiese di pregare per l’Opera, ma non lo invitò a farne parte[125].

Il 22 febbraio i sacerdoti che aderivano al messaggio dell’Opera —Rodríguez, Vea−Murguía, Somoano, Vegas e Cirac— si riunirono con il fondatore in casa di Norberto. Dall’incontro nacque un primo corso di formazione nello spirito dell’Opus Dei. Per rendere la riunione più fruttuosa, José María Escrivá distribuì alcuni fogli, come scrisse: «Lunedì scorso ci siamo riuniti per la prima volta in cinque sacerdoti. Proseguiremo queste riunioni una volta la settimana, per essere sempre più consapevoli. A tutti ho consegnato la prima meditazione, di una serie sulla nostra vocazione, per pregare nella notte fra il giovedì e il venerdì»[126]. Da allora il fondatore incontrò i sacerdoti tutti i lunedì, nella cosiddetta conferenza sacerdotale o riunione del lunedì. Nel maggio del 1932 si aggiunse un altro presbitero, Saturnino de Dios[127], che Escrivá aveva conosciuto all’Ospedale Generale.

Quasi tutti i sacerdoti —cominciando dallo stesso José María Escrivá— si trovavano al di fuori dell’organizzazione parrocchiale della diocesi di Madrid−Alcalá. Si occupavano di cappellanie, e questo gli permetteva di avere una parte della giornata libera per altre attività. Il fondatore pensava che tale peculiare situazione era essenziale, perché in futuro questi sacerdoti si sarebbero dedicati agli apostolati dell’Opus Dei, a loro volta compatibili con le loro attività pastorali. Li univa anche il desiderio di portare il Vangelo ai malati e ai poveri. Così, a partire dal gennaio del 1932, Vea−Murguía, Escrivá e Vegas si recavano, insieme a Samoano, ad assistere i tubercolotici dell’Ospedale Nazionale di Malattie Infettive, amministrando la confessione e distribuendo la Comunione. Erano giovani. Tranne Norberto Rodríguez, di cinquantadue anni, avevano tra i ventisei e i trent’anni[128].

Il lavoro pastorale a Santa Isabel e l’amicizia con Lino Vea−Murguía e José María Somoano favorirono l’avvio di un altro apostolato, quello femminile, che non era stato possibile nel Patronato de Enfermos. Invece la chiesa di Santa Isabel aveva un confessionale frequentato da ogni tipo di persone, in maggioranza del quartiere. Escrivá riteneva che il confessionale fosse il luogo adatto per trovare, tra le donne che venivano a confessarsi e a ricevere la direzione spirituale, quelle che avrebbero potuto assimilare il messaggio dell’Opus Dei.

Il 6 novembre 1931 venne a confessarsi Carmen Cuervo, una insegnante del Colegio de la Asunción[129]. Desiderava conversare con il sacerdote perché aveva notato con quanta devozione celebrava la Messa. Vedendo le sue disposizioni interiori, José María Escrivá le parlò dell’Opus Dei. Carmen «restò colpita dalla fede con cui le parlava di una realtà tutta da fare, un’Opera grande, per una maggior gloria di Dio»[130]. Da quel momento frequentò il confessionale per ricevere orientamento spirituale. Tre mesi dopo, il 14 febbraio 1932 chiese di far parte dell’Opera. Dopo, per volontà del fondatore, Carmen ebbe come confessore don Norberto. Don José María continuò a formarla nello spirito dell’Opus Dei[131].

Alcune donne conobbero l’Opera nel padiglione dell’Ospedale Nazionale per le Malattie Infettive, dove era cappellano José María Somoano. All’Ospedale il sabato mattina si recava Lino Vea−Murguía per dare una mano nell’assistenza spirituale ai malati. Il 4 aprile Lino raccontò, durante la riunione sacerdotale, di aver conosciuto fra i tubercolotici una donna che poteva capire il messaggio dell’Opera. Si chiamava María Ignacia García Escobar[132]. Una settimana dopo Lino parlò con María Ignacia, che domandò di essere incorporata nell’Opera. Nella riunione sacerdotale seguente, Escrivá propose di recitare un Te Deum per ringraziare Dio per questa nuova chiamata. Subito, il 10 aprile, Carmen Cuervo andò all’Ospedale per fare visita a María. Due giorni dopo José María Somoano parlò con un’altra ammalata dell’Ospedale, Antonia Sierra, e anche lei volle incorporarsi nell’Opera[133].

In quegli stessi giorni Escrivá strinse amicizia con alcuni filippini dell’Ospedale Generale, che si mostravano interessati allo spirito dell’Opus Dei. Cominciò così a curare la direzione spirituale di un gruppo di professionisti giovani. Nei mesi che seguirono due di loro gli manifestarono il desiderio di appartenere all’Opera: Luis Gordon, un imprenditore birraio di trentatré anni, direttore di una fabbrica di malto a Ciempozuelos, non lontano da Madrid[134]; e Antonio Medialdea, impiegato in un negozio della capitale[135].

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