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Gli esercizi spirituali del 1932

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Da quando José María Escrivá iniziò l’incarico della cappellania nel Patronato di Santa Isabel, aumentava progressivamente il numero delle persone che gli si avvicinavano per formarsi nello spirito dell’Opera. In alcuni casi gli avevano chiesto di farne parte. Sacerdoti secolari, professionisti, impiegati, studenti universitari, donne con diverse mansioni e malate incurabili formavano un insieme eterogeneo, il cui punto di connessione era il fondatore. Questa varietà determinava nuovi problemi formativi e anche strutturali: come poteva organizzare l’apostolato con persone così diverse?

Da parecchi mesi Escrivá sentiva il bisogno di ritirarsi per un certo tempo e parlare a lungo con Dio. Intuiva che avrebbe ricevuto nuove luci, come aveva scritto: «Ho bisogno di solitudine. Anelo un lungo ritiro, per stare con Dio, lontano da tutto. Se Egli vuole, me ne darà l’occasione. Lì sedimenterebbero molte cose che ribollono dentro di me; e Gesù, sicuramente, preciserà particolari importanti per la sua Opera»[170]. Alla fine, si presentò l’occasione. Sabato 3 ottobre cominciò nel convento−noviziato delle Carmelitane Scalze di Segovia gli esercizi spirituali di nove giorni, che avrebbe fatto da solo con Dio.

Le giornate si susseguirono con pace esteriore e grande attività interiore. Giovedì 6 [sic] andò a pregare accanto alla tomba di San Giovanni della Croce, situata in una cappella laterale della chiesa del convento. In quei momenti ebbe una mozione interiore: «Oggi, nella cappella di S. Giovanni della Croce (vi passo tutti i giorni alcuni momenti di solitudine piena di compagnia) ho visto che, per iniziare le riunioni sacerdotali e tutte le altre in cui si tratti dell’O. di D. [Opera di Dio], faremo la seguente preghiera [...]: 1/ Veni Sancte Spiritus. 2/ Sancte Michaël, ora pro nobis. — Sancte Gabriel, ora pro nobis. — Sancte Raphaël, ora pro nobis. 3/ In nomine Patris, et Filii et Spiritui Sancti. Amen. 4/ Sancta Maria, Sedes Sapientiae, ora pro nobis»[171]. José María Escrivá sentì una mozione con un marcato carattere fondazionale. Le idee sulla organizzazione degli apostolati dell’Opus Dei, alle quali aveva lavorato durante l’estate, si concretavano ora in tre opere, ognuna sotto l’invocazione di un arcangelo: l’Opera di San Raffaele, per la formazione cristiana dei giovani; l’Opera di San Michele, rivolta a chi fosse chiamato a vivere il celibato apostolico in mezzo al mondo; e l’Opera di san Gabriele per le persone di ogni condizione, sposate o meno, ma senza impegni di celibato[172].

Due giorni prima della fine degli esercizi, Escrivá meditò sul suo impegno apostolico. Ebbe così una conferma: «tutte le mie attività, se devo compiere la Volontà divina, devono essere per l’O. di D. [Opera di Dio]»[173]. Poi adottò quattro propositi come risposta all’interrogativo «che posso fare io per l’Opera?»[174]: continuare l’attività formativa con i sacerdoti nelle “riunioni del lunedì”, perché si identifichino con il messaggio dell’Opera; formare «il gruppetto di laici (uomini e donne) che il Signore ha inviato e quelli che continuerà a inviare»[175] per l’Opera di san Michele; mantenere i rapporti con le persone che, più avanti, potrebbero far parte dell’Opera di san Gabriele; preparare un gruppo di ragazzi con i quali cominciare, il più presto possibile, il lavoro di san Raffaele. Su questo punto era sempre più convinto della necessità di avviare un’accademia: «Con la massima prudenza, lavorare con un numero ristretto e selezionato di giovani universitari, preparando il lavoro che, in modo permanente, deve fare l’O. [Opera] con loro, sotto la protezione di Santa Maria della Speranza e il patrocinio di San Raffaele Arcangelo. E ciò sempre senza costituire associazione di alcun genere: a base di accademie»[176].

Evidentemente i giovani che si sarebbero avvicinati all’Opera lo avrebbero fatto a titolo personale, uniti solamente dal desiderio di migliorare la loro vita cristiana. Da parte sua il fondatore offriva loro una formazione spirituale e apostolica che avrebbe favorito il dialogo con Dio Padre, lo studio ben fatto e le relazioni con le rispettive famiglie e con gli amici. Tale formazione avrebbe avuto luogo nella sede dove si sarebbero riuniti. Può darsi che avesse pensato di affidare la proprietà dell’immobile a una società anonima con la quale stipulare un contratto di affitto[177]. Naturalmente si sarebbe trattato di un’attività «con una impostazione giuridica civile»[178], registrata e approvata dall’autorità competente.

Al rientro a Madrid, José María Escrivá entrò nel pieno dell’impresa, cominciando dall’orazione e dalla mortificazione offerta a Dio, pregando così per la crescita degli apostolati dell’Opus Dei. Le riunioni del lunedì con i sacerdoti erano già riprese dopo l’estate; più precisamente, il primo incontro era stato il 26 settembre, alcuni giorni prima di partire per Segovia. Venne ricordato in particolare Somoano: «Ci siamo riuniti, con don Norberto e a casa sua, Lino, José María Vegas, Sebastián Cirac ed io. Si è parlato dell’O. [Opera] e abbiamo recitato un responso per José María Somoano»[179]. Per ciò che riguarda le donne, continuò l’attività di formazione spirituale di Carmen Cuervo, María Ignacia García Escobar e Antonia Sierra —queste due ultime ricoverate all’Ospedale Nazionale delle Malattie Infettive—. Inoltre, nei mesi che seguirono si avvicinarono all’Opera Modesta Cabeza, che viveva con la sua famiglia a Madrid[180], ed Hermógenes García, segretaria in un istituto bancario[181]. Cercò anche di allacciare un rapporto con gli artisti, come il pittore José Muñoz Aycuéns o lo scultore Jenaro Lázaro[182].

Nello stesso tempo, con tutte le sue forze, intensificò le attività per la gioventù universitaria, decidendo che questa sarebbe stata la priorità apostolica. In tal modo concentrava gli impegni e diffondeva nel più breve tempo possibile lo specifico messaggio di santità dell’Opera. Escrivá riteneva che gli intellettuali avrebbero portato in modo efficace la linfa evangelica a persone dei più diversi contesti sociali. E alcuni studenti, riflettendo sul messaggio dell’Opera e vedendolo rispondente alle proprie esigenze spirituali, avrebbero chiesto l’ammissione.

A questo punto, quali erano i passi da fare per poter disporre di una accademia? A parte i permessi burocratici, le necessità reali erano altre: un minimo di personale che si occupasse della gestione, gli esperti in grado di impartire le lezioni, gli studenti che sarebbero venuti a ricevere la formazione e i mezzi economici sufficienti[183].

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