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2. Le opere di San Michele, san Gabriele e San Raffaele

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José María Escrivá era convinto che Dio gli aveva concesso una ispirazione di estrema importanza, cioè proclamare la chiamata alla santità dei fedeli laici nel compimento dei loro doveri ordinari e dar vita a una istituzione che trasmettesse questo messaggio. L’origine, lo spirito e i fini soprannaturali dell’Opera erano stati definiti. Invece la luce divina non comprendeva gli aspetti organizzativi, formativi e giuridici che pur erano indispensabili per realizzare la missione ricevuta. «È necessario determinare chiaramente i campi di azione», annotava Escrivá nel giugno del 1930[148]. Considerando tale realtà, impiegò le risorse a sua disposizione: anzitutto, l’orazione e la mortificazione personale, unita alla richiesta di preghiere ad altri; poi lo studio e il confronto delle luci ricevute con la vita della Chiesa e con l’ambito civile; in seguito, mettere per iscritto i pensieri e gli schemi organizzativi; e finalmente, la verifica, talvolta con un controllo che gli faceva maturare una maggiore esperienza, dei modi in cui questi ideali prendevano corpo.

Don José María chiese consiglio e suggerimenti a tre sacerdoti di sua fiducia: Valentín Sánchez, Pedro Poveda e Juan Postius. Il padre Valentín Sánchez Ruiz era suo confessore dal luglio del 1930[149]. Da parte sua, Pedro Poveda, fondatore dell’Istituzione Teresiana, conosceva José María Escrivá dal febbraio del 1931[150]. Nacque allora una forte amicizia fra i due sacerdoti secolari, entrambi fondatori ed entrambi mossi da un intenso desiderio di evangelizzare la società. Infine, il claretiano ed esperto canonista Juan Postius ebbe uno speciale rapporto con Escrivá tra il febbraio e l’aprile del 1932[151]. Il motivo fu che Valentín Sánchez si vide obbligato a lasciare la residenza dei gesuiti di Chamartín de la Rosa quando, nel gennaio del 1932, entrò in vigore il decreto di scioglimento della Compagnia di Gesù. Fintantoché Sánchez Ruiz rimase in una situazione precaria a Madrid insieme ad altri gesuiti, Escrivá si confessò con Postius.

Come abbiamo detto, Escrivá aveva raccolto diverse informazioni su istituzioni della Chiesa, come le congregazioni fondate dal cappuccino Honorato Kozminski in Polonia, la Compagnia di San Paolo, i fratelli Moravi o le Dame di Nazareth del gesuita olandese Jacques van Ginneken[152]. Lo studio delle loro istituzioni e delle relative forme giuridiche gli servirono per conoscere realtà ecclesiali che potevano somigliare sia pure esteriormente e in qualche aspetto concreto all’Opus Dei. Questa ricerca gli fece inoltre pensare alla possibile struttura organizzativa e giuridica per l’approvazione ecclesiastica e civile dell’Opera.

Comunque, non trovò nulla che potesse essergli utile. Ebbe ancora una volta la conferma che le caratteristiche dello spirito dell’Opus Dei avevano origine in un progetto soprannaturale, che si andava concretando nella sua vita di orazione e nella sua esperienza personale. E siccome era convinto che la mano di Dio stava dietro le vicende della sua vita, prendeva nota di ciò che riteneva fossero luci ricevute dall’alto. In queste note —molte sono riunite negli Apuntes íntimos— cominciarono a comparire idee e schemi che potevano contribuire, in un primo abbozzo, a delineare la futura organizzazione interna e le attività apostoliche dell’Opera[153].

I primi anni dell'Opus Dei

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