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Le lezioni di formazione
ОглавлениеQuando Juan Jiménez Vargas cominciò la direzione spirituale, don José María Escrivá gli disse che «aveva urgenza di trovare un gruppo di studenti per cominciare al più presto l’Opera di San Raffaele»[218]. Ciò che fino a quel momento era stata un’attività provvisoria, negli incontri informali de “El Sotanillo” o per strada, doveva diventare una realtà strutturata con un ordine del giorno, una serie di argomenti ed incontri programmati. Queste lezioni di formazione religiosa —così ripete il fondatore nelle annotazioni— segneranno l’inizio dell’Opera di San Raffaele[219].
Juan parlò con vari amici della Facoltà di Medicina e concordò un appuntamento con due di loro, José María Valentín e Vicente Hernando Bocos[220], per sabato 21 gennaio. Il luogo dell’incontro fu fissato nell’Asilo de Porta Coeli, retto dai religiosi trinitari, in calle García de Paredes 25. Don José María conosceva il posto perché vi si recava regolarmente per insegnare il catechismo e per confessare i giovani abbandonati che vi abitavano, imparando gratuitamente un mestiere. Chiese alle monache che, in cambio del suo servizio ministeriale, gli permettessero di utilizzare una volta alla settimana una stanza e la cappella per riunioni con degli studenti.
Il 21 gennaio i tre giovani e il fondatore si presentarono a Porta Coeli. Le monache li introdussero in una sala contigua alla cappella. L’arredamento del luogo si presentava poco accogliente. Per di più «bisognava rimanere col cappotto addosso; e anche così faceva freddo, c’era soltanto un beffardo braciere spento»[221]. Don José María aveva portato con sé l’immagine incorniciata della “Madonna del Catechismo”, che presiedette la riunione. Si sedettero attorno al braciere. Il sacerdote cominciò con una preghiera all’arcangelo San Raffaele e all’Apostolo San Giovanni. L’argomento trattato ruotava attorno ad un concetto di fondo: se volevano ricavare qualche frutto dalla catechesi, che sarebbe cominciata il giorno successivo, avevano bisogno di un solido fondamento. Secondo Valentín, che scrisse un riassunto dell’incontro, don José María disse: «Insegnare la dottrina ai bambini, per favorire la loro salvezza, non deve andare a scapito della nostra anima, e perciò dobbiamo colmarci prima di tutto noi di Grazia di Dio, per donarla poi a loro. Dobbiamo essere conchiglie, non canali»[222]. La riunione si concluse con un ricordo dei patroni di questo apostolato: «S. Raffaele, l’angelo che accompagna Tobia e gli facilita un buon matrimonio; e S. Giovanni, l’apostolo che fu sempre vergine e per questo più amato da Gesù»[223].
Dopodiché i tre studenti entrarono nella cappella dell’Asilo. Il sacerdote impartì la benedizione con il Santissimo. Durante la cerimonia Jiménez Vargas rimase impressionato dal comportamento del sacerdote, dalla calma e raccoglimento nell’atto liturgico[224]. José María Escrivá non dimenticherà mai la sua preghiera in quei minuti: «Al termine della lezione, andai nella cappella con quei ragazzi, misi il Signore Sacramentato nell’ostensorio, lo alzai e benedissi quei tre..., e io ne vedevo trecento, trecentomila, trenta milioni, tremila milioni..., bianchi, neri, gialli, di tutti i colori, di tutte le combinazioni che l’amore umano può creare. E le mie previsioni erano in difetto, perché oggi, dopo quasi mezzo secolo, è tutto una realtà»[225].
Da quel giorno le lezioni seguirono a ritmo regolare. Tra il 21 gennaio e il 17 maggio 1933, vi furono diciotto riunioni, che si tenevano il mercoledì, eccetto la prima che si tenne sabato 21 gennaio e la quarta che fu posticipata al giovedì 9 febbraio. Una o due volte al mese —in sette dei diciotto incontri— la lezione si concluse con la benedizione eucaristica. Tutte le riunioni ebbero luogo nell’Asilo di Porta Coeli.
In totale, a questa serie di lezioni furono presenti nove studenti: Juan Jiménez, Vicente Hernando, José María Valentín, suo fratello Jacinto[226], Eloy González Obeso[227], Jaime Munárriz[228], Ángel Cifuentes, Gil Padillo e Joaquín Herrero. Questi universitari avevano in comune la frequenza alla facoltà di Medicina all’Università Centrale, tranne Jacinto, che studiava Giurisprudenza, ed erano quasi tutti affiliati ai movimenti tradizionalisti. Erano stati invitati da Jiménez Vargas, eccetto Jacinto che si presentò sollecitato da suo fratello. Due di loro —Hernando Bocos e Gil Padillo— vennero un paio di volte e poi rinunciarono; gli altri parteciparono a tutte le riunioni.
Il 15 febbraio José María Escrivá stabilì l’ordine del giorno delle lezioni: «1° Preghiera iniziale. 2° Lettura del resoconto della riunione precedente. 3° Lettura e spiegazione del S.to Vangelo. 4° Conversazione. 5° Scambio di impressioni sulle cose accadute durante la settimana. 6° Lettura spirituale. 7° Preghiera finale»[229]. Dalla settimana successiva si attennero a questo programma. Per i testi della lettura spirituale si utilizzarono brani dell’Imitazione di Cristo, o alcuni testi su temi di attualità, come la partecipazione dei cattolici alla vita pubblica o l’istituto matrimoniale, intercalati dal Catecismo social del padre Sánchez Ruiz[230].
Gli argomenti delle lezioni erano quelli abituali della prassi spirituale cristiana, adattati alle circostanze degli ascoltatori: l’amore per l’Eucaristia, l’orazione, la mortificazione, la perseveranza nel rapporto con Dio e il lavoro professionale[231]. Secondo José María Valentín, il modo in cui don José María esponeva gli argomenti «era, tuttavia, caratteristico, nuovo per quel tempo, perché, senza alcuna retorica, puntava direttamente al tema: così le idee che esponeva erano, per noi, profonde e chiare»[232]. Nel primo incontro don José María ne chiarì la finalità: «Devono stimolare la vita interiore. Questo è l’obiettivo principale di queste riunioni»[233]. Nella lezione successiva ritornò sulla stessa idea: «A queste conversazioni siamo presenti un n.° piccolo e selezionato di persone e la presenza sarà assolutamente volontaria. In esse si punterà soprattutto alla nostra formazione spirituale e molto in secondo piano, alla preparazione della catechesi»[234].
L’insegnamento della dottrina cristiana era sempre unito al sostegno spirituale degli studenti. Scrive Juan Jiménez Vargas: «oltre che alla riunione settimanale, tutti andavano una volta la settimana a casa del p. [Padre] a conversare privatamente con lui; alcuni, perché lo avevano adottato come direttore spirituale fin dall’inizio»[235].
Il 17 maggio parteciparono all’ultima lezione del corso. Stavano per arrivare le vacanze e don José María li incoraggiava a mantenere il rapporto con Dio durante l’estate. Ebbe un’idea semplice: «Nel congedare quelli di San Raffaele, ho regalato a ognuno un santino dell’Amore Misericordioso sul quale ho scritto le seguenti invocazioni che i ragazzi si dovrebbero impegnare a recitare ogni giorno: Santa Maria, Speranza nostra, Sede della Sapienza, Prega per noi. San Raffaele, prega per noi. San Giovanni, prega per noi»[236]. Poi, raccomandò loro vivamente di non trascurare il rapporto con Dio e con gli altri: «Frequentare i sacramenti, recitare la preghiera che c’è sul dorso del santino e scrivere due lettere al mese»[237]. Poi l’incontro si concluse nella cappella dell’Asilo con la benedizione col Santo Sacramento.
Alla fine di giugno José María Escrivá compilò un possibile programma per l’Opera di San Raffaele in vista del successivo anno accademico. Dopo aver tracciato una croce con quattro punte terminali, intitolò lo scritto “San Rafael” e, subito dopo, aggiunse le attività e i nomi degli studenti che avrebbero potuto aiutarlo: «1/ Circoli settimanali di 9. 2/ Uno generale al mese. 3/ Catechismo (Munárriz). 4/ Medicina (Azúa[238]). 5/ Missioni (Valentín, per [il piccolo]). 6/ Proselitismo (Vargas ed Herrero, J.R.). 7/ Amministrazione (Cifuentes)»[239]. Inoltre incluse un punto che riassumeva gli obiettivi che dovevano essere comuni ai ragazzi partecipanti: «8/ Pietà Studio — Fraternità — Segreto — Obbedienza — Una lingua straniera»[240]. Erano idee che aveva già trasmesso nei mesi precedenti: pregare con devozione, studiare con serenità, volersi bene sinceramente, essere discreti al momento pubblicizzare l’apostolato dell’Opera —farlo in modo naturale, senza ostentazione—, obbedire al direttore spirituale per quanto concerne il rapporto con Dio e utilizzare l’estate per studiare una lingua straniera.