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Le catechesi

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José María Escrivá spiegava il messaggio dell’Opera con l’esempio della sua vita. Nella direzione spirituale apriva orizzonti di vita cristiana. Stimolava a leggere testi spirituali. Si faceva accompagnare nelle sue visite ai malati. Senza rinunciare a queste attività, decise che l’apostolato con i giovani, che aveva posto sotto il patrocinio di San Raffaele e San Giovanni, sarebbe cominciato con due strumenti formativi tradizionali nella vita della Chiesa: le catechesi e le lezioni di formazione cristiana. Con le catechesi gli studenti avrebbero generosamente impiegato il loro tempo e avrebbero imparato a spiegare le verità fondamentali della fede; con le lezioni avrebbero migliorato la conoscenza del Signore e il rapporto personale con Dio.

Il fondatore conosceva il mondo della catechesi. Negli anni in cui era stato alunno esterno del Seminario di Logroño aveva partecipato alle catechesi domenicali. Dopo l’ordinazione sacerdotale, aveva insegnato catechismo nel paese di Perdiguera. A Saragozza aveva organizzato alcune catechesi nel quartiere povero di Casablanca, portando con sé studenti che frequentavano la chiesa di San Pedro Nolasco, dove era cappellano. A Madrid, poi, aveva collaborato alle catechesi delle Dame Apostoliche, soprattutto nel preparare i ragazzi alla Prima Comunione, e ora dava delle meditazioni alle ragazze della Scuola dell’Assunzione. Inoltre aveva impartito lezioni di catechismo ai figli e ai domestici dei Sevilla González[199]. Dai figli di questa famiglia sappiamo che spiegava la dottrina per mezzo di illustrazioni sul significato dei comandamenti o dei sacramenti. Inoltre, «raccontava con molto garbo alcuni episodi dell’infanzia del Bambino Gesù o dell’armonia che regnava nella casetta di Nazareth, altre volte raccontava ricordi della sua infanzia»[200].

Escrivá sapeva bene che sarebbe stato modesto il contributo di un ridotto gruppo di studenti al deficit catechetico di migliaia di bambini madrileni. Essendo inoltre universitari, avevano poco tempo da dedicare ad attività estranee allo studio. Ma il meglio era nemico del buono: il loro contributo avrebbe rinvigorito il tessuto cristiano del luogo dove facevano catechesi. D’altra parte, le catechesi —come le visite ai malati— avevano una benefica ricaduta su chi le svolgeva. Alcuni mesi prima aveva espresso queste idee nei suoi Apuntes íntimos: «I nostri, per diventare uomini di Dio, dedicheranno all’inizio una buona parte della loro attività alla catechesi dei bambini e alla visita dei malati. Per farsi capire dai primi, dovranno umiliare la loro intelligenza; per comprendere i poveri malati dovranno umiliare il loro cuore. E così, messa in ginocchio la loro intelligenza e il loro cuore, sarà per loro facile arrivare a Gesù attraverso il cammino sicuro della conoscenza della miseria umana, della miseria personale, che li porterà ad umiliarsi, per permettere a Dio di costruire sul loro nulla»[201].

Un avvenimento imprevisto accelerò questi progetti. José María annotò quanto segue il 27 novembre: «uscendo la mattina da casa per andare a Santa Isabel, sulla porta di una scuola del “Patronato de Enfermos” ho trovato un’immagine della Madonna Immacolata, buttata via e sporca di fango: l’ho raccolta e poi mi sono reso conto che era una pagina strappata da un catechismo. Nell’attuale situazione politica, l’aver strappato il catechismo alla porta di una scuola cattolica... e un presentimento che non riesco a vincere, mi fanno supporre che si tratti di un’offesa alla nostra Sta. Fede, di odio alla Dottrina Cristiana. Perciò non brucerò la povera immagine —una pessima stampa, su carta brutta e lacerata—, la conserverò, la farò incorniciare bene, quando avrò denaro... e chi mi dice che non si darà culto di amore e riparazione, con il tempo, alla “Madonna del Catechismo”!»[202]. Pochi giorni dopo incorniciò l’incisione. Come contropartita di quest’atto di pietà chiese alla Madonna che la catechesi cominciasse subito.

Per avviarla si affidò a Juan Jiménez Vargas, che ne parlò ad alcuni amici. E quanto al luogo, ne trovò subito uno. Domenica 15 gennaio si recò alla Scuola Divino Redentore, retto dalle Missionarie della Dottrina Cristiana. Questa scuola era situata in un avvallamento del quartiere Pinos Altos o Los Pinos, nel comune di Tetuán de las Victorias, a nord di Madrid. Data la sua peculiare localizzazione, tutti la chiamavano la “Scuola del Torrente”. Tutta la zona era molto degradata, come diceva suor María Auxiliadora Lemus, una monaca della scuola: «Il quartiere era costituito da baracche, costruite per lo più con lamiere. Non vi erano impianti igienici di alcun tipo, e neppure acqua corrente. Le bambine entravano in classe piene di pidocchi e sudiciume»[203]. Escrivá offrì alle monache una catechesi; allo stesso tempo Lino Vea−Murguía chiese al vicario generale della diocesi, Francisco Morán[204], il permesso di impartire questa catechesi.

Due giorni dopo José María ritornò a Los Pinos, in compagnia di Lino, per parlare con il cappellano della scuola, Gabriel García Reoyo. Escrivá annotò che, «nonostante la grande nevicata, andammo Lino e io a vedere il locale e a salutare le suorine, che hanno molto buono spirito, e il cappellano. Si meravigliarono di vederci arrivare in mezzo alla neve: con così poco ci siamo guadagnati il Signore»[205]. L’immagine dei due sacerdoti che camminavano sulla neve non si cancellò dagli occhi delle religiose. Una di esse, suor María Auxiliadora, ricordava molti anni dopo: «quella mattina abbiamo visto dalla sala della ricreazione della Comunità, che stava al primo piano, avvicinarsi alla scuola due sacerdoti vestiti con talare e mantello. Erano le prime ore del mattino ed era ancora tutto bianco e pulito; poco dopo tutto sarebbe diventato un mare di fango»[206]. Una studentessa, Pilar Ángela Hernando, riprende il racconto del momento in cui avvistarono «lungo il pendio i due sacerdoti che camminavano con una certa difficoltà e che cominciavano a scivolare giù. Poco dopo persero l’equilibrio e caddero ruzzolando verso il basso. Mi pare di sentire ancora la sonora risata e il brio con cui si alzarono, e anche la nostra»[207].

Trovato l’accordo sulla catechesi, l’attività ebbe inizio la domenica successiva, 22 gennaio. Juan e alcuni colleghi della Facoltà di Medicina —tra i quali Ángel Cifuentes[208], Joaquín Herrero[209], Aurelio Torres[210] e José María Valentín— frequentarono da allora con regolarità. Secondo Vázquez de Prada, «gli amici di Juan erano giovani con ardore patriottico, assidui alle riunioni di propaganda politica che di solito si tenevano la domenica, proprio il giorno della catechesi. Qualcosa placò i bollori di quegli intrepidi attivisti, tanto da far loro pensare di essere più utili nella catechesi che negli incontri politici»[211]. L’insegnamento del catechismo non richiedeva solamente la rinuncia ad altre attività tipiche della domenica mattina, ma manifestava l’impegno cristiano, il desiderio di evangelizzare una zona povera dove regnava un clima avverso al cattolicesimo; nel caso della Scuola, si arrivò all’estremo di subire un attacco incendiario il 4 maggio[212]. «Fu come la prova del fuoco della loro generosità»[213], ricordava uno degli studenti.

Il programma della catechesi era semplice. I catechisti preparavano prima gli argomenti. Poi la domenica mattina s’incontravano in una stazione del metrò del centro di Madrid e da lì si recavano a Tetuán. Suor María Auxiliadora si abituò a vedere la domenica «un gruppo di studenti universitari, quasi tutti di Medicina»[214], che appena arrivavano entravano nella cappella; e lì recitavano una preghiera: «Degnatevi, Signore, di inviare la vostra santa benedizione per imparare e praticare la Dottrina che avete portato dal cielo sulla terra. Tre avemarie»[215]. Poi, si davano gli avvisi opportuni, ricevevano i bambini e li dividevano in gruppi per il catechismo. Alla fine, assistevano ad una meditazione di quindici minuti, data da José María Escrivá o da Lino Vea−Murguía[216]. Alle undici del mattino il cappellano della scuola celebrava la Messa per i piccoli.

Una volta avviata la catechesi di Tetuán, Escrivá ne fece partire un’altra, tenuta dalle donne che stava formando. Almeno due di loro —Carmen Cuervo e Modesta Cabeza— le domeniche del primo semestre del 1933 andarono a insegnare il catechismo nel quartiere La Ventilla, non lontano da quello de Los Pinos[217].

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