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Gli intellettuali spagnoli
ОглавлениеCosì come qui viene intesa, la figura dell’“intellettuale” fece la sua comparsa a fine Ottocento, in una Francia segnata dalla democratizzazione della vita sociale e politica[13]. L’intellettuale era una persona di cultura generalmente liberale, versatile in scienze umanistiche —spesso era uno scrittore—, esistenzialmente legata ai destini del suo paese[14]. In un’accezione più generica, il termine “intellettuale” comprendeva i membri della comunità accademica, soprattutto i professori, ma anche gli studenti e i laureati.
In ogni paese occidentale gli intellettuali costituivano una minoranza. Difendendo l’identità del paese, miravano a dar vita a una nazione nuova, capace di attuare il proprio destino nella storia. Questo piano nazionale doveva adeguarsi alle caratteristiche peculiari, vale a dire, alle sue espressioni culturali e alle sue tradizioni politico−sociali. Un tale cambiamento nelle strutture e nella mentalità sarebbe avvenuto grazie alle istituzioni dello Stato. Per questo motivo si pose un particolare accento sulla necessità che l’insegnamento —da quello elementare a quello universitario— fosse conforme ai principi.
Nella Spagna del XIX secolo il mondo intellettuale aderì alle grandi correnti culturali del momento, a cominciare da quella liberal−progressista, tesa a riformare il paese mediante l’educazione e la scienza, secondo una concezione immanente dell’uomo. Un’altra corrente era quella confessionale cattolica, che propugnava una visione tradizionale e trascendente della persona umana, a cui si aggiungeva una coscienza unitaria della Spagna inseparabile dalla fede cattolica del popolo. Oltre a queste due correnti, fiorivano delle sotto−culture di carattere reazionario come l’integralismo cattolico, o rivoluzionario come il socialismo, il marxismo e l’anarchismo. Nell’ambito universitario spagnolo si diceva che la corrente liberal progressista era la più influente, ma erano pure numerosi i docenti di mentalità tradizionale o di tendenze socialiste.
L’ideologia liberale della sinistra borghese aveva trovato il suo catalizzatore nella Institución Libre de Enseñanza (ILE). Le sue radici si ritrovavano nella filosofia idealista di Krause, discepolo di Schelling. Era stata adattata, a metà del XIX secolo, alla peculiarità culturale spagnola da Julián Sanz del Río. Più che una filosofia, il Krausismo era una morale e una teoria dell’educazione, un movimento di riforma destinato a instaurare un nuovo modo di convivenza. Quando Francisco Giner de los Ríos, successore di Sanz del Río, con altri professori universitari fu allontanato dalle aule per aver criticato la mancanza di libertà d’insegnamento in Spagna, venne istituzionalizzato il krausismo creando nel 1876 la ILE, i cui scopi erano l’approfondimento e la diffusione della scienza attraverso l’insegnamento, dalle scuole elementari alle superiori. I fondamenti statutari proclamarono il principio di libertà di scienza, in accordo con una coscienza individuale e autonoma, estranea al dogma o ad autorità esterne. La ILE rifiutava in tal modo l’esistenza di una rivelazione divina. Non è che i krausisti fossero atei, perché spiegavano che la ragione si pone sempre la domanda su Dio e, di fatto, nella prima generazione dell’istituzione vi fu una notevole religiosità. Ma la concezione immanente li rendeva intellettualmente gnostici[15].
In questa guerra di idee, di radice religiosa, la battaglia fu ingaggiata sul fronte dell’insegnamento. Secondo i riformatori, il progresso della scienza —la ragione che indaga liberamente la verità— era incompatibile con la fede cattolica —fondata sui dogmi—. Pertanto, l’educazione doveva essere laica[16]. Per loro l’aconfessionalità era un principio basilare per la maturazione integrale dell’uomo. Propugnavano programmi di secolarizzazione come condizione sine qua non per portare a buon fine la riforma di cui la Spagna aveva bisogno. L’insegnamento della religione doveva essere eliminato in ogni ambito scolastico, e sostituito da una educazione morale basata sull’onestà, il patriottismo e la tolleranza.
I tira e molla con i politici della Restaurazione, l’evoluzione del krausismo alla fine del XIX secolo e gli effetti politici della guerra del 1898 con gli Stati Uniti, limitarono l’introduzione in grande scala dei progetti istituzionali. Inoltre, la ILE fallì il tentativo di costituirsi in università privata, per cui l’espansione avvenne attraverso enti minori. Concretamente, nel 1878 fu aperta a Madrid una scuola elementare e, più modesta, una scuola secondaria, oltre a un centro studi universitari dove si impartivano lezioni al di fuori dell’insegnamento ufficiale. Nello stesso tempo, e a causa della scarsa incisività delle iniziative private in Spagna, la ILE sostenne la ricerca nei centri ufficiali e domandò aiuti economici allo Stato[17].
Per la ILE l’occasione propizia si presentò nel 1900 con la creazione del Ministero dell’Istruzione Pubblica e, soprattutto, quando questo Ministero, sette anni dopo, istituì la Giunta per l’Ampliamento degli Studi e della Ricerca Scientifica (JAE), un’agenzia statale promossa e coordinata dalla ILE. Nel corso dei successivi tre decenni la JAE favorì il progresso scientifico in Spagna. Concesse circa cinquanta borse di studio ogni anno a professori e a laureati per svolgere attività di ricerca in centri internazionali di prestigio. Inviò delegazioni ai congressi scientifici e intrattenne relazioni culturali con varie istituzioni straniere[18]. All’interno della Spagna creò alcuni organismi con l’intento di rinnovare la ricerca, come il Centro di Studi Storici e l’Istituto Nazionale di Scienze. Inoltre gestì parecchie iniziative di carattere educativo, tra le quali si possono ricordare la Residencia de Estudiantes (1910) e l’Instituto−Escuela (1918). La Residencia de Estudiantes per universitari, costituita dalla Residencia masculina e dalla Residencia de Señoritas, costituì il Circolo di Belle Arti e l’Ateneo come il principale ambito culturale di Madrid[19]. Da parte sua, l’Instituto−Escuela fu un centro pubblico in un regime di coeducazione. Il suo corpo docente si era costituito per libera indicazione della JAE. Questi moderni metodi pedagogici furono immediatamente apprezzati dalle famiglie di tradizione liberale, che inviarono in queste scuole i loro figli[20].
I primi decenni del XX secolo furono contrassegnati, nella cultura occidentale, da una profonda crisi di valori. Il concetto di uomo, tanto nella versione razionalista come in quella tradizionalista, si era logorato. Si cercarono allora nuovi modelli per comprendere la realtà umana, o argomenti che sostenessero l’ambizione del progresso inarrestabile, attraverso il progresso della scienza, dell’economia capitalista o del materialismo storico[21].
Paradossalmente, la Spagna vide alcuni decenni di crescita culturale, una “Età di Argento”, con intellettuali, scrittori e artisti di tre generazioni, quella del ’98, quella del ’14 e quella del ’27. Se la generazione del ’98 era stata quella della protesta, coerentemente con la sua origine romantica, quella del ’14 propugnò l’azione attraverso il progresso della scienza e l’inserimento nella cultura europea secolarizzata. La generazione letteraria e scientifica del ’27 fu una avanguardia liberale, che tentò di impiantare la “morale della scienza” come fondamento di un patriottismo non esente da formulazioni e conseguenze politiche[22]. Un pensatore influente del primo terzo del secolo fu José Ortega y Gasset, che si assunse il compito di trasformare la cultura spagnola tradizionale mediante il modello offerto dalla scienza moderna. Si impegnò perché le idee contemporanee, che in fin dei conti erano appannaggio di una minoranza liberale, arrivassero alle masse, allora prive di cultura, attraverso l’insegnamento[23].
Da parte loro, anche gli intellettuali cattolici difesero il concetto secondo cui a ogni nazione spettava, per diritto proprio, un ruolo da svolgere nella storia dell’umanità. Sin dalla fine del XIX secolo la gerarchia cattolica aveva pensato ad un progetto corporativo e confessionale alternativo al liberalismo: l’instaurazione di un ordine sociale cristiano che rendesse possibile la riconquista cattolica della nazione e che fondasse il “regno di Cristo sulla terra”. Fra le tante realizzazioni, forse la più nota fu l’Associazione Cattolica Nazionale dei Giovani Propagandisti, creata nel 1909. Gli scrittori e gli intellettuali propagandisti costituirono una minoranza selezionata, pronta a dirigere l’azione sociale dei cattolici e ad influire sulla vita pubblica[24].
Man mano che il secolo XX avanzava, l’ambito confessionale cattolico formulò due grandi progetti che, sebbene apparissero uniti dai medesimi principi, erano separati quanto alle conclusioni[25]. Gli uni condividevano gli impegni scientifici o educativi promossi dalla corrente liberale innovativa o rispondevano con modelli che, pur rimanendo cattolici, avevano qualche relazione con la cultura liberale. Gli altri, invece, si rifacevano a modelli di matrice tradizionale. Per i primi, possibilisti riguardo alle forme politiche e riformiste dello Stato, era necessario convivere con i valori della cultura contemporanea, pur non condividendone i postulati, perché pensavano che fosse possibile apportare soluzioni cristiane. Per i secondi, integralisti e anti−riformisti, la concezione laica e secolare del liberalismo e, a maggior ragione, del socialismo, rendeva impossibile un dialogo intellettuale.
All’Università gli intellettuali cattolici si sentirono emarginati ed esclusi dalle avanguardie culturali. Non era raro incontrare docenti che difendevano, come preciso postulato, il divorzio tra ragione e fede. Questo modo di pensare disorientava gli studenti cattolici. Per esempio, uno studente di dottorato di cui parleremo, José María González Barredo, «era preoccupato per i problemi dell’Università, dato che alcuni premi Nobel (Madame Curie, per esempio) avevano perduto la fede e anche perché alcuni professori dell’Università operavano in tal senso»[26]. E Aurora Medina, una studentessa di Magistero che si formava a Madrid con le teresiane, ricordava che «aveva colleghi e professori agnostici, che spesso non erano in grado di risolvere i problemi di fede in cui si imbattevano»[27].